47. Crescendo
Didascalia musicale indicante l'aumento di sonorità nell'esecuzione di un passo della composizione.
Manech continuava a pensare che fosse una pessima idea, che intromettersi in quella storia non gli avrebbe procurato nulla di buono ma allo stesso tempo non riusciva a togliersi dalla testa il volto di Gael.
Il suo amico stava soffrendo e, nonostante lo avesse usato, lui non riusciva a far finta di niente, a non importargli. Anzi, forse il fatto che avesse mentito per spingerlo verso Gaspard, era la prova di quanto tenesse a quel ragazzo di nome Jean.
Che per quanto sembrasse grossolano, quello era il suo modo di aiutarlo, di proteggerlo e queste erano azioni che Gael non compiva da molto tempo.
Lèon lo ha trascinato nella tomba con lui negli ultimi due anni, se questo fosse l'unico modo per tirarlo fuori?
Era per quel motivo che fissava con ostinazione l'ingresso dell'Hèrmes, doveva trovare il coraggio di varcare quella soglia, doveva trovare quel Jean e parlarci.
Lo devi a Gael, anche lui merita la pace.
Era tardo pomeriggio, mancavano ancora alcune ore all'apertura del locale ma qualcuno degli addetti al servizio era già arrivato.
Manech inspirò e decise che non aveva senso perdere altro tempo, doveva andare lì dentro e dire quello che aveva da dire.
Così si diresse dritto verso la porta, la spinse e si ritrovò all'interno del locale, silenzioso e dall'aria sofisticata. C'erano in giro parecchie persone, camerieri e magazzinieri che portavano i liquori per la serata e pulivano la sala prima dell'apertura.
"Ti posso aiutare?" disse una voce alle spalle del moro.
Manech sobbalzò e voltandosi vide un ragazzo molto alto e dal fisico slanciato e asciutto, aveva dei capelli lunghi e ricci, di un biondo miele molto intenso.
Si schiarì la gola "si, ecco ... sto cercando una persona, Jean ... sai se è qui?"
L'altro rimase sorpreso per un momento "sono io Jean, ci conosciamo?"
Il moro fu scosso da un lungo brivido, non si aspettava di vederlo così, per un attimo non sapeva cosa dire e i suoi pensieri presero il sopravvento.
È tremendamente bello, ora capisco perchè Gael abbia perso la testa per lui ... e anche Gaspard...
Manech si riscosse, non voleva pensare a lui in quel momento, così finalmente trovò la forza di parlare.
"No, non mi conosci ma io ho bisogno di parlare con te in privato. Mi chiamo Manech" disse secco "è molto importante"
Jean sembrava confuso ma acconsentì facendo cenno a Manech di seguirlo.
Si spostarono in una stanza che aveva l'aria di essere un ufficio, Jean chiuse la porta e si accomodarono entrambi su due poltrone.
"Dimmi tutto, come posso aiutarti?"
Manech inspirò "mi dispiace piombare qui ma si tratta di una cosa molto importante, io ... sono un amico di Gael" e si precipitò a continuare quando vide una smorfia apparire sul volto dell'altro "e prima che tu pensi che sia stata una sua idea, non è così! Anzi, non sa che sono qui e se lo sapesse mi ucciderebbe"
Jean si sfregò le mani, nel tentativo di lenire del disagio "e cosa vuoi? Amico di Gael ..."
"Voglio solo ... parlarti di lui e farti sapere che non sta bene" cominciò "so che avete litigato, e sono certo che lui sia stato orribile con te, ma questa cosa lo ha annientato. È chiuso in casa da giorni, credo che non mangi nemmeno"
Jean lo interruppe "Senti Manech, non ti conosco e sono certo tu sia venuto qui con i più nobili propositi, ma io sto cercando di vivere la mia vita nel migliore dei modi, sto cercando di liberarmi di persone che mi fanno stare male e non sono più disposto a subire certi comportamenti"
"E io non ti chiedi di farlo, né di perdonarlo per come ti ha trattato" riprese "voglio solo farti capire che è stato orribile con te non perchè non ci tenga, anzi, credo proprio l'opposto. Si è aperto con te, so che ... ti ha parlato di Lèon, di cosa è successo. Non si è più lasciato andare con nessuno dopo di lui, quell'idea non lo ha nemmeno sfiorato, è rigido e spaventato. So che teme che in qualche modo lui possa farti del male, che essere intimo con te possa farti soffrire"
Jean scosse la testa "non ha nessun senso, è quello che gli ho sempre chiesto di fare. Gli ho chiesto di provarci sul serio, di essere libero con me, come potrebbe ferirmi assecondare un mio desiderio?"
"Lui non te lo direbbe mai Jean, ma ha paura. Paura e senso di colpa sono stati i suoi unici pensieri da quando Lèon è morto e non ti dico tutto questo perché voglio che tu provi pena per lui o che lo perdoni. Te lo dico perchè so che lui non lo farà, che non ti darà la possibilità di vedere il tutto nel suo insieme e ci accollerà nuovamente il ruolo del cattivo" spiegò "e io sono il suo migliore amico e sono stanco di vederlo indossare quella maschera senza fare niente"
Jean si era passato le mani sul volto, quella discussione lo stava sfiancando, essere consapevole di quello che c'era dietro l'apparenza di Gael era tanto da digerire. Soprattutto perché sapeva che Manech aveva ragione, perchè anche se raramente, lui aveva intravisto quella fragilità.
"Nessuno lo aveva più coinvolto come hai fatto tu e se tu provi qualcosa per lui, anche minima, ti prego dagli una mano, ha smesso di ascoltarmi ..."
"Gael ... mi ha ricordato di provare amore per me stesso" disse ad un tratto il biondo "lo avevo dimenticato insieme alle mie ambizioni. Credevo che avrei dovuto continuare la mia vita accontentandomi di quello che potevo trovare, ma lui mi ha fatto capire che potevo avere di più ... potevo essere felice e stare con qualcuno che volesse la mia felicità" spiegò.
Nella mente di Jean si formarono i ricordi dolci delle loro prime uscite, delle birre fredde a tarda notte e del suono dolce del piano.
"L'ho odiato un po' per quello, perchè quando perdi tanto non hai la forza di pretendere ancora, di lottare e sperare, ma lui non faceva altro che spronarmi e quando crollavo nelle mie vecchie e banali abitudini mi sentivo di aver fallito di nuovo" chiarì "e pensavo: ma chi diavolo è questo moccioso e cosa pretende da me, perchè non gli basto così? Con la mia autostima altalenante, la mia insicurezza e la mia dose giornaliera di tossicità da assumere ..."
"Mi ha detto che non avrebbe mai voluto farti sentire così ..."
"Eppure io ora capisco perché lo ha fatto e se tu non fossi venuto qui, io vigliaccamente non avrei avuto il coraggio di dirgli grazie ..." concluse.
Il volto di Manech si illuminò "vuol dire che gli parlerai?"
"Non so cosa ne verrà fuori, ma voglio dirgli che ha intravisto un Jean che credevo di aver sepolto sotto le macerie del mio presente, che lo ringrazio di avermi dimostrato che c'è ancora ..."
"Significherebbe molto per lui, almeno sapere che stai bene"
Manech sentiva una parte di sé più leggera, era felice di aver potuto parlare con quel ragazzo ed era sorpreso di che genere di persona fosse.
Così trasparente, così dolce...
Il suo lavoro lì era finito, aveva compiuto la sua missione ma non riusciva a sollevarsi da quella poltrona. C'era un altro peso che lo schiacciava, un peso tutto suo, una colpa personale che non riusciva a togliersi dalla testa.
"C'è qualcos'altro?" chiese il biondo vedendo che l'altro non si sollevava.
"Riguarda una cosa che mi ha detto Gael, una cosa che non sapevo e che ..." si bloccò per un istante ma poi prese coraggio "io non lo sapevo che Gaspard stesse uscendo con te! Gael mi ha detto che è con lui che avevi una storia e io sono mortificato, davvero, ti assicuro che è finita!"
Quelle parole pronunciate tanto in fretta avevano lasciato Jean interdetto, dovette elaborare per qualche istante prima di poterle comprenderle davvero. Si ritrovò persino a soffocare una risata dentro di sé quando pensò a quella frase:
Gaspard e lui, una storia insieme ...
Jean invidiò l'ingenuità di quelle parole, perché non c'era spiegazione più lontana di quella dalla realtà, ma allo stesso tempo, il biondo si chiese se quel ragazzo tanto preoccupato e altruista, che era venuto da lui per aiutare il suo amico, potesse essere anche quell'altra persona.
La persona che ti ha fatto crollare, che ti ha fatto mettere in dubbio te stesso, che ha trionfato dove io ho fallito.
"Fra me e Gaspard è sempre stato complicato, non credere che tu sia l'unica persona che abbia avuto, né dovresti scusarti con me" disse alla fine "lui mi ha usato e io ho lasciato che lo facesse ..."
"Beh, io non sono il tipo comunque. Se lo avessi saputo, non sarei mai andato a letto con lui, è solo un pezzo di merda e un bugiardo" sbottò.
Jean lo fissò per un momento e raccolse dentro di sé tutto il suo coraggio, aveva bisogno di sapere a quel punto "perdonami Manech, ho bisogno di farti una domanda, si è lasciato baciare?"
Il moro sembrava ancora infastidito " Sí, perchè? Ha fatto anche con te quelle scene? Io non bacio, che idiota ..."
Jean avrebbe voluto reagire con più compostezza, ma quelle parole pronunciate con tanta naturalezza lo investirono violentemente. Lo aveva baciato e Gaspard si era lasciato baciare, si era lasciato coinvolgere da quel ragazzo che doveva essere più cocciuto e determinato di quanto il biondo potesse rendersi conto.
"Jean? Tutto ok? Cazzo, io non avrei dovuto dirlo così ..." disse Manech preoccupato "mi dispiace se sono stato indelicato"
"Non si tratta di quello ..." il biondo rifletté molto attentamente sulle parole da usare e sull'effetto che avrebbero avuto.
E se il più grande gesto d'amore fosse lasciarlo andare? Saresti disposto a farlo?
Jean inspirò.
E se fosse Manech e non tu la persona che può davvero aiutarlo?
"Tu sei venuto qui per parlarmi di Gael, perché gli vuoi bene e sai che vale la pena battersi per lui, per renderlo felice. Non è così? Mi hai pregato di ascoltarti perché pensi che per lui ne valga la pena"
"Sì, certo"
"E se io adesso ti parlassi di Gaspard e ti chiedessi di ascoltarmi, ricambieresti il mio gesto?"
Manech era rimasto sbigottito davanti a quell'affermazione, tutto poteva aspettarsi tranne che Jean gli chiede una cosa del genere ma si ritrovò ad annuire, d'altronde quella tremenda parte di lui che voleva capire quel ragazzo impenetrabile non aveva ancora smesso di lottare.
"Quello che ti ha detto Gael è vero, lui e io abbiamo avuto dei rapporti, non erano sani, né romantici, né stabili. Nonostante io abbia sempre voluto di più, abbia difeso quel sentimento e supplicato lui di ricambiarlo, questo non è mai successo" cominciò "eppure dalla prima volta che l'ho visto all'Heros è scattato qualcosa dentro di me, qualcosa che mi ha tormentato chiedendomi cosa ci fosse dietro quello sguardo, cosa avesse reso un ragazzo tanto giovane, un essere umano così freddo"
Manech restò stupito, perchè senza volerlo anche lui si era fatto quelle domande "so cosa vuoi dire ..."
"Anche io sono stato ferito, anche io mi sono sentito fragile e credevo che lui fosse come me, che avesse bisogno di me" continuò "credevo che se fossi rimasto lì nonostante la sua rabbia, se lo avessi amato e stretto a me, allora lo avrei aiutato, avrei guarito le sue ferite. Ma mi sbagliavo, l'amore non salva le persone, l'amore non c'entra con questo ... lui non era come me, non aveva bisogno di essere accettato e amato, lui ha bisogno di qualcos'altro ... qualcosa che sei riuscito a dargli tu"
Il moro si ritrovò confuso da quelle parole "io? Credimi Jean, io non gli ho dato niente, anzi, sono stato anche bravo a finire vittima delle sue bugie del cazzo, di farmi manipolare mentre lui mi nascondeva ... fanculo" ringhiò.
"Non si è mai lasciato baciare da nessuno" disse ad un tratto Jean e quelle parole attirarono l'attenzione di Manech "nemmeno da me."
Sei stato il primo per lui ...
Disse una vocina nella testa di Manech mentre ascoltava quel discorso.
"Ha sempre avuto troppa paura di perdere il controllo, di lasciare che qualcun altro lo vedesse vulnerabile. Poteva scoparti ma non legarsi davvero, non condividere qualcosa, fino a quando non sei comparso tu ..." gli fece notare "non fraintendermi, non so cosa sia successo, non so come ti abbia ferito ma sono certo sia stato orribile, perchè è quello che fa sempre. Ma anche se lui vuole farti credere che tu sei uno qualsiasi non lo sei, te lo dice qualcuno che avrebbe sempre voluto essere speciale ma che ora deve riconoscere di non esserlo"
"Tu lo sai ..." mormorò ad un tratto Manech, mentre il battito del suo cuore accelerava per quella discussione "lo sai cosa lo sta tormentando? Come fai a dire che posso essere io la risposta?"
"Non lo so, forse non lo sei, forse sei solo l'innesco che gli serve e quelle risposte che sta cercando le troverà da sé. Quello che credo io, è che tu sia importante e credo che in qualche modo tu pensi che anche lui lo sia" concluse " non voglio dirti cosa fare, né insistere affinchè tu lo perdoni o ti lasci calpestare come ho fatto io. Voglio semplicemente che tu sappia queste cose, come tu hai fatto con Gael, anche Gaspard è orgoglioso. Quando avete chiuso, per la prima volta dopo molti anni, l'ho visto crollare e questo non succede spesso"
Se ha preso quella telefonata lo ha fatto per te.
Ad un tratto persino le parole della sorella gli balenarono nella mente mentre sostenere quella conversazione gli era diventato insopportabile.
Manech si sollevò e Jean non fu sorpreso da quel gesto repentino.
"Credo di dover andare ora"
"È stato un piacere fare la tua conoscenza Manech" disse il biondo sollevandosi e accompagnandolo verso l'uscita "andrò a parlare con Gael, credo che ... ci siano tante cose che ho bisogno di dirgli"
L'altro annuì " io, ti ringrazio per ... avermi ascoltato"
Manech preferì non accennare ad altro su Gaspard e fu lieto che Jean non insistesse oltre, non sapeva cosa provava in quel momento, forse solo una profonda ambivalenza.
Era la parte peggiore e quella che stava emergendo sempre più spesso dentro di lui, si sentiva spaccato a metà.
Quello stronzo non ha fatto altro che seminare egoismo e miseria, lo ha fatto con una persona come Jean e lo ha fatto con te.
E se Jean avesse ragione? E se avesse solo bisogno d'aiuto e tu fossi l'unico a poterlo aiutare? Se fosse solo troppo spaventato per fare un passo avanti?
Sì, Manech detestava quella sensazione e che fosse in grado di accettarlo o meno, l'inizio e la fine di tutti i suoi tormenti era Gaspard.
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Amir aveva appena finito l'ultimo boccone di pizza e adesso se ne stava fermo, ad osservare quasi rapito il mangiucchiare lento di Yves, seduto a pochi metri da lui, dall'altra parte del tavolo della sua cucina.
Una cena vera insieme ... stentava ancora a crederlo. Come erano arrivati a quel punto?
Sembra una routine a cui potrei abituarmi.
"L'hai divorata. Mangi come un maiale, Amir" Yves gli aveva lanciato un'occhiata di finto sdegno, un gesto che il più grande stava iniziando a conoscere e ad adorare ogni giorno di più.
"Scusa se i miei non mi hanno impartito lezioni di galateo tra una cavalcata al maneggio e un giro in limousine. E poi dovevo recuperare le energie perse, se sai cosa intendo" ribatté divertito, beccandosi un'altra occhiataccia da parte del francese che a stento sopportava il tono malizioso di Amir.
"Di classe, come sempre" disse Yves, anche se il suo viso aveva assunto un colorito più evidente, forse a causa dei pensieri che stava facendo in quel preciso momento. Anche Amir ritornò indietro di qualche ora, quando erano stati entrambi nudi, nella semioscurità della camera da letto ...a lasciarsi andare totalmente.
Quasi totalmente.
"Comunque suppongo che mi è andata bene. Almeno non hai cucinato tu" Yves continuava a parlare con un tono piccato e Amir sapeva bene che quei battibecchi servivano soltanto a coprire il rumore di certi pensieri che l'altro doveva trovare imbarazzanti.
"Per carità, non volevo concludere la serata con un avvelenamento. Era mia madre quella brava in cucina ... io vado avanti con l'asporto da anni e guarda come sono venuto su bene"
Yves aveva la bocca piena, ma emise comunque un verso che doveva significare puro scetticismo.
"Scommetto che Rémy cucinava. Ha tutta l'aria di un personaggio gay da sit-com che si mette ai fornelli con tanto di grembiule abbinato alle ciabatte."
Amir per poco non sputò il sorso di birra che stava mandando giù, si ritrovò a battersi forte il petto, distrutto da quella immagine che gli si era formata davanti.
"Come ti vengono in mente queste stronzate?"
"Prova a negarlo" insistette il più piccolo, puntando la forchetta contro Amir in un gesto teatrale.
"Beh, a volte cucinava, e il suo grembiule è ancora lì da qualche parte in effetti" dovette ammettere l'arabo.
"Cristo, che cliché vivente. Che diavolo ci trovavi in lui comunque?" Yves aveva parlato di getto e solo dopo realizzò di aver formulato una domanda che avrebbe preferito tenere solo per lui.
Amir fece spallucce, l'idea che Yves fosse geloso del suo ex lo inorgogliva, nonostante l'assurdità della cosa.
"Non lo so ... suppongo che mi trovavo bene con lui. Mi piaceva il modo in cui mi sentivo quando eravamo insieme. Un po' come succede a tutte le coppie. Ma dobbiamo per forza parlare di Rémy adesso?"
Il francese stirò le labbra in un sorrisetto, "perché? Ti dà fastidio per caso?"
"No, però preferirei parlare di noi. Magari di quello che tu pensi di me. Di cosa trovi in me" Amir capì di aver preso l'altro in contropiede. Lo vide farsi subito più serio e la cosa lo fece divertire.
"Che vuoi, Amir?"
"Te l'ho già detto" ripeté l'arabo, "se è solo una cosa fisica ... se il tuo è un bisogno e niente di più ... beh, vorrei saperlo adesso. È meglio essere chiari."
Senza rendersene conto aveva appena dato voce ad un dubbio che si portava dentro dall'inizio di quella storia. Un dubbio lecito e che non aveva mai trovato una risposta reale. Non era semplice analizzare i gesti di Yves, niente di quello che faceva o diceva gli dava modo di capire un po' di più quello che avevano.
"Quindi? Se è solo sesso dillo e basta. Non farti problemi, sono grande e vaccinato ... posso sopravvivere a tutto" continuò Amir, con una sicurezza che non rispecchiava quello che sentiva dentro.
Aveva visto Yves mettere giù le posate con attenzione, poi il suo viso si era fatto più cupo e, ancora una volta, aveva preferito guardare un punto lontano della stanza, piuttosto che sostenere il suo sguardo.
"Non lo so cos'è. È la prima volta in assoluto ... non riesco a capire"
Amir, senza rendersene conto, aveva trattenuto il respiro per tutto il tempo. Si ritrovò ad espirare piano, "quindi non hai mai avuto un ragazzo o qualcuno di simile? Sono la prima e l'unica persona con cui sei stato?"
Yves scosse la testa, sembrava che parlare di quel genere di cose lo sfiancasse nel modo peggiore possibile.
"No, c'è stato qualcuno, ma eravamo solo dei ragazzini ..."
"Ed è successo qualcosa" continuò Amir con attenzione. Erano nati lì i problemi di Yves con il sesso? Una storia finita male forse?
"È successo qualcosa" confermò il francese, ma allo stesso tempo si era sollevato dal tavolo, in cerca del suo pacchetto di sigarette abbandonato sul ripiano della cucina.
Non vuole parlarne. Non è ancora pronto e io non posso farci un cazzo.
"Quindi non posso darti le risposte che cerchi. Di sicuro devi avermi fatto un certo effetto per essere qui" aggiunse poi il più piccolo con un tono vagamente sarcastico, "magari ho un debole per i criminali o per gli arabi froci. O per entrambi"
Amir si sforzò di ridere, anche se continuava a sentirsi lontano anni luce dall'altro. Quanto poteva premere su quel punto senza rischiare di provocare la rabbia di Yves? Non lo sapeva.
"È aassurdo ... se un anno fa mi avessero detto che oggi mi sarei ritrovato qui, a fraternizzare con te. Cristo"
"Fraternizzare? Siamo andati ben oltre il fraternizzare, mio caro Yves" commentò Amir che adesso lo aveva raggiunto in cucina con intenti tutt'altro che puri. Yves lo notò, si voltò piano, pronto ad accogliere il più grande. Fecero in tempo a scambiarsi solo un bacio, prima di venire interrotti dal suono del citofono.
Amir guardò il corridoio con un'espressione confusa.
"Aspetti qualcuno?"
"No. Forse è successo qualcosa al locale" e quel pensiero preoccupante bastò a farli muovere entrambi verso la porta.
Amir la aprì qualche istante dopo, aveva ancora la stessa espressione perplessa di pochi istanti prima, quando si ritrovò davanti l'ultima persona che avrebbe mai pensato di vedere quel giorno.
Yves era rimasto indietro, vide uno sconosciuto farsi avanti con un sorriso impresso sul viso, fino a piazzare un bacio veloce quanto inaspettato sulla bocca di Amir. L'arabo si era riscosso in fretta, ma non abbastanza da evitare l'abbraccio dell'uomo.
"Dannazione, credevo di trovarti al locale, invece Jean mi ha detto che eri a casa. Spero di non aver interrotto niente ..." poi il suo sguardo era caduto su Yves, ancora immobile nel corridoio, alle prese con una strana sensazione di fastidio al petto.
Amir si era fatto indietro qualche istante dopo, ancora piuttosto stordito dalla presenza del nuovo arrivato.
"Youri ... sei in città"
"I miei affari saranno anche in Inghilterra, ma sai che il cuore mi riporta sempre a Parigi alla fine. Posso?" commentò l'uomo che adesso stava entrando in casa, del tutto incurante della mancata risposta di Amir.
Yves era rimasto impietrito, stava fissando lo sconosciuto come si analizzerebbe una nuova specie di animale. Analizzò ogni centimetro del suo corpo, dal fisico magro e agile, al viso affascinante, contornato da capelli biondissimi. Anche gli occhi erano chiari, di un azzurro pallido. Emanavano una sicurezza spaventosa.
E questo chi cazzo è?
"Se sei in città possiamo vederci al locale domani. Adesso stavamo cenando" Amir parlò qualche attimo dopo, non appena si fu ripreso dalla sorpresa.
"Cosa? Mi cacci già? Ho fatto un'ora di auto per venirti a trovare ed è così che accogli un vecchio amico?" Youri aprì le labbra sottili in un sorriso divertito "eh no, non vado via se prima non mi offri almeno un bicchierino. Anzi, sai che ti dico? Faccio da me! Non devi neanche scomodarti. Tu cosa gradisci? Hai ancora quel bell'angolo bar super fornito?"
Gli era passato accanto e a giudicare dalla sicurezza con cui si muoveva in quella casa, Yves capì che quell'uomo doveva conoscerla piuttosto bene. Lanciò un'occhiata di fuoco ad Amir, mentre l'altro si era lasciato sfuggire un'imprecazione a mezza voce.
"Chi cazzo è?" Yves aveva parlato in un sibilo basso.
"Un vecchio socio d'affari. Non avevo idea che fosse tornato a Parigi" disse in fretta Amir, osservando il volto nervoso dell'altro.
"E che diavolo vuole? Ti ha baciato!" gli fece notare Yves sempre più irritato dall'assurdità della situazione.
"Sì, lascialo perdere. È il suo modo di fare"
"Gran bel modo di fare! Che cazzo di gente frequenti?"
"Adesso se ne va, cerca di stare calmo, ok?"
Amir aveva lanciato un'occhiata disperata verso il più piccolo, poi aveva scosso la testa e si era incamminato verso il salotto, seguito da vicino da Yves. Quella situazione era ai limiti del paradossale. Ritrovarsi Youri a casa, mentre era con Yves, doveva essere la cosa più vicina ad un contrappasso dantesco.
Si sbraneranno.
"Mi sa che ho interrotto una cenetta romantica. Potrai perdonarmi?"
Youri era del tutto a suo agio, Amir notò che nel frattempo si era dato da fare per riempire due bicchieri. Dal suo tono non trapelava alcun segno di dispiacere però, anzi sembrava piuttosto divertito per quell'intrusione. Vide il bicchiere che gli toccava e lo sguardo fiammeggiante di Yves quando capì che per lui non c'era nessun drink. Una provocazione bella e buona che l'arabo era intenzionato a sedare sul nascere. Stava per passare il suo bicchiere a Yves e a prepararne un terzo, quando la voce del più piccolo si sollevò dietro le sue spalle.
Troppo tardi.
"Siamo in tre se non te ne sei accorto. Io sono Yves Clairmont. E tu chi saresti?" Yves si era presentato con un tono autoritario, poi si era impadronito del bicchiere di Youri e ne aveva preso un sorso. Quello rimase a fissarlo con lo stesso sorrisetto divertito di poco prima, mentre Amir prendeva un respiro profondo.
Di male in peggio.
"Ah, ma che maleducato. Do sempre per scontato che mi conoscano tutti giù all'Heros, forse perché l'ho fondato insieme ad Amir, ormai mezzo decennio fa. Comunque sono Youri Hale, un vecchio amico di Amir e socio di affari. Tu devi essere nuovo ... non mi pare di averti mai visto al locale. Lavori lì?"
"No, Yves non lavora per me" Amir rispose in fretta, ma non abbastanza da sovrastare la voce di Yves.
"Scusa, non ho capito se mi stai dando del cameriere o della puttana?"
"Yves ..."
Youri aveva riso "che caratterino. Non volevo dire niente del genere, non mi permetterei mai" aveva parlato ancora una volta con quel tono schernitore, tipico di lui e che Amir conosceva bene.
"Errore mio. Chiedo scusa" si affrettò ad aggiungere il nuovo arrivato, mentre studiava con attenzione Yves che lo ricambiava con un'occhiata altrettanto attenta, seppure apertamente ostile.
"E che ci fai qui in città?" Amir approfittò di quel silenzio per cambiare argomento. Trovarsi Youri lì era raggelante. Non era così che aveva pensato di trascorrere quella serata.
"È un viaggio puramente di piacere ..." rispose il biondo. Adesso i suoi occhi azzurri erano fissi su Amir, "non lo so, potrei anche decidere di stabilirmi di nuovo qui a Parigi. L'Inghilterra offre svariate possibilità, ma lì ho sempre la sensazione che mi manchi qualcosa"
O qualcuno.
Amir conosceva Youri meglio di chiunque altro. Aveva saputo della sua rottura con Rémy e non c'era niente di casuale in quel ritorno improvviso. Era il suo modo di agire ... subdolo e sfiancante. Si ritrovò a lanciare un'occhiata a Yves, ancora accanto a lui, ma rigido come non lo vedeva da tempo.
Non ci voleva. Che cosa diavolo devo fare?
"Comunque non mi hai detto cosa fai, Yves Clairmont. Sembri parecchio giovane"
Il francese si era riscosso, il suo viso era imperturbabile "sono uno studente"
"Sì? E mi pare di capire che adesso vi frequentate?" Youri aveva fatto scorrere le sue occhiate divertite tra l'uno e l'altro, in cerca di una risposta.
"Frequentarci? Anch'io sono un socio in affari di Amir. Hai preso un abbaglio" Yves aveva parlato con sicurezza e quella sua recita risultò talmente perfetta che per Amir fu come una doccia gelata in pieno volto.
Si voltò a guardarlo in cerca di una spiegazione, ma non vide nient'altro che l'impassibilità più assoluta sul volto del francese.
"Ah bene, allora vi lascio davvero discutere di affari. Direi che ho già arrecato disturbo stasera, quindi mi ritiro" Youri aveva posato il suo bicchiere ancora mezzo pieno sul bancone e aveva sfoggiato il suo sorriso migliore, di chi, in fondo, aveva ottenuto più di quanto sperava.
"Noi ci vediamo domani al locale?" chiese poi con tono zuccheroso, rivolgendosi unicamente al proprietario di casa.
Amir annuì. Si sentiva svuotato di tutto, disintegrato in pochi istanti dalle parole di Yves.
Ha mentito perché si vergogna di te.
Youri gli aveva dato un altro fugace bacio sulla guancia per poi svanire oltre la porta. E fu solo a quel punto che Yves riprese a parlare.
"Quel figlio di puttana. Ma chi cazzo si crede di essere? L'hai sentito? Lavori all'Heros? Non mi pare di averti mai visto." Yves aveva usato lo stesso tono canzonatorio di Youri, poi aveva sbuffato forte. Continuava a inveire contro l'inglese, mentre sparecchiava rumorosamente la tavola, del tutto incurante dell'umore di Amir.
Lui era a pezzi, si sentiva come se fosse stato trasportato in una realtà alternativa in cui tutto aveva perso senso.
"Il mio è un viaggio di piacere! Certo, immagino! A momenti ti saltava addosso davanti a me. E perché cazzo deve baciarti? Perché glielo permetti?" continuò ancora, sempre più nervoso. Poi si voltò verso il salotto, allarmato dal silenzio prolungato dell'altro, "Amir? Che c'è? Non hai un cazzo da dire? Adesso che diavolo di intenzioni hai? Perché è chiaro che metterà le tende al locale. Cristo"
"Anche se fosse come dici ... qual è il problema? Noi non ci frequentiamo, no?"
Yves si era immobilizzato sul posto, il tono di Amir era piatto. Preoccupante.
Si voltò a fissarlo e lo trovò dall'altra parte della stanza, con le braccia conserte e un'espressione amareggiata dipinta sul volto. No, forse non c'era solo amarezza ... quella doveva essere delusione, pensò Yves, incredulo.
"Perché cos'altro avrei potuto dirgli?" stava quasi ridendo per l'assurdità della situazione, "sei serio? "
"Avresti potuto dirgli la verità, Yves! Io stavo per dirgliela. Io non ho nulla da nascondere."
"Fanculo, vuoi pubblicare la notizia anche sui giornali, Amir? Credi che io sia uno come Rémy o come te? Cosa ti aspetti? Che venga al locale a trovarti? Che ti baci davanti a tutti o che faccia sapere al mondo intero che mi piacciono gli uomini?"
E c'era talmente tanto disgusto sul viso di Yves mentre pronunciava quelle parole che l'altro rimase impietrito.
"Quindi la tua soluzione è mentire. Mi stai dicendo che vuoi fingere che non ci sia niente tra noi due."
"Che diavolo ti importa degli altri? Vengo qui ogni dannata sera, lo sa anche Gaspard."
"Ah, lo sa anche Gaspard, quindi va bene così" ribatté Amir, sarcastico.
"Che cazzo di problema hai? Pensavi davvero che io e te ce ne saremmo andati in giro a pomiciare per Montmartre? Magari mano nella mano, a farci ridere dietro!" Yves rise davvero a quel punto. Anche lui combatteva una strenua lotta contro l'assurdità di quella situazione.
"Non ho detto niente del genere. Non fare il coglione. Qui si tratta soltanto di mettere in chiaro le cose con le persone a noi vicine. Youri ti ha fatto una domanda e non avevi alcun motivo per fingere!"ribatté Amir, incapace di trattenere la rabbia.
"Tu sei pazzo se credi che dirò a qualcuno di noi! Apri gli occhi, Cristo ... solo un mese fa mi nascondevo nelle stanze dell'Heros!"
"E adesso vuoi nasconderti qui" continuò l'altro, sempre più amareggiato, "era questo il tuo grande piano? Vuoi andare avanti così? Vuoi tenere nascosta la nostra storia come uno scheletro nell'armadio?"
Yves era impallidito, stava tremando mentre sosteneva lo sguardo sconvolto e distrutto di Amir.
"Vattene."
"C-cosa?" il più piccolo era immobile, "stai dicendo sul serio? Cazzo, Amir ... credevo che fosse chiaro ad entrambi come sarebbero andate le cose. Non puoi aspettarti nient'altro da me."
"Sì, hai ragione tu. Avrei dovuto capirlo subito."
Yves era sgomento, continuava ad osservare il corpo rigido dell'altro e quegli occhi distanti, per niente intenzionati a guardarlo.
Il silenzio più assoluto si propagò per la stanza, mentre nessuno dei due osava parlare o anche solo muoversi.
Fu Amir a reagire per primo, si diresse verso il divano e prese il giubbotto di Yves. Poi glielo passò.
"È meglio se vai, sono stanco."
Yves era tramortito e incredulo. Quella che doveva essere una delle serate migliori della sua vita si stava tramutando in un incubo a occhi aperti.
"Avevi detto che ti andava bene tutto, che saresti stato al mio ritmo e che non mi avresti mai spinto a fare qualcosa che non volevo fare ..."
Amir gli dava le spalle ormai e quando parlò la sua voce suonò smorta e lontana, "e l'ho fatto. Non ti ho mai forzato, né lo farò ... ma io non sono uno scheletro da nascondere, Yves. Non ti ho chiesto l'impossibile ... non ho mai preteso di avere una relazione normale, di poter uscire e baciarti e prenderti per mano. Dovevi solo rispondere con sincerità a una domanda. E non l'hai fatto."
Poi Amir era andato via dalla stanza.
Yves era uscito poco dopo, silenziosamente come lo spettro di qualcuno che non c'era più.
ANGOLO AUTRICI:
I nodi vengono al pettine ancora una volta XD Manech e Jean hanno finalmente avuto un confronto, riuscendo a parlare con maturità di due persone parecchio immature, chissà se i reciproci discorsi avranno qualche effetto su queste relazioni. Nel frattempo Yves fa come il gambero XD un passo avanti e due indietro, a sua discolpa la vita non gliela rende facile, soprattutto perchè Youri is back in town XD e Amir fa gola un pò a tutti. Come sempre vi ringraziamo e speriamo di sentirvi numerose, un bacio
BLACKSTEEL
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