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48. Crepuscolo

Il tempo che sussegue il tramonto o precede l'alba.



Jean si era fermato davanti al vecchio palazzo d'epoca, era nervoso, ma allo stesso tempo si sforzava di farsi coraggio e affrontare quella situazione.

Gael è lì dentro, puoi farcela.

Il biondo non sapeva cosa lo stesse innervosendo tanto, forse una parte di sé era rimasta troppo scottata dal loro ultimo incontro. Forse, temeva che Gael pensasse davvero che lui non valesse abbastanza.

Non lo stai facendo per te stesso, devi provarci per lui.

Si riscosse e attraversò la soglia del palazzo, salì fino all'ultimo piano dove c'era la mansarda in cui abitava il moro, non si sentiva alcun suono provenire dall'interno, ma Jean bussò ugualmente.

Una serie di tocchi ben assestati, ma non udì risposta, così riprovò una seconda volta.

"Vaffanculo Manech, vattene a fanculo e lasciami in pace, non ho voglia di starti a sentire" urlò la voce di Gael dall'interno dell'abitazione.

Jean sussultò ma prese parola con tono sicuro "non sono Manech, sono Jean. Hai un momento?"

Silenzio.

Per un lungo istante non si sentì nulla provenire dall'altra parte, tanto che il biondo stava cominciando a credere che quella fosse la risposta. Ma poi si udirono alcuni passi e il suono della serratura scattare, Gael spuntò sulla soglia e il silenzio tornò a permeare l'aria.

Il suo volto era pallido notò Jean, gli occhi cerchiati, segno che doveva aver passato parecchie notti insonni, la mascella serrata e l'aria tesa.

"Ehi" si sforzò di dire Gael, con tono neutro.

"Ehi" mormorò Jean cercando di sostenere il suo sguardo cupo "posso?"

Quello si mosse di lato lasciandolo passare, c'era puzza di tabacco stantio nella stanza. Le tende erano tirate e il letto era sfatto, lì dentro si percepiva un'atmosfera pesante e lugubre.

"Questo posto sembra una tomba" disse ad un tratto il biondo.

"Cosa ci fai qui?" ribatté l'altro, ignorando l'osservazione "non c'è alcuna ragione possibile per cui tu dovessi venire a trovarmi, anche solo che dovessi provare pena per me o pensarmi".

Jean ad un tratto perse tutta la sua incertezza, quel tono e quelle parole lo scossero così profondamente che capì cosa Manech era venuto a dirgli. Ecco cosa stava davvero succedendo a Gael e quanto quella persona avesse bisogno di aiuto, del suo aiuto.

"Gael, cosa credi che sia successo fra noi? Cosa credi che io provi per te?" chiese con tono tanto diretto da far restare l'altro attonito.

"Sono un pezzo di merda che ama solo fare sentire gli altri sbagliati, Jean" mormorò alla fine "non sono migliore di Gaspard, anzi, forse lui non ne ha mai fatto mistero mentre io ... mi sono definito migliore e poi ti ho fatto di peggio"

"Non hai risposto alla mie domande" ribatté Jean, facendo nuovamente stupire Gael "lo sai cosa è successo fra noi due? Riesci a capire quanto siamo importanti l'uno per l'altro e quanto questa importanza abbia reso le cose così dannatamente difficili?"

Gael abbassò gli occhi "non è questo, non si tratta di noi, si tratta di me. Della mia totale incapacità a relazionarmi con qualcuno senza ferirlo, senza farlo sentire mancante."

Jean scosse la testa "smettila, non si tratta sempre di te, continui a credere che per qualche motivo io sia perfetto, che sia fragile e vulnerabile e che solo tu sia responsabile di come mi sento" inspirò e scandì quelle parole con tutta la forza che aveva "ma non è così! Io ti ho ferito, sono stato a letto con lui e non c'entrava niente quello di cui Gaspard aveva bisogno. C'entravo io, io e la mia fottuta paura di andare avanti, di crearmi nuovamente qualcosa per cui ne valesse davvero la pena!"

Il moro stava per dire qualcosa, ma Jean non glielo permise riprendendo quel discorso.

"Dopo che ho rinunciato al mio sogno, ho rinunciato a tutto. Non volevo più provare quel genere di dolore e non ho più costruito niente a cui tenessi davvero. Ma quello che si stava creando fra noi ... era ... anzi, è qualcosa di importante, qualcosa a cui tengo" spiegò "mi sono accontentato di Gaspard perché lui non mi dava niente e, a dispetto di quello che raccontavo a me stesso, niente era esattamente quello che volevo. Ma tu ... hai cambiato le cose"

Jean si era fatto un passo più vicino e aveva sfiorato una mano di Gael con le dita, il moro era ancora rigido sopraffatto dalle parole del biondo ma allo stesso tempo dai suoi pensieri.

Lo ferirai ancora, sei fatto così.

Lo farai sentire mancante.

E se finissi per perdere anche lui?

"Jean ... non posso, io ..."

Il biondo non perse tempo né ascoltò quelle mezze parole sussurrate, poggiò le mani sul viso di Gael e lo accarezzò teneramente prima di poggiare le sue labbra su quelle dell'altro.

Non fu un bacio profondo, né appassionato, fu casto, uno strofinarsi leggero di labbra e respiri, una vicinanza timida e calda.

Gael non aveva nemmeno notato che le sue braccia si erano mosse e appoggiate sui fianchi di Jean, ma si era solo reso conto successivamente che lo stava stringendo, quando quel contatto appena accennato terminò.

"Non voglio forzarti, non voglio obbligarti a lasciarti andare a qualcosa per cui non sei pronto" mormorò il biondo "io aspetterò che tu sia pronto, aspetterò che tu abbia fiducia in te stesso come ce l'ho io, ma ti prego, non chiudermi fuori."

Gael era senza fiato, posò una mano tremante a sfiorare quella di Jean, ricordando quelle sensazioni che la prima volta lo avevano portato a parlare. Quel bisogno di stringerlo, quel desiderio di poterlo avere tutto per sé, quella vena egoista che lo aveva sempre contraddistinto ma che quel ragazzo sembrava non percepire.

"Sono stato uno stronzo, ti ho detto quelle cose e poi ... ho sperato che Manech allontanasse Gaspard da te, mi sono persino servito del mio più caro amico senza che mi importasse il suo benessere"

"Credo che Manech sappia badare al suo benessere senza il nostro intervento, mi sembra un tipo in gamba"

"Tu ..." altro stupore "lo hai incontrato?"

"È venuto a cercarmi, abbiamo parlato di tante cose e mi sono ritrovato a farmi dare lezioni da un ragazzino" sorrise "è stato lui a farmi capire quello che non avevo il coraggio di metabolizzare e anche ... che mi manchi, che mi manchi da morire e che è tremendamente stupido stare male entrambi solo perchè abbiamo troppa paura per guardare in faccia i nostri demoni."

Per un momento, Gael si lasciò andare ad un flebile sorriso, pensando a Manech e alla sua assurda cocciutaggine che lo aveva portato a mettersi in mezzo in quella faccenda.

Ma forse gliene sei grato.

"Mi sei mancato anche tu" ammise Gael alla fine, con quella frase che lo alleggerì terribilmente.

A quel punto Jean sorrise, un gesto semplice che ebbe immediatamente un forte impatto su Gael, vederlo lì davanti a lui, così luminoso, lo fece restare per un momento senza fiato.

C'era così tanto marcio dentro di lui, i semi del dubbio e della paura si annidavano costantemente nel suo petto, eppure, in quel momento, con Jean davanti, non li ascoltò.

"Devo fare i conti con tante cose Jean, devo ... trovare la forza di dirti tante cose ma non so quando ci riuscirò. Non so nemmeno perché tu dovresti aspettare i miei tempi e sopportare le mie stronzate" disse chiaramente.

Jean si strinse a lui in un gesto gentile e accogliente mentre Gael lo circondava con le sue braccia incapace di lasciarselo sfuggire.

"Perché sei importante per me, Gael, perchè con te non mi sento più solo" ammise e poi gli sfiorò le labbra con una carezza del pollice "te lo avevo già detto, no? Io sono quello che trova un modo, un modo per sopravvivere e un modo per amare anche chi è impossibile da amare"

Gael si irrigidì "credevo che parlassi di Gaspard quando lo hai detto"

"Lo credevo anche io"

"E stai dicendo che ameresti uno come me?"

"Sto dicendo che nessuno è impossibile da amare, io la penso così."

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Alla fine Jean era rimasto, Gael aveva fatto una doccia e lui gli aveva preparato qualcosa di buono da mangiare, visto che dubitava che il moro si fosse nutrito decentemente in quei giorni. Aveva anche aperto le finestre e le ante per fare entrare l'aria fresca della sera.

Non voleva che restasse solo, così avevano discusso fino a quando il moro non si era convinto a lasciare che il suo ospite si fermasse per la notte.

"Non era necessario che facessi tutto questo, davvero, sto meglio" disse Gael mentre si metteva a letto.

"Fortuna che non ti ho chiesto il permesso allora" commentò Jean sdraiandosi al suo fianco.

I due si strinsero un po' sotto il calore delle lenzuola, era la prima volta che dormivano insieme e Jean si rese conto che era la prima volta che dormiva con qualcuno dopo tanto tempo.

Gael si avvicinò stringendosi a lui, cercò le sue labbra e Jean non perse tempo a suggellare quel bacio intenso e intimo.

Non c'era l'intenzione di aggiungere altro di sessuale tra loro, nessuno dei due si sentiva eccitato o desideroso di una maggiore intimità.

Quel momento era perfetto così, racchiuso nella tranquillità di quella casa, nel calore di due corpi che si stringono alla ricerca di tenerezza, di familiarità e conforto.

Se riuscissi davvero a ricominciare a vivere, vorrei che fosse con te.

Gael non espresse quel desiderio a voce alta ma non ebbe paura di pensarlo dentro di sé mentre abbracciava Jean e si lasciava cullare dalla sua presenza e dal suo profumo dolce.

Tienimi con te.

Furono le ultime parole che Jean elaborò nella sua mente prima di cedere al sonno in quella camera così accogliente, fra le braccia di qualcuno a cui importava, dopo tanto tempo.

E non ci fu nient'altro per ore a disturbare quel riposo se non la luce dell'alba.

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Andrea aveva controllato per l'ennesima volta il suo telefono. Nessuna chiamata, nessun messaggio. Niente di niente anche quel giorno.

Cosa ti aspettavi? Sei tante cose, ma non sei mai stato uno stupido tu.

No, forse lo era stato, si disse poco dopo, ripensando alla velocità con cui si era fatto coinvolgere in quella storia insensata e precipitosa. Che cosa aveva da biasimarsi? Sapeva dal primo momento a cosa stesse andando incontro accettando di vedere un ragazzo impegnato e con un passato torbido come quello di Emilien. Eppure non si era lasciato fermare da quel senso di pericolo imminente ... no, aveva deciso di andare avanti con quella dannata spavalderia che lo contraddistingueva.

"Niente?" Manech aveva interrotto quel silenzio prolungato, lanciando un'occhiata allo schermo nero del telefono di Andrea. Entrambi avevano preso una boccata di fumo dalla sigaretta, poi l'italiano aveva scosso il capo.

"Ovviamente. Ha spento il telefono ... più chiaro di così ..."

L'altro si passò una mano tra i capelli "forse ha bisogno di tempo per riflettere."

"Andiamo, sai come stanno le cose? Che mi sono fatto prendere per il culo da un francese. Cristo, non usate neanche il bidet. Quanto in basso sono caduto?" poi aveva riso, cercando di mostrare un'allegria che però non possedeva. Non credeva che uno come Manech fosse così superficiale da bersi quella sceneggiata, ma d'altronde Andrea aveva sempre pensato che piangersi addosso non fosse nel suo stile. Meglio fingersi allegro che mostrare la sua patetica depressione.

"Credo che abbia paura di te sinceramente. Di quello che potrebbe provare se decidesse di lasciarsi andare davvero. E poi ha tradito il suo ragazzo, anche questo deve dargli più di qualche pensiero" disse invece Manech, ignorando la battuta dell'amico.

"Il suo ragazzo? E dai Manech, quello ha una famiglia! Non lascerà mai sua moglie, ed Emilien è sveglio, sotto sotto anche lui deve aver capito come stanno le cose, anche se non lo vuole ammettere a sé stesso" ribatté incattivito Andrea, poi si lasciò andare ad un ghigno abbattuto, "e io ho avuto la brillante idea di finire in mezzo a questa situazione del cazzo. Avevi ragione tu, non riesco proprio a starmene buono e fermo."

"Andrea ... tu sei pazzo di lui. Questo Emilien è l'unico ragazzo di cui tu mi abbia mai parlato ... e ne hai frequentati parecchi da quando ti conosco, mi pare" commentò con sincerità il francese.

"Ed è un illuso del cazzo, intenzionato a non guardare in faccia la realtà delle cose. Guarda per chi perdo la testa, per uno stronzo meschino e subdolo che non mi degna neanche di una telefonata per dirmi che non vuole più vedermi. No, fanculo lui e fanculo tutto il resto. Vado a prendermi una sbronza da qualche parte stasera, non ho nessuna intenzione di starmene qui a fissare il telefono."

Manech aveva lanciato un'occhiatina da camerato, poi si era messo in piedi, "e io ti farò compagnia. Andiamo a rendere questo sabato sera un sabato sera degno di essere vissuto."

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L'acqua dovrebbe rendere i corpi più leggeri, ma Emilien si sentiva pesante quanto un macigno in quel momento. Il tepore del bagno stava andando via in fretta, lasciando il posto a una strana sensazione di freddo disagio che non sembrava più in grado di abbandonarlo ormai da un paio di notti a quella parte. E Cole era lì, con la testa reclinata su un asciugamani, completamente abbandonato contro la vasca. Stava dormendo e il suo viso era calmo e bello ... peccato che tutto quello non fosse destinato a durare, pensò subito dopo Emilien. La loro storia era come quella bolla di sapone che un piccolo movimento dell'acqua aveva fatto esplodere davanti ai suoi occhi.

Troppo fragile per poter reggere. Troppo misera per poter sopravvivere.

Presto si alzerà da lì e tornerà a casa. Da lei. Dalla sua famiglia perfetta.

Emilien non riusciva più a sopportare tutto quello. Che diavolo di vita stava scegliendo per sé stesso? Perché non riusciva a sganciarsi da lui una volta per tutte?

Sei stato con un altro. C'è qualcosa dentro di te che sta cercando di ribellarsi.

O forse sono solo una puttana, pensò subito dopo il biondo, aprendo le labbra in un sorrisetto carico di amarezza. Forse era il suo modo per farla pagare a quell'uomo che continuava a entrare e uscire a piacimento dalla sua vita, che cercava di tenerlo buono con vuote promesse e menzogne talmente evidenti che anche un bambino avrebbe saputo riconoscerle.

Cosa vuoi fare? Continuare così fino a quando non impazzirai? Forse sta già succedendo ...

E poi ricordò com'era prima di Cole. Ricordò le serate trascorse tra amici, dove non c'era nessuna relazione segreta da nascondere e tutto era più semplice e normale. Che fine avevano fatto adesso? Erano sparite ed era stato lui a fare terra bruciata intorno a sé stesso per proteggere Cole e il loro segreto.

Hai diciannove anni. Non dovresti vivere una relazione a metà. Non dovresti dividere l'uomo che ami con un'altra persona.

E in fondo lo sapeva e forse era stata quella consapevolezza a spingerlo da Andrea. Lui era così forte, così diretto e spiazzante ... era la normalità. Era quello a cui avrebbe dovuto ambire.

"Ahi, mi sono addormentato. Che ore si sono fatte?"

Emilien aveva sbattuto le palpebre, per un attimo aveva dimenticato di trovarsi ancora lì in quella vasca, in compagnia di Cole, il cui tempo era sempre stato prezioso. Pensò che non fosse semplice trovare una copertura per quegli incontri e che serviva grande meticolosità per nascondere un'amante. Tornò a guardare l'uomo, cercando di togliersi quel sorrisetto amareggiato dalle labbra e si trovò davanti lo sguardo assonnato e allo stesso tempo appagato di Cole.

"Sono già le venti. Anch'io dovrei cucinare qualcosa" disse soltanto Emilien, emergendo dall'acqua ormai fredda della vasca e avvolgendosi nel solito accappatoio. Cole aveva sospirato, lo vide stiracchiarsi un po' prima di afferrare un asciugamani.

"Sono a pezzi. Questi esami mi stanno sfiancando. A proposito, è probabile che la prossima settimana non riesca a passare. Ho qualche congresso e poi devo aiutare Fabianne con il trasloco dei suoi genitori."

Con quale spigliatezza osava parlare di lei, pensò Emilien. Tirava fuori il suo nome in quel modo, come se lui non fosse nemmeno lì a dover sopportare il peso di quello che succedeva quando Cole non era più con lui.

"Bene, almeno le tue priorità sono sempre chiare" sbottò il ragazzo e, per la prima volta, realizzò di aver detto quello che pensava davvero.

Quelle parole inaspettate ebbero uno strano effetto sul professore. Cole si era voltato piano, quasi incerto di aver sentito davvero una frase del genere venire fuori dalle dolce labbra di Emilien.

"Cosa? Cos'è questa storia?"

"È la storia della mia vita, Cole. Sono io che rimango qui da solo, mentre tu torni dalla tua famiglia e progetti i vostri mille impegni. E non c'è mai posto per me" disse ancora Emilien e non si fermò, "sai che ti dico? che da ora in poi verrai solo quando vorrò io. Sono stanco di trascorrere tutti i miei pomeriggi qui dentro, nella speranza di vederti aprire quella porta. Restituiscimi le chiavi."

Cole era rimasto senza parole di fronte a quella sfuriata inaspettata. Abbassò lo sguardo sul palmo proteso di Emilien, poi sul suo volto ferito e terribilmente serio.

"N-non volevo niente del genere. Sei stato tu a dirmi che passi i tuoi pomeriggi sui libri e che ti avrei trovato sempre a casa. Non volevo farti un torto o darti l'impressione di non averti a cuore."

Emilien era riuscito ad evitare la carezza di Cole, si sentiva terribilmente fermo nelle sue intenzioni, in un modo che gli risultava estraneo e quasi spaventoso. Dove aveva trovato quella forza?

"Lascia perdere. Adesso ho cambiato idea ... se vuoi continuare a frequentarmi deciderò io quando e come. E se non ti sta bene, beh ... allora sei libero di trovarti un altro."

"Trovarmi un altro?" l'uomo sussultò, sorpreso "sei l'unico Emil ... sei l'unico ragazzo con cui io abbia mai"

"L'unico? Hai davvero il coraggio di usare questa parola?" il biondo aprì le braccia in un gesto di irritazione, "non sono mai stato l'unico. Tu sei l'unico. Tu eri l'unico."

"Ero? Ma certo" Cole scosse la testa, "sai che non posso avere nessuna pretesa su di te. Te l'ho sempre detto ... anche tu sei libero di incontrare chi vuoi, almeno fino a quando non avrò sistemato la mia situazione."

"Wow, come sei magnanimo! E quando avrai sistemato la tua situazione, Cole?" disse feroce Emilien. Mai prima di allora aveva osato spingersi a tanto con l'altro. Fino a quel momento aveva mandato giù il dolore pur di tenere quell'uomo legato a sé.

"Ne abbiamo già parlato una miriade di volte e mi hai sempre detto che avresti aspettato. Cerca di darti una calmata ... tu sei solo un ragazzino, non hai idea dei problemi che devo affrontare ogni giorno. Io ho delle dannate responsabilità! Ho un figlio di sei anni e un mutuo da pagare. Non posso svegliarmi un giorno e decidere di mandare tutto al diavolo per correre da te. Non è così che funziona la vita."

Lo sapeva, Emilien, dentro di sé, lo aveva sempre saputo. Infatti quelle parole non lo stupirono, sembrò quasi che non lo avessero toccato più di tanto mentre procedeva a passi veloci verso la porta del bagno e la spalancava.

"Non sei mai stato intenzionato a lasciarla ..."

Cole scosse la testa, "lo farò. Dio, Emilien ... non passerò il resto della mia vita con una donna che non amo, te lo giuro ..."

"Perché dovrei crederti?" chiese l'altro.

"Che risposta vuoi? I-io non lo so! Perché è quello che penso veramente. Perché ho solo bisogno di sistemare le cose e ci vuole tempo per questo. Ma non ti forzerò ad accettare questa situazione ... voglio che tu ti senta libero di fare qualsiasi scelta sia migliore per te."

Emilien odiava tutto di quelle parole, odiava il modo in cui Cole lo stava lasciando andare. Era così semplice per l'altro? Perché lui, invece, non riusciva a farlo?

"Senti, cerca di schiarirti le idee. Io non voglio perderti. Tu e Mathias siete le uniche cose buone della mia vita ... non sto scherzando. Però devi capire cosa vuoi."

Cole lo aveva guardato dritto negli occhi, il suo sguardo era ferito, si scontrava contro quello duro del più piccolo. Eppure Emilien si sentiva a pezzi, stringeva il suo corpo tra le braccia per paura di crollare a terra non appena Cole avesse lasciato la stanza.

"Cerca di riguardarti ... e chiamami se hai bisogno di qualsiasi cosa. Non volevo farti stare male, non l'ho mai voluto."

Poi si era rivestito in fretta e, nel silenzio più totale, aveva lasciato all'appartamento.

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Andrea aveva ormai perso il conto dei shot che lui e Manech avevano trangugiato nel corso della serata. L'atmosfera era euforica nel club e tutti i presenti sembravano godere di quel clima allegro e leggero.

"Alza i bicchieri e sorridi!" il francese aveva stretto Andrea in un abbraccio e poi entrambi avevano guardato il cellulare in attesa della foto. Si erano fermati soltanto per qualche selfie e qualche capatina in bagno, per il resto non erano affatto intenzionati a lasciare la pista di ballo. Ci stavano dando dentro, attirando le occhiate di molti altri ragazzi affascinati da quel duo spensierato.

"Ehi, vedi non farti rimorchiare da nessuno stasera. Sono tutti dei pazzi di merda gli uomini" Andrea urlò dritto nell'orecchio dell'altro, che rise forte.

"L'unica cosa che accetto dentro di me stasera è l'alcol" ribatté Manech ed entrambi tornarono a ballare come forsennati.

Andrea voleva credere di sentirsi bene e non era poi così difficile pensarlo quando l'alcol scorreva a fiumi e la musica suonava forte e martellante. Se avesse voluto avrebbe potuto rimorchiare ad occhi chiusi durante quelle serate piene di collegiali e universitari. Le opzioni erano infinite per entrambi, eppure, nonostante l'euforia dell'alcol, Andrea sapeva che anche Manech doveva soffrire. Erano stati vulnerabili e come tali avevano finito per farsi usare.

"Ehi, siamo di nuovo a secco. Vai tu a prendere qualcosa? Io voglio farmi una sigaretta fuori se riesco ad uscire" Manech dovette urlare per sovrastare il suono assordante della musica. Vide Andrea fare un cenno di assenso per poi sparire verso la folla, diretto al grosso bancone.

L'italiano si aprì la strada a fatica tra la massa di corpi in movimento accanto a lui. Quando raggiunse il bar era senza fiato, si portò i capelli bagnati indietro e cercò di scollarsi di dosso la camicia scura e ormai zuppa di sudore.

"Faccio un po' schifo" disse più a sé stesso che a qualcuno in particolare, ma il ragazzo accanto lo sentì e gli rifilò una lunga occhiata interessata.

"Non direi. Anzi ..."

Andrea ruotò gli occhi al cielo, "togliti dalle palle. Ne ho abbastanza di voi francesi del cazzo!"

Lo sconosciuto era rimasto piuttosto colpito, stava per dire qualcosa, quando Andrea si sentì toccare la spalle e si voltò indietro. Era sicuro di vedere Manech, ma si sbagliava. Ci mise più di qualche secondo per mettere a fuoco il viso arrossato di Emilien, fermo davanti a lui, con un'espressione impenetrabile dipinta sul volto.

"E tu che cazzo ci fai qui?"

Il biondo non mostrava imbarazzo, né paura. I suoi occhi erano delle fiamme divoranti, si posavano sul corpo di Andrea, indugiavano su ogni porzione di pelle scoperta con una bramosia spaventosa. Anche l'italiano lo notò e bastò quel genere di sguardo per fargli smuovere qualcosa nello stomaco.

"Ho visto le foto di Manech, sapevo che eravate qui ... dovevo venire" disse soltanto, consapevole dell'effetto che Andrea stava avendo su di lui.

"Sì? E perché dovevi farlo? Hai passato una settimana intera ad ignorarmi. E ora vedi le mie foto e decidi di presentarti al locale come se niente fosse ... credi che tutto ti sia dovuto?"

Emilien non riusciva a ragionare con lucidità. Anche lui aveva bevuto prima di decidersi a compiere quel passo e tutto ciò che desiderava era Andrea e sentire ancora una volta le sue mani che lo toccavano ovunque. Deglutì forte, aveva caldo. Si stava protendendo verso l'italiano senza poter fare nulla per fermarsi, non voleva più parlare, voleva solo lasciarsi annegare.

Andrea lo aveva bloccato per le spalle, era così vicino all'altro da poter sentire il suo profumo e il fiato caldo del suo respiro. E poi c'era il calore spaventoso di quella pelle, coperta soltanto dal tessuto leggerissimo della t-shirt bianca, quasi trasparente sotto le luci cangianti della discoteca.

"Non puoi fare così ..." Andrea era boccheggiante, se soltanto si fosse mosso anche solo impercettibilmente, avrebbe finito per sfiorare quelle labbra.

"Non era quello che volevi? Sono qui adesso. Sono qui per te."

Andrea era senza fiato, bastò baciare Emilien per vedere il caos del locale svanire intorno a loro. C'erano solo loro due adesso, un incontro di labbra e corpi che si faceva ogni istante più serrato. L'italiano ebbe solo un pensiero sensato prima di annegare in quel fantastico oblio. Pensò solo a quanto aveva sperato in un epilogo simile.

ANGOLO AUTRICI:

Carissime siamo tornate, scusate l'assenza ma vi lasciamo in buona compagnia! Piccole coppie crescono, fanno passi avanti almeno XD Grazie come sempre per chi ci legge e commenta con noi <3

BlackSteel 

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