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45. Azzardo

Rischio cui si va incontro senza scorgere alcuna possibilità a favore o contro.

Dicembre era arrivato e aveva portato con sé un freddo gelido e spietato. Andrea e Manech si erano rifugiati nel loro solito pub, in quella che sembrava una sorta di bolla lontana dalla vita frenetica e caotica del Saint-Anthèlme.

L'italiano non poteva fare a meno di controllare l'entrata del locale a intervalli regolari e quella strana irrequietezza non sfuggì all'amico.

"Che ti prende? Non mi pare che incontrare le tue fiamme ti faccia sentire così nervoso di solito ..."

"Ma Emilien non è una mia fiamma, forse il problema è tutto qui. Penso francamente che mi stia usando per colmare qualche sorta di mancanza" commentò Andrea, lanciando l'ennesima occhiata verso l'ingresso.

"E ti sta bene?" Manech scosse la testa, "quanto in là siete andati?"

L'italiano si lasciò andare ad una risatina smorta "non abbiamo fatto niente. Sto cercando di comportarmi da amico" aggiunse con aria disgustata, "puoi crederci?"

"Amico" ripeté l'altro, per niente convinto, "non finisce mai bene quando uno dei due ha la testa altrove"

"Dici? So essere persuasivo io. Sono bravo a scovare le incertezze degli altri ... se c'è qualcosa su cui fare perno, sappi che ci proverò. E credo proprio che Emilien non sia per niente felice della sua situazione attuale"

"E se finirai per essere usato?"

Bella domanda, pensò Andrea. Lui non aveva mai avuto paura di provare, perfino il fallimento non gli sembrava poi una grande tragedia.

"Per uno come lui potrebbe valere la pena rischiare ..." disse poi e fu proprio in quel momento che la porta del pub si aprì e rivelò Emilien. Andrea lo prese come un segno del destino.

Sollevò la mano per farsi notare dal ragazzo e subito gli occhi di Manech passarano dall'amico al nuovo arrivato. Era indubbiamente bello, dai capelli chiari, la pelle diafana e gli occhi azzurri ... l'esatto opposto di Andrea, si ritrovò a pensare l'altro. Eppure c'era qualcosa di stonato in tutta quella bellezza evidente, come un velo di malinconia e tristezza che rendeva il sorriso del nuovo arrivato quasi artificiale.

"Ehi, scusate il ritardo. Oggi le lezioni sono andate per le lunghe" disse Emilien, poi allungò una mano verso Manech.

"Lui è Manech, l'amico di cui ti parlavo."

"Il ragazzo che vorrebbe iscriversi al Conservatorio?"

Manech strinse la mano dell'altro e sorrise "già. Sembra più facile a dirsi che a farsi ..."

"Lascialo perdere, gli piace fare il modesto, ma col violino è un fenomeno" disse Andrea.

"Esagerato"

"Mi piacerebbe sentirti suonare" commentò il nuovo arrivato, prendendo posto accanto ai due.

"Suono al jazz club un paio di sere a settimana, dovreste venire qualche volta" rispose Manech, certo di aver fatto un favore all'amico. Gli stava fornendo una scusa in più per frequentare Emilien, in fondo.

"Che ne dici? Sei disposto a sopportarmi per una serata intera?" lo provocò l'italiano.

"Se la musica è buona, potrei anche farcela" ribatté il biondo, con un ghigno sarcastico impresso sul viso.

"Allora ti toccherà suonare da Dio, Manech. E' tutto nelle tue mani" scherzò Andrea, poi lanciò un'altra delle sue occhiate maliziose a Emilien.

Il pomeriggio trascorse all'insegna delle chiacchiere, perfino Manech aveva dimenticato per qualche tempo i suoi problemi, assorbito com'era da quei battibecchi continui.

"Non vuole uscire con me, puoi crederci? Dovresti mettere una buona parola sul tuo amico" disse ad un tratto Andrea, rivolgendosi a Manech.

"Io? Non cercare aiuto da me, cerca di venderti da solo"

"Nessuno lo vuole?" scherzò Emilien e subito i suoi occhi caddero sul volto divertito di Andrea.

"No, al contrario ... ha molto successo con i ragazzi, che io sappia. Forse anche troppo, in effetti" disse Manech, per poi sentire il piede di Andrea abbattersi contro la sua gamba, "ehi!"

"Basta così, ho cambiato idea. Prenditi qualcosa da mangiare e chiudi quella bocca, Manech" commentò Andrea, fingendosi piccato. La conversazione durò fino a sera, fu soltanto all'ora di cena che i tre ragazzi decisero di pagare il conto e andar via.

Manech aveva in mente di defilarsi giusto in tempo per lasciare spazio di manovra al suo amico, così si inventò una scusa dell'ultimo momento e se la diede a gambe.

Andrea aveva cercato di nascondere la soddisfazione di essere rimasto da solo con Emilien dietro un'espressione neutra, ma non era certo di esserci riuscito poi molto. Si ritrovarono fuori dal pub.

"E' simpatico il tuo amico. E riesce anche a sopportarti, a quanto pare ... un po' lo compatisco"

Andrea rise, "tranquillo, da ora in poi ti conviene iniziare a compatire anche te stesso. Ho deciso di dedicarti un po' delle mie attenzioni" lo provocò ancora, godendo dell'effetto che quelle parole avevano avuto sull'altro. Emilien lo aveva guardato dritto negli occhi.

"Da quello che si è lasciato sfuggire Manech, direi che hai già troppa gente tra cui dividere le tue attenzioni. Non vorrei distoglierti dagli altri"

"Non preoccuparti, sono bravo a gestire più cose in una volta. E tu, invece?"

Il biondo lo guardò male "io cosa?"

"Chi è lui?" continuò Andrea, "non giriamoci più intorno, Emilien. Vorrei sapere cosa ti passa per la testa."

Il ragazzo rimase in silenzio per un attimo, non stava più sorridendo, tutta l'allegria di quella serata sembrava essere evaporata via dopo quella semplice domanda. Ad Andrea sembrò che Emilien stesse ancora combattendo una sorta di guerra interiore. Poteva permettersi di raccontare tutta la verità a uno sconosciuto? Non poteva farlo? Alla fine lo vide prendere un grosso sospirò, poi parlò.

"E' più grande di me e ha una famiglia, va bene? Sei contento adesso?" disse con voce smorta.

"Perché dovrei essere contento?" ribatté Andrea. Non era stupito della cosa, nella sua mente aveva già pensato a quel possibile scenario e le parole di Emilien non fecero altro che confermare la sua idea.

"Perché mi reputerai un coglione ovviamente. Un povero illuso che insegue un sogno impossibile ..."

"E' così che ti senti?"

Era stata una semplice domanda quella, ma Emilien dovette leggere qualcosa di diverso "no, non è così che mi sento! Ma è quello che pensi tu e quello che penserebbero tutti, immagino. Io sono sicuro di quello che sento ... di quello che abbiamo, e non mi aspetto che tu possa capire comunque."

Andrea fece spallucce, sapeva che l'altro si sarebbe messo sulla difensiva, ma non gli importava, lui era abituato a dire quello che pensava. Sempre.

"Strano però, sarai anche sicuro di quello che avete, ma non mi sembri molto felice"

"E tu che pensi di saperne?" scattò il francese, "sei uscito con me un paio di volte e ti senti già in grado di giudicarmi? Perché non ti togli dalle palle allora? Non ho bisogno di qualcuno come te."

"Io invece credo di sì. Credo che nonostante tutto, tu ti senta parecchio solo. Dici che non mi sopporti, che non ti piaccio ... eppure hai accettato i miei inviti. Mi sembra che tu stia combattendo tra la voglia di cambiare la tua vita e la paura di riuscirci sul serio ..."

Andrea aveva parlato con un tono calmo e rilassato, ma per Emilien quelle parole erano intrise di una potenza inimmaginabile. Era davvero così che appariva al di fuori? Debole e in cerca di qualcosa che lo soddisfacesse davvero?

"Tu non sai niente. Perché credi che mi isoli? Per non dover avere a che fare con situazioni come queste, in cui il primo arrivato si sente in dovere di farmi la predica su come dovrei vivere la mia vita. Se non ci sei passato non puoi capire."

"La mia era solo una considerazione. Sei libero di vivere la tua vita come meglio credi ovviamente ..." gli fece notare Andrea.

"Grazie per la regale concessione" ribatté l'altro. Si sentiva agitato, come se un uragano si fosse improvvisamente abbattuto in un luogo che fino a quel momento aveva sempre considerato sicuro. Bastava così poco a mettere in crisi quello in cui credeva?

"Sei innamorato, non devi giustificarti." disse poi Andrea, stupendo l'altro.

"Lo è anche lui. E' solo ... è complicato, ma si risolverà. Lo vogliamo entrambi"

Andrea non disse nulla, era certo che sarebbe bastata anche solo una parola sbagliata per distruggere tutto e lui non voleva. Era perso nello sguardo di Emilien, mai prima di allora si era sentito tanto attratto verso un altro essere umano ...

Guardalo, non può funzionare. E' innamorato di un altro e niente al mondo gli farà aprire gli occhi sulla menzogna che sta vivendo.

Ma Andrea doveva provarci. Non riusciva a pensare ad uno scenario in cui mollava la presa così facilmente ... e se si fosse fatto male, beh ... anche quello faceva parte della vita.

"Beh, lasciamo perdere. Non volevo metterti di cattivo umore comunque. E poi ... da che pulpito arriva la predica. Manech ha detto la verità prima, come dire ... non sono un esempio da seguire, quindi lascia perdere le mie opinioni non desiderate."

Forse era meglio così, far credere ad Emilien di non essere il suo unico interesse amoroso lo avrebbe reso più tranquillo e meno guardingo intorno a lui.

"E davvero, non voglio più insistere. E' chiaro che non sei interessato in alcun modo a me. Hai già abbastanza problemi a cui pensare, quindi mi toglierò di torno se è quello che vuoi."

Andrea aveva studiato con attenzione l'effetto che quelle parole avevano avuto su Emilien, ma il suo viso era rimasto imperturbabile e distaccato. Forse anche troppo, pensò l'italiano.

"E' meglio così" disse soltanto il biondo, poi puntò lo sguardo in un punto lontano sulla strada, ben attento a non incontrare più quello dell'altro.

"Allora piacere di averti conosciuto" Andrea allungò una mano verso quella di Emilien, ancora intrappolata nella tasca del cappotto.

Stai sbagliando tutto. Credevi di avere qualche forma di potere su di lui? Ti sbagliavi. Ti lascerà andare. Non lo sentirai o vedrai mai più.

"Ciao Andrea" Emilien afferrò la mano che l'italiano gli aveva porto e la strinse appena. Non lo aveva mai toccato prima di quel momento, realizzò, mentre quel contatto continuava a protrarsi, come se nessuno dei due fosse intenzionato a ritirare la mano per primo. Andrea aveva il cuore in gola, era ancora lì, immobile esattamente come Emilien e fu a quel punto che capì di non essersi sbagliato del tutto. Risalì con le dita il polso dell'altro e lo accarezzò piano, fino a insinuare il pollice sotto il suo maglione. La sua pelle era bollente e liscia, scivolava sotto quella carezza appena percepibile, ma a cui Emilien non sembrava in grado di sottrarsi. Andrea avanzò ancora e ancora, fino a passare l'altra mano sul volto magro e perfetto di Emilien. Era così vicino da poter contare una ad una le piccole efelidi sparse sul naso, talmente vicino da sentire il respiro caldo dell'altro sulla propria bocca. Sfiorò quelle labbra con il pollice, fino a quando fu Emilien stesso a schiuderle. Gli andò incontro e lo baciò.

Andrea affondò in quelle labbra con un desiderio smodato, spingendo la sua lingua contro quella di Emilien, mordendo e succhiandolo fin quando non sentì i primi gemiti di piacere. Si stavano muovendo insieme, come se entrambi avessero avuto la stessa idea. Senza mai interrompere quel contatto erano riusciti a raggiungere i margini della piazza e adesso Emilien si era ritrovato bloccato tra Andrea e un muretto alle sue spalle, lontano dalla luce dei lampioni e dalla strada principale. Si sentiva eccitato e sconvolto, incapace di trattenere quei mugolii bassi che sfuggivano al suo controllo bacio dopo bacio. Non voleva fermarsi, aprì le gambe e permise ad Andrea di infilarsi lì in mezzo, stretto a contatto contro il suo corpo che sembrava in preda a un desiderio troppo divorante e spaventoso. Stava fremendo, la sua bocca sapeva di Andrea e l'odore della sua colonia leggera lo frastornava. Gli si era aggrappato alle spalle e aveva infilato le mani sotto la sua felpa, lasciandole scorrere lungo la pelle calda e tonica dell'italiano che sembrava fremere a ogni tocco. Andrea era calato sul suo collo e lo stava seviziando con quella bocca esperta, cospargendolo di baci e piccoli morsi che fecero impazzire Emilien. Stava respirando a fatica, mentre l'eccitazione più totale gli faceva desiderare sempre di più e sempre più in fretta di avere Andrea in modo diverso. Afferrò i passanti dei jeans di Andrea e li strattonò con un mugolio irritato. L'altro capì subito l'antifona e li sbottonò immediatamente per permettere al francese di fiondarsi sul suo corpo. Emilien abbassò prima i jeans e poi gli slip con un gesto secco delle mani. Aveva il respiro corto e quando si trovò davanti l'erezione pronta di Andrea qualcosa fremette dentro il suo corpo. Era eccitato, voleva farlo e voleva dargli tutto.

L'altro trattenne il fiato quando sentì la bocca calda e stretta di Emilien chiudersi intorno a lui per poi muoversi su e giù, con esperienza.

Stava succedendo davvero e tutto stava accadendo in modo fin troppo naturale e precipitoso. Andrea si lasciò andare, chiuse gli occhi e approfittò di quel momento perfetto, stringendo i capelli lisci e morbidi di Emilien tra le dita.

Voleva essere dentro di lui, voleva lasciargli qualcosa di più. Non voleva permettergli di dimenticare.

A malincuore si ritrasse qualche attimo dopo, accompagnando quel gesto con una carezza leggera, che invitava l'altro a mettersi in piedi. Emilien stava riprendendo respiro e ritrovarselo lì, con le guance arrossate e gli occhi pieni di desiderio, era spaventoso ed eccitante allo stesso tempo.

"S-scommetto che non esci di casa senza dei preservativi nel portafoglio" bofonchiò confusamente il francese.

"Non ti sbagli" confermò Andrea, che a fatica cercava di stare dietro al biondo. Lo vide tirarsi giù in fretta e furia i pantaloni. "Vuoi farlo qui? S-siamo vicini alla strada"

"Muoviti"

Bastò quella semplice parola per mandare in cortocircuito quel poco di buonsenso rimasto in Andrea. Armeggiò con la zip della tasca interna del giubbotto, poi tirò fuori un condom e aprì la confezione con un morso preciso. Emilien stava aderendo al muro con il petto, mentre l'altro si era posizionato dietro, abbassandosi per preparare il francese. Passò le mani sui suoi glutei sodi e pallidi, poi affondò con la bocca dentro di lui. Si sentiva sul punto di impazzire, la sua erezione aveva preso a pulsare, mentre Emilien cercava di non gemere troppo forte, ma con scarsi risultati.

Era troppo, non poteva più resistere. Andrea indossò il preservativo, poi iniziò a stimolare l'apertura di Emilien con le dita. Ogni affondo era un nuovo mugolio di piacere che rendeva il moro ogni istante più incapace di trattenersi. Voleva entrare dentro di lui, sentirlo stringersi contro la sua erezione e sentirlo urlare di piacere e desiderio. Allo stesso tempo si guardò intorno velocemente. La via era deserta e pensare di farlo lì, ad una cinquantina di metri dalla strada lo rendeva ancora più smanioso.

"A-andrea ... ti prego"

Aveva fatto il suo nome, lo aveva addirittura pregato ... era più di quanto Andrea fosse in grado di sopportare. Così lasciò perdere le dita e si inoltrò dentro di lui con lentezza, serrando le mani intorno ai fianchi stretti dell'altro. Si spinse a fondo, mentre sentiva il fiato di Emilien mozzarsi per quell'intrusione. Rimase fermo, intenzionato a farlo abituare prima di proseguire con le spinte e, solo dopo qualche attimo, iniziò a muoversi appena, sostenuto dai gemiti di assenso di Emilien. Era stretto e gli piaceva da impazzire, così tanto che non riusciva più a resistere. Il ritmo si era fatto più sostenuto, Andrea si ritraeva e si spingeva dentro di lui in fretta, stringendo contro a sé, quasi come a volersi fondere, la schiena del francese. Avrebbe voluto che quel momento si fosse esteso all'infinito, ma ormai era agli sgoccioli, così iniziò ad occuparsi dell'erezione di Emilien, muovendo abilmente la mano allo stesso ritmo delle spinte che assestava.

"S-sto per venire" l'aveva detto e in effetti era consapevole di essere arrivato al capolinea. Venne subito dopo, seguito a ruota dal biondo che si liberò nella sua mano pochi attimi dopo. Andrea si era aggrappato a quel corpo, si sentiva ancora tremare, scosso da ondate di piacere e calore.

Era uscito da Emilien qualche istante più tardi e, quasi tremando, era riuscito a raggiungere il muro al quale era ancora appoggiato il francese. Stavano riprendendo fiato, devastati da quell'orgasmo che li aveva colti entrambi impreparati.

"Non immaginavo che la nostra prima volta sarebbe stata in un posto del genere" disse alla fine Andrea, quando ebbe recuperato la capacità di mettere in fila due parole sensate.

"Io non immaginavo che ci sarebbe stata" ribatté l'altro, in un sussurro roco.

Andrea cercò il viso di Emilien e vi trovò dentro una lunga serie di cose che andavano dall'eccitazione e finivano con delle note più dolenti.

"Come stai?"

Scosse la testa, "non lo so." Si sentiva frastornato, lui non aveva mai fatto niente del genere prima. Aveva tradito Cole. Ma aveva senso parlare di tradimento?

"Stai morendo di freddo. Rivestiamoci ... ti accompagno fino a casa"

Stava tremando e non se ne era reso conto prima di quel momento. Fece come gli aveva detto Andrea, anche se aveva qualche difficoltà a mantenere le dita ferme. Era solo freddo o c'era dell'altro? Gli veniva da piangere.

"Torno da solo, ho bisogno di stare da solo" disse in fretta, non voleva curarsi dello sguardo preoccupato di Andrea. Non dopo quello che avevano fatto insieme. Respirare si faceva ogni istante più difficile.

"Ehi ... non è successo niente di grave"

"N-no? P-per te questo è normale?" ribatté Emilien con una strana smorfia impressa sul volto.

"Era quello che volevi ... quello che volevo anch'io" Andrea aveva parlato con sincerità, cercava lo sguardo dell'altro, ma l'oscurità gli impediva di vedere i suoi tratti.

"Sono un casino vivente. C-credevo di essere cambiato, ma evidentemente ..."

"Evidentemente sei stanco della situazione che stai vivendo" fu Andrea a completare la frase per il francese. Lo vide scuotere la testa con rabbia.

"N-non giustificarmi! Gli ho sempre detto che lo avrei aspettato ... che sarei stato qui per lui. Che mi andava bene" disse Emilien, quasi in preda al pianto ormai.

"E hai il diritto di cambiare idea e di dire basta, se è quello che vuoi."

Andrea aveva parlato con convinzione, la stessa che sembrava mancare a Emilien. Quello se ne stava immobile, ad un passo dalle lacrime.

Non sa cosa vuole.

"D-devo andare a casa. Devo solo andare a casa" disse poco dopo il biondo, cercando di ricomporsi. Vide Andrea farsi più vicino, poi si bloccò, incerto su come muoversi.

"Non sparire, Emilien" fu tutto quello che si permise di dire, pur sapendo che non sarebbe valso a molto.

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Yves avrebbe preferito prestare attenzione alla lezione di chimica quel pomeriggio ma purtroppo non riusciva a smettere di puntare lo sguardo su Gaspard.

L'amico cercava di sembrare disinvolto come sempre, era seduto accanto a lui al tavolo da laboratorio e fissava attentamente il libro di testo.

Agli occhi degli altri sembrava che stesse seguendo la spiegazione attentamente, ma Yves aveva notato che era rimasto indietro almeno di sei pagine.

Sta di merda.

Formulò quel pensiero chiaramente, gli bastava guardare quel viso pallido per capirlo, per un momento gli ricordò tremendamente se stesso.

Solo un mese fa, quando Andrea lo aveva in pugno, Yves si trovava in quelle stesse condizioni, bloccato in un loop di tormento. Non sapeva cosa in particolare stesse distruggendo la mente di Gaspard, ma era ovvio che stesse accadendo, e il moro non se la sentì di ignorarlo.

Non era mai stato esattamente la migliore spalla del mondo, anzi, forse non era mai stato d'aiuto a nessuno, ma Gaspard c'era stato per lui e Yves non voleva essere da meno.

Cazzo, se i tempi stanno cambiando ...

La lezione terminò e lui si chiese se fosse stato all'altezza del compito che si era prefissato, non gli restava altro che scoprirlo, così si affiancò a Gaspard mentre lasciavano l'aula.

"Hai da fare?"

Il biondo si riscosse "sto andando a casa, ci vediamo all'Heros più tardi"

"Vieni con me"

Gaspard gli lanciò un'occhiata interrogativa mentre Yves cercava di restare calmo e sicuro.

"Dove esattamente?"

"Muovi il culo e basta."

Il biondo non replicò, seguì Yves fuori dalla scuola e poi verso il parco poco distante, il moro aveva ordinato due caffè al chiosco anche se nessuno dei due ne aveva voglia e poi si erano fermati in una panchina isolata, immersa nel verde.

Ed eccolo lì Yves, con quella tazza da asporto fra le mani a tentare di fare quello che l'amico aveva fatto per lui, ma senza sapere da dove cominciare.

"Yves, cosa stiamo facendo?" disse ad un tratto Gaspard interrompendo finalmente il silenzio "Cosa ci facciamo qui? E' successo qualcosa?"

"E me la fai anche questa domanda?" replicò il moro "direi che sono successe miriadi di cose ed è per questo che siamo qui"

"Ancora Andrea?"

"Non si tratta del dannato Andrea, né di me." disse chiaro Yves "si tratta di te, cazzo. Pretendi che non lo noti? O che faccia finta che non stia succedendo? Sei stato dalla mia parte, Gaspard, più di chiunque altro, anche quando volevo solo nascondermi e io voglio fare lo stesso per te"

Ci fu un momento di silenzio, il biondo abbassò la testa "non devi sentirti obbligato, né in pena. Ho tutto sotto controllo"

"Cazzo, non è così. Nessuno di noi ha più niente sotto controllo da troppo tempo ormai" Yves strinse fra le mani la tazza "non mi è mai piaciuto quel tipo, ma se è lui a farti questo, se ti manca ..." fece una breve pausa "dobbiamo fare qualcosa ... tu"

Quel tentativo di discorso fu interrotto dalla risata di Gaspard, una risata breve, stanca, ironica "cosa diavolo stiamo facendo, Yves? Da quando noi due parliamo di questo ... lasciamo perdere"

Il moro si irrigidì "non possiamo lasciare perdere e basta, è evidente, cazzo"

"E cosa faremo? Ci racconteremo dei nostri drammi adolescenziali? Vuoi forse raccontarmi di quello che sta o non sta succedendo con Amir? Andiamo ..."

Yves strinse i pugni "tu parla con me e io parlo con te. Gaspard, non va più bene un cazzo nella nostra vita, se non possiamo essere onesti tra noi, cosa diavolo ci resta? Tu non mi hai permesso di cadere a pezzi, permettimi di restituirti il favore"

Gaspard abbassò lo sguardo, decise di non guardare Yves negli occhi mentre si sforzava di dare voce a quei pensieri.

"Non si tratta di lui, non ha a che fare con quello che abbiamo fatto ... è più, il fatto che se ne sia andato" c'era uno strano tono in quelle ultime parole "era ovvio che accadesse, sono stato io a farlo succedere. Io mi sono lasciato coinvolgere e io ho mandato tutto a puttane"

"Perché?" quella domanda sfuggì spontaneamente dalle labbra di Yves "potevi trovare un altro modo, se volevi lui, avresti potuto fare a meno che sapesse"

"Perchè sono questo Yves, sono marcio, esattamente come lui. Ma, a differenza di mio padre, voglio fare a meno di ingannare quelli come Manech, le persone vive davvero, non voglio trascinarlo nella mia miseria. Doveva sapere e basta"

"Non sei come tuo padre, non lo sei per niente Gaspard. E' per questo che lottiamo, per questo abbiamo iniziato il nostro giro a scuola, per vivere una vita migliore della loro, per essere liberi"

"E tu credi ancora che quei soldi ci renderanno liberi?" scosse la testa "possiamo anche andare dall'altra parte del mondo, ma finchè ci portiamo nella mente le nostre catene non vivremo mai davvero" poi fece una pausa "lei diceva spesso: non sono le cose a renderci liberi Gaspard, sono le persone, i legami che costruiamo"

"E lui ti faceva sentire così?" chiese Yves con un filo di voce.

"Certe volte sì, mi sembrava quasi di non avere confini"

Chiudi gli occhi amore mio, e prova ancora qualcosa.

"Ma sono pericolosi questi sentimenti per quelli come noi, Yves, perchè siamo troppo dannatamente testardi, troppo arrabbiati, troppo irrigiditi su quanto questo mondo ci abbia tolto per tollerare che possa anche restituirci qualcosa"

Chiudi gli occhi amore mio e metti quei sentimenti sotto chiave.

"Credi che non lo sappia? Anche lui mi spaventa" confessò ad un tratto Yves, toccava a lui essere onesto stavolta e dopo quanto detto da Gaspard non trovò difficile farlo, non riusciva più a tenere per sé quei pensieri "quando siamo soli, l'effetto che mi fa, le cose provo, quello che dice, tutto è così ... nuovo."

"E' normale avere paura di cose che non si conoscono. Ma non puoi imporre a te stesso di non provare niente, per paura dell'effetto che possa avere" disse Gaspard " sono un esperto in questo, credimi"

"E' solo che ... fatico a contenerlo, non posso cedere così, non posso andare alla deriva" Yves sospirò "è tutto sbagliato .... nella mia testa, questo è tutto dannatamente sbagliato e dannatamente giusto allo stesso tempo. Il mio istinto lo vuole ma poi ... quella fottuta voce"

Yves si bloccò, terrorizzato da quello che si era lasciato sfuggire, temendo di rivelare troppo anche se si trattava di Gaspard. Non voleva parlare di lei, di quella creatura che infestava ancora i suoi incubi.

"Le voci dal passato hanno solo il compito di intrappolarci lì" disse ad un tratto Gaspard, sorprendendo Yves che credeva fosse l'unico a sapere di cosa stesse parlando "e con questo non credere che io sappia come liberarmene. Ognuno di noi ha un passato Yves, qualcosa che ci tormenta, uno spettro, che sia un caso destinato a non essere risolto o una dannata scuola estiva"

"É bastato così poco a fare cambiare tutto" sussurrò con un filo di voce "sono cambiato io. Questo è quello che mi hanno fatto diventare"

"Questo è quello che tu credi di poter essere" gli fece notare "ma Yves, sei fuori da quella scuola. Qualsiasi cosa tu abbia visto o subito, non può più venire a prenderti qui. So che queste parole sembrano solo chiacchiere, che affrontarlo è ben diverso, ma sei rimasto solo tu a far del male a te stesso ormai. E Amir è la tua chiave, Amir può tirarti davvero fuori e questo è forse la parte più spaventosa"

Yves rifletté attentamente e tentava di fare ordine nella miriade di pensieri che gli affollavano la mente.

"Dovresti rivolgere qualcuno di questi consigli anche a te stesso, per cosa ti stai punendo tu, Gaspard? Nulla di quello che è successo a lei è colpa tua, tu sei migliore di lui e sono certo che tu lo sappia."

"Sai Yves, alle volte mi chiedo: se mi legassi a qualcuno davvero e lui lo scoprisse e poi quella persona sparisse nel nulla, a quel punto, sarebbe colpa mia?" ci fu silenzio, il moro non aveva una risposta per una domanda simile e forse non ne serviva una perchè Gaspard tornò a parlare "forse, fino a quando non avremo portato a termine il nostro progetto ed io non mi sarò liberato della nube tossica di mio padre, dovrò tenere i miei sentimenti lontani"

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Dopo quel pomeriggio tutt'altro che facile Yves e Gaspard si erano presentati puntuali all'appuntamento con Victoria e insieme si erano diretti all'Heros.

Non avevano fatto in tempo a varcare la soglia che Amir si era precipitato ad accoglierli, c'era stata una frazione di secondo in cui lui e Yves si erano lanciati un'occhiata.

Era stato intenso ma Yves si era difeso, distogliendo lo sguardo e parlando con il suo solito tono tagliente.

"Avresti potuto accoglierci con dei drink almeno, ti saresti reso utile."

Amir aveva sorriso, come se quelle parole non lo avessero colpito più di tanto "sto già offrendo da bere al vostro nuovo cliente, cerca di essere riconoscente una volta tanto."

Il gruppo si era diretto al tavolo e avevano preso posto, si trattava di un incontro tranquillo, uno dei clienti abituali di Amir desiderava una festa privata particolare, così aveva chiesto l'aiuto dei tre ragazzi.

Gaspard non era particolarmente interessato a quell'incontro, preferiva osservare il linguaggio del corpo di Yves e Amir. Quello che stava succedendo fra loro stava significando qualcosa per il suo amico, tanto da spingerlo a parlarne, a renderlo reale.

Yves sembrava sempre il solito mentre discuteva con il cliente ma era evidente che ogni gesto o sguardo fosse volutamente lasciato libero di correre per la sala ed in qualche modo finiva per intercettare Amir.

L'arabo d'altronde non aveva alcuna intenzione di apparire vago come il moro, teneva lo sguardo fisso su Yves e, per quanto Gaspard non riuscisse a vederlo né a percepirlo, era certo che stesse sfiorando le gambe di Yves con le sue.

Non c'era altra giustificazione per quel modo di sedere tanto ricurvo e scomposto.

E poi c'è Victoria.

Quello era l'ennesimo problema, Yves non aveva idea di quello che la ragazza provava per lui e non sarebbe stato Gaspard a dirlo, doveva essere una scelta di Victoria, che non avrebbe potuto prendere se non avesse avuto un quadro generale.

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 "Vi serve uno strappo a casa?" chiese il biondo alla fine della serata, quando i tre si trovarono all'esterno del locale.

"Io molto volentieri, questi tacchi mi stanno uccidendo" rispose Victoria appoggiandosi al braccio di Gaspard.

"Voi andate ... io preferisco camminare, faccio ancora un giro" disse in fretta Yves, senza sostenere lo sguardo di nessuno.

Gaspard aveva capito cosa sarebbe successo, Yves sarebbe rimasto per Amir, per esplorare quella realtà tanto terrificante ma allo stesso tempo liberatoria.

"Ci vediamo domani" replicò il biondo senza fare altre domande, facendo cenno a Victoria di andare.

"Credi che stia bene?" chiese la ragazza impensierita quando arrivarono alla macchina " sta di nuovo cercando di isolarsi ..."

"No, non lo sta facendo, sta tranquilla" la rassicurò.

Lei scosse la testa, non sembrava soddisfatta da quelle poche parole "ultimamente mi sembra di non capirci più nulla. Sia te che lui siete così criptici e irraggiungibili. Detesto sentirmi così"

"Mi dispiace, ci siamo ritrovati a dover gestire parecchia merda, vecchi fantasmi ..."

"Quello che dispiace a me è che preferite sempre evitare di coinvolgermi" confessò la ragazza "perchè non mi dici quello che sta succedendo a lui? Pensi che quello che provo possa offuscare il mio giudizio?"

"No" disse secco " penso che ti farà solo male"

"Non sono debole, posso sopportare il dolore, sono le omissioni che detesto, questi silenzi mi fanno impazzire."

"Lo hai notato il loro comportamento stasera?" chiese ad un tratto il biondo.

Victoria si irrigidì, avrebbe potuto chiedere di chi stesse parlando, ma dentro di lei lo sapeva "Yves sembrava ... in qualche modo, meno Yves."

"Sta cominciando ad esserne consapevole, non certo ad accettarlo davvero, ma a contemplare che quella possibilità sia reale. Che sia davvero attratto da Amir e dagli uomini"

Perdonami se devo farti questo.

Era calato il silenzio, una parte di Victoria non era sorpresa, in qualche modo c'era sempre stata dentro di lei quel tipo di consapevolezza, che Yves non potesse essere mai suo non solo per via della persona che era, ma anche per cosa desiderava davvero.

Ma poi c'era quell'altra parte, quella dei suoi sentimenti, quella fragile e illusa, quella che aveva sempre sperato.

"Lui ... loro ... stanno insieme?"

"Hanno iniziato a vedersi. Avevo dei sospetti ma Yves me lo ha confermato, è riuscito a parlarne" continuò Gaspard con il tono più neutro possibile "credo che lo farà anche con te alla fine, ma ho pensato che sarebbe stato meglio che te lo anticipassi"

"Non ha mai ... pensato a noi due, vero? Nemmeno per una volta mi ha visto sotto quella luce, tu me lo hai detto milioni di volte eppure una piccola stupida parte di me ha continuato a sperare..."

"C'è una vena masochista in ognuno di noi, Vic. Ci fa desiderare quello che non possiamo avere ed è un casino."

La ragazza aveva abbassato lo sguardo, sentiva gli occhi pizzicare ma si sforzò di non piangere "dovrei essere felice per lui ..."

"Quando te lo dirai sì, dovrai sostenerlo. Ma adesso siamo solo noi due, puoi odiarlo quanto vuoi" mormorò il biondo accennando un sorriso e porgendole la mano.

Anche Victoria sorrise appena e l'afferrò saldamente, affondando il viso nella spalla di Gaspard.

"E a te cosa succede?" chiese alla fine la ragazza.

"Non lo so, ultimamente non faccio altro che prendere pessime decisioni"

"Ad esempio?"

"Manech" sospirò "lasciarmi trascinare da lui, lasciarmi coinvolgere, andarci a letto e mandare tutto a puttane."

Per la seconda volta quella sera, Victoria dovette trattenere lo stupore "non credevo che ti piacesse ..."

"Non credo sia una questione di piacere, non so cos'è" mormorò l'altro "qualcosa di lui mi ha attratto e qualcosa continua ad attrarmi. Anche se provo a reprimerlo, anche se cerco di liberarmene, resta lì"

"Perchè dovresti liberartene?"

Perché potrebbe sparire anche lui.

"Gaspard?"

"Siamo arrivati" disse alla fine il biondo accostandosi al portone d'ingresso "è meglio che tu dorma su tutte queste informazioni"

"Hai sempre recitato la parte di quello a cui non importa niente, eppure allo stesso tempo, cerchi sempre di prenderti cura degli altri" disse lei aprendo lo sportello "è quello che credi di fare con lui? Pensi che lo stai aiutando standogli lontano? Che lo stai proteggendo? Smettila di manipolare il mondo per autopunirti, gli altri sono più forti di quanto credi"

Gaspard tornò a fissare la strada mentre Victoria scuoteva la testa e chiudeva la portiera, andando verso casa. Il ragazzo portò istintivamente le dita alla collana, sfiorando l'orecchino.

ANGOLO AUTRICI:

C'è decisamente tanta carne al fuoco in questo capitolo, come sempre non vediamo l'ora di sentire i vostri commenti mentre ormai ogni nodo viene al pettine! Le vite di tutti si stanno incrociando e noi non vediamo l'ora di sapere cosa ne pensate. Un abbraccio

BLACKSTEEL

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