50. Corrotto
Guasto spiritualmente e moralmente, depravato, vizioso.
Andrea osservava il volto estasiato di Emilien. Era su di lui, si muoveva sinuosamente seguendo un ritmo costante e perfetto che metteva a dura prova la resistenza dell'altro. Gli ultimi raggi del sole penetravano dalla finestra aperta, creavano un gioco di luci sul corpo esile del francese, come una danza ipnotica a cui era impossibile resistere.
"Non guardarmi così. Mi fai arrossire" esalò il biondo a fatica, appoggiando le mani aperte sul petto sudato di Andrea.
"Così come?" chiese quello, anche se aveva una vaga idea di come doveva apparire all'altro.
Perso. Confuso. Sconvolto.
Emilien si lasciò andare ad un sussulto irritato, poi scese a cercare le labbra di Andrea e le baciò con desiderio. Si ritrovò stretto in un abbraccio, mentre il moro si sollevava appena e continuava a muoversi come meglio poteva, ormai ancorato ad Emilien e per niente intenzionato a lasciarlo andare. Quella posizione gli permetteva di baciarlo e accarezzarlo in un modo intimo che non aveva mai immaginato potesse essere così bello.
Che diavolo ti ha fatto questo ragazzo, Andrea? Perché lo tratti come se fosse tuo? Sai che non è così. Quel telefono spento può voler dire soltanto una cosa ...
"Sto venendo" Emilien inarcò la schiena e sollevò il volto verso l'alto. Un'ultima spinta e Andrea lo seguì subito dopo, riversandosi dentro il francese con un gemito mal trattenuto. Erano ancora stretti in quell'abbraccio, entrambi intenti a riprendere fiato dopo quel pomeriggio passato a letto. Non era stato il primo e non sarebbe stato l'ultimo, perché era ormai evidente che quello che doveva essere un incontro sporadico stava ormai diventando un appuntamento fisso.
E questo dovrebbe bastarmi? Un tempo mi sarebbe stato bene. Niente pressioni, niente legami ...
Eppure Andrea non poteva fare a meno di provare una vaga sensazione di amarezza dopo quell'ennesimo orgasmo da far paura.
"Ok, ho bisogno di una doccia e anche tu" commentò Emilien che si era sollevato e aveva lanciato un'occhiata divertita al petto di Andrea. Poi aveva recuperato una birra dal comodino e ne aveva bevuto un sorso.
L'italiano si era ripulito alla buona con un asciugamani abbandonato a terra, poi aveva afferrato Emil per un braccio e l'aveva spinto di nuovo a letto.
"Non così in fretta, tesoro. Non so a che tipo di uomini sei abituato, ma a me non dispiacciono le chiacchiere dopo il sesso" disse Andrea, con un sorrisino sornione sulle labbra.
"Chiacchiere? E di cosa dovremmo parlare?"
"Non lo so. Di noi? Di questa situazione?" chiese con una punta di incertezza nella voce. Subito vide l'altro rabbuiarsi appena.
"Cosa c'è da dire? Sei il sesso migliore che abbia mai avuto ... si capisce" rispose in fretta Emilien.
Quella frase fu come un pugno nello stomaco per Andrea, nonostante non ne capisse razionalmente il motivo. Cosa c'era che non andava? Cosa voleva di più, in fondo? Era meglio così, cercava di convincersi.
"Non lo so ... credo che questo tuo essere così sfuggente mi inquieti" disse invece l'italiano, stupendo persino sé stesso con tutta quella sincerità non richiesta. Vide Emilien corrucciarsi.
"Sfuggente? E' da quattro giorni che vieni a casa mia sotto mio invito ... direi che non c'è niente di sfuggente" disse quello, con un sorrisino nervoso sulle labbra.
"E il telefono? Perché lo tieni sempre spento?"
Ecco fatto. Sei finito sulla strada che aveva giurato di non percorrere.
Emilien si era irrigidito e aveva fissato Andrea con uno sguardo freddo, "che cosa vuoi dire? Sentiamo."
"Voglio dire che non c'è bisogno di tenerlo spento se non hai nulla da nascondere" ribatté in fretta l'italiano.
"Mi stai già dando del bugiardo? O del traditore?" Emilien si sollevò dal letto in fretta, era ormai evidente che le parole dell'altro lo avevano fatto irritare. Era di nuovo sulla difensiva.
"Niente di tutto questo, ma se pensi che sono un idiota o che mi lasci sfuggire certi dettagli ... sappi che hai sbagliato persona" continuò Andrea.
"Che dettagli? Non sono libero di spegnere il mio telefono quando mi va?"
Andrea si mise in piedi con estrema calma, "senti Emilien, ho avuto parecchi ragazzi e spesso mi ritrovavo a frequentarne due o tre nello stesso mese ... so cosa vuol dire quando spegni un telefono. Lo senti ancora?"
Lo aveva fatto. Lo aveva detto. Alla fine la voglia di conoscenza aveva avuto la meglio contro il semplice buon senso di tacere pur di mandare avanti quella storia, se così poteva essere definita. Rimase a fissare il volto impassibile del biondo per un tempo che gli parve indefinito.
"Lo spengo perché voglio evitare di sentirlo. Perché è meglio così" disse quello alla fine, con risentimento.
"Perché? Pensi che sentendolo possa convincerti a tornare con lui?"
Il biondo fece spallucce, "che cos'è questo? Perché mi stai facendo il terzo grado? Noi due ci conosciamo da un mese ... che diavolo vorresti ottenere con queste domande? Ho chiuso una storia complicata. La più importante della mia vita e tu non puoi pretendere di capire come mi sento"
"Ah, quindi l'hai chiusa."
"Sì, l'ho chiusa."
"E come ti senti?"rincarò ancora la dose Andrea, indifferente di fronte alla ormai evidente irritazione dell'altro, "perché abbiamo passato gli ultimi giorni a fare sesso, e non credere che non mi piaccia, ma sembra quasi che tu voglia evitare di parlare"
Persino Andrea si era stupito di quelle parole. Da quando in qua si lamentava per quel genere di cose? Da quando in qua lui voleva parlare?
Perché hai paura ... hai una dannata paura di farti male. Più guardi negli occhi di Emilien, più vedi qualcosa di preoccupante.
Cosa sarebbe accaduto se, per la prima volta nella sua vita, non fosse stato Andrea il più razionale della coppia? E se lui fosse partito in quarta, mentre l'altro aveva ancora dei ripensamenti?
"Stiamo parlando, mi pare. E poi sono stanco di parlare, di aspettare, di ponderare. Nell'ultimo anno non ho fatto altro che pianificare ogni mio cazzo di incontro, mentre adesso tu sei libero, io sono libero ... ci vediamo e facciamo sesso quando ci pare. Cosa vuoi di più?" Emilien sorrise, ma sembrava allo stesso tempo confuso per quella strana reazione da parte dell'italiano.
E se tu fossi soltanto la scelta più comoda, Andrea? Saresti in grado di smascherarlo adesso?
La risposta era ovvia. Andrea si morse la lingua e mise a tacere quel tarlo cattivo. Si vedevano da poco, era logico che Emilien non fosse così preso dalla situazione ... poteva biasimarlo?
Allora perché io mi sento così dannatamente vulnerabile? Cos'è quello che provo?
"Lascia perdere, a volte parto per la tangente"
Emilien annuì piano, "non mi sento con lui. Non ci siamo più sentiti da quella sera in cui sono venuto da te"
E se si facesse sentire, me lo diresti?
"Non sono affari miei comunque. Non mi devi nessuna spiegazione, no?" rispose Andrea, nascondendo il suo malessere in un sorriso apparentemente tranquillo.
"Beh, se la metti così ... anche tu potresti frequentare altra gente. Non sono nessuno io per proibirtelo. Cristo, abbiamo vent'anni! Se non ci divertiamo un po' adesso, allora quando?"
La leggerezza con cui aveva parlato Emilien fu un altro colpo al cuore per Andrea. L'italiano stava iniziando a chiedersi cosa ci fosse di sbagliato in lui nell'ultimo periodo. Non era abituato a quel genere di fastidio, a quel dolore e a quella delusione pulsante che sembrava non volerlo abbandonare mai.
Scappa da questo ragazzo finché sei in tempo. Ti farai del male.
Il suo sesto senso sbagliava raramente, ma Andrea in quel preciso istante non aveva la forza di opporsi ad Emilien. Una parte di lui stava iniziando a capire ogni cosa ... l'ossessione per Emilien, la tristezza provocata dai suoi atteggiamenti ... era chiaro come il sole.
Hai perso la testa per lui. E più passi del tempo insieme a questo dannato ragazzo, più finirai imbrigliato nelle sue spire.
"Sei strano oggi. Più del solito, intendo" il francese rise, poi si sporse verso Andrea e lo baciò con delicatezza, in un gesto che fece sussultare l'altro. Emilien gli concesse un ultimo bacio, prima di sparire oltre la porta del bagno.
Con gesti ormai abituali iniziò a riempire la vasca, poi si diresse verso lo specchio e lanciò un'occhiata critica al suo riflesso. Aveva i capelli spettinati e sudati, il viso arrossato, le labbra gonfie e qualche segno del passaggio di Andrea sul collo. Eppure i suoi occhi erano freddi e vigili ... distanti.
Perché non gli hai detto che Cole è passato a trovarti?
Emilien scosse la testa, voleva mandare al diavolo quei pensieri corrotti e insensati. Sì, Cole era passato e gli aveva implorato di aprire quella porta, ma lui non l'aveva fatto. Lui aveva resistito a quel dannato impulso di rivederlo.
Per poco. Per poco.
Il francese tremò. Ad Andrea poteva anche mentire, ma poi avrebbe comunque dovuto fare i conti con la propria coscienza e quella sapeva essere il giudice più severo e imparziale.
Mi manca. Se tornasse ... se tornasse ancora una volta, cosa farei?
Lo sapeva, dentro di sé era pienamente consapevole di ciò che avrebbe fatto. Allora perché non dirlo ad Andrea? Non meritava forse di sapere come stavano le cose?
Perché andrebbe via. Ti lascerebbe da solo. E tu non vuoi più rimanere da solo ...
Emilien andò a sedere sul bordo della vasca e un brivido gelido lo pervase. Era un mostro. Era un essere abominevole che faceva pensieri disumani. Cosa diavolo voleva allora? Avere entrambi? Vivere con Cole quando quello gli concedeva il suo tempo per poi correre da Andrea per il resto della settimana?
Cristo, come fai a guardarti allo specchio?
Cercò di non farsi assalire dall'angoscia ma era già troppo tardi. Non riusciva a prendere nessuna decisione, l'unica speranza risiedeva in Cole e nel suo buon senso.
Forse non tornerà più e tu non dovrai più scegliere. Se si togliesse di torno da solo sarebbe tutto più semplice. E poi resterebbe Andrea e tutto andrebbe bene ... niente scelte impossibili da compiere, niente pezzi di cuore da lasciare sparsi come vetro rotto.
Quando Emilien si immerse nella vasca, l'acqua era ormai calda al punto giusto. Si rese conto che stare da solo lo turbava più di qualsiasi altra cosa, perché la solitudine lo costringeva a venire a patti con certi pensieri ossessivi.
Così chiamò Andrea e fu felice di vederlo entrare con il solito sorriso malizioso impresso sul volto, segno che tutto poteva tornare ad andare bene.
Aprì le braccia e lo invitò a sedere in mezzo alle sue gambe, petto contro schiena, pelle contro pelle.
"Non volevo essere così polemico. A volte stronzeggio per noia" si scusò Andrea, allungando il viso per lasciarsi baciare da Emilien che lo cingeva da dietro.
"Stronzeggia quanto ti pare, sei così bello che ti perdono tutto."
Perché sei colpevole e lo sai.
Andrea lo baciò ancora e ad Emilien gli si strinse il cuore in una morsa gelida.
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Vic, è un'emergenza, vieni a casa mia.
Gaspard aveva scritto quelle parole con un sorriso leggermente compiaciuto. Era ben consapevole di quello che era successo la sera precedente, delle parole sofferenti della ragazza. Ma sapeva anche un'altra cosa, nonostante la rabbia o la delusione, Victoria ci sarebbe sempre stata per loro, sarebbe sempre arrivata in loro soccorso.
Era per quel motivo che il biondo le aveva scritto quel messaggio, voleva attirarla a casa sua e avere l'occasione di parlare davvero.
Quante volte avevano dato per scontato la sua presenza? Quante volte avevano lasciato su di lei doveri e responsabilità? Quante volte non le avevano chiesto come stesse?
E lei? Lei non ha fatto altro che occuparsi di noi, preoccuparsi per noi.
Per quel motivo adesso toccava a lui e Yves fare un passo avanti e dimostrarle che quell'affetto era ricambiato, che tanta devozione non era stata fine a se stessa.
Ha sopportato troppe stronzate da parte nostra.
"Sei sicuro che verrà?"
La voce di Yves si era sollevata nel silenzio, tradiva un certo imbarazzo ma anche preoccupazione.
"Verrà, lo sai com'è fatta. Tocca a noi fare un passo verso di lei" spiegò "e prima che tu lo dica, so che non sarà facile per te".
"Suppongo che a Vic lo dobbiamo" mormorò l'altro, a fatica.
Poi la loro attenzione fu attirata dal suono del campanello, Gaspard si mosse e aprì il portone del palazzo e successivamente la porta d'ingresso. Victoria apparve dopo pochi istanti, trafelata e con lo sguardo preoccupato.
"Che succede? Quale è l'emergenza?" Chiese concitata.
"Accomodati" rispose Gaspard lasciandola passare "vedi c'è questa buonissima bottiglia di importazione che Yves ha saccheggiato dalla cantina di suo padre. Ed è impossibile finirla in due."
Victoria era esterrefatta, fissava Gaspard non riuscendo a credere alle parole che aveva sentito.
"Mi prendi per il culo?" chiese ancora lei accigliata.
Ma, dopo poco tempo, Yves era apparso con dei calici in mano e gliene aveva passato uno.
"Mai scherzare sul vino" disse il moro con voce solenne "l'unica cosa decente che arriva da quell'Italia del cazzo".
I due ragazzi risero e si spostarono ancora lungo la casa, diretti nella grande cucina. Victoria li seguì in silenzio e, una volta varcata la soglia, osservò il ripiano della penisola apparecchiato per tre.
"Posso sapere cosa sta succedendo?" Riprese lei tanto seriamente da fare voltare gli altri.
"Gaspard ci prepara la cena come ai vecchi tempi, ci credi? Che altro succederà? Si congelerà l'inferno?" Rise Yves.
"Quello che hai detto l'altra sera era vero, Vic" commentò Gaspard mentre faceva il giro del bancone e sorseggiava un bicchiere di vino "ultimamente ci siamo persi, fra drammi personali e affari da portare avanti, abbiamo perso il senso del nostro gruppo."
Victoria sorrise, la tensione nel suo petto si distese mentre prendeva posto sullo sgabello accanto ad Yves.
"Come state voi due?" Chiese la ragazza con un mezzo sorriso.
"È un periodo di cambiamenti" rispose Yves "chissà perché tutto deve sempre essere così dannatamente complicato. Questa roba dell'aprirsi agli altri è una vera rottura di coglioni."
"Yves sta entrando nel magico mondo delle relazioni sane, brutta storia" mormorò Gaspard facendo ridere Victoria.
"Oh ma certo, dannati sentimenti, a cosa diavolo ci servono?" Lo prese in giro lei.
"Ah bene, schernitemi pure" si lamentò il moro "come se fossi solo io il problema. Vogliamo parlare del nostro amico biondo? Perché non mettiamo sotto esame anche le tue frequentazioni?"
"Sono uno spirito libero, io. Non organizzo di certo cene romantiche o appuntamenti segreti"
I due ragazzi risero ancora sulle spalle di Yves che però sembrava reagire bene a quei commenti. Il disagio stava lentamente passando, anche se non del tutto, riuscire ad aprirsi a Victoria e Gaspard lo stava aiutando a normalizzare quella realtà. Lui e Amir erano una realtà, almeno ammetterlo con i suoi amici non sembrava così spaventoso.
"Beh, su una cosa Yves ha ragione, lui non è l'unico testardo qui. Tu non sei da meno, soprattutto riguardo una certa questione" disse la ragazza rivolta a Gaspard.
Il biondo scosse la testa "non riprenderò l'argomento, Vic"
"Quale argomento?" Chiese Yves.
"Manech" rispose lei molto chiaramente "che Gaspard continua a cercare con lo sguardo a scuola ma finge che non sia vero. Ed ha anche la presunzione che io faccia finta di nulla"
"Dovresti fare finta di nulla perché non sono affari tuoi" le ricordó il ragazzo con mezzo sorriso.
"Dopo tutto quel casino fra voi due non è ... successo altro? " Chiese Yves in un sussurro.
"No, non abbiamo più parlato. Ma, nonostante Vic non la pensi così, è meglio se stiamo lontani."
Lei sbuffò "si può sapere perché? Non ricordo di averti mai visto provare interesse per qualcuno da quando ti conosco. Intanto del vero interesse, Manech invece ti ha coinvolto tanto da pensare prima a te stesso e dopo al progetto. Questo mi sembra un vero e assoluto coinvolgimento e poi ti accontenti di mandare tutto a puttane così"
Yves sospiro forte, ma si costrinse comunque a parlare "Vic ha ragione. Non fraintendermi, ho detestato quel coglione dal primo momento, ma ormai sua sorella è fuori ... se lui ti piace ..."
Gaspard inspirò puntando lo sguardo lontano "non credo che mi perdonerà e non credo di voler essere perdonato. E poi, non sono libero adesso, lo sapete, voglio sbarazzarmi di lui."
Ci fu silenzio a quel punto, entrambi gli amici sapevano bene a chi Gaspard si riferisse. Il padre era una presenza terribilmente tossica e controllante nella sua vita. Gli aveva imposto la sua visione, programmato la vita come se il biondo non potesse pensare o decidere per se stesso.
"Ci riuscirai" disse Victoria con tono sicuro "non è forse questo il motivo di tutto? Forse è passato così tanto tempo che ce ne stiamo dimenticando... ma il progetto, i soldi ..."
"I soldi per la libertà" continuò Yves con un sorriso "Vic ha ragione, ci siamo quasi. Ancora un po' di mesi e poi il diploma e a quel punto, con i soldi che abbiamo raccolto dal giro, potremo trasferirci ..... vivere finalmente la vita che vogliamo, senza nessuna censura, nessun percorso stabilito."
"Crearci una nuova vita, abbandonando i nostri fantasmi" concordó Victoria "ma dobbiamo davvero cominciare a prenderci ciò che vogliamo, che ci fa stare bene. Lo so che mi avete sempre ritenuto tremendamente melensa quando dico queste cose, ma io lo penso davvero. Io credo che abbiamo il diritto di trovare il nostro mondo, la dimensione in cui non ci sentiamo in dovere di fingere, in cui possiamo essere accettati così"
"È una bella fantasia Vic, ma per il momento io mi accontenterò di lasciare questa casa" disse Gaspard terminando il suo vino.
"Se non ti lasci il passato davvero alle spalle, Gaspard, se non ti aprirai al mondo di nuovo, allora non lascerai questa casa nemmeno con tutti i soldi del mondo."
Il biondo tacque, una parte di sé sapeva che l'amica aveva ragione, era tutta una questione di fantasmi e la sua mente ne era piena.
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I tre erano sdraiati sui comodi divani del salotto di Gaspard, avevano cenato con il brasato e finito ben due bottiglie.
Era da tanto tempo che non trascorrevano una serata come quella, in cui i protagonisti erano davvero loro. Niente emergenze, niente distrazioni o affari di mezzo. Solo loro tre, un gruppo di ragazzi di diciannove anni che si interroga su come andare avanti in quella vita così tremendamente complicata.
Gaspard si era stiracchiato, aveva osservato i due amici che si erano abbandonati al sonno mentre qualcos'altro gli impediva di fare lo stesso.
Forse non qualcosa, ma qualcuno.
Si maledì per quella precisazione nella sua testa ma poi tirò fuori il telefono. Non avrebbe voluto farlo ma le sue dita si mossero comunque e davanti ai suoi occhi apparvero le vecchie conversazioni tra lui e Manech. Non c'era molto da sfogliare, erano brevi discorsi, intese per incontri che sarebbero avvenuti da lì a poche ore.
Non era molto, ma era qualcosa, lo sai.
Victoria non si sbagliava, per quanto poco di sé aveva fatto trasparire in quegli incontri, fra lui e Manech era successo qualcosa. Poteva percepirlo, anche se ammetterlo sarebbe stato impossibile e insopportabile.
Gaspard si chiese persino se il ragazzo andasse ancora al Jazz club a suonare, non ci aveva messo piede per evitare di incontrarlo, per impedirsi di ascoltare quella musica che avrebbe riacceso in lui desideri che non poteva permettersi.
Poi aveva compiuto un altro gesto di cui si sarebbe certamente pentito, ma che preferí attribuire al troppo vino. Passò in rassegna delle foto di Manech sui social, osservò il suo sguardo allegro mentre stringeva Andrea in un abbraccio.
In fin dei conti sta bene.
Era meglio così, si disse Gaspard alla fine, qualsiasi cosa fosse accaduto fra loro ora era parte del passato, il futuro era fin troppo incerto.
Conosceva bene le ambizioni di Manech mentre lui aveva altri piani per se stesso, sarebbe sparito, sarebbe andato via lasciandosi alla spalle tutto il dolore che aveva segnato la sua vita. Forse, se fosse stato fortunato, in una nuova città avrebbe ripreso a respirare.
Chiudi gli occhi amore mio, e prova ad andare avanti, prova a dimenticare, anche le cose belle.
BLACKSTEEL
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