43. Fedele
Che è costante nei sentimenti.
"È stato bellissimo. Tu sei bellissimo"
Emilien sentì il materasso abbassarsi un po', poi venne raggiunto dall'odore lievemente acre e ben noto delle Marlboro rosse di Cole. Era così che funzionava: qualche parola dolce, una sigaretta dopo il sesso e un bacio passionale prima di una frettolosa ritirata.
Se sai che è sempre così, allora perché non fai qualcosa al riguardo?
Fare cosa, di preciso? Rinunciare a lui? Fargli delle storie e incasinargli la vita come un amante geloso e bisognoso di attenzioni? Emilien rabbrividiva all'idea di sembrare tanto patetico.
"Oggi a lezione ho fatto veramente fatica. Ogni volta che ti guardo mi sembra di perdere la testa ..." si lasciò sfuggire l'uomo, voltandosi verso il corpo nudo e perfetto del più piccolo. Solo a quel punto il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri e, di rimando, puntò i grandi occhi blu sul volto affascinante di Cole.
Se perdi la testa come dici, allora perché siamo costretti a nasconderci da tutti?
Ma che domande idiote, Emilien. E' il tuo professore di psicologia. E' sposato e ha un figlio. Cosa diavolo pretendi da lui?
"Va tutto bene? Mi sembri sovrappensiero oggi" continuò l'uomo, poi allungò una mano a sfiorare il viso appena contrito del biondo. Emilien si costrinse a riprendersi in fretta, riuscì addirittura ad abbozzare un sorriso.
"Sono solo un po' stanco. E' un periodo stressante all'università, lo sai"
"Già, ma tu sei bravissimo. Non hai problemi. Sai, per un attimo mi hai fatto preoccupare, pensavo che ti fossi rattristato per altri motivi"
Emilien sorrise "e perché mai? Va tutto bene."
E' troppo intelligente per credere a questa balla, ma se finge di crederci è solo perché preferisce evitare i problemi. Lo sai già.
"Meglio così allora" sospirò l'uomo, poi spense la sigaretta nel posacenere e la sua attenzione venne attirata dalla sveglia sul comodino, "accidenti, si è fatto tardi. Mi tocca andare se voglio evitare il traffico delle sei!"
Emilien lo vide sollevarsi in fretta, poi riappropriarsi dei vestiti sparsi per tutta la stanza. Gli sembrava di aver visto quella scena almeno un centinaio di volte e che non differisse mai di molto da quella precedente.
E quindi? Sei infelice, per caso? Allora guardati allo specchio e capirai subito a chi dovresti dare la colpa.
"Quando ci rivediamo?" disse invece, e con un tono così tormentato che lo fece imbarazzare. Persino Cole lo aveva percepito, ma come al solito fece finta di niente.
"Domani in facoltà?" rispose in un tentativo di essere divertente.
"Hai capito cosa intendo. Quando potrai venire qui?"
L'uomo era riuscito a rivestirsi a quel punto, era perfetto nel suo completo casual ma elegante allo stesso tempo. Perfetto e affascinante ... per Emilien era stato impossibile resistergli.
"Devo rivedere il mio orario, Emil. Poi lunedì ho il compleanno di Mathias, lo sai."
Sì, lo sapeva. Aveva visto la busta regalo in auto e, come sempre, era bastata una visione fugace dell'altra vita di Cole, la vera vita di Cole, a fargli del male.
Tu gli sei fedele. Lo aspetti qui come un cane ubbidiente ... ma lui? Puoi essere certo di lui?
"Ehi, non voglio vederti così giù. Te l'ho detto, non appena sarà più cresciuto sarà più semplice spiegargli come stanno le cose. Adesso non capirebbe, abbiamo deciso così con Fabianne"
Emilien si lasciò prendere il volto tra le mani e a sua volta fece scivolare le braccia intorno alla vita di Cole. Inspirò il profumo intenso del suo dopobarba e lo baciò piano, come se avessero avuto tutto il tempo del mondo.
Ma non è così. Dice sempre che prima o poi lascerà sua moglie ... eppure siete ancora qui e tu devi accontentarti di queste briciole.
"Ma lei lo sa che vuoi divorziare, vero?" lo chiese di nuovo e si sentì morire dentro. Si impegnava così tanto a mostrarsi sereno e distaccato e poi falliva miseramente cedendo al terribile bisogno di chiedere quel genere di cose.
Cole annuì piano "sa che le cose sono cambiate da un po' di tempo a questa parte. Non è una stupida. Però c'è Mathias e dobbiamo procedere con attenzione. Lui deve soffrirne il meno possibile ... altrimenti non potrei perdonarmelo. Puoi aspettarmi per un po' di tempo, Emil?"
Un po' di tempo quanto? E' già trascorso un anno.
Emilien però non disse niente del genere, nascose i suoi pensieri e le sue preoccupazioni nella parte più lontana e recondita del suo cervello. Baciò Cole con foga, annegando su quelle labbra esperte e calde, fino a quando non si sentì di nuovo vivo e sveglio. Sapeva di aver provocato un effetto simile anche in Cole e fece di tutto per riportarlo di nuovo al letto, dove tutto sembrava trovare un senso.
Fallo restare qui. Forse sua moglie perderà la testa e lo lascerà una volta per tutte.
"Ehi, per quanto mi piaccia questo trattamento ... sono davvero in ritardo"
Emilien si immobilizzò e fu come se tutta l'eccitazione accumulata negli ultimi minuti fosse svanita di colpo, uccisa dalla delusione e dall'amarezza. Cole gli accarezzò il viso teneramente, poi gli posò un ultimo bacio a fior di labbra e afferrò la valigetta da lavoro.
"Cercherò di passare il prima possibile. Forse mercoledì" disse diretto al ragazzo, che provò ad abbozzare un sorriso.
"Mi mancherai."
Era vero?
"Anche tu ..."
E poi era svanito via come sempre. Emilien si disse che non doveva sentirsi giù di corda. In fin dei conti sapeva a cosa stava andando incontro quando aveva scelto di intrattenere una relazione con un professore di quindici anni più grande di lui, gay non dichiarato e, ciliegina sulla torta, con una famiglia a cui dover dare conto.
Lo sapevi davvero, però? Lui ti aveva detto che stava per divorziare. Che in estate avreste potuto fare un viaggetto fuori Parigi e che lentamente avreste trascorso sempre più tempo insieme.
Ma che senso aveva piangersi addosso però? A volte Emilien aveva l'impressione di vivere in un tormento continuo. Era come un delirio ossessivo che gli impediva di pensare a qualsiasi altra cosa differisse da Cole, e questo non andava bene. Non voleva perdere la testa a furia di rimuginare sugli scenari peggiori che gli passavano per la mente.
Aveva seriamente bisogno di un appiglio ... di qualcosa che sapesse di normalità.
E fu a quel punto che i suoi pensieri si diressero verso Andrea. Quello sconosciuto dai modi fin troppo diretti e dall'aria fin troppo vissuta.
Almeno ti fa ridere. E le sue attenzioni ti lusingano, non puoi negarlo.
Era un approfittatore? Una di quelle persone che aveva bisogno di sentirsi apprezzato dal prossimo per stare bene? O forse la sua autostima era talmente a pezzi che persino un corteggiamento maldestro andava bene?
Tu hai Cole. L'hai voluto tu.
Emilien rise, affranto. No, era Fabienne ad avere Cole alla fine del giorno. Non lui. Però era vero che l'aveva voluto e che lo voleva terribilmente anche ora. Però che male c'era a desiderare anche uno svago? Qualcuno con cui uscire e scherzare, qualcuno con cui condividere una birra o una cena o anche solo un giro in centro.
Beh, se hai deciso non ti resta che chiamarlo.
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Andrea aveva risposto a quella chiamata con una malcelata sorpresa. Non si aspettava che un giorno iniziato tanto male potesse concludersi con quella nota piacevole.
"Sogno o son desto? Allora l'hai salvato davvero il mio numero" disse in fretta, senza badare ai convenevoli.
"Che tono compiaciuto. Ma come? Dicevi che nessuno ti ha mai rifiutato in vita tua e poi te ne esci in questo modo?"
"C'è sempre una prima volta però. Non sembravi particolarmente colpito dalle mie doti oratorie, anzi direi che mi trovi persino un po' fastidioso" ribatté in tutta sincerità Andrea, mentre non riusciva a nascondere il sorriso che gli si era formato in volto.
"Però ho anche voglia di uscire a bere qualcosa, e tu mi sei sembrato un compagno di bevute niente male. Sei in giro? C'è un pub con dell'ottima birra e musica dal vivo vicino a dove sto."
"Wow, come sei precipitoso. Vuoi farmi ubriacare e approfittare di me già alla prima uscita? Ah, questi francesi!" scherzò il moro e subito percepì un sospiro irritato provenire dall'altra parte, così si premurò a tornare serio "ok, sto scherzando. Dimmi dove e quando, sono sempre in vena di una bevuta."
Stranamente non era così quella volta. La rabbia per quello che era successo a Lucille non era ancora passata e vedere Manech così giù di corda gli metteva addosso una tristezza assurda. Però Emilien si era fatto avanti ... come diavolo avrebbe potuto dirgli di no? Nessuna persona sana di mente si sarebbe fatta scappare un'occasione come quella.
Quando Andrea raggiunse il posto prestabilito iniziò a scandagliare con lo sguardo la folla accalcata intorno ai tavoli esterni in cerca di Emilien. Non poteva sapere che il biondo era poco dietro di lui, ben attento a osservare Andrea in un modo molto più attento di quanto avesse fatto in precedenza.
Si mosse qualcosa nel suo stomaco, un movimento minimo di quella creatura che conosceva bene e sembrava risvegliarsi soltanto alla vista di Cole e poche altre cose al mondo. Andrea era bello e questo era stato chiaro sin dal primo momento in cui lo aveva incrociato.
Bello, interessante e spavaldo.
Aveva veramente bisogno di un'altra persona del genere nella sua vita?
Era tardi per avere dei ripensamenti ormai, così si fece forza e gli picchiettò la spalla.
Forse i problemi te li vai a cercare, Emilien.
"Oh, eri già qui. Siamo arrivati nello stesso momento" biascicò il moro, tentando di nascondere la sorpresa di ritrovarsi l'altro così vicino. Rimasi un attimo spiazzato e gli ci volle più di qualche secondo per riprendersi da quel genere di vista.
Dio, se era bello ...
"Credevi che ti avrei dato buca? Dov'è finita tutta la tua sicurezza?" lo provocò Emilien, intenzionato a mostrare una determinazione che in realtà non possedeva.
"Per quanto ancora mi tormenterai con questa storia? Ti ho proprio dato l'idea di un playboy, vero?"
"Era proprio quello che volevi, scommetto."
Andrea ghignò appena, "sei troppo acuto per i miei gusti. Di solito preferisco i ragazzi un po' stupidi ... mi mettono più a mio agio."
"Sono qui, devo essere stupido anch'io in fondo" commentò il biondo con un tono piuttosto serio, "dai prendiamoci questa birra. Oggi non ho proprio voglia di mettermi sui libri"
"Ah, sì? Cosa ti è capitato? C'entra per caso il ragazzo misterioso di cui non hai voluto parlarmi?" lo provocò Andrea che a stento cercava di non divorare Emilien con lo sguardo.
"Non è che tutto debba ruotare necessariamente intorno a un uomo" rispose l'altro, piccato.
"Eppure ho avuto questa impressione"
"Non sono ancora abbastanza ubriaco per lasciarmi andare a delle confessioni intime, però puoi riprovarci più tardi" gli concesse.
"Sissignore. Accetto la sfida!"
Pessime idee, pessime intenzioni, pessime conseguenze. Andrea ne era consapevole, ma fermarsi non rientrava nel suo stile. Per uno che non si era mai bruciato con il fuoco come lui, sembrava impossibile riconoscere i propri limiti.
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Gaspard entrò all'interno del locale con passo sicuro, non aveva portato lo sguardo su nessuno, si era diretto verso il lussuoso bancone del bar e aveva preso posto su uno sgabello.
Quella sera non era entrato all'Heros in cerca di affari, ma solo come cliente, come uno dei tanti uomini che non riuscivano a dormire e cercavano delle risposte nel fondo di un bicchiere di Scotch.
Purtroppo per Gaspard, però, lui non era un cliente normale,e aveva attirato l'attenzione del proprietario del locale.
Amir aveva osservato la scena per i primi minuti, sapeva perfettamente che qualcosa non andava, sapeva anche che Gaspard non frequentava mai l'Heros al di fuori dei loro affari, a meno che non avesse qualcosa da uccidere dentro di lui.
Quando lo vide buttare giù il terzo bicchiere decise di sollevarsi dal suo posto e andare a sedersi accanto al biondo, quello non si voltò, sembrò non averlo nemmeno notato, così Amir prese la parola.
"Brutta giornata?"
Quella domanda rimase ad aleggiare nel silenzio, Gaspard stava continuando a sorseggiare dal bicchiere e Amir capì che persino l'uomo più pragmatico e calmo che conoscesse aveva perso la sua compostezza.
"Cosa sei venuto a cercare qui?" continuò il più grande.
"Silenzio per lo più" fu la risposta che uscì dalle labbra tese del biondo.
"Tutto qui? Mi sembri più turbato del solito stasera."
Il biondo sospirò " perchè sei qui, Amir? Non sono Yves, non devi accudirmi" disse con tono tagliente.
"Credevo avessi bisogni di fare due chiacchiere con un amico" ribatté l'altro senza scomporsi.
"E da quando lo siamo?" chiese "le uniche cose che ci accomunano sono Yves e le puttane, e ora che hai la sua attenzione non ti servo più come diversivo."
Amir stava per ribattere qualcosa, quelle risposte tanto sprezzanti stavano minando l'autocontrollo che si era imposto ma poi qualcuno si avvicinò ad entrambi e spinse il moro a tacere.
"Amir, ti vogliono di là, ci penso io" disse la voce calma di Jean.
L'arabo inspirò e decise di sollevarsi, lasciando il posto al biondo che si sedette mentre Gaspard continuava a bere senza guardarlo.
"Sembri lo stesso della notte in cui ci siamo conosciuti" disse ad un tratto Jean.
Quella frase provocò immediatamente un fremito di irritazione in Gaspard "non cominciare con quella storia."
"Beh, soffrivi in quel momento e stai soffrendo adesso. Cosa ti succede? Perchè non permetti a nessuno di aiutarti?"
"Non mi serve il tuo aiuto, non mi serve un cazzo da nessuno, perché non vi è chiaro?" ringhiò "cosa vuoi davvero? Sei qui con la tua aria da crocerossina perché speri che ti scopi?"
Jean abbassò lo sguardo "sono qui perchè vedo che stai male e non riesco a far finta di niente. Sto vedendo un'altra persona, ho seguito il tuo consiglio e sto cercando di rifarmi una vita."
Quella frase accese dello stupire in Gaspard e allo stesso tempo quella dannata voce aveva ripreso a parlare al suo orecchio, nonostante tutto l'alcol che aveva bevuto per metterla a tacere.
Persino Jean si sta liberando di te, quel piccolo sottomesso bisognoso.
"Ah si? E da quanto vedi questo tipo?" chiese con tono carico di risentimento, nonostante non gli importasse.
"Qualche settimana" rispose Jean stupito di quel cambio di umore repentino.
Nessuno ti vuole, nessuno ti vorrà mai. Sei come quel vecchio disgustoso di tuo padre.
Ti circonderai di puttane che alla fine ti molleranno, perchè sei incapace di tenere con te qualcosa di bello.
"Gaspard?" Jean provò a chiamarlo, turbato da tutto quel silenzio "non credevo ti importasse, sei stato tu a dirmi di sparire"
E sei stato tu a mostrare a Manech quando in basso potevi spingerti.
"Beh, che vuoi che ti dica? Vuoi che ti faccia gli auguri?" mormorò rabbioso "deve essere un tipo dalla mente aperta se vuole una storia con una puttana"
"Non sono una puttana" ribatté Jean con tono sicuro "e tu non sei questo, che diavolo ti sta succedendo? Perché non parli invece di autodistruggerti su questo sgabello come uno qualsiasi dei perdenti che hai sempre deriso"
L'altro si voltò con un mezzo sorriso "r se ti dicessi che ho bisogno di te? Se ti dicessi che voglio andare via con te adesso e scoparti e che solo questo mi farebbe stare meglio. Tu cosa faresti?"
Quella frase fece restare Jean di sasso.
"Lo faresti per me? Mi seguiresti? Oppure sei innamorato di questo tipo che frequenti?" continuò l'altro.
"Francamente mi chiederei se quello che stai dicendo sia vero, oppure è solo un modo per manipolarmi"
Gaspard sorrise ma non c'era divertimento, era solo l'inizio della perdita totale di controllo, l'inizio di quella esplosione che aveva sempre cercato di sedare, il momento in cui tutto stava scivolando via dalla ragione.
E come hai potuto permetterlo? Come hai potuto permettere che uno come Manech desse inizio a tutto?
Gaspard si sollevò di scatto dallo sgabello, intontito dall'alcol e da quei pensieri pericolosi che gli vorticavano in mente. Era meglio lasciare quel posto e recarsi altrove, ma dove? E quando avrebbe avuto la forza di mettersi a dormire? Di chiudere gli occhi e affrontare le tenebre della sua mente.
Non ci fu tempo per quell'ennesima risposta, Gaspard compì pochi piccoli passi prima che tutto intorno a lui si facesse buio e il suo corpo si afflosciasse su se stesso, crollando.
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Gaspard vedeva tante immagini intorno a sè, così tante che faticava a distinguerle: volti, risate, persone, silenzi, buio.
Poi un'altra risata, questa l'aveva distinta chiaramente, a Gaspard parve fosse quella della madre, ma poi apparve l'immagine di un paio di labbra carnose che reggevano il cilindro di una sigaretta.
Quell'odore acre e familiare.
Non sai quello che vuoi, fino a quando non hai più niente.
Gaspard spalancò gli occhi di soprassalto e si rese conto di essere in una camera in penombra, era sdraiato a letto ma non aveva idea di come ci fosse finito.
"Hai dormito parecchio" disse una voce accanto a lui.
Quando si girò si rese conto che era Jean, anche lui nel letto, lo stava guardando girato su un fianco e gli accarezzò appena il viso.
"Non mi ricordo ..." disse alla fine con una punta di imbarazzo.
"Hai bevuto parecchio ieri sera e dubito tu abbia mangiato qualcosa nelle ultime ventiquattro ore" raccontò Jean "eri agitato, penso non dormissi da molto, ad un tratto ti sei alzato per andare via ma sei crollato a terra. Sei svenuto, così ho detto ad Amir che ti avrei portato da me, avevi bisogno di riposo"
"Non avrei dovuto perdere il controllo così tanto" si rimproverò.
"Forse ne avevi bisogno, per chiedere aiuto" gli fece notare Jean.
Gaspard scosse la testa "e perché dovresti aiutarmi? Non ho fatto altro che ferirti, continuerei a farlo Jean, siamo incompatibili noi due"
"Forse lo so e forse, alle volte, non mi importa." disse l'altro continuando ad accarezzare la fronte del biondo "se ti senti solo, io sono qui, fino a quando sarà necessario"
Non lo meriti, non meriti niente di tutto questo.
Gaspard si mosse, portando il suo corpo sopra quello di Jean, sollevò appena la maglietta del più grande e cominciò a lasciare una lunga scia di baci sul suo ventre mentre con le mani abbassava il pantalone della tuta e l'intimo.
Jean chiuse gli occhi e si abbandonò a quel momento, sapeva che era sbagliato ma sapeva anche che forse era l'unico modo per far percepire a Gaspard che qualcuno era dalla sua parte, che qualcuno gli voleva bene.
Cominciò ad aiutare l'altro a liberarsi dei vestiti e poi si abbandonò nuovamente al suo tocco, al contatto umido e bagnato della lingua e all'intrusione delle dita.
Era la prima volta che si disturbava ad essere tanto gentile con lui, forse, persino un uomo come Gaspard poteva mostrare gratitudine.
Sapeva che in quel momento avevano bisogno l'uno dell'altro, quella volta però Jean sapeva che non sarebbe stato per sempre, dentro di lui l'aveva capito.
Niente è per sempre, lo sai. Neanche lui.
Quando sentì l'erezione di Gaspard scivolare dentro di sé, Jean chiuse gli occhi e si abbandonò a quel momento, a quel massaggio e al calore del suo fiato sulla pelle. I movimenti erano lenti, stentati, confusi. Proprio come lo erano loro, stretti in quella morsa che speravano li salvasse dalla paura dell'ignoto.
D'altronde, siamo sempre stati solo noi due, schiacciati dalla reciproca prigionia. Quanto fa paura lanciarsi davvero nel mondo?
Jean pensò a Gael, a quanto lo affascinasse e spaventasse allo stesso tempo, a come sarebbe stato lasciare quella relazione usa e getta con Gaspard, per aprire nuovamente il proprio cuore a qualcuno.
Si chiese persino se Gaspard avesse trovato quella persona, se stesse scappando anche lui mentre si aggrappava al suo corpo in quel modo.
Essere soli fa paura ma ti ci abitui, aprirsi agli altri fa paura sempre.
"Gaspard ..." ansimò il biondo mentre le spinte dell'altro si facevano sempre più intense, aveva portato le ginocchia a serrargli i fianchi.
Il volto di Gaspard scese verso quello di Jean, unendo le loro fronti e la punta dei loro nasi, mentre ormai l'amplesso era difficile da trattenere e i loro fianti continuavano ad intrecciarsi.
"Non lo meritavi" mormorò ad un tratto Gaspard.
Jean non sapeva se stesse davvero parlando con lui, ma vide le sue labbra così dannatamente vicine alle proprie che ne fu tentato.
Cosa sarebbe successo se, in un momento di tale passione e confusione, avesse osato sfiorarle? Avesse finalmente potuto barciarle visto che fino a quel momento gli era sempre stato proibito.
Ancora due spinte e poi sentì l'orgasmo travolgere sé e Gaspard, i loro corpi si contrassero all'unisono per poi afflosciarsi l'uno contro l'altro, ormai privi di forza.
Jean non sfiorò quelle labbra, si limitò soltanto ad accarezzare ancora una volta il viso magro ed esausto del biondo, passando la mano fra i suoi capelli madidi di sudore.
"Andrà tutto bene, starai bene" gli sussurrò all'orecchio.
L'altro si strinse a lui, come non aveva mai fatto, come un bambino in cerca di conforto, dimostrando per la prima volta la sua giovane età e le sue insicurezze.
E rimasero lì, immobili, nel silenzio.
ANGOLO AUTRICI:
E siamo qui a raccogliere i pezzi dei nostri sentimenti XD Si svela di più la storia e il personaggio di Emilien e facciamo i conti con la sofferenza e la confusione di Gaspard e Jean. Come andrà avanti questa tempesta emotiva? Attendiamo i vostri commenti e le vostre teorie <3 alla prossima.
BlackSteel
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