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8. Resistenza


In foto: Rémy Agard

Attitudine a contrastare efficacemente il prodursi di determinati effetti.

Andrea aveva lanciato uno sguardo critico verso il suo riflesso allo specchio. Aveva il volto tumefatto, lo zigomo violaceo e pesto, dolorante nel punto in cui il pugno lo aveva raggiunto con la massima violenza.
Pensò ancora a Yves, all'aria trionfa con cui andava in giro da quando lo aveva fatto pestare, ormai due sere prima. Ricordò il loro breve incontro in corrido di quella mattina.

"E' così che risolvi i tuoi problemi? Pagando della gente e facendo pestare chi mina la tua autorità?"

Il cugino aveva mostrato la sua solita espressione vagamente divertita, "non ho idea di cosa tu stia dicendo. Devi aver preso proprio una bella botta per fare illazioni del genere. Fossi in te mi farei dare una controllatina."
Poi era andato via con un sorriso strascicato sulle labbra, di chi stava vivendo il giorno più bello della sua vita. Yves non era solo un ricco ragazzino snob e annoiato, Andrea capì che quello che aveva davanti era uno psicopatico freddo e calcolatore come pochi, possibilmente invischiato in affari pericolosi, molto al di sopra di quelli che ci si poteva aspettare da un semplice diciottenne.
Ma non c'era niente di semplice in lui, in effetti. Andrea lo aveva studiato attentamente, aveva ascoltato le voci che circolavano a scuola ed era da lì che sarebbe partito con le sue minuziose indagini. Gli sarebbe stato col fiato sul collo, lo avrebbe seguito e braccato come un segugio, fino a scoprire cosa diavolo ci fosse dietro.

Hai voluto la guerra. Hai davvero voluto la guerra e chi sono io per negartela?

Andrea non aveva idea di cosa significassero concetti come sottomissione e paura. Se c'era un messaggio che aveva appreso dai suoi genitori disattenti era proprio quello di reagire a tutto con forza e precisione, in modo instancabile.
Così lasciò la sua stanza e si preparò per la prima mossa di quel piano. Era pomeriggio ormai, Lydia era appena rientrata da lavoro e adesso se ne stava seduta sul sofà, nell'enorme salotto della villa, con una tazza di tè fumante tra le mani e una serie di documenti sparsi sul tavolo. Quando lo vide il suo viso si fece più serio, ma Andrea non mancò di notare una punta di preoccupazione in lei.

"Sei qui ... quanto meno oggi non te ne sei andato in giro ad attirare guai. Facciamo progressi, vedo" abbaiò, sistemandosi gli occhiali da lettura sul naso. Il suo sguardo era dardeggiante.

"Zia, non me li sono andati a cercare, te lo assicuro," Andrea sfoggiò il suo migliore tono dispiaciuto, "sono andato soltanto a comprare una macchinetta del caffè, poi ho sbagliato a prendere la metro e mi sono ritrovato in una strada di merda, lontano dal centro, vestito con la divisa della scuola. C'era un gruppo di ragazzi, volevano il mio portafoglio e il mio telefono, pensavano fossi ricco, io ho opposto resistenza ed è finita così."

Aveva parlato in fretta, sedendosi accanto alla zia per farle vedere meglio il suo viso tumefatto.

"Perché non me l'hai detto subito? Ieri ho provato in tutti i modi a capire quello che ti era successo." il suo tono era già più calmo però, non riusciva a smettere di guardare il volto gonfio del nipote.

"Perché ero imbarazzato! A Roma non mi era mai successo. Non solo mi sono perso, ma mi sono anche fatto pestare." si giustificò quello, con aria affranta.

"E credi che sia colpa tua? Andrea, in certi quartieri la criminalità è molto elevata. Se vogliono derubarti devi lasciarli fare, mi hai capito? Credi sia meglio rimettere dei soldi o la vita?"

La zia lo rimproverò per bene, andò avanti in quel modo per parecchi minuti, ma era già evidente che il suo atteggiamento nei confronti del nipote era cambiato. Quando Yves rientrò da scuola, si ritrovò davanti un quadretto completamente diverso da quello che aveva immaginato solo pochi minuti prima.
Andrea provò un moto di goduria nel notare l'espressione appena appena smarrita del cugino. Si era ripreso in fretta però, si era avvicinato a loro, posando la valigetta sul divano.

"Andrea, come stai? Va meglio oggi?"

Dovrebbero prenderti al teatro, brutto figlio di puttana.

"Fa male, ma l'importante è aver chiarito con la zia." Andrea aveva parlato con un tono angelico. Vide l'altro mandare giù quel boccone amaro con la solita nonchalance francese di cui era provvisto.

"Mi fa piacere. Cos'è successo alla fine?"

"Tuo cugino è stato derubato," disse seccamente Lydia, poi guardò Yves, "tuo padre ti aveva chiesto di farlo ambientare un po'. Avresti potuto fargli compagnia ieri ... Parigi è grossa e lui è qui da dieci giorni."

Andrea pensò che Yves avrebbe reagito meglio ad uno schiaffo che a quelle parole. Lo vide strabuzzare gli occhi.

Guarda come gira la ruota, cugino.

"Mi dispiace, non mi aveva detto che voleva fare un giro per la città ... io sono stato in biblioteca fino a tardi, seguo così tanti corsi ..."

Lydia scosse la testa "Non è colpa tua, non è colpa di nessuno. Ma vi prego di fare un piccolo sforzo entrambi. Andrea ha avuto dei problemi a Roma, mi auguravo che tu potessi aiutarlo qui. Sei sempre stato uno studente modello e non hai mai dato alcun pensiero a me e a tuo padre."

Studente modello, pensò Andrea, che per poco non si lasciò scappare una risata. Certo che non avevano idea di che genere di mostro avevano in casa. Andrea considerò che toccava a lui illuminare tutti sulla vera natura di Yves Clairmont. Ne avrebbe fatta una missione personale e lui amava le missioni.

"Adesso vado un po' a riposare in camera. Ho la testa che mi scoppia ... io e Jacques stiamo allestendo una nuova mostra al Louvre, in questi giorni difficilmente torneremo a casa prima di cena." li avvertì la donna, poi diede una carezza a entrambi i ragazzi e risalì le scale con aria stanca.

Solo a quel punto Andrea e Yves tornarono a fissarsi. E non c'era più alcun filtro dettato dalla presenza di Lydia a smorzare l'odio che balenava negli occhi dei due ragazzi.

"Te la sei giocata bene, facile raggirare quella sempliciotta di tua zia" gli concesse il francese, "peccato che non durerai comunque. Sarebbe stato meglio se non avessi opposto resistenza, te lo assicuro."

L'altro si sollevò e andò a fronteggiare il cugino" credevo l'avessi capito ormai: io cado sempre in piedi, Yves. Mi sottovaluti ed è quello che fate sempre, immagino. Sai quanto ci mise Giulio Cesare a conquistare la Gallia? Appena due anni. E quella sì che era un'impresa immensa ... mi chiedo quanto tempo ci metterò io ad assoggettare te. Mi do un paio di settimane."

Poi il ragazzo rise e con un semplice gesto divorò la distanza che lo divideva al cugino. Gli afferrò il volto magro e rabbioso tra le mani, mentre l'altro provò a divincolarsi con una spinta.

"Sta attento a come ti muovi. Da ora in poi non avrai solo la tua ombra a seguirti ovunque tu vada."

"Lasciami, figlio di puttana." Yves lo spinse via, sentiva ancora le dita del cugino nella sua carne. Lo guardò, aveva il fiato corto e quegli occhi neri come carbone, in mezzo a quel viso pesto e terribile, lo mandavano fuori di testa.

Andrea sorrise " E siano scherno sulle scene. In catene - trascinati. I tiranni detestati, della fiera gioventù."

Aveva recitato in italiano e subito vide la confusione sul volto del cugino che non era riuscito ad afferrare tutte le parole. Giurava di averlo davvero colpito quella volta, non aveva mai visto Yves tanto sorpreso e scosso come quel giorno.

"Ti farò sbattere fuori dalla scuola. Vedrai ... non ti rimarrà niente."

"Allora dovrai impegnarti più di così, cugino."

Poi Yves era andato via in fretta, lasciando Andrea in salotto, a godersi quell'attimo di perfezione assoluta, dove, con una piccola spinta da parte sua, ogni cosa era andata al suo posto.

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L'atmosfera era calda e carica di vita all'Heros. Anche quella sera gli affari erano andati oltre ogni aspettativa e Amir poté concedersi il suo solito Gin tonic per celebrare. I clienti erano felici e brilli, la cassa strabordava di denaro e ben presto ne sarebbe arrivato dell'altro. Rémy gli andò incontro con un sorrisino malizioso sulle labbra.

"Abbiamo finito qui, vero? Perché non ce ne andiamo dall'altra parte? Ce l'hai una stanza libera?" poi strinse le braccia intorno alla vita del più grande e cercò le sue labbra.

"Che c'è? Le serate particolarmente remunerative ti mettono voglia?" scherzò a pochi centimetri dalla bocca del suo ragazzo.

"No, sei tu a mettermela, se proprio vuoi saperlo."

Ma le belle intenzioni dei due morirono in fretta, perché qualche attimo dopo la porta del locale scattò con un lieve cigolio, rivelando un trio ben noto, quanto detestato dal più piccolo. Amir non si aspettava di rivedere Yves tanto presto, per un attimo rimase immobile a fissare la bellezza austera del suo viso, quei tratti che sembravano modellati dalle mani esperte di Michelangelo stesso, poi i capelli neri come l'ebano, con quei ricci che gli contornavano il volto e gli donavano un'aria ancora più eterea.
La sorpresa di quell'incontro inaspettato lo aveva scosso, Amir riuscì a riprendere il controllo del suo corpo soltanto quando sentì lo sguardo bruciante di Rémy perforarlo da parte a parte.

"E loro che ci fanno qui? Non mi avevi detto che sarebbero passati." sussurrò a denti stretti il biondo, rivolgendosi al suo ragazzo.

"Non ne ho idea, ma lo scopriremo presto.. Adesso fa il bravo ... torna ad occuparti dei clienti, con loro ci penso io."

Rémy assunse un'aria infelice, ma fece come gli era stato detto da Amir, anche se prima di andar via si premurò a lanciare un'occhiataccia particolarmente cupa a Yves. Quello rispose con un'alzata di spalle e un sorrisetto acido.
Così Amir avanzò verso il trio, allungando la mano che venne stretta soltanto da Gaspard e Victoria. Come sempre.

Non vuoi neanche sfiorarmi eh, Yves?

"Non vi aspettavo qui stasera." ammise subito Amir, dopo aver baciato la mano di Victoria che sorrise.

"Spero che la nostra visita sia un piacere" commentò, civettuola.

"Dipende da che tipo di notizie mi portate, suppongo." anche Amir aprì le labbra in un bel sorriso, "venite, andiamo ad accomodarci in un luogo più riservato."

"Non ne vedo la necessità, non ci fermeremo a lungo" Yves aveva parlato con il suo solito tono glaciale, i suoi occhi critici vagavano sulla clientela del locale "non vorrei rischiare di venire associato a questa gente."

"Non credo sarebbe possibile" si lasciò sfuggire Amir, sotto le occhiate intense dell'altro a cui sfuggì a fatica "andiamo, siete miei ospiti. Cosa posso farvi portare?"

Gaspard e Victoria furono i primi a seguire Amir oltre la porta del locale, il biondo si era guardato indietro per un attimo, "dagli una tregua." sussurrò all'amico, ancora fermo nel bel mezzo del locale. Yves portò gli occhi al cielo, ma alla fine seguì gli altri ragazzi nel salottino privato.
Amir li condusse ad un tavolo lontano dalla porta, lì la clientela era più tranquilla. Nessuno li avrebbe disturbati. I ragazzi ordinarono da bere e solo a quel punto Amir tornò a guardare il trio. Gaspard, sempre così pragmatico e freddo se ne stava seduto accanto alla bella, quanto pericolosa Victoria, Yves era sulla destra della ragazza, con il viso appoggiato sulle mani dalle dita magre e l'aria vagamente tetra.

Non ti piace venire qui. Hai forse paura che mi lasci sfuggire qualcosa con i tuoi amici?

Lui e Yves avevano un grosso segreto. Nessuno, oltre Amir, sapeva che Yves adorava e allo stesso detestava frequentare il piano superiore di quello stesso edificio. Lo faceva ormai da un anno, a cadenza regolare di due volte al mese, per lo più. Amir aveva finito per ossessionarsi, non sapeva il motivo esatto, ma sempre più spesso aveva iniziato a pensare a Yves fino a quando non era più riuscito a levarselo dalla testa.
Aveva persino chiesto ai suoi ragazzi che cosa piacesse a Yves, aspettandosi di sentire le solite storie. Invece si era sbagliato.
A Yves piaceva solo guardare. Mai una volta aveva osato toccare uno dei ragazzi che Amir gli forniva.
Quel pensiero mandava Amir fuori di testa ...

Perché non vuoi farti toccare? Perché mi attrai e mi spaventi allo stesso tempo?

Gaspard si era schiarito la voce rumorosamente. Soltanto allora Amir capì che aveva fissato Yves e che lo aveva fissato per troppo tempo e con troppa intensità. Raddrizzò le spalle e si mise più comodo sul divanetto, poi concentrò tutta la sua attenzione sui ragazzi.

"Allora? Com'è andata la festa con La Rochelle?"

"Non lo sai? Non ci parli con i tuoi ragazzi?" chiese Yves con il suo solito tono passivo-aggressivo. Amir era sempre più certo che l'altro avesse avuto una giornataccia.

"Ovviamente. Ci parlo sempre, so tutto quello che succede nel loro letto, non temere." era stata una frecciatina che soltanto Yves aveva potuto cogliere. Amir gli aveva visto abbassare lo sguardo come se quelle parole lo avessero scottato, ma si riprese in fretta perché tornò all'attacco.

"Allora saprai che è andato tutto bene."

"Più che bene, in realtà. Louis era alle stelle ... molto, molto soddisfatto per la riuscita della festa." Aggiunse Victoria, poi prese un sorso generoso del suo Black Russian.

"Talmente soddisfatto che ha dato il nostro contatto ad altri amici. Si sono fatti sentire già nel pomeriggio, abbiamo una marea di festini da organizzare, uno dietro l'altro. Una pioggia di soldi in arrivo, se tutto va bene."

Amir accolse le parole di Gaspard con sollievo. Più affari avevano insieme, più Yves sarebbe stato costretto a passare da lì per parlare con lui.

"Faremo in modo che vada tutto bene ovviamente. Di quanti ragazzi parliamo?"

"Quanti ne hai?" Victoria sorrise dietro il suo drink, "sai, questo nuovo affare ci ha colto impreparati. Non è un genere che trattavamo."

"Ma bisogna stare al passo coi tempi." aggiunse Gaspard.

Yves se ne stava in silenzio, fissava gli altri con aria infelice. Amir suppose che non gli andava affatto a genio quel genere di richieste.

Di cosa ti vergogni? Che diavolo hai in testa per comportarti in questo modo?

"I ragazzi ci sono. Se serve mi metterò in contatto con altra gente esperta nel campo. Ditemi solo quanti ve ne servono e quando. Penserò a tutto io." Disse invece Amir, senza mai smettere di osservare il volto piccato di Yves.

"Va bene, al più presto ti daremo il numero esatto. Per adesso abbiamo questi."

Gaspard tirò fuori la solita busta piena di denaro, anche quella volta i guadagni erano stati ottimi, considerato che per Amir quella era soltanto una piccola entrata secondaria. Yves si era messo in piedi subito dopo, il suo drink era rimasto intoccato.

"Andiamo?" guardò gli altri due con aria annoiata. Anche Gaspard, Victoria e Amir si misero in piedi subito dopo e lasciarono la saletta. Rémy era rimasto nell'altra stanza, c'era un nervosismo palese in lui, che si accentuò non appena incrociò lo sguardo arrogante di Yves.

"Perché la tua puttana mi guarda in quel modo? Giurerei che voglia uccidermi."
Come sempre, Yves aveva parlato a voce troppo alta, Amir reagì con una prontezza di riflessi che lasciò tutti gli altri basiti, frapponendosi tra Yves e Rémy che nel frattempo era scattato in avanti, pronto a colpire il moro.

"Che cosa hai detto? Ma chi cazzo ti credi di essere? Quella faccia di merda te la spacco!"
Amir aveva spinto indietro il suo ragazzo, mentre l'attenzione di tutti gli avventori veniva attirata sul trio.

"E io te lo lascerei fare. Non mi sporco le mani mettendole addosso a uno come te.." commentò Yves, impassibile come se non fosse stato sul punto di finire in una rissa. Amir stava ancora trattenendo a fatica il biondo, solo qualche attimo dopo arrivò il buttafuori, allertato dalle grida del proprietario.

"Che cazzo ti prende? E' il mio ragazzo. Andiamo a scambiare due parole fuori." Amir aveva afferrato Yves per le spalle, lasciando Rémy nelle mani del buttafuori che stava cercando di calmarlo, ma inutilmente.

"Toglimi le mani di dosso tu. So camminare da solo." Yves era stato spinto fuori da Amir. Anche Victoria e Gaspard lo avevano seguito. La ragazza si era portata una mano sul viso e aveva sospirato, si ritrovò a scambiarsi un'occhiata preoccupata con il biondo. Amir non perdeva mai la pazienza, ma era anche vero che Yves non si era mai spinto così in là, prima di allora.
L'arabo respirava a fatica, era furente quanto parlò e si rivolse direttamente al moro, "senti, noi saremmo anche in affari, ma io esigo del rispetto. Non puoi entrare nel mio locale e sputare sentenze sul mio ragazzo. Se pensi che ti passi ogni dannato capriccio ti sbagli. Senza rispetto non si fa un cazzo qui. Niente affari. Mi hai capito?"

"Amir, ti chiediamo scusa. Yves ha un piccolo problema, evidentemente, nonostante il suo retaggio altolocato, è incapace di mantenere delle buone maniere." era stato Gaspard a parlare, i suoi occhi saettavano di rabbia verso l'amico.

Amir scosse la testa, il suo sguardo era puntato in quello vago di Yves. Lo faceva incazzare, quello stronzo lo spingeva sempre al limite, nonostante le sue migliori intenzioni.
"No, Gaspard. Le scuse le voglio da lui ... le tue non mi bastano. Non sei tu quello con dei fottuti problemi qui dentro. E se è troppo orgoglioso per porgermele, allora sono spiacente: niente affari."

Il biondo fece un profondo respiro, " Yves ... che dobbiamo fare? Il nostro amico sta aspettando le tue scuse."

Yves fece finta di cadere dalle nuvole " Beh, nessuno gli impedisce di aspettarle."

"Yves!" Victoria lo afferrò per il braccio e lo spinse in disparte. Gaspard seguiva la scena con aria funerea, mentre Amir ne aveva già abbastanza.

"Niente scuse, niente affari. Voi avete bisogno di me più di quanto io abbia bisogno di voi. E ne siete consapevoli. Questa è la mia ultima parola."

Poi rientrò al locale con passo deciso.

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Gaspard camminava lungo la strada affollata continuando a pensare con estrema irritazione a quanto accaduto pochi minuti prima al locale di Amir. Osservava le spalle dell'amico, conscio di quanto Yves stesse minimizzando quello che avrebbero dovuto sopportare a causa del suo atteggiamento.
Incrociò persino lo sguardo preoccupato di Victoria, anche lei si era arrabbiata per il comportamento dell'amico ma allo stesso tempo sembrava voler dire a Gaspard di non esagerare.

Al diavolo la moderazione.

"Yves, non ti sembra il caso di fermarti e chiarire la faccenda?" chiese Gaspard arrestando il passo e inducendo gli altri due a fare lo stesso.

"Cosa c'è da chiarire?" rispose il moro con un tono tanto stupito che fece ulteriormente irritare l'amico.

"Forse quello che è successo al locale con Amir?" gli ricordò, pur sapendo che Yves ricordava eccome " pensi davvero che siamo nella posizione di fare il bello e il cattivo tempo con lui? Se credi che ogni cosa che fai non abbia delle conseguenze sei più pazzo di quanto non sembri"

Quelle parole investirono Yves come uno schiaffo in volto, d'istinto fece un passo in avanti, minaccioso ma dentro di sè si trovò a rammaricarsi quando vide che anche Gaspard si era mosso. Adesso erano a una vicinanza quasi pericolosa.

"Non permetterti di parlarmi in questo modo" ringhiò a denti stretti.

"Perchè? Questo è esattamente il genere di atteggiamento che riservi a tutti. Perchè non dovrei darti un assaggio della tua stessa arroganza?" lo canzonò il biondo.

Victoria si frappose fra i due, cercando di calmare gli animi anche se non riusciva a non essere d'accordo con Gaspard in quel momento.

"Smettetela subito, voi due. Yves, questa volta hai esagerato, stiamo perdendo di vista l'obiettivo e al momento questo è tutto quello che conta. Lo sai bene, da soli non possiamo farcela" gli ricordò, concitata " quando saremo abbastanza potenti non dovremmo più avere a che fare con nessuno, nemmeno con Amir."

"Non riesco a credere che siate tanto miserabili da chiedermi questo" commentò Yves con disprezzo " mi venite addosso solo perché avete bisogno di tenervi buono uno come quello lì. Mettete in discussione me - il vostro cazzo di amico - per certe stronzate e poi lui ..." sembrò sul punto di vomitare mentre evitava persino di pronunciare quel nome " si professa tanto esperto, un uomo navigato e con il fiuto per gli affari che però manda tutto a puttane per quella sorta di cane leccaculo che definisce il suo ragazzo."

"Yves" Victoria era senza fiato mentre i suoi occhi passarono per un momento a posarsi sulla figura di Gaspard.

Ma Yves era totalmente fuori controllo, i suoi occhi fiammeggiavano al ricordo di quanto accaduto qualche istante prima e forse anche a qualcos'altro di più oscuro e segreto.

"Ho solo detto la verità. Quel tipo lavorava nel locale di Amir prima di diventare il suo ragazzo, ma per quanto adesso sia salito di grado, rimane pur sempre una puttana. Sapete, non c'è da stupirsi che nessuno di quei due sappia mantenere un minimo di calma e autocontrollo. Colpa nostra che ci siamo messi in affari con dei frocetti emotivi" disse disgustato.

Victoria si portò istintivamente le mani a coprirsi la bocca, sgomenta non tanto per la brutalità ormai nota delle parole di Yves, quanto per la reazione del biondo.

Gaspard aveva fatto uno scatto felino verso l'amico, afferrandolo saldamente per le spalle, lo spinse fino a bloccarlo fra sé stesso e la parete di un palazzo.

"Forse, mio caro Yves, stai dimenticando una cosa molto importante" sibilò a pochi centimetri dal volto del moro " Amir non è l'unico lurido frocio con cui hai a che fare, forse siamo un po' troppi per te, ma ti consiglio di cominciare a rivedere il tuo atteggiamento prima che finisca per diventare altrettanto emotivo"

Yves era impallidito, sentiva il calore e la pressione delle dita sottili di Gaspard sulle sue spalle. La vicinanza dei loro visi era insopportabile per il moro, tanto che cedette e smise di guardare l'altro negli occhi, puntando lo sguardo su Victoria.

"Tutto questo è ridicolo. State tutti facendo un affare di stato per niente." disse alla fine, in un sussurro.

"Scusati con lui e scusati con me e Victoria per il casino che hai provocato stasera." continuò a ringhiare Gaspard al suo orecchio.

Nonostante sentire il fiato del biondo sul proprio collo rendesse Yves totalmente instabile, il moro cercò di mantenersi fermo sulla sua decisione.

"Non ho nulla di cui scusarmi, quando avrà capito l'errore commesso sarà lui a venire da noi strisciando esattamente come tutti quelli della sua risma."

"Sai cosa ti dico, Yves? Mi sembra un ottimo piano" concluse Gaspard con tono calmo, anche se i suoi occhi non riflettevano minimamente quella quiete "possiamo tranquillamente aspettare che ad Amir passino i malumori. Ho una fantastica idea per il festino che dobbiamo organizzare fra soli due giorni ... ci manderemo te"

Yves era rimasto talmente sconvolto per quella provocazione che non era riuscito nemmeno a parlare.

"Ma sì, che ne pensi Vic? Scommetto che quegli uomini facoltosi faranno a gara per avere un accesso privato al culo spocchioso del nostro Yves" continuò senza freni.

Il moro non riuscì a sopportare altro, si liberò della presa dell'amico e lo afferrò per il colletto della giacca, ribaltando le posizioni in un gesto violento che fece cozzare il biondo contro il muro freddo del palazzo.
"Sei a tanto così dal farti spaccare la faccia!"

"Quella fottuta festa si farà" replicò Gaspard avvicinandosi all'orecchio dell'amico " e se non sistemi le cose ti spedisco là a fare la lap dance"

Poi compì l'ennesimo gesto che Yves non si sarebbe mai aspettato da lui, schiuse le labbra e portò la lingua a leccare rapidamente la punta dell'orecchio del moro.
Yves lo spinse via con tutto l'affanno e la rabbia che aveva in corpo, sconvolto per quel gesto inaspettato.

"C-che cazzo fai?"

"Ripeto, fai il tuo cazzo di lavoro" lo ammonì Gaspard " abbiamo costruito tutto questo, tu lo hai voluto e non ci seppelliremo con le nostre mani."

"Gaspard" fu Victoria a intervenire, poggiando una mano sulla spalla del biondo "adesso basta, sono certa che Yves non voglia sabotare questo progetto. Ne parleremo domani, a mente fredda."

Il biondo distolse lo sguardo, sapeva di aver esagerato ma se non riportava Yves alla realtà l'amico si sarebbe allontanato sempre più nel suo delirio di onnipotenza. Erano forti, quasi del tutto inarrestabili, potevano contare sul potere e l'influenza ma non era invincibili, non ancora e non potevano sopravvivere agli uragani che il carattere di Yves gli avrebbe fatto abbattere addosso.

Non ti ho mai chiesto di essere diverso, ti ho chiesto di essere dalla nostra parte.

Gaspard aveva portato gli occhi sul via vai di gente mentre regolarizzava il respiro, proprio in quel momento gli sembrò di notare un volto familiare fra la folla.

Andrea.

Era stato un attimo impalpabile, poi un gruppo di persone gli aveva bloccato la visuale e, nel giro di pochi secondi, l'immagine svanì. Gaspard non era certo fosse lui, ma si disse che quella era la sera sbagliata per mettere alla prova il destino.

"Andiamo via di qua e finiamo il discorso altrove"

"Finire il discorso? Io non ho nient'altro da dire" continuò imperterrito Yves, spostandosi dalla strada principale e dai due amici, " adesso me ne torno a casa. E, per la cronaca, non ho nulla di cui scusarmi, né con voi, né con Amir. Mi avete stancato ... siete tutti uguali."

"Yves" Victoria aveva provato ad andargli vicino ma lui si scostò.

"Se non siete in grado di trovare una soluzione, ci penserò io, come sempre. Tanto è ovvio chi sia la mente del gruppo qui, giusto?"

Gaspard lo fissò in silenzio e con intensità, ma l'altro non ricambiò minimamente quello sguardo. Si voltò in fretta e ben presto venne inghiottito tra la folla di gente, sparendo dalla vista dei due

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Gaspard rallentò l'auto quando vide il portone familiare del palazzo in cui viveva Victoria, si accostò al marciapiede e spense il motore.
Attese ma la ragazza non smontò dall'auto come lui sperava, si limitò a fissarlo per qualche secondo e alla fine diede voce ai suoi pensieri.

"Capisco perché tu abbia reagito in quel modo, anch'io sono sconvolta per il comportamento di Yves e incazzata nera per il casino in cui ci ha lasciati, ma mi chiedo se non sia stato troppo" disse alla fine, mordendosi le labbra in un gesto incontrollato.

"Finché non imparerà che le azioni hanno delle conseguenze allora non sarà mai abbastanza" replicò il biondo con tono duro.

"Lo sai che lui non pensa quello di te, vero?" chiese Victoria in un sussurro "le cose che dice su Amir o ... sugli altri"

"Non mi importa cosa pensa di me"

"Dovrebbe invece, e so che ha valore per te. Gli vuoi bene come gliene voglio io. Siamo gli unici a conoscerlo davvero per ciò che è e, allo stesso tempo, a volergli bene nonostante tutto. Abbiamo sempre agito nel suo interesse..." insistette lei " e credimi, anche se lui non te lo dirà mai, so quanto rispetto provi per te. Noi siamo importanti l'uno per l'altro."

E quale differenza fa? Finiremo per farci a pezzi comunque prima o poi.

"Sai una cosa, Vic. Dovresti stare davvero attenta a chi dedichi tutta questa devozione"

Poi Gaspard voltò lo sguardo sulla strada e la ragazza capì che la discussione era finita, d'altronde entrambi i suoi amici avevano dei caratteri forti, quasi distruttivi. Non c'era modo che lei mettesse le cose a posto se non erano loro i primi a farlo.
Scese dall'auto e il biondo ripartì senza esitare

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Era notte fonda quando Gaspard entrò dentro casa, regnava il silenzio e si infilò in camera senza fare rumore.
Si stese sul letto ma, nonostante la stanchezza, non riuscì a prendere sonno. Continuò a fissare il muro con prepotenza, ripensò alle parole di Yves e al suo sguardo.

Possibile che finiremo per distruggerci esattamente come quelli che biasimiamo?

Si erano ripromessi di sfruttare la loro rabbia e la loro ambizione per creare qualcosa di nuovo, per emergere e diventare più potenti di chi li opprimeva. Ma stavano davvero facendo ancora quello? O stavano soltanto nuotando affannosamente nel tentativo di non annegare nelle acque putride nascoste nella loro mente? Erano in cima ad un trono oppure a malapena in superficie?

Chiudi gli occhi, amore mio.

ANGOLO AUTRICI:

Ed eccoci qua! Sabato è giunto! Una settimana ricca con questi doppi aggiornamenti! Speriamo che vi siano piaciuti! Siamo certe che sarete tutte sotto shock dopo questo capitolo xD per cui un bel respiro e commentate! Ahah non vediamo l'ora di sentirvi! Un bacio e a sabato!

BlackSteel

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