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37. Intrepido

Che si ostina in un atteggiamento arrogante e sfrontato.

Yves aveva cercato di chiamare a sé tutta la calma che possedeva, mentre si apprestava a varcare la soglia della villa privata che Victoria aveva affittato il giorno prima. Gaspard e la bionda erano con lui, entrambi vestiti con grande ricercatezza e desiderosi di mettersi alle spalle il caos dell'ultimo periodo.

"La Rochelle dovrebbe arrivare a momenti e come sempre si porterà dietro la crème de la crème di Parigi. Ammetto che non vedevo l'ora di ripartire, anche se l'atteggiamento delle ragazze rimaste fuori sta iniziando a preoccuparmi" disse concitatamente Victoria, lanciando un'occhiata tesa verso i due amici.

"Ci parlerò io" disse Gaspard con la sua solita calma.

Victoria scosse la testa "non credo servirà. Ritrovarsi senza introiti le ha fatte incazzare ... si vocifera che stiano vedendo dei clienti. Marnier è venuto a dirmelo ieri. Potrebbero farsi beccare."

"Faremo in modo che non succeda. Forse dovremo arrivare a pagarle, ma troveremo un modo."

Yves avrebbe voluto ribattere con qualcosa di sensato, ma ritrovarsi lì con la certezza che a breve avrebbe incontrato Amir lo rendeva alquanto nervoso. Si sentiva sul punto di vomitare, mentre si imponeva di stampare un sorriso sul volto e salutare gli uomini che erano già arrivati. Victoria se la cavava molto meglio, persino Gaspard era più cupo del solito quella sera, nonostante avesse rassicurato l'amica poco prima.

Si ritrovarono a fare un brindisi insieme agli altri e Yves mandò giù l'intero contenuto del bicchiere che gli era stato dato senza neanche chiedersi cosa ci fosse dentro. Forse era meglio così o forse si stava preoccupando per niente. E se Amir avesse deciso di non venire? Probabilmente era stanco delle sue stronzate o magari stava davvero aspettando che fosse Yves a cercarlo per primo.

Piuttosto mi ammazzo.

"E il nostro Amir dov'è? I suoi ragazzi sono perfetti, ma vedere lui è sempre un piacere"

Yves si voltò verso l'uomo che sembrava avergli letto nella mente, era uno dei famosi amici di La Rochelle e se ne stava seduto accanto a un moro giovane e attraente. Fu proprio quello a rispondere, "Amir è al locale, non so se riuscirà a farcela, ma nell'ipotesi che non possa venire, mi ha raccomandato di salutarvi anche da parte sua. È felice di poter tornare in affari con voi"

"Oh, peccato" commentò l'uomo, ma si recuperò il suo brio in fretta quando un secondo ragazzo prese posto sulle sue gambe, abbassandosi per baciarlo.

Yves guardò altrove e subito sentì una strana sensazione stringergli il petto. Era deluso e amareggiato. E si rese conto di aver perso un'ora di tempo per scegliere cosa indossare e di certo non lo aveva fatto per La Rochelle e i suoi amici.

Cosa cazzo ti prende? Devi darti una regolata immediatamente.

"Non ho più visto il suo ragazzo al locale. Mi hanno detto che l'idillio è finito. Qualcuno di voi ne sa qualcosa?" rincarò la dose un altro degli amici di La Rochelle.

"Io ho la bocca cucita" rispose il moro di prima.

"Come? Per quanto ti paghiamo dovresti cantare. E dai, cos'è successo? Amir è di nuovo sulla piazza?"

Yves iniziava a sentirsi particolarmente disturbato da tutta quella situazione, non gli piaceva il modo in cui pendeva dalle labbra di quei ragazzi, né l'assoluta immobilità dei suoi piedi quando aveva cercato di allontanarsi da lì per evitare di origliare argomenti di cui non avrebbe voluto sapere niente.

Invece ti interessa. Guardati, sei patetico.

"Vi giuro che non so niente. Hanno litigato e Rémy è scomparso nel giro di due giorni. Nessuno ha più avuto sue notizie. Adesso stiamo aprendo le scommesse su quanto tempo ci metterà Youri a tornare a Parigi."

"Raphael!" lo rimproverò l'altro ragazzo, lanciando un'occhiataccia all'amico, ma era già troppo tardi.

"Youri chi?" chiese l'uomo, che non perdeva una sola parola di quella conversazione.

"È un vecchio amico di Amir. Lavora a Londra e ha parecchi locali. Ci prova con il nostro capo da una vita, quindi ci aspettiamo una sua visita a breve" poi il ragazzo sembrò tornare in sé e riprese "ma siamo qui per parlare degli assenti o vogliamo iniziare a sbronzarci e divertirci un po'?"

Troppe informazioni e ancora una volta Yves si sentì stordito e del tutto fuori dal mondo. Amir aveva altri uomini? Prima di quel momento non si era mai posto una domanda del genere. La sola idea che provasse delle sensazioni simili lo disgustava. La gelosia non gli era mai appartenuta, forse perché si era sempre battuto strenuamente nella negazione della sua stessa natura, mentre adesso le cose stavano cambiando in fretta. Ma Amir non poteva diventare un'ossessione e Yves doveva pensare ad altro, in fin dei conti era lì per festeggiare il ritorno agli affari e la sua conseguente libertà. Così mise a tacere tutto ciò che non gli piaceva sentire e si diresse verso l'enorme bancone degli alcolici, intenzionato a prendersi una sbronza in compagnia di Gaspard e Victoria.

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Le luci accese a festa e la musica incessante proveniente dalla villa non lasciarono alcun dubbio ad Amir. Il posto era quello e, a giudicare dal chiasso, era palese che gli invitati al party se la stessero spassando. Amir lasciò il posto di guida e fece un breve conteggio delle auto parcheggiate accanto alla sua. Quella di Gaspard era lì, il che significava che Yves non poteva essere poi così lontano.

Fece due profondi respiri e per ammazzare l'ansia si accese una sigaretta. In tre lunghi giorni non aveva mai smesso di pensare a quello che era successo. E più ci rifletteva, più continuava a sentirsi quasi in difetto. Il comportamento di Yves lo aveva spiazzato, tirandogli fuori tutte le paure che si portava dentro da tempo. Eppure aveva avuto la sua occasione, lui era stato lì, talmente vicino e pronto alla resa che avrebbe potuto averlo come aveva sempre voluto.

E non c'era istante in cui Amir non si malediceva per quell'occasione persa. Era un tormento, un motivo per odiarsi e, allo stesso tempo, per sentirsi migliore di ciò che era davvero.

Lui è diverso, lo hai sempre saputo. Una sola mossa non ponderata e tutto ti crollerà addosso, portando giù anche lui.

Quella era la realtà che non avrebbe voluto ascoltare, ma a cui doveva dare retta per il bene di Yves. Pensare di agire come avrebbe fatto con qualsiasi altro ragazzo era pura utopia e Amir doveva rimanere con i piedi ben saldi a terra se voleva ottenere Yves nel vero senso della parola.

Eppure lui era lì e ti avrebbe seguito ovunque e, se l'avessi lasciato fare, adesso avresti saputo dire che sapore ha la sua pelle e cosa si prova a perdere il controllo insieme all'unico ragazzo che tu abbia mai desiderato davvero.

Poteva ancora rimediare? O Yves era già tornato sui suoi passi? Non lo sapeva, ma valeva la pena tentare e fu con questo proposito che Amir si decise a lasciare il parcheggio buio della villa per inoltrarsi all'interno. Il party era iniziato ormai da ore e la maggior parte dei partecipanti sembrava godersi l'aria di festa e la dolce compagnia fornita dal trio, così fu abbastanza semplice infiltrarsi senza farsi notare. La prima che vide fu Victoria, algida e bellissima, in compagnia di un gruppetto di gente che sembrava pendere dalle sua labbra, come sempre. Poi c'era Gaspard a qualche metro di distanza, lui osservava lo svolgersi della festa con la sua solita aria gelida e imperturbabile, di chi era lì per lavoro e nient'altro. Yves era esattamente dove Amir aveva immaginato, proprio accanto al suo amico. Vederlo gli fece uno strano effetto anche se non del tutto inaspettato. Era bello più che mai quella sera, vestito di tutto punto e con uno strano bagliore negli occhi che il più grande imputò al bicchiere di Champagne che il francese reggeva in mano. Rimase a fissarlo per qualche istante, bloccato nei ricordi di poche sere prima, quando quella distanza che credeva insormontabile si era dissolta in pochi attimi, rendendo ogni cosa possibile.

E poi la magia si era spezzata e lo sguardo di Yves si era posato al centro della stanza, proprio su di lui. Lo spaesamento durò poco, era bastata poco più di un'occhiata per far capire al più grande che niente era stato accantonato o dimenticato. Yves si era irrigidito, mentre Amir sfilava verso i due ragazzi mostrando un calma che in realtà non sentiva di possedere.

"Così siamo tornati in affari ..." iniziò, poi allungò una mano verso Gaspard che la strinse come di consueto.

"Fin quanto dura almeno" rispose il biondo, accompagnando quelle parole con un sospiro stanco.

"Quindi? è tutto veramente finito?" quella domanda era rivolta a Yves. Lo guardò e anche l'altro sembrò sostenere quello sguardo.

"Così pare. La maggior parte delle ragazze sono tue, quindi quello che si arricchisce davvero sei tu qui. Senza dubbio è la tua festa"

Yves aveva parlato con il suo migliore tono acido, nonostante mancasse del solito smalto con cui mandava avanti quelle faide tra soci. Era solo una recita, un modo per far pensare a Gaspard che non era cambiato proprio nulla tra lui e Amir.

"Cos'è successo esattamente? Perché Andrea si è tirato indietro?" domandò l'arabo. Quella domanda la tormentava dal momento stesso in cui Gaspard gli aveva comunicato della ripresa dei loro affari.

"Questo dovrebbe riguardarti?" Yves sollevò un sopracciglio, irritato.

"Direi di sì. Ci siamo dentro insieme, non ti pare?"

Il biondo scosse la testa "ho bisogno di uscire. Voi comportatevi bene. Siamo soci, ricordate?",poi lanciò un'occhiata più intensa del solito ai due prima di dirigersi a passi svelti verso l'ingresso della villa.

"Mantenere segreti su segreti è la tua vocazione"

"E la tua quale sarebbe? Ficcanasare negli affari degli altri? Preoccuparti per delle cose che non ti concernono?" replicò Yves, subito sulla difensiva. Vedere Amir apparire quando ormai credeva di essere al sicuro era stato come precipitare nel vuoto senza riuscire a fermarsi. Una parte di lui voleva solo seguire Gaspard all'esterno e sparire da quella festa il prima possibile.

"Ce l'hai con me per l'altra sera?" lo incalzò il più grande, facendosi appena più vicino.

Yves retrocedette subito dopo"non parlarmi dell'altra sera, Amir. Anzi non parlarmi e basta"

L'altro rise, "sapevo che l'avresti detto. Cristo, sto cominciando a conoscerti ormai. Quindi qual era il tuo grande piano? Far finta di niente? E ti aspetti che io faccia lo stesso, immagino."

"Non mi aspetto niente. Quello che fai non è affare mio. Questa è la mia vita e ci sono dei limiti da rispettare" disse in fretta Yves, il suo sguardo vagava ovunque nella sala.

"Limiti che tu hai scavalcato, direi. E stai già iniziando a pentirti di quello che hai fatto. Avevo ragione" Amir si lasciò andare ad una risata spenta, "questo è l'esatto motivo per cui non ho voluto continuare. Sapevo che avresti reagito così"

Yves sgranò gli occhi, era stato colpito in pieno dalle parole del più grande.

"Ho detto basta! Qualsiasi cosa mi sia saltata in mente quella notte, sappi che ora sono rinsavito. Non sei un cazzo e non sai un cazzo. Sono stato chiaro?"

"Come no ... pensavo stessi facendo dei passi avanti, Yves. E invece ti ritrovi sempre al solito punto. Apri gli occhi. Fa qualcosa per tirarti fuori da questa dannata fase di negazione. È durata abbastanza! A te piacciono gli uomini. A te piaccio io! Quanto cazzo ci vuole ad ammetterlo?" Amir aveva parlato con un'irruenza ingestibile. Si era ritrovato ancora più vicino a Yves che era stato costretto ad aderire con le spalle al muro. Il viso del più piccolo era pallido come un cencio mentre tentava di assorbire la violenza di quell'attacco.

"Adesso ti dico io cosa faremo, visto che da solo non riesci a gestire un cazzo evidentemente. Ci vedremo e ci andremo piano. Nessuno manderà a puttane la vita di nessuno, ok? Farai solo quello che vorrai fare e io ti ascolterò senza metterti pressione di alcun genere. Voglio stare con te, ma seguirò i tuoi ritmi, qualsiasi siano."

Yves era rimasto senza parole. Si sentiva sotto attacco e allo stesso tempo era consapevole di non avere più la possibilità di difendersi. Era finita, si era già arreso quella dannata sera di tre giorni prima e adesso non c'era modo di tornare indietro.

"T-tu ... mi stai proponendo di vederci? Non sono sicuro di aver capito bene tra tutti quegli insulti, sai"

Amir sospirò "Ti ho sempre preso con le buone e non ha mai funzionato. Cos'altro mi resta da fare?"

"Andartene? Lasciarmi in pace?" gli propose Yves con cattiveria, pur sapendo che quelle parole non avevano senso.

"È un po' tardi ormai, non credi? Che senso ha mollare proprio adesso? Alla fine è sempre dipeso da te, anche stavolta non è diverso. Ho messo le mie carte in tavola ... tocca a te fare la prossima mossa. Ti aspetto domani, dopo il lavoro."

"E cosa ti fa pensare che verrò?" ribatté il più piccolo.

"Basta con i giochetti, Yves. Ho passato l'ultimo anno a sperare in qualcosa che credevo impossibile, ma poi l'altra sera sei stato proprio tu ad aprirmi gli occhi. Non sono più da solo in questa follia. Fai un favore a te stesso una volta tanto e accetta ciò che sei."

Amir non aggiunse altro, finse ancora di sentirsi forte e spavaldo mentre si limitava a passare il dorso della mano sul viso sconvolto e bollente di Yves. Fu un tocco veloce e a fior di pelle, ma che lasciò ad entrambi una strana sensazione addosso. C'era un desiderio palese e profondo tra i due, qualcosa di inspiegabile a parole.

Yves rimase lì dov'era, con le gambe tremanti e il cuore in gola.

Se Amir era capace di fargli provare quel genere di cose soltanto con una carezza, cosa diavolo avrebbe potuto provocargli toccandolo in modo diverso?

Quel pensiero lo atterriva e eccitava allo stesso tempo. Si sentiva ferito nell'orgoglio e incazzato, dilaniato in tutte quelle piccole parti che facevano a pugni dentro di lui.

_____________________________

 Manech e Andrea avevano deciso di uscire quella sera, erano arrivati alla conclusione che tutto quello che gli serviva era ubriacarsi e passare una serata spensierata, ma non era quello che stava succedendo.

Se ne stavano entrambi seduti al tavolo del pub, con le birre davanti e un'aria parecchio pensierosa, a tratti i silenzi venivano alternati da lunghi sospiri.

Fu Andrea a prendere la parola ad un tratto.

"Guardaci, cupi silenzi e languidi sospiri. Sembriamo l'incarnazione di un clichè adolescenziale" commentò, stanco.

"Abbiamo diciotto anni, Andrea, noi siamo un clichè adolescenziale" disse Manech "e sto per dire una frase che rafforzerà questa convinzione: Dio, quanto odio la mia vita"

L'altro scosse la testa e non potè che essere d'accordo con l'amico, da quanto si sentiva così? Da quanto aveva perso ogni smalto e ogni spinta vitale?

Oh certo, non basta essere stato deportato in questo posto di merda?

"Me lo dirai cosa ti preoccupa tanto?" domandò l'italiano nel tentativo di distrarsi dai suoi pensieri.

"E me lo chiedi pure?" rise Manech.

"Andiamo, so benissimo che Parigi ti ha praticamente sputato addosso da quando sei arrivato, ma da qualche tempo ho l'impressione che ci sia dell'altro. A cosa devo i tuoi cupi silenzi e languidi sospiri?

Manech si irrigidì, come sempre l'amico aveva colto nel segno, quel pensiero così tremendamente scomodo ma che non lasciava mai la sua testa.

Gaspard.

"Ricordi quanto ti ho detto che, ehm, avevo incontrato Gaspard al locale dove suonavo, che avevo cominciato a parlarci ... per la missione"

"Oh certo, la missione." rise Andrea, beffardo.

"Ti avevo detto che avevamo fatto sesso e che sarebbe finita lì"

"Fammi indovinare" commentò l'altro, sghignazzando.

"Prima è successo solo una volta, una roba istintiva ... non era programmato. Ed era chiaro che nessuno dei due avesse intenzione di andare oltre, cazzo, stiamo parlando della persona che mi ha rovinato la vita da quando ho messo piede in quel liceo di merda"

"Ma certe cose non si possono programmare"continuò Andrea.

"Già, ho cominciato a pensarci. Mi attira, capisci? Non so nemmeno cosa cazzo sia ad attrarmi così, ma volevo conoscerlo, volevo capire cosa ci fosse dietro il suo sguardo. Noi ... lo abbiamo fatto ancora, è successo, cazzo, sta ancora succedendo. Non riesco a smettere e non sono nemmeno sicuro che voglia che finisca, è solo un gran casino"

Andrea proruppe in una fragorosa risata, sotto lo sguardo arrabbiato di Manech che alla fine si coprì il volto con le mani.

"Manech, che ragazzaccio! Chi lo avrebbe mai detto!"

"Dio, piantala! Mi sento in un cazzo di vortice che mi risucchia l'anima. Voglio odiarlo, ma sono attratto da lui" ringhiò "lo ammetto, sono attratto da lui! Ed è tutto così caotico, perchè lui è un casino ambulante, lo vedo, lo percepisco!"

"Forse è quello che ti piace di lui, il fatto che sia un casino ...."

"Non lo so. Non so nemmeno cosa pensi lui di tutto questo, cosa siamo, capisci? Non pretendo certo di camminare mano nella mano con lui in quella scuola di merda, ma allo stesso tempo vorrei capire cosa sono per lui" il moro sospirò "quando mi guarda ho paura di chiedergli a cosa pensa. È come un muro e ho la sensazione che tutto potrebbe sparire da un momento all'altro, persino lui"

"Direi che questo è un bel problema" concordò Andrea.

"Come diavolo ho fatto a ficcarmi in una situazione come questa?" brontolò più a se stesso che all'amico, poi bevve una lunga sorsata di birra e puntò lo sguardo sull'altro " tu invece?"

"Io cosa?"

"Andiamo, Andrea, da quando sei arrivato qui non ti ho mai visto così giù di morale e considerando che questo non è nemmeno il momento peggio della nostra vita, vorrei sapere che succede"

Andrea sospirò, era arrivato davvero il momento di vuotare il sacco? Ma da dove poteva cominciare?

"Credimi Manech, la mia vita fa abbastanza schifo da giustificare questo umore da quando ho messo piede qui"

"Ma non lo hai fatto, anche se odiavi questo posto, quando sei arrivato non ti sei lasciato abbattere! Quindi cos'è cambiato?" insistette il moro.

"È cambiato il fatto che non ho più un cazzo di scopo! Non ho più niente! Guardami" commentò, abbattuto " perché sono qui? Cosa sto facendo? Mio padre mi ha messo su quel cazzo di aereo, facendomi perdere tutto quello che avevo, tutto quello che mi ero guadagnato e costringendomi a ripartire da zero in un posto che non mi vuole. Non so cosa diavolo fare della mia vita."

Andrea si sorprese ripensando a quanto ancora gli bruciasse quella scelta del padre, a quanto gli mancasse quello che si era lasciato indietro senza possibilità di replica.

"Quando sono arrivato qui avevo trovato un avversario, qualcuno da studiare e sfidare. Per quanto odi ammetterlo, Yves e il suo atteggiamento di merda mi avevano dato un motivo per restare. Un mistero da svelare, qualcosa che riempisse le mie giornate e la mia mente" spiegò "e adesso? Mi sono vendicato, alla fine ho anche compreso quella parte di lui che ho detestato, eppure non riesco a comprendere me stesso. Qual è il mio ruolo in questo posto?"

Andrea bevve una lunga sorsata di birra, tacque per qualche secondo mentre Manech continuava a guardarlo, in attesa che finisse quel discorso così sofferto.

"Mi sento senza uno scopo, Manech, sento che sto sprecando il mio tempo e non riesco a capire dove sto andando e cosa ne sarà di me. Sai, a volte mi ritrovo a invidiarti, sei così caparbio, hai dei sogni e una determinazione infinita. E io invece? Io non ho nulla e mi sento perso."

Manech restò in silenzio ancora per un momento, poi si sporse leggermente e fissò Andrea dritto negli occhi prima di rispondere alle parole dell'amico che lo avevano colpito profondamente.

"Andrea, hai detto che tuo padre ha cercato di gestire la tua vita, non eri il figlio che voleva, per cui ha provato a cambiarti. Persino spedierti qui è stato il suo modo di controllare quello che non gli piaceva di te, e tu hai provato a resistere. A Roma il tuo nemico era tuo padre, qui ti sei trovato un nuovo nemico e una nuova battaglia, ma se non fosse questo il punto?" quella domanda lasciò Andrea interdetto e Manech continuò "sei qui per scontare una sorta di punizione, ma questa è una tortura solo se tu scegli che lo sia, hai sprecato mesi ed energia a focalizzarti sulla distruzione di Yves. Lo abbiamo fatto entrambi, ma se adesso sfruttassi del tempo per Andrea? Puoi diventare tu stesso il tuo scopo, nessuno può dirti chi sei e cosa vuoi se non tu"

Andrea tacque, riflettè seriamente sulle parole di Manech, trovandole azzeccate, forse il moro aveva colto un punto che lui non voleva vedere, che gli faceva paura.

"A furia di frequentare bei tenebrosi stai diventando perfino profondo" disse alla fine, ridendo per nascondere quanto quelle parole lo avessero aiutato davvero.

"Oh, fanculo!" rise l'altro "ero serio!"

"Lo so"

I due si dedicarono un lungo sorriso, era ovvio che non fosse facile risolvere i drammi che stavano vivendo, né sarebbero riusciti a trovare una soluzione in una sera qualsiasi, toccava combattere.

Ma almeno possiamo farlo insieme.

___________________________

Manech si era sdraiato a letto, totalmente distrutto dalla quantità di birra e noccioline che aveva mangiato con Andrea quella sera.

Ad attirare la sua attenzione, poco prima di addormentarsi, fu il vibrare del suo telefono, lo prese dal comodino curioso di chi fosse quel messaggio a quell'ora della notte.

Gaspard, era il suo numero, Manech lo aveva imparato a memoria anche se non lo aveva salvato in rubrica per un motivo che sfuggiva persino a lui.

Fissò quella serie di cifre per qualche secondo prima di decidersi ad aprire e leggere.

'Suoni domani?'

Per un attimo nella mente di Manech si era formata l'immagine dello sguardo di Gaspard che attraversava la folla del piccolo locale, per posarsi su di lui.

Gli venne la pelle d'oca.

'Sì, solito orario'

'Verrò a vederti'

Perchè?

Era questo quello che Manech avrebbe voluto chiedere, ma come spesso accadeva, non lo fece, si sentiva uno sciocco ma per quanto quella situazione fosse precaria e senza sbocco, non voleva che fossero proprio le sue parole a rovinarla.

'Va bene, ti aspetterò'

E si mise a dormire.

ANGOLO AUTRICI:

Buon sabato e buon capitolo, speriamo che anche questa settimana siate soddisfatte dalla lettura. Ormai le cose si muovono e molti personaggi stanno tirando fuori le palle XD Amir è sempre più convinto di poter instaurare un legame con Yves, mentre il nostro Andrea è un pò perso. Qualcuno ha ancora il coraggio di commentare  Manech e Gaspard? XD come sempre aspettiamo i vostri pareri, alla prossima <3

BLACKSTEEL

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