40. Colpa
In foto Emilien
Profondo e insopportabile disagio, provocato da rimorso per vere o presunte infrazioni alla legge morale o religiosa.
Lucille era entrata in casa in punta di piedi, sapeva che a quell'ora non c'era nessuno ma trovava fosse meglio non rischiare.
Stringeva saldamente la spallina dello zaino fra le dita, consapevole che al suo interno era conservato qualcosa di molto prezioso, ovvero il ricavato dell'ultimo lavoro.
Da quando Victoria e le altre ragazze avevano interrotto il giro non ci erano state più entrate fisse, ma poi un gruppo di coetanee aveva deciso di mettersi in proprio e trasgredire alle regole.
Inizialmente Lucille era preoccupata, ma aveva accettato con una quota di forte timore,tuttavia, man mano che le serate e le feste sembravano filare via senza problemi, cominciava a sentirsi più tranquilla. Andava tutto bene, la clientela era sempre la stessa che ormai aveva imparato a conoscere e, forse, avevano davvero ragione le sue compagne, finchè hai bellezza e contatti non ti servono Victoria e i suoi amici per fare soldi.
D'altronde era quello l'unico obiettivo della ragazza, non avrebbe di certo partecipato a quei festini per tutta la vita. Voleva solo racimolare la cifra giusta, la somma necessaria per l'Accademia di Moda, per potersi permettere i materiali e i corsi.
Poi avrebbe mollato e continuato la sua vita come se nulla fosse, poteva usare quella gente esattamente come loro facevano con lei.
Avrai tutto quello che vuoi ...
Varcò la soglia della sua camera e chiuse la porta, si diresse verso l'armadio e, una volta aperto, tirò fuori un baule dal fondo. Era lì che aveva deciso di nascondere i suoi risparmi, dentro il baule che poi ricopriva con delle coperte di quando era piccola, cimeli che nessuno andava mai ad aprire e controllare.
Osservò il contenuto compiaciuta, aveva fatto periodicamente dei prelievi dal conto che Victoria aveva aperto per lei e adesso, dopo aver inserito anche quelli che aveva nello zaino, potè osservare soddisfatta i frutti di tutti quei segreti.
Fanculo Manech.
Nella mente di Lucille si formò quel pensiero quasi dal nulla, anche se continuava a ripresentarsi spesso. Non aveva mai avuto nulla contro il fratello e forse non lo aveva nemmeno adesso, ma dopo tutto quello che era successo nella sua vita, aveva cominciato a detestarlo.
Perché lui doveva essere sempre così dannatamente brillante? Perché lui sembrava emergere nonostante le avversità? Era questo che la infastidiva davvero.
Lei sentiva sempre di non essere all'altezza, di non avere i numeri o le carte giuste, aveva la sensazione di dover lottare il doppio degli altri per riuscire a ottenere qualcosa, mentre lui ce la faceva e basta.
Con il violino aveva un futuro radioso, il suo talento era fuori discussione, persino con la sua sessualità non aveva mai avuto problemi. Aveva sempre saputo chi era e aveva sempre trovato il coraggio di affermarlo contro qualsiasi pregiudizio, che fosse lì o a Plaisir.
Aveva attirato l'attenzione di persone diverse, che gli erano diventate amiche senza che lui dovesse sforzarsi o andarli a cercare.
Persino nella nuova scuola, nonostante si fosse macchiato dell'onta del reietto, Andrea si era schierato dalla sua parte, spalleggiandolo.
Cosa mi manca?
Era questo che si chiedeva, perchè sembrava che tutto nella vita del fratello prendesse comunque una piega positiva, che la sua strada fosse libera mentre quella di Lucille era tempestata dall'incertezza.
Era gelosa della sicurezza di Manech, del carattere così forte e del modo in cui non lasciava mai che qualcosa lo abbattesse.
Lucille si sentiva sempre insicura e non riusciva a capire dove il fratello prendesse tutta quella forza, in che modo i suoi problemi finivano per trovare una soluzione.
La mattina di qualche giorno fa ne era stata la riprova, quando aveva visto Gaspard passare lungo il corridoio. Aveva creduto che la prima volta potesse essere un caso, la tresca di una notte, ma poi si era accorta che nessuno aveva più tormentato il fratello a scuola e Gaspard era rimasto ancora a dormire da loro.
Era ovvio per Lucille a quel punto che loro avessero una storia, che ormai a scuola Manech fosse coperto, nonostante fino a poco tempo prima tutti sembravano detestarlo.
Il pensiero ad Adrien a quel punto fu quasi immediato, l'unico ragazzo di cui lei si era invaghita si era rivelato nient'altro che un'enorme delusione. Mentre Manech, nonostante fosse stato ignorato e disprezzato, adesso usciva con uno dei ragazzi più belli che Lucille avesse mai visto.
E tu? Partecipi a dei festini di merda, con uomini vecchi che vogliono solo scoparti, pagata come una puttana.
Lucille chiuse il baule con un gesto di stizza e lo spinse al suo posto nel fondo dell'armadio, non doveva lasciarsi distrarre da quei pensieri, dal disagio che le creavano, doveva solo pensare al futuro, al suo progetto.
Proprio in quel momento il suo cellulare iniziò a vibrare, era una chiamata da parte di Marie, una delle sue compagne.
"Lucille! Grandi notizie" disse eccitata "domani sera abbiamo in programma un'altra festa!"
Lo stomaco di Lucille si torse leggermente ma si mostrò comunque interessata "davvero?"
"Sì e devi assolutamente esserci, ci vogliono al completo" poi abbassò la voce, come se volesse dire quell'ultima parte in modo intimo "si parla di mille a testa questa volta"
La ragazza non potè credere alle sue orecchie, non aveva mai fatto tutti quei soldi in una sola volta, un paio di feste così remunerative e avrebbe finito quella vita prima del previsto.
"Ci sarò" comunicò con tono sicuro.
"Ma certo! Non mi aspetto nulla di meno da te, sei la numero uno, Lucille!"
Non lo era, non si sentiva affatto la numero uno o speciale o in gamba, si sentiva solo stanca, sola e insicura. Sentiva solo il peso delle sue azioni sulle spalle e la paura della solitudine, la minaccia dell'esclusione e la chiara percezione che al mondo c'era qualcosa di più di quello che toccava a lei e non si sentiva mai in grado di raggiungerlo.
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"Me lo dirai a cosa pensi da tutto il pomeriggio o resterai in silenzio a guardare l'orizzonte?"
La domanda di Manech fece destare Gael dai suoi pensieri, gli dedicò un breve sguardo prima di scuotere la testa e passarsi la mano sul volto.
I due erano usciti insieme quel pomeriggio, avevano suonato un po' e dopo avevano deciso di andare al parco, sdraiarsi sul prato e oziare.
Manech aveva intuito subito che c'era qualcosa che non andava, che il moro non era lo stesso di sempre e alla fine si era deciso di prendere l'argomento.
Ma cosa poteva dire Gael? Come avrebbe potuto spiegare la sua situazione e il miscuglio di emozioni che provava?
Quel tremendo altalenarsi tra attrazione e colpa, parlarne con Manech lo avrebbe reso ancora più reale.
"Gael?" il moro aveva preso a fissarlo con una punta di preoccupazione crescente in volto, chiamandolo nella speranza di spingerlo a parlare.
"C'è una persona ..." disse alla fine in un sussurrò "l'ho conosciuta quando ho iniziato a lavorare all'Hèrmes. Nell'ultimo periodo abbiamo legato molto di più e ..."
Gael non riusciva a dirlo, si sentiva troppo colpevole ad ammettere una cosa del genere, ma Manech aveva intuito di cosa si trattasse, così terminò lui la frase.
"Ti piace"
L'altro distolse lo sguardo, come se non volesse sentire quello che l'amico aveva detto, come se non riuscisse ad accettarlo nonostante fosse lui a provarlo.
"L'altra sera l'ho baciato" confessò a bassa voce.
Altro silenzio.
Manech era ben consapevole di quello che stava succedendo, di come Gael doveva sentirsi e attese un momento prima di parlare, scegliendo quelle parole il più accuratamente possibile.
"Non dovresti dirlo con rammarico, Gael. Non è una colpa tornare a provare dei sentimenti per qualcuno, devi andare avanti"
Lèon.
Quel pensiero si insinuò dolorosamente nella mente di Gael, come poteva dimenticarlo? Sostituirlo? Come poteva abbracciare, baciare e pensare a qualcuno che non fosse lui?
Eppure sta succedendo ...
"Invece dovrebbe esserlo" rispose convinto " non dovrei pensare a nessun altro, non dopo ..." fece una pausa " lo sogno ancora, riesco persino a sentire la sua voce ma allo stesso tempo qualcosa dentro di me lo sta dimenticando e sono attratto da questo ragazzo e ... non lo so"
Forse sei attratto da lui perché te lo ricorda, l'ennesimo ragazzo spezzato sul quale tormentarti.
Era stato un pensiero tremendamente meschino, Gael lo cacciò via ma allo stesso tempo sentiva ancora che premeva da qualche parte nella sua mente. Non riusciva a guardare Manech in faccia, ma quando si spostò a sfiorargli un braccio l'altro ebbe la forza di sollevare lo sguardo.
"Nessuno ha detto che è facile e sono certo che sei confuso in questo momento" riprese Manech "io c'ero, Gael. So come eravate tu e Lèon, conosco molto bene la forza dei sentimenti che vi legavano e quanto tu abbia sofferto per quello che è successo. Quell'incidente te lo ha portato via due volte, prima quella paralisi al braccio che lo ha reso ... lo ha cambiato. Non era più lui, lo sai meglio di me. E poi quel gesto ..."
No, Manech, tu non capisci, tu non sai quello che mi ha portato a fare.
"Ma sono passati due anni, Gael. Se questo ragazzo è riuscito a fare breccia dentro di te, nel muro che hai eretto, deve essere una persona speciale e io non voglio che tu anneghi nei dubbi e nei sensi di colpa" disse secco " restare solo per sempre non lo farà tornare in vita, Gael. Niente lo farà tornare, è morto e i morti non soffrono, non lo stai tradendo cominciando a provare qualcosa per un altro, non lo stai uccidendo perché è già morto. Stai solo vivendo, Gael ed è tuo diritto"
Non disse nulla in un primo momento, comprendeva bene le parole di Manech, capiva quanta verità ci fosse ma allo stesso tempo c'era quella tensione. Quella mano gelida che trascinava i suoi pensieri e i suoi sentimenti verso Lèon e quello che avevano vissuto.
Da una parte c'era Jean, quel sentimento che stava nascendo, la sua incapacità di far finta di nulla davanti ad una vicinanza che credeva di non riuscire più a provare, poi c'era quella mano che lo afferrava e lo trascinava indietro.
E tu in mezzo, dilaniato, strattonato, strappato.
"Si chiama Jean" ammise alla fine, con un filo di voce.
Manech sorrise "è un bel nome, scommetto che è parecchio carino"
Quando vide un accenno di sorriso anche sul volto di Gael, il moro fu felice che il suo tentativo di stemperare gli animi fosse andato a buon fine.
"Lo è. Ha come una luce che ... non lo so, riesce a scacciare certi pensieri bui" ammise " e gliene ho parlato, sai. Di Lèon"
Quell'ultima affermazione stupì parecchio Manech e gli diede un barlume di speranza per la condizione dell'amico, forse avrebbe potuto davvero ritrovare un pò di serenità.
"Lui cosa prova per te? Quel bacio era ricambiato?"
"Lui sta vivendo una situazione complicata con uno stronzo, ma credo di non essergli indifferente"
Lo stronzo che si scopa anche te.
Avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece, ancora una volta scelse che fosse Manech a tenere lontano quell'uomo da Jean.
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Amir si era messo in piedi con calma, circondato da una strana atmosfera che iniziava a considerare quasi onirica. Pensava di aver trascorso un anno intero a sognare qualcosa che non credeva potesse mai realizzarsi e poi, improvvisamente, eccolo lì: quel sogno si era fatto carne ... quel miraggio, quella pura allucinazione si era tramutata nella realtà migliore che avesse mai potuto immaginare.
Come si sentiva? Non riusciva a capirlo. Era una strana sensazione di piacere, confusione e leggerezza insieme, qualcosa che stava sperimentando per la prima volta in vita sua.
Quella sorta di spaesamento coglieva Amir di sorpresa. Lui che aveva sempre vissuto l'amore come qualcosa di semplice e logico, un intermezzo piacevole tra un avanzamento al lavoro e una lotta per il potere ... perché adesso non riusciva a smettere di pensare, anche solo per un secondo, a quella notte con Yves? Che potere aveva quel ragazzo? O forse era stato lui a darglielo?
Era una bella domanda da porsi quella. E lui, che si era sempre creduto invisibile agli occhi di Yves, adesso aveva la certezza di non esserlo più o forse di non esserlo mai stato.
Con quei pensieri in testa, Amir afferrò il cellulare e scrisse un semplice messaggio.
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Domani è il giorno di chiusura dell'Heros. Io sarò comunque lì. Non farmi aspettare troppo stavolta.
Yves aveva riposto il telefono in tutta fretta, ben attento che nessuno degli altri lo avesse notato. Ma Victoria era a sua volta presa da un'altra conversazione e Gaspard sembrava seguire la lezione.
Il moro passò in rassegna quel semplice messaggio, mentre veniva pervaso dalla ormai ben nota sensazione di panico. Erano trascorsi due giorni da quella notte e lui si era trascinato in giro come un automa. Sentire anche solo una parola di quello che dicevano i professori era impossibile ... tutta la sua dannata vita sembrava girare intorno ad Amir, alla paura e al sesso. E poi gli tornavano in mente quei baci, quel piacere così intenso da stordirlo e costringerlo a volerne sempre di più. Era qualcosa di assoluto e spaventoso.
E l'effetto che quei pensieri gli procuravano era terribilmente visibile, infatti anche quella volta, Yves fu costretto ad accavallare le gambe e intimarsi di mantenere la calma.
Quale calma però? Il suo mondo di finta sicurezza e sdegno profondo stava svanendo alla velocità della luce, lasciandosi dietro tutte quelle sensazioni nuove e altrettanto instabili. Voleva vedere Amir, voleva farlo di nuovo e al diavolo il disprezzo. Tanto Yves era certo di non potersi odiare più di così.
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Andrea seguiva Emilien da vicino. Il ragazzo camminava a passo svelto, si muoveva con sicurezza tra un'aula e l'altra, continuando a spiegare quali opportunità avesse da offrire l'università. L'italiano gli stava dietro e rispondeva all'occorrenza, nonostante tutta la sua attenzione fosse concentrata sulla bellezza radiosa di Emilien. Non stentava a credere che persino Yves avesse perso la testa per un ragazzo simile ... con quegli occhi blu come il mare più limpido che si poteva immaginare, la pelle ancora lievemente abbronzata dall'estate e quel sorriso appena triste, un po' malinconico e tormentato.
Stai perdendo di vista l'obiettivo, Andrea.
L'italiano ne era consapevole, ma parlare apertamente del motivo per cui era lì gli sembrava del tutto fuori luogo in quel preciso istante.
O forse i tuoi interessi personali hanno preso il sopravvento. Sei sempre il solito egoista. Vedi qualcosa di bello e poi lo vuoi avere a tutti i costi.
E che male c'era in quello? Forse costruire un rapporto di tipo diverso con Emilien avrebbe comunque potuto aiutare anche Yves. Perché era ormai palese che Andrea era fermamente intenzionato ad ottenere qualcosa da quegli incontri.
Eppure Emilien sembrava lontano anni luce da lui ... niente nel suo sguardo e nei suoi atteggiamenti lasciava presagire un interesse.
Ha già qualcuno. A te non ci pensa neanche.
Allora basta giocare, pensò Andrea. Lui non era fatto per quel genere di cose. Doveva essere diretto e sfrontato. Doveva essere esattamente com'era nella vita di tutti i giorni. Sì, decise che era meglio così ...
La fortuna aiuta gli audaci.
"E il tour finisce qui. Come vedi, la facoltà è abbastanza piccola, ma ti assicuro che i corsi sono ottimi." Poi il ragazzo si era voltato verso di lui e lo aveva guardato dritto in viso, forse stupendosi dell'espressione piuttosto concentrata impressa sul volto di Andrea. L'italiano si riprese in fretta, sfoggiando il suo migliore sorriso.
"Beh, sei stato gentilissimo. Come minimo devo portarti a bere qualcosa adesso. Ovviamente dovrai farmi strada tu, non conosco i locali della zona"
Emilien scosse la testa, "non l'ho fatto per avere qualcosa in cambio e poi devo tornare a casa in fretta. Più tardi ho un impegno"
"Non ti va proprio di stare con me ..." si lasciò sfuggire Andrea con un'espressione contrita che non gli apparteneva. Quelle parole fecero scattare l'altro che si ritrovò a bloccarsi sui suoi passi, sorpreso.
"Cosa?"
"Hai sentito bene."
"Ti ho fatto fare il giro del campus, pensavo fosse quello che volevi" continuò ancora Emilien, sotto le occhiate sempre più divertite di Andrea.
"Andiamo, il mio era palesemente un bluff ... non può importarmene meno di questa università, se proprio vuoi saperlo. L'altro giorno ero qui per caso, poi ti ho visto alla fermata e ho deciso che dovevo conoscerti. Sono un pessimo bugiardo, scommetto che lo avevi già capito anche tu."
L'italiano era rimasto a fissare il volto confuso dell'altro, quegli occhi dannatamente belli appena sgranati per la sorpresa, fino a quando non furono pervasi dall'irritazione.
"Cosa? Mi hai fatto perdere solo tempo! Che diavolo ti passa per la mente?" poi il ragazzo abbassò appena la voce e si guardò intorno, prima di continuare "non sai neanche se sono gay"
Andrea sollevò un sopracciglio e lo fissò con il suo solito sguardo senza filtri "non sono nato ieri. Riesco a riconoscere un ragazzo gay da un miglio. E se mi sbaglio, beh .... chiedo scusa e me ne vado"
"Già, è proprio quello che dovresti fare adesso" ribatté il biondo, ma poi ci ripensò "anzi chi se ne frega delle tue scuse. Puoi andartene e basta"
"Vuoi davvero lasciarti sfuggire l'occasione migliore della tua vita?" il tono di Andrea era terribilmente serio, mentre apriva appena le braccia e mostrava all'altro tutto quello che aveva da perdere. Emilien si ritrovò ancora una volta spiazzato, per un attimo sembrò che stesse trattenendo una risata, ma riuscì a tornare subito serio.
"Lo dico per te, sai. È raro che io decida di sorbirmi delle noiosissime spiegazioni su dei corsi che neanche mi interessano, ma quando succede divento un tantino testardo. Insomma, mi piace giocarmela fino alla fine. Non ho paura del rifiuto ... forse perché fino a ora non ho mai ricevuto un rifiuto, adesso che ci penso" concluse Andrea, lievemente confuso.
"Se vuoi provare questa ebbrezza, posso accontentarti subito" disse l'altro di getto. Poi scosse la testa e riprese la sua marcia verso l'esterno, seguito da vicino dall'italiano.
"C'è solo un motivo per cui uno come me viene tenuto a debita distanza" continuò Andrea con aria concentrata.
"No, ti assicuro che potrei trovarne più di uno."
"Significa che sei impegnato" disse ancora, ignorando del tutto le parole dell'altro.
Emilien sospirò, "se fossi impegnato mi staresti lontano?"
"Dipende, prima vorrei vedere quale genere di uomo è riuscito a battermi. Deve essere come minimo uno alla Keanu Reeves per farmi accettare la sconfitta. Nessun altro mi andrebbe bene"
"Beh, mi hai beccato. Sto con Keanu Reeves" il biondo sorrise candidamente.
"Impossibile. Keanu gioca nella squadra sbagliata purtroppo" disse Andrea, abbattuto.
"Perché altrimenti starebbe di certo con me" lo prese in giro l'altro e, allo stesso tempo, si maledì per aver ceduto a quello stupido scambio di battute.
"Allora? Chi è questo tipo? È una cosa seria? Se la prenderebbe troppo se ti portassi in giro a bere qualcosa?"
"Direi di sì." Ribatté Emilien, stizzito.
"Allora prendiamoci una birra da amici. Puoi uscire con un amico, no?"
"Ma io non ti conosco neanche. Non sei mio amico"
Andrea fece spallucce "potrei diventarlo"
"Non voglio un amico" disse ancora il biondo, in uno strano stato di confusione e fastidio.
"E allora cosa vuoi? E non dirmi di sparire ... sarò anche focoso, ma so tenere le mani a posto. Se dici che sei impegnato, lo rispetto"
"Non mi pare" commentò Emilien, sollevando un sopracciglio in un'espressione di stizza.
"Ti ho baciato? Ho provato a toccarti il culo?" chiese divertito Andrea.
"Cazzo, ci mancherebbe! Saremmo stati insieme più o meno mezz'ora!"
"Non hai idea di quante cose divertenti ed educative si potrebbero fare in mezz'ora. A Roma ero il re delle sveltine nei bagni"
"Wow, un titolo di cui andare veramente fieri" commentò Emilien, adesso sul punto di scoppiare a ridere. Si fermò giusto in tempo. Quella situazione era assurda.
"Già, e io ne vado davvero fiero, ma se devo comportarmi bene ... lo farò. Frenerò la mia parte animale e quando mi verrà voglia di baciarti o peggio ... beh, mi limiterò a immaginarmi il tutto nel silenzio della mente e darò sfogo alla mia perversione solo quando arriverò a casa, nel mio letto. Vedi, è da questo che riconosci un vero gentleman italiano"
"Incredibile."
"Cosa?"
"Che tu possa pensare di convincermi con un discorso del genere" concluse Emilien, di fronte al viso smorto e sconfitto di Andrea che sospirò teatralmente. Il biondo stava per aggiungere qualcosa, quando si bloccò di scatto, come se qualcosa alle spalle dell'italiano lo avesse fatto ammutolire. Andrea si voltò, ma tutto ciò che vide fu la calca di studenti che si ammassava intorno alla fermata degli autobus e nel parcheggio circostante.
"Che ti prende?"
Emilien scosse la testa. Era rigido e ci mise un po' a distogliere lo sguardo da quella gente. Andrea non riusciva a capire, lui non vedeva niente di insolito, ma qualsiasi cosa fosse, doveva aver rappresentato un grosso problema per l'altro.
"Emilien?" insistette, e solo a quel punto il ragazzo tornò a concentrarsi su di lui. C'era una strana luce in quegli occhi solitamente così limpidi e brillanti ... qualcosa di cupo, che lo rendeva ancora più interessante e bello.
"Ci sono dei chioschi più giù se vuoi ancora offrirmi quella birra" disse di scatto, cogliendo l'altro del tutto impreparato.
"Sei bipolare per caso? C'è un termine più adatto per descrivere questo genere di comportamento nel gergo di voi studiosi?"
Emilien non aveva per niente voglia di sorridere, ma per quella volta non fece nulla per trattenersi.
Si limitò a scuotere il capo e ad afferrare Andrea per la manica della felpa.
"Taci e offrimi questa birra, prima che ci ripensi."
ANGOLO AUTRICI:
E siamo qui XD alle prese con delle situazioni belle complesse, Amir e Yves si commentano da soli ed Emilien e Andrea? XD come li classifichiamo? In questo capitolo tutti i nostri protagonisti tribolano non poco! Non vediamo l'ora di sentire cosa ve ne pare e nel frattempo, rullo di tamburi e ci rivediamo sabato prossimo <3
BlackSteel
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