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3. Ostile

In foto: Gaspard Girard




Persona che nutre e manifesta sentimenti o assume atteggiamenti di malevolenza, di avversione.

Andrea si svegliò particolarmente di buon umore quel giorno. Non era mai stato un tipo mattiniero, ma dopotutto pensò che valesse la pena iniziare a mettersi in movimento da subito. L’atteggiamento ostile del suo caro cugino lo aveva rianimato, gli aveva fornito un motivo più che dignitoso per affrontare quella giornata con una carica che non sentiva dentro da tempo. Così si vestì in fretta e scese le imponenti scale bianche che lo condussero direttamente nella sala da pranzo, dove l’intera famiglia Clairmont era già riunita. Gli occhi scuri del cugino mandarono un bagliore appena percettibile quando lo notò avanzare verso di loro, sempre con quel sorriso beffardo sulle labbra.

“ Andrea! Vieni, siedi qui. Avevo detto alla governante di non svegliarti, credevo fossi stanco dal viaggio.” la zia Lydia allungò una mano verso il nipote che la prese e la baciò.

“ Com’è che si dice? La mattina ha l’oro in bocca.” rispose il nipote, senza lasciar morire il suo sorriso stiracchiato, poi si rivolse alla sua destra, dove Yves sedeva e finiva di bere il suo caffè in silenzio. “Buongiorno, cugino. Dormito bene?”

“ Alla grande, come sempre. Cosa posso offrirti?” quella scenetta di finta cortesia andò avanti per qualche minuto, poi l’attenzione dei tre venne attirata da Jacques Clairmont, il capostipite della famiglia. 

L’uomo era di media altezza e abbastanza corpulento, con capelli lisci che tendevano al biondo e una folta barba rossa, ben curata. Andrea capì che Yves doveva averne preso dalla madre, almeno dal punta di vista fisico, perché tra i due uomini non c’erano delle somiglianze evidenti. Anche i modi del padre erano completamente diversi, si ritrovò subito a chiacchierare del più e del meno con lui, sotto le occhiate pressanti del figlio che non perdeva una parola.

“ Allora, io e tua zia ci stiamo informando su un paio di scuole che potresti frequentare. Il tuo francese è ottimo, non credo avrai delle grosse difficoltà da questo punto di vista.” poi l’uomo aveva tirato fuori qualche brochure e aveva iniziato a decantare le doti di una scuola vicina.

“ Il Renoir non è per niente male, sembra che ci sia una scolaresca multietnica,” si intromise Yves dopo qualche momento, il suo tono si era fatto amichevole, ben lontano da quello minaccioso che aveva usato con Andrea, giusto la sera prima. L’italiano rise tra sé e sé, pensò che quella recita aveva sempre funzionato con Jacques e Lydia, peccato che lui non fosse così propenso a farsi incantare.

L’italiano finse di pensarci per un attimo, poi lasciò perdere le brochure e sollevò lo sguardo su Jacques “ Sa, signor Clairmont … queste opzioni sono una più allettante dell’altra, ma in realtà preferirei frequentare la stessa scuola di Yves, se non è un problema. Almeno avrei una compagnia, no?”

Poi aveva lanciato un’occhiata al cugino, godendosi lo sgomento che aveva preso possesso del suo volto per un lungo istante, salvo poi sparire dietro la solita maschera di finta cortesia.

“ Le lezioni sono complesse, è la scuola migliore di Parigi e …” iniziò Yves in fretta.

“ Non è un problema, mi piacciono le sfide.” lo interruppe subito il cugino, sotto lo sguardo fulminante dell’altro. Continuò “sempre se è possibile, signor Clairmont.”

L’uomo annuì “ Beh, certamente. Il direttore della Saint-Anthèlme è un caro amico di famiglia, sono certo che non ci saranno problemi. Anzi, lo chiamo subito, credo che vorrà conoscerti, potresti andare a scuola con Yves oggi e iniziare a prendere confidenza con l’ambiente. Noi ci occuperemo dei documenti.”

Era fatta. Andrea si godette l’effetto che quelle parole avevano avuto sul cugino, lo vide stringere le dita bianche intorno al tavolo, mentre si sollevava in fretta dalla sedia e, con un gesto nervoso, iniziava a rassettare la divisa. Andrea lo seguì di corsa, fece uno strano inchino alla governante, poi lasciò la stanza insieme al cugino.

Non appena furono oltre il portone della villa, Yves gli fu addosso, lo prese per il bavero della felpa e lo spinse al muro con un gesto secco, che lo fece sbattere contro le pietre. Andrea rise ancora, più forte.

“ Che cazzo credi di fare? Cosa non ti è chiaro del mio discorsetto di ieri?” il francese gli parlò a pochi centimetri dal viso, i suoi occhi neri come la pece erano in fiamme.

“ Che ti aspettavi, cuginetto? Che mi lasciassi minacciare da te senza prendere le giuste misure di contenimento? Noi italiani siamo focosi, dovresti saperlo bene.” rispose l’altro, perfettamente calmo in quella presa.

“ Chi gioca col fuoco finisce per bruciarsi. E io mi assicurerò che tu finisca dritto all’inferno.” lo avvertì Yves con un ultimo sussurro carico di ira.

“ Allora sarò in buona compagnia. E adesso levati di dosso, a meno che tu non voglia darmi un bacetto”

Quelle parole mandarono Yves in tilt. Fece un balzo indietro e immediatamente si diede dell’idiota per aver ceduto in quel modo. Non c’era nessuno in strada, ma farsi beccare a minacciare suo cugino non rientrava nei suoi piani. Per quanto quel bastardo lo provocasse, lui doveva mantenere il controllo ad ogni costo. 

“Vedi di starmi lontano.”

“ Sì, sì,” disse l’altro, sempre ghignando, “guarda, c’è il nostro autista che ci aspetta. Com’è questa scuola per fighetti che tanto decantate? Sono tutti come te o qualcuno ha ancora voglia di divertirsi?”

Yves lo ignorò, decise che da quel momento in poi avrebbe seguito quella linea, almeno fin quando non avesse capito come affrontare quel nuovo problema. Salì in auto e partirono verso la scuola. Andrea era seduto accanto a lui, teneva le gambe aperte, tanto che Yves dovette rintanarsi nell’angolo dell’auto per evitare qualsiasi contatto. Inforcò i suoi occhiali neri Marc Jacobs e lanciò un’occhiata di sbieco a quel capolavoro che aveva accanto. Jeans strappati sulle ginocchia, una felpa degna di uno di quegli spacciatori che si trovano agli angoli dei quartieri malfamati e l’aria di uno che aveva appena trovato un senso alla sua vita. 

Yves pensò che adesso se lo sarebbe ritrovato tra i piedi sia a casa che a scuola, due occhi scuri e perennemente puntati su lui e, soprattutto, sui suoi affari. 

Era ovvio che quel problema non poteva più essere minimizzato.

“ La lascio al Café, signor Yves?”

“ No, andiamo direttamente a scuola.” disse secco il ragazzo.

“ Ma come … ed io che non vedevo l’ora di conoscere i tuoi amici!” Andrea gli lanciò un’altra occhiata beffarda, prima di tirare fuori cartine e tabacco e iniziare a rollarsi una sigaretta.

“ Se pensi che durerai alla Saint-Anthèlme ti sbagli. Farò in modo che la tua vacanza sia breve, quanto disastrosa. Se hai disfatto quello zaino da pezzente hai fatto male. Credimi.”

Yves aveva sussurrato quelle parole in modo tale che nessuno, all’infuori di Andrea, avesse potuto sentirlo. Poi l’auto arrivò a destinazione e il francese andò via prima che l’altro avesse potuto seguirlo.

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Victoria e Gaspard avevano lasciato il Beaubourg poco prima che suonasse la campanella di inizio lezione. Era raro che Yves saltasse quell’appuntamento senza neanche avvertire.

“ Questa storia non mi piace.” si lasciò sfuggire la ragazza, quando entrambi furono entrati nel cortile della scuola.

“ Vado subito a indagare.”

Gaspard andò via, mentre la bionda poggiava la sua borsa costosa su una delle panchine di pietra lì accanto e tirava fuori un piccolo specchio e il rossetto appena acquistato.
Rouge d’Enfer.
Rosso inferno, si chiamava. E in effetti si sentiva alla pari di una divinità infernale, bella e terribile, in quel momento. Lo spalmò con attenzione sulle labbra delicate e dalla forma arcuata, poi controllò l’ombretto grigio che metteva in risalto l’azzurro dei suoi occhi, abbelliti ulteriormente da un filo leggero di kajal e rimmel, solo allora si sentì soddisfatta.

“ Wow, quella è la nuova borsa Fendi peekaboo?”

Victoria posò tutto in borsa con un sorrisino ammaliante sulle labbra. Poi si rivolse alla ragazza che le aveva rivolto la parola.

“ Già. Vuoi provarla? Senti la pelle.”

Arianne Flauber era eccitata come una bambina alla vigilia di Natale. Prese la borsa con mani quasi tremanti, poi se la portò alla spalla e rimase a fissarla con gli occhi a cuoricino.

“ D-dio, è bellissima. Ma costa così tanto … sei mila euro … è veramente ...”

“ Troppo?”concluse la bionda per lei, “beh, dipende da quanto sei disposta a spendere, suppongo. Anche se ormai il mondo del guadagno è cambiato … tempi nuovi, ricchi di possibilità. Sai, io l’ho presa senza dover chiedere un centesimo ai miei genitori.”
Poi aveva sorriso, mostrando i denti bianchi e regolari. Arianne era rimasta come abbagliata, succedeva spesso quando l’altra interlocutrice era Victoria de Winter, la ragazza più popolare e affascinante della scuola.
“ I-io … ho sentito dire ad alcune mie compagne di corso che tu hai delle conoscenze. Insomma, adesso se ne vanno in giro con delle Louboutin ultimo modello …” la più piccola si interruppe, incapace di continuare.

“ E immagino che le vorresti anche tu. Che male c’è nel desiderare qualcosa? Te lo dico io: nessuno.” Victoria passò un braccio intorno alle spalle dell’altra e iniziarono a camminare insieme, “e né dovremmo vergognarci, dopotutto noi offriamo delle prestazioni, esattamente come avviene in qualsiasi altro campo lavorativo. La differenza è che qui puoi fare carriera e anche in fretta. Non hai idea dei guadagni che potresti ottenere in un paio di settimane.”

La ragazza era rimasta in silenzio, troppo scossa dalle parole suadenti di Victoria, dal suo profumo forte, quasi maschile nell’aroma, così come dalla sua presa gentile ma salda intorno alle spalle. Quante volte aveva desiderato di poter contare davvero lì dentro? Di essere importante, di suscitare gelosia e invidia nelle sue compagne … adesso la soluzione era proprio lì. Nel sorriso perfetto di quella donna che possedeva le chiavi per la felicità.

“ C-come funziona? Voglio saperne di più.”

Il sorriso sulle labbra di Victoria crebbe. Amava quel momento come nient’altro al mondo, quella scarica di adrenalina che la pervadeva quando finalmente vedeva quella gente pendere dalle sue labbra. Che fosse una ragazzina sprovveduta o un uomo innamorato … poco contava. Il sapore del potere era inebriante.

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Gaspard si affiancò a Yves senza proferire una sola parola. La novità della Saint-Anthèlme era chiassosa e impossibile da ignorare. Il ragazzo se ne stava nel bel mezzo di un gruppetto di curiosi, la sua voce divertita, dall’accento italiano, arrivava fino agli altri due.

“ Sono il cugino divertente di Yves Clairmont. Da ora in poi frequenterò qui. Piacere!”

Yves ebbe un tremito, mentre gli occhi dei suoi compagni zigzagavano tra lui e Andrea, con aria sorpresa.

“ Quando pensavi di dirmelo?” commentò Gaspard con un filo di voce.

“ Pensavo che ti piacessero le sorprese.” disse mellifluo il moro, era disgustato da quella situazione, “ e comunque non durerà. Il direttore è con noi, abbiamo prove schiaccianti delle sue scappatelle,” qui le labbra di Yves si serrarono per il risentimento, “lo minacceremo, lo costringeremo a buttarlo fuori.”

“ Non possiamo giocarci il direttore per lui,” Gaspard fece un cenno verso Andrea, “lo sai che è grazie al caro Marcel se abbiamo voce in capitoli sui voti di tutti qui dentro. E’ una carta troppo preziosa.”

“ Ci proverò comunque. Lo voglio fuori da qui, possibilmente su un cazzo di volo diretto in Italia.”

Poi la campanella suonò.

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Nonostante le innumerevoli rassicurazioni che Yves aveva ripetuto, Gaspard non credeva che le cose fossero come l’amico credeva. Non sapeva perché ma quello sconosciuto gli appariva peggio di quanto potesse sembrare. 

Era un po’ una sua dote quella, capire immediatamente con chi aveva a che fare, qualcosa gli scattava nel cervello, quasi a livello inconscio, quando c’era qualcuno che avrebbe creato problemi e quell’Andrea aveva un enorme scritta al neon sulla fronte che urlava al mondo ‘Ti darò filo da torcere’.

La mensa pullulava di studenti quando i tre fecero il loro ingresso nella sala, nonostante la folla, però, il loro tavolo era libero come sempre, pronto ad attenderli. Gaspard sfilò con il vassoio in mano fino al proprio posto e si sistemò comodamente osservando gli altri studenti attentamente. Non faticò a individuare Andrea, d’altronde sembrava spiccare particolarmente fra gli studenti anonimi del liceo. Lo osservò per un lungo momento mentre ghignava trionfante ad un altro ragazzo seduto al suo tavolo.

“Smettila” disse la voce bassa e sibilante di Yves mentre prendeva posto accanto a lui “ lo stai fissando troppo, ho detto che ci penserò io”

“ Non ne dubito” rispose Gaspard scostando lo sguardo ma non la sua attenzione da quello straniero.

“ Allora perchè non la smetti di guardarlo come se dovessi leggergli la mente?” si lamentò il moro, rigirandosi tra le mani una mela rossa che non avrebbe mangiato.

“ Lo trovo solo un soggetto interessante, mi chiedo cosa abbia spinto i suoi a spedirlo qui, mi chiedo cosa gli passi per la testa” sussurrò il biondo assottigliando le palpebre.

“O forse vorresti sapere cosa pensa per un altro motivo specifico” si lasciò sfuggire Victoria divertita “sarà anche scomodo, ma è parecchio figo. Questo bisogna ammetterlo.”

“Possiamo chiudere questo discorso puerile e privo di senso?” ringhiò il moro, riportando il tavolo all’ordine “sbaglio o mi dovete degli aggiornamenti?”

Victoria allargò il suo sorriso compiaciuto “Cosa dobbiamo dirti? E’ stato un assoluto successo! Abbiamo fatto bene a stringere i denti e chiedere le ragazze ad Amir, ci siamo assicurati altri quattro nuovi clienti” spiegò.

“Hanno già chiamato” riprese Gaspard “ due vogliono delle ragazze già stasera. Per il resto è stato tutto pagato, il nostro socio è rimasto soddisfatto”

Yves alzò gli occhi al cielo “ non chiamare quell'arabo del cazzo nostro socio. Spero che riusciremo a diventare grandi abbastanza da non avere più bisogno di gente come lui, odio certe intrusioni nei nostri affari”

“ Anche per quello ho delle novità.” commentò la bionda con un sorriso “ ho parlato con due ragazze, sembrano interessate a far parte della cosa. Le vedrò dopo la scuola per capire se fanno sul serio, intanto possiamo cominciare a fare qualche ricerca su di loro”

“Ci penso io” si intromise Gaspard “ da quando abbiamo ottenuto dal preside anche le credenziali di accesso al database scolastico è molto più semplice tenere conto della situazione delle ragazze. Troveremo la giusta leva per lusingarle, se è quello che serve”

“Chi abbiamo sulla piazza stanotte?” chiese Yves.

“ Monique” rispose Gaspard lanciando lo sguardo proprio verso la bionda che stava seduta a qualche tavolo di distanza da loro “ lei non ci da problemi, è con noi dall’inizio ma il cliente che accompagna stasera ha un profilo interessante. E’ il proprietario di alcuni Hotel di lusso in giro per l’Europa, voglio raccogliere un po’ di materiale che possa servirci”

“ Ai nuovi clienti ci penso io” concluse Yves “ li stuzzicherò un po’, gli farò capire quanto è esclusivo il nostro giro, così li spremeremo per bene. Teniamo libere alcune delle ragazze più affidabili, magari di quelle che hanno partecipato alla festa. Li farà stare al loro agio”

“Posso parlare con Aline e Ivette” disse Victoria estraendo il telefono e contattando le due ragazze per un incontro nel pomeriggio.

La mensa si stava lentamente svuotando e la ragazza non poté fare a meno di lanciare una lunga occhiata a tutte quelle ragazze che ridevano e si spostavano tranquille lungo la stanza. Quante di loro aveva convinto a far parte di quel mondo? Quante volte aveva mentito, soggiogato e ammaliato per raggiungere quel fine? E quante altre la ammiravano e la idolatravano essendo all’oscuro dei suoi segreti?

“E’ già passato un anno da quando abbiamo cominciato” si lasciò sfuggire la ragazza “ ci pensate?”

Gaspard sorrise leggermente, non per il divertimento o perché quel pensiero lo toccasse come accadde a Victoria, fu più un riflesso “ non ti facevo così nostalgica”

“ Già e piuttosto dobbiamo pensare a quanto ancora c’è da fare” chiarì Yves “ siamo all’ultimo anno, dobbiamo sfruttarlo al meglio.”

“Sì, Signore” replicò Gaspard guadagnandosi un’occhiata irritata dell’amico e facendo ridere la ragazza.

Poi il biondo si voltò nuovamente, per un breve istante, i suoi occhi si agganciarono alla figura di Andrea che adesso stava lasciando la mensa per nulla intimidito da quel luogo nuovo e sconosciuto.

Decisamente interessante.

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Rientrare a casa per Gaspard non era più un momento lieto da troppi anni, per lui era come venire a patti ogni giorno con l’orrore di vivere la propria vita. Poi c’erano giorni, come quel pomeriggio, in cui era persino peggio perché ad attenderlo non c’era solo quella donna ma anche lui.
Il ragazzo capì immediatamente che il padre era rientrato, gli bastò notare la valigetta ventiquattrore di pelle nera e lucida, appoggiata accanto alla porta d’ingresso. Una vampata di irritazione lo investì in pieno, strinse i pugni ma ricordò a sé stesso di dover restare calmo, che non poteva permettersi di mostrare quello che provava davvero e mettere in pericolo le sue ricerche.

Inspirò, sperando solo di non incontrarlo mentre attraversava il salotto e si dirigeva in camera sua, ma non fu tanto fortunato. Il padre e la compagna stavano bevendo il tè sui lussuosi divanetti di pelle chiara e l’arrivo del ragazzo attirò immediatamente l’attenzione dell’uomo.

“ Gaspard” chiamò “ Com’è andata a scuola?”

“Tutto bene” sussurrò il biondo evitando di guardarlo.

“Colette mi ha detto che passi molto tempo fuori casa, mi auguro che tu non stia trascurando i tuoi studi. Hai ripreso gli allenamenti con la squadra di atletica?” chiese.

Ancora una volta il ragazzo dovette trattenere la rabbia “sono stato da Yves a studiare, abbiamo dovuto svolgere un compito in due. Sì, ho ripreso gli allenamenti questa settimana”

“ Molto bene, mi aspetto grande impegno da parte tua quest’anno. A giugno ci saranno le preselezioni per l’Accademia”

Chiudi gli occhi, amore mio.

Gaspard abbassò lo sguardo, notò la teiera in ceramica appoggiata al tavolino e per un attimo fantasticò sul poterla afferrare e scagliare contro la faccia di quel vecchio arrogante. Quanto sarebbe stato infinitamente soddisfacente, quanto sarebbe stato infinitamente giusto, ma alla fine abbandonò quel pensiero e si limitò ad annuire brevemente prima di lasciare la stanza.

Una volta raggiunta la sua camera si distese sul letto e si coprì il volto con le mani, detestava quell’uomo. Odiava vedere con quanta noncuranza si sentiva in diritto di decidere delle vite degli altri, disponendone a proprio piacere, anche se questo significava annientare l’altra persona e strappargli via ogni briciolo di felicità.
Era questo quello che aveva fatto a sua madre, era così che l’aveva distrutta, giorno dopo giorno, privazione dopo privazione.

Gaspard si riscosse, non poteva permettersi di annegare in quei pensieri, non in quel momento, doveva restare lucido e prepararsi per quella notte.

Recuperò da uno scatolone dentro l’armadio la sua macchina fotografica professionale, inserì dentro una nuova scheda SD e la infilò nello zaino nero che teneva riposto sotto il letto. Avrebbe studiato fino a tarda sera e, una volta che il padre e Colette fossero andati a dormire, sarebbe svicolato fuori ad assolvere il suo compito.

In quell’atroce scenario di giovani ragazze sfruttate in cambio di soldi e favori, lui non era solo uno degli artefici ma era anche l’occhio. L'instancabile guardiano che seguiva quelle donne passo, passo, osservava ogni interazione e registrava tutto. Centinaia di video, foto e messaggi erano archiviati in un hard disk che conteneva file compromettenti su tutti gli uomini più influenti di Parigi e cresceva di giorno in giorno.  Ma non era solo quello, quando qualcuno di quegli uomini superava il limite o una delle ragazze si sentiva in pericolo, toccava a Gaspard intervenire e il dolore fisico non era l’unica conseguenza che l’idiota di turno avrebbe dovuto sopportare.

I segreti, erano questi il motore del mondo, Gaspard ne era fermamente convinto, ogni persona aveva i suoi segreti, i propri scheletri per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Se conosci ciò che qualcuno nasconde allora lo possiedi, perchè il mondo si reggeva unicamente su bugie e manipolazioni. Una volta in grado di leggere attraverso quegli inganni, avresti visto il mondo nella sua vera forma e potuto imporre il tuo volere sugli altri.

Per questa ragione Gaspard continuava a scavare, quando vedeva una persona per la prima volta non poteva fare a meno di chiedersi quali segreti nascondesse e, una volta scovato il prima, non smetteva di scendere nel profondo, fino a mettere l’altro totalmente a nudo. Proprio quando si trovavano al massimo della loro vulnerabilità, le persone diventano bambole.

ANGOLO AUTRICI:

Oh oh oh buon Natale! In questo giorno di festa e di zona rossa abbiamo pensato che sarebbe stato carino anticipare l'aggiornamento! Visto che il Natale non è mai stato così rosso, ci abbiamo pensato noi a ravvivare il tutto. Come sempre ci auguriamo che questa storia vi stia interessando nonostante siamo ancora agli inizi! Diteci la vostra e fateci sapere se avete già qualche preferito! Per il resto un abbraccio a tutte e alla prossima settimana!

BlackSteel

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