Capitolo 18
[ Dope ]
Erano passati un paio di giorni da quando il ragazzo aveva preso quella fatidica decisione che avrebbe stravolto la sua vita, in bene o in male, ancora non lo sapeva.
Voleva andare cauto, voleva capire e tastare il terreno che lo circondava prima di fare una qualsiasi azione, prima di rischiare di fare una mossa falsa e finire in una zona minata dalla quale sarebbe potuto uscire, ma rischiando di morire sul serio, per usare una metafore efficace.
In quei giorni aveva cercato di capire cosa lei pensava di lui, aveva cercato di intravedere un qualsiasi dettaglio che avesse potuto lasciargli intravedere la fantomatica luce in fondo al tunnel, anche una minima speranza di riuscire ad ottenere una risposta positiva, eppure nulla, non era riuscito a notare nulla di troppo insolito.
Aveva anche provato qualche frase ad effetto e qualche parola velata che lasciasse intravedere il suo interesse romantico verso di lei ma sembrava non averlo minimamente notato, se una come lei non lo notava era perché non le interessava o magari, peggio ancora, lo aveva notato e lo aveva deliberatamente ignorato.
Così, quando lei era uscita per riportare un grosso tomo nella biblioteca poco distante , il rosso si era lasciato andare alla depressione sul divano del salotto, aveva affondato il viso nei cuscini morbidi e aveva lasciato uscire un sospiro che definire sconsolato sarebbe stato un eufemismo.
Rosalba, che per caso passava da quella parte lo notò e gli chiese cosa lo turbasse, come mai fosse abbandonato alla disperazione proprio sul divano del salotto occupando ogni spazio libero, non che volesse fargli notare la cosa per farlo spostare, ma anche se quella fosse stata la sua intenzione non accadde comunque.
E dato che aveva raggiunto il suo limite non era riuscito a trattenere le parole ed era inevitabilmente finito con il confidarsi con la migliore amica della ragazza che gli piaceva, era certo che non fosse stata una mossa intelligente, in fin dei conti lei lo avrebbe saputo subito se la riccia avesse volto.
Ma lei lo rassicurò, gli disse che non ne avrebbe fatto parola con anima viva e poi gli fece un sorriso solidale, gli confessò che una volta Michela le aveva detto che compativa la persona che si sarebbe innamorata di lei poiché lei era brava nel capire ciò che riguardava gli altri ma non quello che la riguardava.
Questo risollevò, almeno un minimo, l'umore di Jimin, anche se aveva così capito che sarebbe stato più difficile di quanto credeva, perché se le parole che gli erano state riferite erano vere allora non avrebbe avuto sicurezze oppure speranze e non gli sarebbe restato altro da fare se non buttarsi alla cieca.
Ma poteva davvero permetterselo?
Ed ecco che le sue insicurezze tornavano a visitarlo, ed ecco che ancora una volta la sua indecisione lo stava portando al non scegliere, al non agire e a rimanere ancora una volta senza ciò che desiderava, ancora una volta stava pensato che sarebbe stato meglio restare così, con il dubbio.
Ma gli bastò riportare il pensiero alla notte di qualche giorno prima, al ricordo di quel desiderio ardente come le fiamme più vive che gli urlava nel petto di baciarla, di consumare quelle bellissime labbra leggermente screpolate e di lasciarla più volte senza fiato in una scarica si quei contatti chiamati baci.
Un piccolo sorriso si fece largo sul suo volto, non c'era più spazio per i numerosi dubbi che lo avevano sempre rincorso e tormentato nella sua vita, non c'era più spazio per le ipotesi, per l'essere cauto ed evitare di essere ferito, sapeva che se lo voleva davvero, se desiderava così profondamente che i suoi sentimenti venissero ricambiati non poteva in alcun modo tirare fuori scuse, di alcun genere.
Ringraziò la ragazza che gli aveva fatto da consigliera e si mise saldo sulle proprie gambe per poi camminare fino al piano superiore in cerca del suo cellulare, quando lo trovò lo prese fra le mani, scrisse nel gruppo che aveva riservato solo a se e ai suoi amici, che per lui erano come fratelli.
"Mi sono innamorato" scrisse brevemente, erano poche parole ma con un significato evidente e di impatto, inizialmente gli arrivò un "ok" come risposta, ma quando il messaggio precedente venne riletto fu il caos.
Infatti gli altri sei, in quel breve momento di pausa, avevamo iniziato a digitare veloci come il vento domande, affermazioni ed ipotesi su quello che il rosso aveva confessato, insomma, Jimin si era innamorato e loro lo stavano venendo a sapere per messaggio perché non erano nello stesso luogo, non potevano nemmeno dire come al cosa fosse successa.
Probabilmente, se avessero visto i tentativi del ragazzo di capire se lei potesse essere disposta ad una relazione con lui, se anche lei nutrisse dei sentimenti romantici nei suoi confronti avrebbero riso come degli idioti, dopotutto ogni ovvio flirt del ragazzo era fallito miseramente.
Ancora una settimana e sarebbero tornati finalmente a Seoul e avrebbero potuto chiedere tutto quello che volevano sapere e lui, poverino, non sarebbe riuscito a mentire o ad evitare l'argomento come invece sembrava aver fatto tramite il cellulare.
Aveva chiuso la conversazione non appena aveva sentito delle urla al piano inferiore, preoccupato aveva sceso le scale ignorando le varie domande sulla sua rivelazione, domande basilare come: "di chi ti sei innamorato?" "Quando è successo?" "Come è successo?" "Quanti anni ha?" "Ma noi la conosciamo? ".
Fortunatamente non era successo nulla, semplicemente, finalmente, Vele e Jenny erano riuscite a sentirsi con i loro ragazzi, appena avevano risposto al cellulare sentendo le voci dei due ragazzi erano esplose di gioia.
Non era passato poi tanto tempo da quando erano partiti, in fondo sapevano bene che due settimane non erano molte, non era molto tempo come invece sarebbero potuti essere mesi e mesi di lontananza in futuro, eppure era loro sembrato di non sentire più quelle voci da una vita.
Si erano rifugiate in qualche angolo della casa privo di disturbi per godersi quel piccolo istante di gioia e contatto con i loro amati il più possibile, già erano malinconiche al solo pensiero che non li avrebbero potuti più sentire per in bel po', ma scacciarono quel mesto pensiero dalla mente, non andava bene focalizzarsi sulle cose negative, non quando potevano concentrarsi sul suono delle loro voci.
Ancora un altro istante senza sentirli e probabilmente quelle due sarebbero esplode, questo Michela lo aveva notato ed era il motivo principale che l'aveva spinta ad uscire, conoscendola era troppo pigra per riportare il libro in biblioteca senza dover fare qualcos'altro come la spesa o qualsiasi altra cosa.
Infatti quelli non erano gli unici motivi, infatti aveva preso quell'occasione come un motivo per concedersi una bella passeggiata e schiarirsi le idee, aveva bisogno di mettere ordine nella propria mente confusa e trovare risposte alle domande che erano nate spontanee dentro di se.
Si era di molto dilungata nel suo percorso, aveva percorso strade e stradine, aveva posato lo sguardo assente su luoghi che non riconosceva mentre la sua mente faceva del suo meglio per darle delle risposte su quella sua confusione totale e quella sua felicità che non era stata in grado di giustificare.
Perché, perché si chiedeva eppure a questo perché non trovava risposte, risposte che a dirla tutta già conosceva, risposte che però non avrebbe mai ammesso di conoscere e e possedere, nascondendole persino a se stessa.
Aveva camminato così tanto da essersi persa, eppure la cosa non l'aveva sfiorata, l'aveva semplicemente spinta a ripercorrere la stessa strada al contrario, non che avesse svoltato da qualche parte, aveva solamente continuato ad andare diritta come se il percorso le fosse stato obbligato da una forza sconosciuta che guidava i suoi passi.
E mentre camminava per le strade della città il rosso del tramonto lasciava timidamente spazio ai toni freddi della notte, toni cupi ma profondi che non attendevano altro che il loro composto dominare della distesa sopra la terra per poter ospitare quei piccoli bagliori.
Era rientrata solo quando il blu si era convertito in un nero purissimo, solo quando la luna si era mostrata maestosa in tutta la sua bellezza, bella in Corea del sud come lo era in Italia, sempre la stessa luna sotto lo stesso cielo.
Appena aveva messo piede in casa aveva potuto vedere solo il buio più totale, smorzato dalla fioca luce dei lampioni che proveniva dalla stradale, alle sue orecchie attente era giunto solo un incolmabile silenzio e una calma piatta abitava la casa.
Non sembrò farsi troppi problemi, infatti era stata proprio lei a chiedere alle sue amiche di portare il rosso da qualche parte per farli svagarsi un poco, aveva detto che non amando le discoteche sarebbe stata solo un peso e quindi di andare avanti senza di lei.
Eppure quando aveva notato la casa vuota, quando si era resa conto che effettivamente Jimin era uscito con le ragazze si sentì strana, come se si aspettasse qualcosa di diverso nonostante fosse stata lei stessa a impartire quelle direttive con l'augurio che passassero una bella serata.
Accese la luce ed entrò calma, il suo volto rilassato e le palpebre a coprirle gli occhi rivelavano la frustrazione che provava, odiava non avere il controllo su se stessa quasi quanto odiava non riuscire a capire quello che succedeva al suo cuore, la combinazione di entrambe le situazioni era troppo.
Aprì il frigorifero e ne estrasse una bevanda fruttata, ne prese qualche sorso in uno dei tanti bicchieri poi ripose il contenitore nel refrigeratore e una volta terminata la bevanda pose il bicchiere nel lavello.
Poi, dopo aver spento la luce, se ne salì al piano superiore scivolando con proverbiale lentezza nella sua camera da letto, per quanto aveva torturato la sua povera mente si sentiva talmente tanto stanca che sarebbe potuta svenire, così si spogliò distrattamente lasciando che gli indumenti cadessero al suolo, compreso il suo grosso reggipetto, poi si infilò una delle magliette che usava per dormire.
Erano magliette davvero gradi per lei, infatti erano vecchie canottiere a manica corta che il padre era solito portare e che lei, da bambina, gli aveva rubato notando che le conciliavano il sonno, forse l'unico vero problema di quelle magliette era che, con il tempo, s'erano fatte più sottili.
Il tessuto leggero e candido infatti non celava alla perfezione il suo seno, ma non aveva voglia di mettersi a cercare o a badare a quello che ciò aveva comportata, dalla stanchezza si era persino dimenticata che condivideva la camera con un ragazzo, un bellissimo ragazzo.
Si addormentò sotto le coperte, con un volto da bambina innocente e le labbra di schiuse, i capelli le ricadevano morbidi lungo il volto un po' pallido a causa dello stesse e giungevano a fin sopra il bordo delle coperte pesanti.
Teneva le mani chiuse in modo infantile accanto al volto e teneva le proprie gambe l'una sull'altra quasi fossero state una lunga coda da sirena, forse questo perché da bambina aveva davvero pensato di esserne una.
Un piccolo sorriso solcò il suo volto addormentato, la ragazza infatti, nei suoi sogni, stava rivivendo la sua infanzia e questo la rendeva felice e spensierata, le ricordava quanto stesse bene e si sentisse amata prima di quelle parole, prima che fosse stata spinta da chi la circondava a provare a togliersi la vita.
Quando arrivò a quel punto della sua vita si svegliò di soprassalto, si portò una mano all'altezza del cuore che batteva veloce nel suo petto, pensò a come fosse stata fortunata ad aver salva la vita e a quante cose avrebbe perso se quel giorno fosse finita in quel buio eterno.
Ancora mezza addormentata era seduta sul letto, le coperte erano raggomitolate ai piedi di questo, la ragazza teneva le ginocchio piegate contro il materasso e le cosce leggermente aperte, aveva portato entrambe le mani nello spazio creatosi fra le sue gambe schiacciando il seno mentre il tessuto bianco copriva il suo intimo.
I capelli biondi le ricadevano scompigliati accanto al volto un po' scosso, una ciocca era finita con lo sfiorare le labbra semi aperte dalle quali emetteva profondi sospiri nel tentativo di calmarsi, stava per tornare nel quieto mondo dei sogni quando Jimin varcò la soglia della stanza trovandola in quella posa provocante.
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