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32. Inesorabile

Che non si può evitare o far cessare, a cui è impossibile sottrarsi.

Il cielo era terso e limpido su Parigi, una strana giornata calda e assolata nel bel mezzo di un ottobre che, fino a quel momento, era stato parecchio piovoso e turbolento. Yves si era svegliato tardi quella domenica, dopo un insolito sonno senza sogni durante il quale era riuscito veramente a riposare. Chiarire con Gaspard - ammesso che quell'accozzaglia di omissioni e mezze verità si potesse definire tale - sembrava avergli fatto bene alla fine, perché quel giorno si sentiva meglio.

Passò quello che restava della mattinata sui libri, a tentare di seguire i programmi che aveva tralasciato in quegli ultimi giorni, quando si sentiva troppo oppresso dal caos che era diventato la sua vita per poter pensare anche alla scuola.

Non sei comunque al sicuro, Yves. Non è cambiato proprio un cazzo in realtà ...

Sì, anche quello era vero. Eppure sentiva che Gaspard era con lui e che gli avrebbe guardato le spalle fino alla fine. E poteva contare anche sul sostegno di Victoria.

E su quello di Amir. Forse dovresti ricordartelo.

Era duro ammetterlo, ma Yves era consapevole che persino Amir aveva cercato in qualche modo di sostenerlo durante le ultime settimane disastrose. E il francese, in cambio, non aveva fatto altro che ignorarlo o, anche peggio, incolparlo per tutto quello che era successo. Era più facile credere che niente di quanto era accaduto dipendesse direttamente da lui, immaginare che fosse stata la disattenzione di Amir ad averlo condotto verso la sua rovina, ma le cose non stavano così.

Sei un tiranno. E' nella tua indole ... li hai derisi e sottomessi per troppo tempo. Hai agito senza pensare neanche una sola volta alle conseguenze delle tue azioni, troppo orgoglioso e sicuro di te per riconoscere la loro forza. E ora tu hai preso il loro posto. Da carnefice a vittima ... un ruolo a cui non ti abituerai mai.

Andrea. Rémy. Manech ... tre individui che singolarmente aveva fatto a pezzi più volte, ma che uniti rappresentavano la sua perfetta nemesi. E dopotutto, nonostante la rabbia e il disprezzo che provava per loro e per quello che gli avevano fatto, Yves si rese conto che poteva capirli.

Li hai fatti a pezzi ... e poi hanno reagito. Puro istinto di conservazione.

E di vendetta, ricordò a sé stesso. Ce l'avevano fatta, lui adesso era niente. Un ammasso di paure che andava avanti soltanto perché gli veniva imposto di farlo. Un burattino nelle mani di chi aveva sempre considerato inferiore a lui ...

Il destino sa essere ironico.

Ma non voleva pensarci, non quel giorno. Quella domenica l'avrebbe dedicata a chi gli era rimasto vicino nonostante le sue colpe. Era quello che era, un essere imperfetto che tentava di mostrarsi forte e infallibile perché era ciò che faceva da sempre, perché conosceva solo quel modo per andare avanti nella vita.

Fa del male prima che ti venga fatto. Nasconditi prima di essere scoperto. Fingi di essere chi vorresti essere davvero. Ingannali prima che possano ingannare te.

________________________

Victoria aveva raggiunto il Café Beaubourg poco dopo pranzo. Aveva preso posto al solito tavolo esterno che dava sul lussuoso triangolo d'oro, la meta preferita di chi amava passeggiare nello sfarzo, circondato dai più famosi marchi francesi.

Era stata la prima ad arrivare e ora si accingeva ad accendere una sigaretta. Rimase a fissare la gente per un po', perdendosi nei suoi pensieri come le capitava sempre più spesso.

La conversazione con Gaspard della sera prima era stata una doccia fredda per lei. Si era messa in moto in fretta, entro un paio di ore aveva già contattato circa metà dei clienti e spesso era stata costretta a combattere contro la loro insistenza.

Aveva ripetuto quello che aveva stabilito con Gaspard più e più volte e, alla fine, anche i più testardi avevano recepito il messaggio.

Ma cosa ne sarà di Yves adesso?

La bionda chiuse gli occhi per un istante, mentre le poche parole di Gaspard le ritornavano in mente. Aveva parlato di foto rubate e di Andrea. Di minacce e di un enorme pericolo che incombeva sui loro affari. Yves alla fine si era confidato con qualcuno ... però aveva scelto Gaspard e non lei. Quel pensiero le faceva male.

"Ehi, sei già arrivata"

Yves si era seduto accanto a lei silenziosamente, facendola riscuotere dai suoi pensieri. Si ritrovò a fissarlo alla luce naturale del sole dopo molto tempo e lo trovò più magro e pallido. L'aria tetra e abbattuta non aveva intaccato la sua bellezza però. Non le era mai sembrato tanto bello e lontano come in quel momento.

"Ordiniamo. Gaspard sta arrivando ..." continuò il moro, fin troppo consapevole della strana atmosfera che aleggiava intorno all'amica. In fondo aveva senso che Victoria ce l'avesse con lui, pensò. La minaccia di Andrea riguardava tutti loro e Yves era stato talmente assorbito da sé stesso da averci messo due settimane per confidarsi con qualcuno. Li aveva messi nei guai e forse adesso era troppo tardi per arginare il problema.

"Sono felice che tu sia qui con noi. Ci eri mancato" disse invece Victoria e bastarono quelle poche parole per sorprendere l'altro.

"Siete strani, voi due. Dovreste avercela con me ... è tutta colpa mia" le fece notare Yves.

"Si chiama amicizia incondizionata. Devo spiegarti come funziona?" la bionda tentò di sorridere, ma dentro di sé si sentiva a pezzi. Non era il momento di lasciarsi prendere da una delle sue crisi, né di rinfacciare ad Yves quanto fosse stato sleale da parte sua confidare l'accaduto a Gaspard mentre lei non c'era.

Da anni aveva ormai accettato che tra lei e Yves non poteva esserci niente di più di una profonda amicizia, ma quell'ultimo gesto l'aveva fatta sentire meno di niente, privandola perfino di quello status che credeva di aver raggiunto nell'ultimo anno di lavoro a stretto contatto con lui.

Che cosa sono per te, Yves?

Forse non lo avrebbe mai capito, di certo Gaspard sembrava avere un ascendente maggiore sul loro amico. Le sue elucubrazioni vennero interrotte dall'arrivo del biondo, seguito subito dopo dal cameriere con le ordinazioni.

Gaspard aveva preso posto accanto a Yves e li aveva salutati brevemente, poi si era rivolto a Victoria.

"Hai chiamato tutti? Io ho finito con i miei"

La bionda annuì "Alcuni hanno fatto parecchie domande, ho passato la serata a rassicurarli. Credevano che avessimo avuto dei problemi di sicurezza ..."

"E direi che non si sono sbagliati" commentò Yves con un tono amaro come il caffè che stava mandando giù nervosamente, poi continuò "quel figlio di puttana ha le loro foto. Se le pubblica noi finiamo in carcere ...o peggio. Quelli sono pezzi grossi e non hanno idea del materiale in nostro possesso. Chi diavolo sa come potrebbero reagire"

"Andrea non è così folle da fare una cosa del genere... insomma, cosa ne ricaverebbe? Poi non avrebbe più nessuna leva su di te, scusami per la franchezza, ma credo che per lui sia più importante controllare te. E' una questione personale." Aggiunse poi Victoria, rivolta al moro.

Le cose non stavano proprio così, Yves lanciò un'occhiata in tralice a Gaspard. Era chiaro che l'amico avesse omesso qualcosina alla bionda, come la presenza di alcune foto private che lo riguardavano personalmente. Ringraziò mentalmente Gaspard per aver mantenuto quel genere di riserbo.

"Non lo farà, ma non potevamo rischiare di farci beccare in flagrante. Per ora fermeremo il giro, almeno fin quando non si calmeranno le acque. Ha già abbastanza roba tra le mani, vediamo di non dargliene altra. Si metterebbe molto peggio se scoprisse del giro di prostituzione a scuola."

I tre rabbrividirono quasi simultaneamente di fronte a quella possibilità.

"E se fermiamo tutto non succederà" riprese Gaspard, nel tentativo estremo di dare un po' di speranza agli altri due, poi si rivolse di nuovo a Victoria, "a proposito, hai parlato con le ragazze?"

Victoria sospirò piano "sì ... ma francamente credo che qualcuna continuerà comunque. Hanno i numeri di alcuni nostri clienti, li avranno scambiati durante i party ... le contatteranno."

"Non è un problema che ci riguarda questo. Se decidono di andarci è un accordo privato tra ragazza e cliente ... noi non le gestiamo più e se dovesse accadere qualcosa non saremo lì ad aiutarle. Metti bene in chiaro questo punto. Forse le frenerà." Yves era cupo e affranto quando si mise in piedi.

"Vai già via? Credevo che non ti piacesse tornare a casa ..." commentò la bionda, sorpresa.

Yves inforcò gli occhiali, "devo fare un giro. Non vedo la luce del sole da troppo tempo, mi conviene approfittarne."

Ma non era la luce del sole quella che cercava. Gli fu chiaro quando i suoi piedi lo condussero giù lungo Montmartre e quel percorso che conosceva bene come le sue tasche. Erano le quattro del pomeriggio e lui non era neanche certo che Amir fosse già arrivato al locale.

Yves si bloccò a pochi metri dalla viuzza che lo avrebbe condotto all'Heros quando realizzò che non aveva idea di cosa avrebbe potuto dirgli per attenuare l'astio del loro ultimo incontro. E poi era davvero necessario farlo? Perché si era trascinato fino a lì con la mezza intenzione di chiarire? Amir non era un suo amico e, alla luce dei nuovi fatti, non era più neanche un suo socio.

Al diavolo. Non dovrei essere qui. Non gli devo niente.

"Ehi ... ciao."

Yves si voltò prontamente verso la voce alle sue spalle e subito notò il volto conosciuto di uno dei ragazzi che lavorava nei locali di Amir. Era il biondo che aveva incontrato poche settimane prima, quando aveva chiesto all'arabo di concedergli quella stanza per l'ultima volta in assoluto.

Non lo avessi mai fatto, dannazione.

Il moro studiò meglio il ragazzo che aveva davanti e dopo qualche istante ricordò di averlo visto anche in una sede diversa. Era nella foto con Gaspard, quella finita nelle fottute mani di Andrea.

Yves provò un moto di disprezzo e imbarazzo che si divise equamente tra sé stesso e il cugino.

"Se stai cercando Amir sappi che non è ancora arrivato, ma se vuoi posso chiamarlo e avvisare che sei qui." Si costrinse a continuare Jean, piuttosto confuso dal silenzio prolungato dell'altro.

"N-no. Io ... non è importante. Sto andando via." Yves parlò frettolosamente, mentre sentiva lo sguardo penetrante di Jean posarsi su di lui.

"Sei un amico di Gaspard ... mi chiedo come stia. Non ci sentiamo da un po'." Rispose in fretta il cameriere e Yves poté percepire il tentennamento nella sua voce. Era chiaro che quella domanda, all'apparenza semplice, gli fosse costata molto cara.

Dio, in che cazzo di guaio sono finito?

Yves chiamò a sé tutta la pazienza che possedeva, non voleva commettere gli stessi errori che aveva già commesso con Andrea, Manech, Rémy e una miriade di altra gente incontrata nel corso degli ultimi anni.

Questo tipo non ti ha fatto un cazzo. Cerca di comportarti decentemente.

"Sta bene, ma abbiamo avuto un periodo abbastanza stressante" Yves concluse con un sorrisetto piuttosto cupo.

"Capisco. Digli che io ci sono sempre se ha bisogno."

"Sì, sarà fatto" gli assicurò il moro, sempre più confuso dalla sua presenza lì. Forse quel tipo poteva servirgli però, forse anche lui poteva usarlo come tramite, esattamente come Jean aveva fatto poco prima.

"Dii ad Amir che non è colpa sua. Lui capirà." Yves parlò in fretta e dopo pochi istanti era già lontano dal locale. Si incamminò verso Montmartre, infilandosi tra la folla di gente che accalcava l'entrata di pub e café, poi puntò lo sguardo su un gruppetto di passeggeri in attesa alla fermata degli autobus e il suo cuore mancò un battito.

La nausea lo pervase immediatamente, mentre due suore gli camminavano vicino, strette nelle loro tonache scure, con i copricapi neri che svolazzavano nel vento. Si fermò dov'era, tremante e gelido.

Paralizzato.

Controllati. Non è lei. Controllati subito.

Non riusciva a farlo. Sentiva la bile risalire lungo l'esofago e il ricordo di quegli occhi folli di rabbia ed eccitazione che gli si posavano addosso come spilli di fuoco.

Yves crollò sulla prima panchina che riuscì a raggiungere, dilaniato dall'orrore e dalla paura.

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Yves aveva perso la cognizione del tempo, aveva visto il sole tramontare oltre gli edifici parigini, ma non era riuscito a muoversi senza rischiare di crollare dopo pochi passi. Alla fine era rientrato a casa ben oltre l'orario di cena. Aveva ignorato i commenti di Lydia e si era diretto di corsa nella sua stanza.

Ad attenderlo c'era Andrea. Quello se ne stava sdraiato sul suo letto, apparentemente a suo agio.

"Hai saltato il nostro appuntamento, cugino. Credi che io non faccia sul serio? Credi di essere nella posizione adatta per farmi incazzare?"

Yves non rispose, non riusciva a parlare. Voleva solo chiudersi in bagno e lavarsi di dosso quel senso di gelo che sentiva dentro le ossa.

"Sto parlando con te!"

Poi Andrea era scattato in avanti, frapponendosi tra il francese e la porta. Lo vide scuotere la testa "c'è il nostro amico nella mia stanza e ti sta aspettando. Non è gentile far aspettare gli ospiti ... credevo ti avessero insegnato le buone maniere. Ma forse eri troppo impegnato con il tuo amichetto. A proposito, cos'è venuto a fare qui ieri? "

"Lasciami in pace." Yves lo aveva spinto via, incapace di controllarsi. Era stanco e stremato, si sentiva sul punto di impazzire. Gestire anche Andrea era impensabile.

Gli occhi dell'italiano saettarono di pura rabbia quando si ritrovò a sbattere contro il muro.

"Forse hai dimenticato quello che stai rischiando, Yves. Forse il tuo amichetto vuole farti credere che c'è una via di uscita, ma credimi ... non c'è. Scommetto che è venuto qui per consolarti, per leccarti le ferite ..." poi stirò le labbra in un sorrisino malizioso "sono certo che ti faresti leccare qualsiasi cosa da lui. Vero, Yves? Glielo hai già detto che sei frocio fin dentro il midollo? Sa che passi il tuo tempo a masturbarti sulle sue foto? Ha già capito quanto tu sia triste e patetico?"

Yves perse il controllo. Sentì il suo corpo agire prima che la sua mente fosse stata in grado di controllarlo e si trovò su Andrea, con le mani strette contro il suo collo in una morsa spaventosa. L'aveva scaraventato a terra, tenuto giù con il suo corpo e non riusciva a smettere di premere contro la carne morbida del suo collo.

"Ti ammazzo."

Poi arrivò l'orrore e la realizzazione. Yves lasciò la presa e retrocedette carponi verso l'angolo più lontano della stanza. L'italiano tossì forte, era cianotico e con gli occhi strabuzzati. Forse un minuto in più e sarebbe svenuto.

Passò del tempo, Andrea tossiva e ansimava, sotto lo sguardo raggelato di Yves che non osava muoversi o anche solo fiatare. Che cosa diavolo aveva fatto?

E poi lo vide mettersi in piedi a fatica, era sconvolto e tremante quasi quanto il francese, preso alla sprovvista di fronte alla reazione inaspettatamente violenta del cugino.

Non c'era l'ombra del solito sorriso provocatorio sulle sue labbra.

"Questo non dovevi farlo. Questo non dovevi proprio farlo." Disse a fatica, ma con un tono talmente spaventoso che sembrava provenire dall'inferno.

Poi andò via e lasciò Yves in preda allo sgomento.

______________________

Calcare il suolo della scuola era come mettere piede in un incubo infinito. Yves aveva trascorso l'ennesima notte insonne, roso fin dentro al midollo dal pensiero di quello che l'avrebbe atteso il mattino dopo. Le possibilità erano svariate ma tutte ugualmente orribili. Aveva compiuto l'unico gesto che si era imposto di non fare: perdere la calma con Andrea fino a esplodere in quel raptus violento che l'altro gli avrebbe fatto pagare senza alcun dubbio.

E ora? Sarebbe servito a qualcosa andarlo a pregare? Yves pensò che sarebbe stato pronto persino a prostrarsi ai suoi piedi se quell'atto di umiliazione fosse servito a qualcosa.

No, hai oltrepassato il limite. Vederti strisciare non gli basterà più. L'hai visto nel suo sguardo.

E poi c'era Gaspard che gli si era affiancato vicino, e vederlo lo fece stare peggio. Doveva parlargli, avvisarlo di quello che sarebbe potuto accadere a momenti, ma non aveva il coraggio di formulare quel pensiero in parole. Troppo orrore.

"Stai bene?"

Come sempre il biondo aveva letto il suo malessere ancora prima che quello potesse tentare di fingere diversamente.

"Bene? Non credo di poter stare bene. Vado a prendere posto." Si costrinse a dire, mentre ogni passo si faceva pesante.

Yves scandagliava lo sguardo di chiunque gli passava accanto per cercare di captare qualsiasi atteggiamento insolito.

Dio, ti prego ... fa che non tocchi a me. Fa che quelle foto non siano ovunque.

Aveva il cuore in gola quando si decise a varcare quella soglia che adesso, nella sua mente, era spaventosa e cupa come l'entrata degli Inferi. E si guardò intorno di nuovo, sicuro che sarebbero arrivate le risate di scherno e poi le battute ... o peggio, quelle occhiate che lui stesso aveva riservato a così tanta gente che solo il pensiero lo faceva morire dentro.

Ilarità. Scherno. Gioia malvagia.

Ma Yves capì che non era ancora successo niente.

Ancora, dici bene.

Gaspard lo guardò accelerare il passo e infilarsi nell'aula di artistica senza guardarsi alla spalle. Inspirò mentre deviava il suo percorso e si infilava nel bagno. Poggiò le mani sul lavandino, poi aprì il rubinetto e si sciacquò il viso un paio di volte, inspirando.

Devi trovare una soluzione, lui non reggerà per sempre e neanche tu.

Prima che potesse contemplare ancora la sua condizione, Gaspard percepì un rumore e voltandosi vide Manech uscire da uno dei cubicoli del bagno.

I due rimasero paralizzati per qualche momento, osservandosi, poi Manech avanzò, andando al lavello e sciacquandosi le mani.

"Dopo la scuola devi venire al parco qui accanto, dove c'è il gazebo" disse alla fine con tono neutro.

"Perché?" rispose l'altro con lo stesso tono.

"Andrea vuole vederti."

Gaspard sorrise, anche se in realtà era una smorfia di stizza " è questo che sei? Il suo galoppino?"

Manech lo fulminò con lo sguardo " Ma davvero? Io sarei un galoppino? Non è che forse ti rode perché tu e il tuo compare non siete più i pesci grossi dell'acquario?"

"Credi che qualche minaccia renda voi i pesci grossi? Credi che umiliare un ragazzo e spaventarlo a morte vi trasformi in degli eroi?"

"Mi stai criticando, cazzo" sbottò Manech compiendo qualche passo e piazzandosi davanti a Gaspard, a pochi centimetri dal suo viso "dopo tutto quello che mi avete fatto, osi persino biasimare me per come ho reagito? Ho aiutato Andrea a trascinare quello stronzo nella melma e lo rifarei! Così finalmente potrete avere un assaggio di cosa significa stare dall'altra parte!" ringhiò "te lo ha detto, vero? Quello che Andrea ha su di lui, le foto di Yves rinchiuso in una camera a farselo succhiare!"

Gaspard strinse i pugni ma si sforzò di stare calmo mentre Manech gli vomitava addosso più di quanto avrebbe voluto sapere.

"Disprezza e umilia chi si accetta per ciò che è, anche se ha dovuto compiere una battaglia faticosa per farlo, mentre lui si rifugia in quei locali e paga delle puttane. Avete messo in piedi un giro di prostituzione e degrado in cui lui potesse sentirsi migliore di tutto e tutti, quando invece è solo un vigliacco del cazzo" sbottò " e tu che sei rimasto lì a difenderlo nonostante tutto ... non so che cazzo di persona sei"

"Non spetta a te giudicarmi"

"Per un momento ho creduto che tu fossi migliore di questo, che nonostante fossi suo amico, c'era un limite a quello che poteva andarti bene. Ma forse ti ho sopravvalutato come persona"

"Anche io ti ho sopravvalutato, sembrerebbe" replicò Gaspard con tono di sfida.

Manech strinse i pugni " vieni all'appuntamento, stronzo"

Poi lasciò il bagno sbattendo la porta.

_______________________

Gaspard sapeva che a quell'incontro doveva mantenere la calma più del solito, c'era un solo motivo per cui uno come Andrea poteva volergli parlare.

Proverà a metterti contro di lui, ci sarà altro che Yves ti sta tacendo.

Ma quando il biondo arrivò sul luogo dell'incontro dovette fare i conti con il fatto che anche Yves fosse lì e che tutto poteva prendere una piega potenzialmente disastrosa.

"Ma eccoci qua" la voce squillante e compiaciuta di Andrea si levò attirando l'attenzione di tutti. Venne fuori da una zona in ombra, un'entrata scenica che aveva studiato ad arte proprio per colpirli," che bel momento! Quanta bella gente!"

Gaspard portò gli occhi su di lui e poi su Manech che gli stava accanto, Yves sembrava una statua, tanto era immobile e rigido. Non avrebbe trovato la forza di parlare.

"Non ho tutto il giorno" disse sbrigativo "che vuoi?"

Il sorriso di Andrea si fece più largo "tranquillo, faremo presto. Sai, ho come l'impressione che nonostante io vi tenga per le palle, il mio caro cugino abbia ancora voglia di fare lo sbruffone. Dunque ho reputato opportuno darvi una piccola dimostrazione di quello che posso fare", poi si interruppe, chiaramente soddisfatto dall'effetto che quelle parole stavano avendo sugli altri due.

"Ho portato qui una piccola anteprima, per far capire che faccio sul serio" rise " lo chiameremo reperto G"

Yves si era mosso di scatto, sembrò sul punto di aggredire Andrea, ma l'italiano alzò la voce e lo incenerì con lo sguardo "io non lo farei se fossi in te. Credimi quando ti dico che ti sta anche andando bene dopo quello che hai avuto il coraggio di fare ieri. Ora fa il bravo e lasciami parlare con il tuo amichetto, altrimenti potrei trovarmi costretto a tornare a scuola e illuminare i nostri cari compagni sulla tua natura. E tu non lo vuoi, vero?"

Il moro tremò, sembrava sul punto di vomitare. C'era un orribile rassegnazione sul suo viso quando retrocedette a fatica verso Gaspard.

"Bravo, forse stai imparando sul serio" commentò Andrea con voce carezzevole, poi puntò lo sguardo su Gaspard, beffardo, "sai, sono certo che apprezzerai un po' di sincerità. Ho notato che il vostro rapporto ne è un po' carente. E poi il caro Yves deve imparare che a ogni azione corrisponde una conseguenza commisurata alla gravità. E' finito il tempo in cui nessuno di voi pagava i propri debiti" precisò e tirò fuori una busta chiusa dal suo zaino.

Poi la porse a Gaspard ma quello restò immobile.

"Aprila"

Il biondo non si mosse "non mi importa delle tue stronzate"

"Ti do una mano io allora" rispose l'italiano. Con un gesto calmo e studiato, aprì la busta e tirò fuori due fotografie che mostrò al biondo, tenendole in bella vista davanti ai suoi occhi.

Yves si era coperto il volto con le mani mentre Gaspard fissava quelle immagini con sguardo freddo, ritraevano lui e Jean a letto insieme, ricordava bene quella sera.

"E allora? So com'è fatto il mio culo" replicò il biondo " vuoi che ti spieghi che posizione è quella?"

Andrea rise, lanciando delle occhiate in direzione di Yves che si rifiutava di sollevare il volto verso i ragazzi "tu sì che sei divertente Gaspard, forse è per questo che il mio caro cuginetto ti ha così tanto in simpatia" continuò, studiando bene l'espressione disgustata sul volto di Yves.

"Sai dove ho preso queste foto? E' la parte più interessante" ci fu ancora una piccola pausa " mio cugino le custodiva gelosamente nella sua cassaforte. Strano, no? Forse è arrivato il momento di fare una chiacchierata a cuore aperto."

Quelle parole rimasero ad aleggiare nell'aria, ci furono diversi scambi di sguardi ma Gaspard non si mostrò sconvolto o turbato.

"Non sei lusingato che Yves si faccia le seghe su di te? Io lo sarei!" rise.

"G-gaspard non è così ... i-io non ho mai fatto ..." Yves non riuscì a completare la frase. Era bianco come un cencio e tremante.

"Hai imparato la lezione, adesso?" gli chiese Andrea " ho una lunga serie di reperti da mostrare al mondo se non farai il bravo. Siamo intesi?"

"Sei contento tu?" chiese improvvisamente Gaspard voltandosi verso Manech, quello sobbalzò "a me sembra che per essere il paladino degli oppressi tu ti stia pericolosamente spostando dalla parte del carnefice"

Lo stomaco del ragazzo si torse, fissava Yves con gli occhi sgranati e il fiato corto, la vita privata di Gaspard era stata usata come un'arma e sbandierata senza un minimo di considerazione e non riuscì a non pensare che aveva ragione.

Non lasciare che ti freni, loro farebbero di peggio.

Diceva una parte di sé.

Sì, ma non io. Io non sono così.

"Diamoci un taglio, Andrea" disse alla fine attirando l'attenzione dell'amico "ha capito il concetto, andiamo"

L'italiano lanciò un'occhiata a Manech per un momento, poi sorrise e conservò la foto nello zaino.

"Come vuoi tu. D'altronde, credo che questo sia solo l'inizio di un fantastico idillio. Ci si vede in giro, belli!"

Andrea procedette per primo mentre Gaspard e Manech si lanciavano un'ultima occhiata e questa volta il moro non riuscì a sostenere quel viso marmoreo. Forse Gaspard aveva più ragione di quanta Manech fosse disposto ad accettare, forse esisteva una linea tremendamente sottile fra restituire un torto e torturare qualcuno e loro la stavano superando.

Lui non avrebbe pietà per te, però.

Quel conflitto era ancora troppo forte, mentre Manech si allontanava a grandi passi dai due compagni.

Gaspard rimase immobile, invece, ed in silenzio, Yves era ancora lì, rigido e pallido come un cadavere animato per magia. Fissava un punto davanti ai suoi piedi, con gli occhi lucidi e l'espressione di chi era sul punto di vomitare.

"Non mi importa di quelle foto, Yves. Non cambia niente ... sul serio" disse alla fine Gaspard nel tentativo di farlo tornare nel mondo reale e rassicurarlo davanti al peggio.

"Perchè no? E' solo l'ennesima prova di quello che ho fatto! Persino la tua cazzo di vita è diventata il loro parco giochi, perché io ... io non sono stato in grado di..."

"Yves ..."

"Non è come ha detto lui" disse a denti stretti " quelle foto ...non è come ha detto lui. Te lo giuro."

"Non ha nessuna importanza quello che dice Andrea per me" replicò in tono serio e, per la prima volta da quando si erano radunati in quel parco, Yves sollevò lo sguardo "ci siamo salvati Yves, in qualche modo, ci siamo salvati da qualcosa di molto peggiore di quello che potevamo essere e lui non ci toglierà questo"

"Sta distruggendo tutto ..."

"Tutto ma non noi, è l'unica cosa che voglio da te. Che tu non ti faccia fare a pezzi, non mi importa di cosa farà delle mie foto" disse secco.

"Quel ragazzo ..." mormorò poi " lavora per Amir ... mi ricordo di lui all'Heros"

Gaspard restò in attesa, capendo che l'amico voleva aggiungere dell'altro.

"Lo hai sempre visto di nascosto, lui o chiunque altro ..." sussurrò in tono sempre più flebile "per me ... so che lo hai fatto per me, mi dispiace di aver condizionato così la tua vita mentre tu ora sei qui e stai cercando di tirarmi fuori da tutto questo ..."

"Va bene così, Yves, vai bene così"

E poi per la prima volta da quando si conoscevano, Yves gli andò incontro e lo abbracciò stretto, stupendo persino sé stesso per quel gesto di cui non si credeva capace. Lo tenne stretto per paura di finire di nuovo in balìa di quel mare in tempesta, dove solo Gaspard sembrava capace di poterlo tenere a galla.

"Andrà tutto bene ... solo che devi tenere duro. Non devi cedere alle sue provocazioni" il biondo gli strinse le spalle saldamente, mentre Yves si costringeva ad annuire, affondando il viso nel suo petto.

Annientato.

Debole.

Terrorizzato.

ANGOLO AUTRICI:

E dal disagio per questa settimana è tutto XD Come sempre facciamo un minuto di silenzio per la sanità mentale di Yves sempre più in fase di estinzione. Almeno tutto questo stress lo sta aiutando ad aprirsi in qualche modo. Forse sta scoprendo di più sulle persone che lo circondano e sta finalmente capendo che può esserci della lealtà e dell'amicizia al di sopra di tutto. Come sempre vi ringraziamo per aver letto e speriamo di sentire numerose i vostri commenti. Alla prossima

BLACKSTEEL

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