54. Impatto
Il punto di incontro del proiettile con un bersaglio.
Gaspard quasi rimpiangeva i vecchi tempi, quando il suo gruppo era concentrato sugli affari e c'era meno spazio per i drammi personali. Da quando avevano ridotto il giro, le ore di vuoto per lui stavano diventando difficili da gestire, soprattutto perché doveva continuamente difendersi dalle occhiate colme di domande di Yves e Victoria.
Da quando avevano cominciato a parlare di quello che stava succedendo nelle loro vite private, Gaspard stava diventando il centro della preoccupazione degli altri due, che sembravano non riuscire più ad ignorare il suo silenzio.
Era per quella ragione che si stava dirigendo a casa, invece che unirsi a loro quel pomeriggio, aveva bisogno di allontanarsi un po' da quegli sguardi, si sarebbe rintanato fra le braccia della solitudine.
Questo almeno era il suo piano, ma voltando l'angolo capì immediatamente che sarebbe stato più difficile del previsto. Seduto sulle ampie scale in marmo del palazzo dove abitava c'era Menach. Si irrigidì al solo vederlo, ma allo stesso invitò se stesso alla calma.
Continua a respingerlo, continua a trattarlo come se non esistesse. Si arrenderà, tutti lo fanno.
Gaspard proseguì, aumentando il passo e puntando al portone mentre Manech sollevava la testa attirato dal rumore di passi.
Chiudi gli occhi amore mio, e non voltarti indietro.
Manech si sollevò mentre lo vedeva avvicinarsi sempre di più, Gaspard non poté fare a meno di notare il nastro rosso che faceva capolino dalla manica della giacca.
"Gaspard" lo chiamò ma lui fece finta di nulla.
Fu sul punto di passare oltre ma il moro non glielo permise, lo afferrò per un braccio, strattonandolo, tanto da costringerlo a voltarsi.
"Smettila" ringhiò il biondo "ho già detto tutto l'altra sera, sei patetico. Non devi più presentarti qui"
"Mi hai detto che dovevo seguire le mie ambizioni" gli ricordò Manech "che solo quelle sono importanti. Bene, sono d'accordo ed è quello che ho intenzione di fare e sappi anche che ho una nuova ambizione: voglio la musica nella mia vita e voglio te"
Gaspard fu sul punto di replicare qualcosa ma Manech lo afferrò con forza per il colletto della giacca e poi lo trascinò verso di sé, unendo le loro labbra in un bacio bramoso.
Non c'era più traccia della dolcezza della sera prima, nemmeno dell'esitazione o dello smarrimento. Gaspard si trovò totalmente travolto da Manech che sembrava un fiume in piena di desiderio e frustrazione, continuava a tenerlo stretto come se temesse che l'altro si allontanasse, mentre divorava le sue labbra come fossero acqua nel deserto.
Ma Gaspard non aveva intenzione di allontanarsi, nel momento in cui era cominciato quel contatto, il biondo aveva chiuso gli occhi e si era abbandonato al bacio, rispondendo e cercando a sua volta le labbra di Manech.
Chiudi gli occhi amore mio, e annega in quel sapore.
Si staccarono entrambi senza fiato, avevano gli occhi lucidi e Gaspard sentiva il cuore battere tanto forte che avrebbe potuto sfondargli il petto.
"Non ho intenzione di lasciarti in pace" mormorò ancora Manech prima di cercare nuovamente di unire le loro labbra.
"Spero che tu non debba pentirtene"
Chiudi gli occhi amore mio, e prova a vivere per te stesso.
Questa volta furono entrambi ad avvicinarsi e lasciarsi andare all'ennesimo bacio mozzafiato, Gaspard spinse il corpo di Manech contro il muro del palazzo mentre cercava in tasca le chiavi con la mano tremante.
Le trovò e a quel punto si staccarono, Gaspard afferrò Manech per il polso e lo trascinò con sé all'interno del palazzo. In ascensore ripresero i baci e sembrava impossibile ad entrambi restare separati anche solo per pochi minuti.
La casa all'interno era deserta, i due corsero nella stanza del biondo che chiuse la porta con un calcio secco. Poi, senza attendere altro, cominciarono a spogliarsi reciprocamente, alternando i movimenti con baci feroci.
Gaspard crollò sul letto ormai nudo mentre si beava della vista incantevole del corpo esile e pallido di Manech, pensò che era quasi ipnotico il modo lento in cui avanzava verso di lui mentre al polso, il nastro rosso brillava creando un contrasto prepotente con la sua pelle.
Manech si era steso sopra di lui, unendo i loro corpi il più possibile, facendo sfregare ogni lembo di pelle, sentì la mano di Gaspard scendere verso il basso, gli aveva accarezzato da prima la schiena e poi era scesa ai glutei, per finire ad afferrargli e massaggiare una coscia.
Il moro stava ansimando sentendo le loro erezioni svegliarsi e cozzare l'una contro l'altro mentre spostava la bocca a seviziare il colle e la scapola del biondo.
"Gaspard ..." mormorò con un filo di voce.
Il biondo non attese oltre per accontentare quella muta richiesta, si era sollevato facendo stendere Manech lungo il materasso e posizionandosi sopra di lui. Le guance rosse, i capelli scarmigliati e inumiditi dal sudore, la bocca gonfia per i baci, Manech era la visione più bella ed erotica che Gaspard potesse mai ammirare ed era dannatamente bello e doloroso formulare quel pensiero.
Prenditi tutto, perché il niente è insopportabile.
Gaspard riprese a baciargli l'addome mentre Manech rabbrividiva, poi spostò due dita davanti alle labbra del moro e lo osservò tirare fuori la lingua. Le inumidì lentamente e con cura, senza che i suoi occhi lasciassero quelli del biondo, indugiando in una danza dall'erotismo esasperante.
Poi Gaspard le ritrasse, per avvicinarle alle natiche di Manech e le spinse dentro senza fretta, lasciando all'altro il tempo di abituarsi. Fu un massaggio profondo che toccò immediatamente un punto sensibile che fece gemere Manech, il moro avrebbe voluto toccarsi ma l'altro glielo impedì.
"Non stavolta" gli mormorò all'orecchio mentre toglieva le dita e si faceva strada dentro di lui con l'erezione "questa volta sarò solo io a farti venire"
Quelle parole basse e sussurrate ebbero solo l'effetto di far eccitare Manech ancora di più, mentre la penetrazione gli mozzava il respiro e si stringeva con le ginocchia ai fianchi di Gaspard.
Il biondo cominciò a muoversi dopo pochi secondi, lentamente, sentendo Manech contorcersi sotto di lui e inarcare la schiena per il piacere.
"Di più ...." mormorò il moro "ti prego, più veloce"
Aveva portato le braccia a cingergli le spalle, lo stava abbracciando stretto mentre Gaspard gli baciava il collo per poi scendere a leccare un capezzolo. Manech non era più padrone di se stesso, aveva completamente abbandonato ogni controllo e sentiva come se il suo corpo potesse fondersi con quello del biondo, come se quella sensazione potesse dilatarsi per un tempo infinito. Poi Gaspard aveva cominciato ad accelerare con gli affondi, toccando un punto tremendamente perfetto, che aveva reso impossibile a Manech trattenersi ulteriormente, così cedette, venendo dopo una nuova penetrazione mentre Gaspard lo seguì poco dopo.
Nessuno dei due riuscì a muoversi, rimasero entrambi immobili per quelli che gli sembrarono minuti interi, in silenzio, persi l'uno nel battito del cuore dell'altro.
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Alla fine avevano preso un po' le distanze ma nessuno dei due aveva aperto bocca, Manech se ne stava sdraiato con la testa poggiata sul petto di Gaspard e le braccia a cingergli la vita. Il biondo invece accarezzava distrattamente la schiena di Manech mentre ne osservava il profilo.
"Perchè il giglio?" chiese ad un tratto il moro interrompendo il silenzio.
"Non lo so, l'ho visto in un negozio di fiori e ho pensato a te. Così l'ho preso"
"Beh, sappi che hai un pessimo modo di allontanare le persone. Invii messaggi fin troppo contrastanti" rise.
Gaspard sorrise, c'era un filo di amarezza e di consapevolezza in quel gesto "ho un pessimo modo di allontanare te, a quanto pare ho fallito su tutta la linea"
Manech si sollevò leggermente, puntando i gomiti nel materasso "non serve più che mi allontani, giusto? Stai facendo pace col cervello almeno su questo?"
"E tu? Riesci davvero a passare sopra tutto quello che ti ho fatto?"
Lo sguardo del moro divenne intenso, ci aveva pensato a lungo a quell'interrogativo, se l'era fatto lui stesso molte volte, così non esitò nel rispondere.
"Posso farlo se ripartiamo alla pari, se proviamo a costruire qualcosa sul serio, senza segreti, senza bugie. Se proviamo a parlare di quello che ci spaventa e cerchiamo di affrontarlo, non sono nato ieri Gaspard, so che hai i tuoi problemi, le tue paranoie e non sto dicendo che voglio una relazione perfetta" disse con chiarezza "non mi sono mai piaciute le favole, preferisco le persone vere e quelle spesso hanno delle ombre, delle ferite. Voglio solo che tu impari a fidarti di me e che smetti di autosabotarti per partito preso o perché non mi ritieni all'altezza o perché credi di dovermi salvare. Io non ho bisogno di essere salvato, ho bisogno di te e basta. Tu? Cosa vuoi fare? Pensi di potermi sopportare?"
Perchè non fa altro che essere così dannatamente onesto? Perché deve sempre mettermi alle strette?
Ma in fondo, se non fosse così, non ti avrebbe fottuto il cervello fino a questo punto.
"Sì, penso di poterci provare" mormorò in fretta.
Ti sei scelto la tua prossima condanna, ne non lo terrai al sicuro sarà colpa tua stavolta.
Manech sorrise, in modo candido e spensierato, si abbassò e sfiorò le labbra di Gaspard con le proprie, in un gesto dolce.
"Posso supporre che saremo ... almeno esclusivi? Sai, non credo di essere fatto per i rapporti aperti" abbozzò Manech.
"Non preoccuparti di quello" fu la risposta che diede Gaspard, accompagnandola con una carezza quasi casuale che aveva lasciato sulla schiena dell'altro.
"E se dovessi ... sai, stancarti, se volessi finirla. Voglio che me lo dici, che non"
"Sta' tranquillo Manech, ho capito. Non agirò alle tue spalle" disse secco il biondo.
La tensione che era cresciuta nel petto di Manech si era lentamente diradata, accennò di nuovo un sorriso mentre le dita di entrambi si intrecciarono in una stretta leggera. Fu nuovamente Gaspard a prendere parola a quel punto.
"Suoneresti per me?"
Manech sorrise e senza indugio recuperò la custodia con dentro il violino, tornò a sedersi sul letto e poi iniziò a produrre una melodia tenue e delicata. Gaspard lo fissò per un momento, rapito da quel profilo elegante, il corpo statuario e le ciglia lunghe e socchiuse, quel fiocco rosso che aggiungeva una nota di peccato ad uno scenario altrimenti angelico.
Proprio come un giglio bianco con un nastro rosso.
"Gaspard?"
Il suono di quella voce fece scattare il biondo a sedere, gli occhi allarmati si fissarono sulla porta, ma era troppo tardi. La maniglia era già stata abbassata e la porta si era aperta lasciando apparire la figura di una donna accigliata.
"Sei tornato prima? Viene da-" le parole le morirono in gola mentre si ritrovava davanti una scena del tutto inattesa.
Entrambi i ragazzi erano ancora nudi ma questo non impedì a Gaspard di sollevarsi di scatto e andarle incontro con aria furente.
"Vattene! Cazzo, esci!" urlò gettandosi sulla porta, con un gesto secco spinse via la donna e le chiuse la porta contro.
Manech era rimasto raggelato, fissava Gaspard incerto su cosa fare e non aspettandosi una scena del genere.
"Cazzo, cazzo, cazzo!" continuava a mormorare il biondo con la testa fra le mani.
Manech gli andò incontro preoccupato "Va tutto bene? Era la tua matrigna?"
"Sì, dannazione. Non doveva vederti qui, non doveva sapere che ..."
"Ehi, respira. Magari se le parli un momento, non è detto che ne faccia un dramma"
Gaspard scosse la testa " tu non capisci. Cazzo, devi andare Manech. Sono stato un idiota, ti ho fatto salire qui ... non ho chiuso"
"Ehi ..."
Manech provò ad abbracciarlo ma Gaspard era più scosso e preoccupato di quanto il moro potesse aspettarsi.
"Devi andare, ti prego, adesso"
Manech non replicò, si rivestì in fretta e prese tutte le sue cose, anche Gaspard fece lo stesso e, dopo aver controllato che in corridoio non ci fosse nessuno, lo scortò fino all'ingresso.
"Ci vediamo a scuola, vero? Gaspard, non sparire, non..."
"Ci vediamo a scuola, non preoccuparti e fila a casa"
Manech non replicò, annuì e corse giù per le scale, ancora scosso da quanto accaduto e dalla reazione di Gaspard, sembrava spaventato come non lo aveva mai visto.
Il biondo dal canto suo restò ancora qualche istante alla porta, per rivivere quella scena che gli scorreva davanti agli occhi e chiedersi cosa sarebbe potuto accadere. Se quella leggerezza gli sarebbe costata tutto e quanto ci avrebbe messo quella donna a raccontare al padre cosa aveva visto, quanto gli sarebbe costato quel momento di felicità? E quanto sarebbe costato a Manech?
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Yves era uscito di casa poco dopo cena, poi si era attardato in giro per locali, cercando di riempire il tempo che lo separava dalla chiusura dell'Heros. Farsi vedere lì troppo spesso avrebbe dato nell'occhio, soprattutto se si fosse avvicinato ad Amir senza la compagnia di Gaspard e Victoria. E Yves voleva assolutamente evitare situazioni tanto imbarazzanti.
Così aveva aspettato e aspettato, era infreddolito e di pessimo umore quando finalmente varcò la soglia del locale, ormai in procinto di chiudere.
Amir non si stupì, si ritrovò soltanto a lanciare un'occhiatina pungente alla volta di Yves.
"Siamo chiusi. Torni domani e possibilmente ad un orario decente, anche a costo che ci sia qualche spettatore scomodo."
Il più piccolo sospirò di rimando"mi stanno tutti sul cazzo eccetto te. Cosa posso farci?" commentò, godendo dell'effetto che quelle parole avevano avuto sull'altro. Lo vide sorridere appena, prima di scuotere la testa.
"Siamo sempre alle solite con te, eh? Cosa vuoi da bere?" disse alla fine Amir, rassegnato. Vide Yves chiudere la porta a chiave, poi si diresse all'interruttore e abbassò le ultime luci rimaste, ad eccezione dei faretti che illuminavano il bancone e poco altro.
"Prego, fa come se fossi a casa tua" lo invitò Amir, con un tono ironico.
"Lo faccio già. In fondo, qui dentro c'è anche il mio denaro, o sbaglio?" gli fece notare il più piccolo, provocatorio.
"Sì, anche quello di Youri, ora che ci penso" l'altro parlò quasi casualmente, ma ogni parola era stata scelta per un motivo ben preciso. Infatti bastò poco per vedere il viso di Yves incupirsi.
"Ah già, il tuo amico speciale. E dimmi, come si sta comportando il caro Youri? So che si attarda al locale quasi ogni sera." Commentò con stizza il francese.
"Mi controlli? Sono diventato così importante da scomodare sua maestà Yves Clairmont? Ma non mi dire."
Bastò sentire la risata divertita di Amir per mandare in bestia il più piccolo che avanzò impettito verso l'altro, distruggendo la distanza che aveva mantenuto fino a quel momento. Amir fu sorpreso da quello scatto repentino, rimase immobile, mentre il francese affondava i polpastrelli nelle sue braccia in una morsa ferrea.
"Non fare lo stronzo con me, Amir. Non voglio vederlo girarti intorno. Sono stato chiaro?" Yves parlò a pochi centimetri dalle labbra dell'altro. La tentazione di avvicinarsi ulteriormente era forte in quell'istante. Sentire Amir così vicino a lui era inebriante. Lo guardò dritto negli occhi, in quella profondità color miele, così intensa da far male.
"Mi piace provocarti" ammise a fatica il più grande, "mi fa sentire desiderato, come se io contassi qualcosa per te."
Yves rimase sorpreso di fronte a quelle parole, era ovvio che Amir si fosse lasciato andare un po' troppo in quella esternazione. Possibile che anche uno come lui fosse insicuro, si chiese Yves?
Era tutta colpa sua, in fondo.
Quando riuscirai a tirare fuori qualcosa di positivo, Yves?
"Cosa vuoi che ti dica? Ho aspettato fino all'una del mattino che chiudessi il locale, Amir. Sono qui ... sono sempre qui." Disse a fatica il più piccolo, con un tono amareggiato.
"Lo so e non voglio forzarti. Voglio solo farti capire che non è necessario aspettarmi fuori al freddo. Puoi venire qui ... nessuno ci farebbe caso. A nessuno importerebbe, eccetto me."
"Ancora con questa storia?" scattò Yves.
Amir sospirò, non era intenzionato a trascorrere la serata in quel modo. Si avvicinò all'altro che si era voltato e lo abbracciò da dietro.
"Non voglio litigare" sussurrò al suo orecchio e subito sentì Yves irrigidirsi sotto quel tocco.
"E allora cosa vuoi?"
"Portarti di sopra e farti vedere la mia camera privata. Non ci sei mai stato lì."
Il francese trattenne il respiro, era ormai fin troppo consapevole dell'effetto che quelle parole avevano sul suo corpo. Amir sapeva sempre cosa dire e cosa fare per mandarlo in tilt nel giro di pochi istanti.
"Allora una volta tanto vogliamo entrambi la stessa cosa."
Yves aveva atteso che Amir sistemasse le ultime cose al piano di sotto, prima di percorrere i gradini che lo avrebbero condotto alle stanze. Non metteva piede lì da mesi ormai, eppure continuava a portarsi dietro quella strana sensazione di eccitamento e proibito che lo aveva accompagnato durante tutte quelle serate trascorse lì.
"Spero almeno che tu abbia fatto cambiare le lenzuola" disse Yves, in uno strano tentativo di smorzare quell'atmosfera rovente.
Amir rise, "te l'ho detto, è la mia stanza privata. La uso quando ho voglia di riposare un po' e non ho il tempo di tornare a casa. Nessuno è mai stato lì dentro, ma se vuoi possiamo usarne un'altra, come la numero 7. Non era la tua preferita?"
Il francese mandò giù quella provocazione limitandosi a un'occhiataccia diretta all'altro. Poi scosse la testa e lo seguì all'interno della camera. Subito rimase colpito dalla sobrietà dell'arredamento. Forse inconsciamente si era aspettato che somigliasse molto di più alle altre, ma non era così. Niente luci blu o rosse, niente divani enormi e scenici. Quella stanza sapeva di Amir e basta.
"Sai, la notte in cui mi hai baciato per la prima volta, quando mi hai chiesto di salire qui ... dopo ci ho pensato e ripensato. Mi sono dato dell'idiota per averti rifiutato, credevo che non avrei mai più avuto l'occasione di averti davvero."
Yves fece spallucce, "hai fatto bene, invece. Sono sicuro che sarebbe finita male. Ero fuori di me in quel momento ... più del solito, intendo."
"Lo so, era quello che continuavo a ripetermi quando mi lasciavo prendere dallo sconforto. Continuavo a dirmi che avrei soltanto complicato le cose tra noi ... mi dicevo che aspettare non sarebbe stato inutile."
"E guarda un po', ogni tanto anche uno come te ha ragione." Commentò il più piccolo, sorridendo con ironia.
Poi Yves si rabbuiò. Lui aveva ancora dei grossi problemi irrisolti. Non aveva voluto parlarne direttamente con Amir, ma sapeva che l'altro aveva capito ogni cosa. Pensò al dolore che aveva provato, immaginò di riprovarlo di nuovo e solo il pensiero lo atterrì. Doveva dire ad Amir che quella sera non sarebbero andati al sodo, doveva trovare la forza di dirgli che era ancora terrorizzato dal dolore.
Non ti vorrà più. Le tue paranoie lo stancheranno prima o poi. Perché diavolo dovrebbe perdere del tempo con uno come te?
"Non pensare troppo, Yves. Conosco un buon modo per farti rilassare."
Il più piccolo aveva chiuso gli occhi, mentre Amir iniziava a cospargergli il collo di piccoli baci infuocati. Sentiva le braccia dell'arabo intorno alla vita e il suo petto premere contro la schiena. Yves si lasciò andare appena, portando le mani indietro per poter accarezzare qualsiasi componente dell'altro gli capitasse sotto le dita.
Si ritrovò a boccheggiare a mano a mano che i baci di Amir si facevano ogni attimo più decisi, così come quelle carezze sfrontate, adesso dirette tra le sue gambe.
"Bene, vedo che ti piace il mio trattamento ..." si lasciò sfuggire il più grande, parlando contro l'orecchio di Yves. Lo vide fremere, per poi voltarsi indietro e aggredirlo in un bacio di fuoco puro. Stavano cercando di spogliarsi senza interrompere quel contatto travolgente, si muovevano a fatica, calciando di tanto in tanto qualche indumento. Yves crollò sul letto, seguito subito dopo da Amir che gli si posizionò sopra. Il francese era del tutto preda del corpo dell'altro, non riusciva a credere che potesse esistere tanta perfezione in un altro essere umano. Passava le mani sulle spalle larghe e muscolose, per poi scendere giù lungo i pettorali perfetti, fino a scivolare lungo lo stomaco piatto, dove si ritrovò a combattere con l'elastico dei boxer di Amir e solo dopo qualche secondo ebbe la meglio.
Non riusciva a pensare. Non voleva pensare. Era in paradiso e intendeva restarci quanto più poteva. Dopotutto l'inferno era sempre dietro l'angolo per quelli come lui.
Poi Amir scese giù, passò la mano sul suo inguine per poi iniziare a stimolare la sua erezione. Bastò quel gesto per far mugolare Yves.
"Non abituarti troppo, ho altri piani per noi stasera" biascicò Amir a pochi centimetri dall'altro. Poi serrò la bocca intorno all'erezione del più piccolo.
Yves non riusciva a parlare o formulare un solo pensiero sensato. Pensava onestamente che non sarebbe mai stato in grado di abituarsi a quel genere di piacere. Era ingestibile, era proprio come voleva.
Poi, dopo pochi secondi, Amir si bloccò. Yves aprì gli occhi, ancora stordito dal piacere, e lo guardò con espressione confusa.
"Che d-diavolo fai?"
Vide l'arabo sdraiarsi e fargli segno di salire su di lui e subito Yves reagì. Era ancora piuttosto stordito, ma non vedeva l'ora di occuparsi di Amir. E lui era lì, proprio sotto ai suoi occhi, perfetto ed eccitato come Yves desiderava. Il francese si piegò, stava per inglobare l'erezione dell'altro con le labbra, quando il più grande parlò.
"Più giù"
Yves deglutì quando iniziò a capire i piani dell'altro. Rimase un attimo immobile, a contemplare mentalmente cosa lo aspettava. Ancora una volta capì che non sapeva da dove diavolo iniziare ... doveva solo lasciarti guidare dall'eccitazione. Così si abbassò sull'arabo e scese in basso, a posizionarsi tra le cosce di Amir.
Iniziò a baciarlo con lentezza, ripercorrendo con la mente tutte quelle volte che Amir si era occupato di lui in quel modo. Lo sentiva sussultare e gemere piano, segno che le attenzioni di Yves stavano funzionando.
Anche lui era allo stremo, non credeva di potersi eccitare tanto, eppure stava succedendo. Sentiva la sua erezione pulsare tra le gambe, mentre continuava a leccare Amir con forza, preparandosi a quello che sarebbe successo dopo.
Vuole farlo. E lo sta facendo per te ...
Yves risalì sul corpo dell'altro e si fermò sul suo incavo che iniziò a cospargere di baci. Amir lo stringeva a sé, tremava sotto le carezze del più piccolo che si facevano ogni attimo più intense.
"Nel cassetto ... aprilo" biascicò confusamente Amir, poi vide l'altro allungarsi e afferrare il lubrificante.
"E questo che ci fa qui? Sbaglio o mi hai detto che non porti nessuno qui dentro?" proruppe Yves, lanciando un'occhiata di puro fuoco verso Amir, ancora steso sotto il suo corpo.
"Infatti l'ho appena comprato, scemo. Guarda, è ancora sigillato."
L'arabo assestò un debole schiaffetto sulla coscia nuda di Yves, mentre l'altro iniziava a cospargere il gel sul palmo aperto.
"Quindi avevi già pianificato tutto."
Amir ghignò, "voglio che ti piaccia, Yves. E sinceramente non vedo l'ora di averti dentro di me."
Quelle parole furono troppo per il più piccolo. Si sentiva sul punto di annegare nello sguardo liquido di Amir. Lo voleva così tanto che smise di pensare a tutto il resto. Era l'istinto puro ad aver preso la guida del suo corpo, così Yves scese su di lui e si posizionò tra le cosce. L'erezione gli faceva male, si sentiva sul punto di impazzire se non avesse avuto Amir immediatamente.
Lo penetrò piano e bastò muoversi di qualche centimetro per sperimentare una sensazione di piacere intenso. Yves boccheggiò, mentre procedeva un po' di più, stretto nel corpo bollente di Amir che aveva sussultato appena e che adesso cercava la sua bocca e lo invitava a continuare.
Yves si spinse dentro con un ultimo movimento fluido e bastò quel gesto per far gemere entrambi. Per il francese era tutto totalmente nuovo e spaventoso, non riusciva a pensare a niente di sensato, il suo corpo agiva, sussultava e si muoveva come guidato da una forza esterna. Amir era perfetto, andava incontro alle sue spinte e lo stringeva contro il suo petto in una morsa impossibile da sciogliere. Yves pensò che fossero sul punto di fondersi per sempre in un unico corpo e che a lui non sarebbe dispiaciuto per niente.
"Sei così dannatamente perfetto, Amir ..."
Era stato veramente lui a parlare? Yves si morse le labbra.
"Voglio sentirtelo dire domani, quando saremo fuori da questo letto" lo prese in giro l'altro.
"Non usciremo più da questo letto."
Poi fu troppo, Yves capì di essere arrivato al limite e che non poteva fare più nulla per rimandare quel momento. Con un'ultima spinta profonda, si liberò dentro Amir che venne qualche istante dopo tra le dita del più piccolo.
Erano entrambi distrutti e boccheggianti, quando Yves crollò sul materasso, accanto al corpo altrettanto provato di Amir. Ci fu solo uno scambio di sguardi, poi il più piccolo passò un dito sulla bocca dell'arabo.
"Non dire niente o ti ammazzo."
Amir si limitò a ridere, ma non aggiunse altro.
ANGOLO AUTRICI:
Buongiorno, siamo ancora vive! Perdonate l'attesa, ci avete scritto in tante ma con l'uscita di into the void e il lavoro abbiamo avuto qualche difficoltà. Siamo tornate con questo capitolo che speriamo vi allieti un pò le feste <3 il resto degli aggiornamenti riprenderanno dopo l'epifania ;) buona lettura e un bacio a tutti
BlackSteel
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