2. Inizio
In foto: Yves Clairmont
Il primo istante o la fase iniziale di un fatto, di un'azione che si estende nel tempo.
Yves ridiscese la collina di Montmartre per ritrovarsi nell’equivoco quartiere Pigalle,dove i locali a luci rosse attiravano ogni giorno una mole sempre più evidente di turisti a caccia di foto tipiche e di divertimento spicciolo. Le vetrine dalle luci violente dei sexyshop non erano altro che uno specchio per le allodole, negozi grotteschi che avevano perso la loro carica erotica nel corso degli anni. Solo chi conosceva bene Parigi e la sua storia sapeva dove trovare la vera perversione. I due locali di Amir si trovavano lontani dalle strade principali, in un dedalo di vie difficilmente raggiungibili da chi non sapeva cosa stava cercando. Ed era lì che Yves era diretto, seppure a malincuore.
Il ragazzo si guardò di nuovo intorno, aveva lasciato il suo autista parcheggiato su a Montmartre ed era certo che nessuno lo avesse seguito fino a lì. Mise su il cappuccio della felpa con cui aveva sostituito parte della sua divisa scolastica e con passi veloci si inserì all’interno dell’Heros. Il locale era buio e vuoto a quell’ora del pomeriggio, Yves incontrò lo sguardo dell’unica persona presente nella stanza: Era il barman del locale a cui il moro non piaceva affatto. Quello gli lanciò un’occhiata penetrante e smise di occuparsi della riserva di bottiglie per la serata.
“ Dov’è Amir?” Yves andò subito al sodo, non aveva alcuna intenzione di intrattenersi in quel posto più del tempo necessario per sbrigare i suoi affari.
“ E tu che devi farci con Amir?” domandò di rimando il ragazzo, mostrando tutta la sua irritazione.
“ E a te che importa? Muoviti, va a chiamarlo e non farmi perdere tempo.” Il moro parlò a denti stretti, non aveva bisogno di quell’ulteriore ostacolo. Ma il barman non aveva intenzione di mollare la presa, Yves lo vide stringere i pugni, mentre lasciava perdere i bicchieri e oltrepassava il bancone con aria minacciosa.
Se lo ritrovò a pochi centimetri dalla sua faccia, tanto vicino da poter vedere le pagliuzze verdi nei suoi occhi chiari e incazzati. Yves stava per scoppiare a ridere, quando improvvisamente un terzo ragazzo comparve nel loro campo visivo.
Amir era alto e ben piazzato, aveva capelli scuri e occhi di un nocciola terribilmente caldo. Aveva incrociato le braccia e osservato quella faida con un sorriso sornione sulle labbra.
“ Che succede, signori? Non posso lasciarvi un attimo soli a voi due.”
Yves aveva fatto un passo indietro, il sorriso era scomparso dal suo bel viso privo di espressione. Si limitò a lanciare un’altra occhiata verso il barman, per poi guardare direttamente l’altro.
“ Dii a questo coglione di portare rispetto e di filare a fare quello che gli dico quando entro qui dentro.”
L’altro fremette “ Ah, sì? E perché dovrei? Me ne sbatto dei tuoi soldi. Ricco o povero posso spaccarti la faccia e metterti al tuo posto. Vuoi provare?”
Yves rise di gusto, mentre Amir frapponeva il suo corpo tra i due e redarguiva il ragazzo “ Rémy, adesso basta. Dobbiamo parlare di affari qui … va di là.”
Il barman tremò dalla rabbia, stava ancora osservando il volto divertito di Yves. Lo vide sollevare una mano e dedicargli un saluto sfottente. Alla fine scosse la testa e cedette, ma non prima di aver lanciato uno sguardo furente verso Amir che non aveva fatto nulla per impedire all’altro di trattarlo in quel modo.
“ Lo fai scaldare sempre con questo tuo caratteraccio” Amir aspettò che Rémy uscisse, poi si diresse verso il bancone, “cosa posso offrirti? Ho dell’ottimo Gin, appena arrivato da un buon fornitore.”
“ Non sono qui per farmi un bicchierino con quelli della tua specie. Sono qui perché mi servono delle ragazze e mi servono entro domani sera.” tagliò corto Yves, mantenendosi a debita distanza dall’altro.
“ Quelli della mia specie?” Amir rise di gusto, neanche le offese gli impedirono di prepararsi un Gin Tonic. “ E come sarebbero quelli della mia specie? Illuminami.”
Yves portò gli occhi al cielo “ Lo sai cosa penso di te. Ce le hai o no queste ragazze?”
“ Fammi capire, vieni qui a chiedermi un favore, ma non usi nessuna parolina magica come ‘per piacere’ o ‘gentilmente’. Anzi inizi ad abbaiare ordini come un generale nazista e a riempire di insulti me e il mio collaboratore.”
“ Sì, hai capito bene. Ora che vuoi fare? ” Yves annuì e sorrise.
L’altro fece un profondo respiro, senza smettere di guardare il suo interlocutore con uno sguardo che in realtà era ben lontano dalla rabbia. Yves lo intrigava purtroppo e Amir non era certo che quell’attrazione avesse soltanto a che fare con il suo bel viso da angelo cattivo o con il suo corpo snello e longilineo. Il suo atteggiamento scostante, ai limiti della decenza, era un dannato eccitante per lui.
“ Vedi che ti pago e sai che pago bene e immediatamente.” continuò Yves, quando lo sguardo del moro era diventato troppo serio e inquietante per i suoi gusti.
A che diavolo stava pensando? Perché lo guardava in quel modo?
Amir fece una smorfia e si riscosse “ Sì, ma preferisco fare affari con chi mi rispetta. Le opportunità non mi mancano, Yves. A me pare che sia tu quello con un grosso problema e che l’unico che possa risolverlo in tempi brevi qui sia io. Quindi inizia a fare il bravo con me.”
Parlava di rispetto, quell’arabo e frocio del cazzo.
Yves dovette mandare giù quel boccone amaro, non poteva permettersi di mandare a monte il festino dell’indomani, da quella festa dipendeva parte dei loro futuri affari. Così si diresse verso il bancone dove posò la busta che fino a quel momento aveva tenuto nella tasca interna del suo cappotto.
“ Sono duemila adesso e duemila dopo il festino. Ci servono tre ragazze esperte, pronte a tutto.”
Amir si lasciò sfuggire un sorrisino che l’altro trovò irritante “ Facciamo tremila ora e tremila dopo.”
“ Aspetta, hai avuto l’impressione che il prezzo fosse trattabile?” Yves sgranò gli occhi in un’espressione di finta sorpresa, poi lanciò la busta contro il petto dell’altro “non diventarmi arrogante, Amir. Basto già io.”
Poi si allontanò a passi svelti verso la porta “ Che siano pronte per domani alle venti, verrà Gaspard a prelevarle. I soldi della coca li avrai a fine mese come sempre.”
“ Quanto ti piace comandare?”
Amir lo aveva seguito sulla porta del locale, Yves era stato costretto a fermarsi per non andare a sbattergli addosso. Avevano la stessa statura, ma il primo era decisamente più muscoloso dell’altro. Per un attimo Amir venne pervaso dalla voglia insana di afferrare il volto arrogante di quel ragazzino e baciarlo fino a fargli capire quello che provava. Ma immaginava come sarebbe andata a finire, non aveva mai conosciuto una persona problematica come Yves.
“ Sono portato per il comando. Cosa vuoi farci. C’è chi nasce nella famiglia giusta e chi, invece, è costretto a subire le decisioni altrui. Sappiamo tutti a quale gruppo appartieni tu.” Yves gli aveva lanciato un’ultima occhiata sdegnosa, prima di oltrepassarlo con una spinta secca.
“ Ma anche quelli come te hanno bisogno di quelli come me. Tendi a dimenticarlo. A proposito, vuoi che ti riservi una stanza la prossima settimana?”
Amir vide le spalle di Yves irrigidirsi. Non poteva vedere il viso del ragazzo, ma poteva immaginare l’effetto che quelle parole avessero avuto su di lui.
“ Ti avviso io.” poi il ragazzo andò via in tutta fretta.
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Andrea aveva commesso il terribile errore di ordinare un espresso in terra francese. Era stata un’esperienza spaventosa, che probabilmente lo avrebbe segnato a vita. Lasciò quella brodaglia orribile nella tazzina, perfino le gioie più piccole della giornata gli erano stata precluse. Poi lanciò un’occhiata sommaria all’esterno dell’Aeroporto Charles de Gaulle, dove delle grosse nuvole stavano coprendo in fretta il cielo azzurro della capitale.
Un nuovo inizio, gli era stato detto da suo padre, una nuova opportunità di iniziare daccapo lontano dalle cattive influenze. Perché dire chiaramente che era stanco di averlo tra le palle era un po’ estremo, pensò il ragazzo.
Certo che lui non gliela aveva resa facile, Andrea immaginava che prima o poi la corda si sarebbe spezzata e in effetti era successo. Poco importava, si disse, Roma o Parigi non faceva molta differenza, avrebbe trovato il modo di deviare anche lì. Così si mise lo zaino da viaggio in spalla e si diresse verso l’uscita dell’Aeroporto. I suoi occhi ci misero un po’ ad abituarsi alla luminosità dell’esterno, passò in rassegna il via vai di gente, poi i vari pullman fermi alle pensiline. Aveva l’indirizzo di casa di sua zia.
Per un attimo pensò a lei, alle rare volte in cui avevano passato del tempo insieme. Era divertente Lydia, almeno fino a quando non aveva iniziato a convivere con un pezzo grosso, una sorta di direttore di musei e altra roba triste e altolocata. Ricordava le loro vacanze insieme, quando lui era ancora un bambino e sua zia una studentessa che faceva la spola tra Roma e Parigi.
“ Signor Andrea?”
Andrea seguì la direzione della voce e si voltò indietro, verso un uomo con una divisa scura e degli occhiali da sole sottili. Tra le mani reggeva un foglio riconoscitivo con il suo nome sopra. Wow, si era beccato anche l’autista privato.
“ Sono l’autista dei Clairmont. Lei dovrebbe essere il nipote della signora Lydia. Vuole darmi il suo zaino?”
“ Ma dai …” Andrea si era lasciato sfuggire una risata bassa. Quella situazione era così surreale che i suoi amici a Roma avrebbero stentato a credergli. Alla fine passò il bagaglio all’uomo e insieme si diressero verso una grossa Mercedes-Benz classe A, nera e brillante di lucidatura. L’uomo gli aprì la portiera e lo invitò ad accomodarsi, ma Andrea scosse la testa e andò a prendere posto sul sedile anteriore.
“ Andiamo, amico. Questa storia dell’autista è un po’ sorpassata, mi sentirei un coglione a starmene dietro da solo.”
“ Come preferisce.” l’autista era abbastanza perplesso dall’atteggiamento del ragazzo, ma si limitò a sedere al posto di guida e a mettere in moto.
Andrea si mise comodo e puntò gli occhi sulla strada, quella era la zona industriale di Parigi e non c’era poi molto da vedere, in effetti. Quella città non era una novità per Andrea, aveva vissuto nella capitale dell’amore per sette anni, prima di trasferirsi in via definitiva a Roma. Il francese non avrebbe rappresentato un grosso problema per lui, riusciva a capirlo bene e anche a spiegarsi decentemente.
“ Allora? I Clairmont credono che solo gli sfigati se ne vanno in giro in pullman? Oppure pensavano che me la sarei svignata una volta arrivato in aeroporto? Ammetto che l’idea mi ha solleticato.” Andrea ghignò ancora, mostrando i suoi denti bianchi e leggermente appuntiti all’autista.
“ I signori Clairmont volevano accoglierla nel modo più confortevole possibile. Sono certo che abbiano pensato unicamente al suo benessere.”
“ Non ho dubbi su questo, tutti non fanno altro che pensare al mio bene … o almeno, questo è quello che dicono”. Andrea puntò lo sguardo sulla strada che adesso era diventata una scia grigia e nera. Avrebbe cambiato casa e compagnie, dopo essere stato trascinato da una città all’altra nel giro di un’ora, ma quel pensiero lo toccava appena in realtà. Era bravo ad adattarsi, anche troppo.
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La residenza dei Clairmont consisteva in un edificio classico e imponente, situato a pochi passi dagli Champs-Élysées, il famose viale costellato di negozi e boutique costose. Andrea sapeva che sua zia e il suo compagno stavano economicamente bene, solo che non immaginava stessero tanto bene.
“ Prego, si accomodi.”
La governante lo guidò all’interno dell’abitazione. Andrea si ritrovò davanti una sala enorme, con pavimenti a mosaico dall’aria terribilmente antica e un numero indefinito di statue in marmo bianco. Era difficile riuscire a raggruppare tutti gli elementi presenti in quella stanza, tanto era ricca di mobilio e ricercata in ogni aspetto. Sua zia Lydia era lì, ritta sulla scala di alabastro, con un bel sorriso sulle labbra.
“ Andrea, ben arrivato! Dai, vieni ad abbracciarmi!” poi era stata la donna a ridurre la distanza che la divideva dal nipote. Era scesa giù e lo aveva bloccato in un abbraccio serratissimo.
“ Avresti dovuto dirmelo che vivi praticamente in un museo. Sembra il Vaticano. Dov’è il Papa?”
Lydia rise piano, poi lasciò andare Andrea “ Jacques era un professore di Archeologia prima di ricoprire il ruolo di Direttore al Louvre. Suppongo che non possiamo aspettarci niente di più sobrio da parte sua …comunque le stanze sopra sono più moderne, anzi adesso ti porto a vedere la tua. Anzi aspetta, chiamo subito Yves, credo sia tornato da scuola. Te lo ricordi? ”
Il cuginetto Yves, come dimenticarlo, pensò l’italiano, mentre i suoi occhi si posavano sulla sagoma del ragazzo, apparso quasi magicamente dopo essere stato nominato da Lydia. Era cresciuto di statura e anche di molto, era più alto di lui, ma anche più magro, eccetto per le spalle larghe. Il suo viso era rimasto quasi identico, aveva dei tratti delicati, quasi da statua greca, un volto ovale, dagli zigomi alti e occhi a mandorla, neri come la pece. Quel pallore era contornato da capelli mossi, di un castano così scuro da poter sembrare nero nella luce tenue di quel tardo pomeriggio.
Se ne stava ritto sulla scala, dove poteva osservare l’intruso dall’alto, come un re che si concede al popolo per una breve visita. Anche il suo sguardo gelido diceva lo stesso, Andrea capì che la sua presenza rappresentava un problema per qualcuno lì dentro. E la cosa non lo preoccupava, anzi … si sentiva quasi rinvigorito da quella scoperta inaspettata. Avere qualcuno da tormentare era sempre un passatempo piacevole per l’italiano.
“ Yves, guarda chi è appena arrivato. Lascio a te il compito di mostrargli la casa.” poi Lydia diede un ultimo bacio al nipote e abbassò la voce “sono felice che tu sia qui, vedrai che Parigi ti riserverà delle grandi sorprese.”
“ Non ho dubbi, zia.” Andrea oltrepassò la donna e con passi lenti e controllati andò a raggiungere il cugino. Yves lo accolse con un sorriso mite sulle labbra e poche parole di cortesia, consapevole che la compagna di suo padre fosse ancora a portata di orecchio. Nel frattempo studiò l’intruso, passò in rassegna il viso lievemente abbronzato, gli occhi scuri e brillanti, il naso appena aquilino e le labbra carnose, piegate in un sorrisetto irritante, di chi porta guai.
Soltanto quando restarono da soli, nel silenzio della stanza da letto di Andrea, Yves si tolse finalmente quell’aria di cortesia e si mostrò per ciò che era. Si appoggiò alla stipite della porta e studiò l’altro che a sua volta studiava la stanza. Era immensa e ammobiliata in modo elegante e ricercato.
“ Scommetto che non hai mai visto niente del genere, eh? Quelli come te si fanno andare bene i bilocali in periferia. Magari anche con la stazione del treno vicina.” Yves si lasciò andare ad una risata carezzevole, mentre l’altro si voltava piano verso di lui con un sorriso altrettanto radioso sulle labbra, “beh, vedi di non abituarti troppo a tutto questo lusso, perché tu qua non puoi restare. Io non divido niente, tanto meno con la feccia come te.”
Il francese si era fatto vicino, in un atteggiamento intimidatorio che però non attecchì, perché l’altro continuava a sorridere in modo imperturbabile. Andrea scosse la testa, poi appoggiò una mano sulla spalla dell’altro che subito si ritrasse alla sua presa come se fosse stato bruciato.
“ E invece sarai costretto a dividere il tuo impero, cuginetto. Dovrai farlo e non è una richiesta. Sai, posso diventare terribile quando mi annoio e ho l’impressione che questa città abbia ben poco da offrire a uno come me. Spera che nel frattempo io riesca a trovare un intrattenimento migliore di questa simpatica faida famigliare, perché altrimenti sarò costretto a dedicarti tutte le mie attenzioni e ti assicuro che non sarà piacevole. E adesso sciò, questa è la mia stanza.”
Si era mosso talmente in fretta che l’altro non era stato in grado di reagire in tempo. Andrea gli aveva sbattuto la porta a pochi centimetri dal volto, mentre Yves era rimasto sulla soglia, incredulo per la piega che aveva preso quella conversazione che credeva di poter vincere a mani basse.
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Gaspard chiuse l’ultimo bottone della camicia di seta sistemando la collana all’interno, osservò per un momento il suo pallido riflesso allo specchio prima di andare incontro a quella serata. Poi distolse lo sguardo e recuperò la giacca, pronto a lasciare la casa senza attirare l’attenzione.
“Gaspard?”
Ancora una volta quella voce aveva fastidiosamente bloccato i suoi movimenti, gli occhi del biondo si erano spostati di scatto per trafiggere la figura esile della donna, che sussultò.
“Verso che ora pensi di rientrare?” aveva aggiunto alla fine con tono esitante.
Quando avrò scoperto la verità non avrò più bisogno di rientrare.
Il ragazzo fissò ancora qualche minuto la donna che fremeva davanti ai suoi occhi, ma non esternò quel pensiero né qualsiasi altro. Recuperò le chiavi della macchina e lasciò la casa sbattendo la porta alle sue spalle.
Una volta in auto accese la radio e mandò un messaggio a Victoria, sarebbero stati solo loro due quella sera, si augurò che almeno andasse tutto come previsto mentre Yves rimediava alle sue scomode faccende personali.
Casa della ragazza era a qualche isolato dalla sua e lei lo attendeva già davanti all’elegante portone in legno del suo palazzo. Era semplicemente meravigliosa, il suo corpo sinuoso era fasciato da un abito di alta sartoria, il colore rosso scuro donava al suo incarnato, mentre i capelli biondi erano raccolti in un'acconciatura elegante.
La ragazza si infilò in auto con un movimento fluido e leggiadro, come se le scarpe alte facessero naturalmente parte di lei.
“Il grande giorno …” mormorò chiudendo lo sportello e inspirando leggermente per combattere un vago senso di nervosismo.
“ Andrà bene” la rassicurò Gaspard mentre si immettava nuovamente in strada.
“ Come fai a essere sempre così imperturbabile? Esiste qualcosa capace di farti andare fuori di testa?” chiese la ragazza scuotendo la testa.
L’altro mise su uno dei suoi sorrisi misteriosi.
“Possibile”
“ Ma non la più grossa festa che abbiamo mai organizzato? Piena di uomini importanti, puttane minorenni e droga. Dio, fortuna che sai gestire l’ansia per queste cose.”
I due scoppiarono a ridere, poi Victoria si incupì improvvisamente e Gaspard capì a cosa stava pensando, anzi, a chi.
“ Starà bene” disse per cercare di rassicurarla.
“ Lo so, se c’è qualcuno al mondo capace di tenere a bada dei parenti indesiderati è certamente Yves. Sono solo dispiaciuta che si sia perso questa serata, dopo la fatica che abbiamo fatto per riuscire a organizzarla” spiegò la ragazza fissando la strada attraverso il finestrino.
Non è vero.
Il biondo non lo disse, ma sapeva che quella sera non aveva nulla a che fare con la preoccupazione e le premure che l’amica aveva per Yves.
La macchina si fermò e l’arrivo sul luogo dell’incontro non concesse ai ragazzi di rimuginare su altro che non fosse quella serata. Lasciarono l’interno dell’auto e si diressero verso quello che poteva sembrare un qualsiasi portone di una villa come le altre.
Bussarono e ad aprire fu un uomo elegante e ben piazzato che, quando li vide, accennò un sorriso e un saluto con la testa.
“E’ già iniziata?” chiese Gaspard fissando l’interno.
“ Sembra che si stiano divertendo tutti” rispose l’uomo spostandosi e cedendo il passo “prego”
Gaspard sollevò il braccio e Victoria si strinse a lui mentre facevano il loro ingresso nel salone principale.
Ed eccoli lì, uomini di tutte le età che si aggiravano come animali famelici intorno alle giovani donne presenti. Alcuni di loro erano importanti esponenti della movida e della politica parigina, altri figli di uomini potenti ed industriali. Tutti stipati in quel luogo, lontani dalla luce del sole e in cerca di perversione, una notte dal sapore proibito che prometteva ricordi memorabili e piacere.
Le bellissime e ben educate studentesse del Lycée Saint-Anthèlme, anche loro provenienti da famiglie elitarie, si districavano abilmente fra quegli uomini con i loro vestiti stretti e luccicanti. Li provocavo, li stuzzicavano, li invitavano ad allontanarsi dal quel luogo esposto, con la promessa di quel piacere che stavano anelando.
Victoria fece un cenno d’intesa a una ragazza stesa sul divano accanto a un uomo di circa cinquant'anni. Quando lui gli accarezzò lascivamente la coscia nuda, lei sorrise e gli sussurrò qualcosa all’orecchio che lo convinse a sollevarsi e seguirla lungo le scale, verso il piano superiore.
Anche gli occhi freddi di Gaspard si spostavano accuratamente da un angolo all’altro della sala, per fissare nella sua mente ognuno di quei volti compiaciuti e disgustosi. Per un momento, quando vide un uomo sulla sessantina baciare il collo di una ragazza, pensò al padre, si chiede se anche lui strisciasse in quel modo dietro le altre donne, per quanto tempo lo aveva fatto e se aveva partecipato a quel genere di feste.
Chiudi gli occhi, amore mio.
Strinse le mani a pugno per una manciata di secondi mentre quei pensieri gli bombardavano il cervello, ma un tocco alla spalla lo costrinse a tornare al presente, rilassando le nocche.
“Gaspard! Victoria!”
I ragazzi si voltarono e davanti a loro apparve la figura magra e sinistra di Louis La Rochelle. Era stato uno dei primi clienti che i ragazzi aveva introdotto nel loro giro e c’erano ben poche persone altrettanto ricche e perverse. Non mancava mai alle feste ed era stato lui a far conoscere il loro piccolo giro ad altri uomini facoltosi.
“ E’ sempre un piacere, Louis” rispose Gaspard e gli strinse la mano senza esitare o mostrare qualsiasi pensiero avesse in mente.
“ Ogni volta che osservo le vostre ragazze fatico a credere che vadano ancora al liceo” commentò mellifluo “ alcune hanno un talento naturale, non so se mi spiego …”
Il biondo sorrise e gli fece intendere di sapere esattamente di cosa stesse parlando “ dopotutto sono attentamente selezionate”
“ E dove avete lasciato il nostro Yves?”
“ Si scusa per l’assenza ma spero che la sua mancanza verrà colmata dall’offerta di stasera” rispose Victoria.
“ Assolutamente, porgetegli i miei saluti” concluse l’uomo prima di congedarsi.
I due ragazzi lo videro nuovamente sfilare lungo il salone alla ricerca della prescelta della serata. Lo sguardo di Gaspard riprese a vagare, ovunque si voltasse c’erano ragazze meravigliose. Alcune già impegnate a baciare dei clienti, altre a guidarli verso l’interno della villa, altre ancora seminude sui divanetti che si lasciavano ammirare come statue di cera.
A farla da padrone era anche la cocaina purissima sparsa in diverse superfici dei tavolini bassi e il fumo che saliva lento dai grossi sigari. La luce soffusa rendeva solo quell’ambiente ancora più vacuo, dando la licenza agli ultimi reticenti di cedere al fascino proibito di quella notte, salvo poi tornare a casa dalle proprie famiglie e fingere perfezione e decoro.
Gaspard inspirò nuovamente e si sporse per parlare all’orecchio di Victoria.
“ Vado a farmi un giro, controllo che sia tutto in ordine”
Lei annuì mentre si faceva versare una coppa di Champagne dal barman, osservò l’amico insinuarsi fra la folla e sparire poco dopo.
Il biondo si muoveva come una pantera nell’erba alta, la sua figura non destava l’attenzione di nessuno, come se non ci fosse, mentre il resto degli invitati erano troppo concentrati su quello che gli avevano messo davanti.
Li avrebbero rivisti tutti, Gaspard ne era più che convinto, quando vedeva la brama nei loro occhi sapeva già che quella notte non gli sarebbe bastato. D’altronde chi non voleva vivere il fascino del proibito con la sicurezza di farla franca?
Non per sempre però.
Salì le scale, diretto verso il piano superiore, lì c’erano le camere da letto, la musica leggera del piano terra non arrivava fin lassù. Nei corridoi l’unico suono che si sentiva chiaramente era quello dei gemiti mal trattenuti all’interno delle stanze.
Alcune erano aperte e Gaspard potè osservare rapidamente l’interno.
Nella prima un uomo era sdraiato nel grosso letto a baldacchino e gemeva mentre una ragazza era sopra di lui e si muoveva sinuosamente.
In quella successiva due ragazze si baciavano e si sfioravano mentre un uomo stava seduto su una poltrona intento a masturbarsi.
E ancora, nella successiva invece l’ospite se ne stava sdraiato a terra mentre la ragazza lo umiliava, chiamandolo con gli epiteti più dispregiativi e vergognosi.
Andava tutto bene, concluse soddisfatto, finchè nessuno avesse superato il limite o infranto le regole quella serata sarebbe filata liscia.
Niente telefoni a tenere traccia di quello che accadeva lì dentro o dell’identità delle ragazze, solo soldi facili con gente che ha fin troppo da perdere per oltrepassare il limite.
Non c’è davvero niente di cui preoccuparsi, abbiamo gestito gente peggiore.
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La festa si era conclusa intorno alle quattro di notte, gli ospiti avevano raccattato la loro vacillante moralità per rintanarsi nelle loro case sicure e riscaldare il letto coniugale. Le ragazze sarebbero tornate a casa e avrebbero compiaciuto i loro genitori come si addiceva alla loro educazione e nessuno avrebbe mai fatto parola di quanto accaduto, anche se lo avrebbero ricordato per sempre.
Gaspard aveva accompagnato Victoria a casa ma, prima di rientrare, aveva un’altra commissione da sbrigare. Considerando che Yves aveva fin troppa merda da digerire, il biondo si era sentito magnanimo, così si sarebbe occupato di pagare il loro socio non ufficiale.
Quando entrò nel locale c’erano ancora dei clienti intenti a finire i loro drink, non si curò di loro, percorse la sala e si accostò ad Amir, che era seduto su uno dei divanetti.
“ Ma tu guarda, è arrivata la metà spassosa del duo. A cosa devo questa visita?” chiese a mò di saluto.
“Parliamo in privato?”
Amir fece segno all’altro di seguirlo e si diressero verso l’ufficio del moro, quello chiuse la porta e Gaspard si accomodò tirando fuori una busta e poggiandola sulla scrivania.
“C’è un piccolo extra” chiarì mentre vedeva l’arabo osservare il contenuto.
“Mi date la mancia adesso?” commentò, divertito e anche un po’ curioso.
“ Diciamo che è un regalo di scuse, sono certo che Yves sia stato brusco quando è venuto qui” chiarì “le tue ragazze sono state perfette, sai che teniamo a fare affari con te.”
“ Con teniamo chi intendi esattamente? Non devi indorare la pillola” Amir fece spallucce e mandò giù un sorso del drink che si era portato dietro. Poi riprese, “ sta tranquillo, non saranno di certo le offese di un ragazzino viziato a ferire il mio orgoglio.”
“ Allora siamo a posto?”
“Beh, dovresti dirmelo tu questo. Sai, continuo a chiedermi se siete tremendamente stupidi o tremendamente temerari” scosse la testa e iniziò a contare con le dita delle mano “ prostituzione minorile, feste di alto profilo, spaccio di droghe, appuntamenti e case di incontri ... e ancora non è morto nessuno. Ammirevole”
Gaspard si sollevò “ Abbiamo la giusta motivazione e il controllo della situazione”
“ Ricorda, c’è sempre qualcuno o qualcosa che non puoi comprare o controllare. L’importante è saper reagire alla tempesta quando si presenterà.”
“ Non ci sarà nessuna tempesta, non con me. Ho tutto sotto controllo” sibilò il biondo.
“Nemmeno tu sei infallibile Gaspard, nessuno di voi è al di sopra del mondo” gli ricordò.
Gli occhi nocciola di Amir brillarono, poi allungò una mano verso il ragazzo e prese la busta.
“Buona serata Amir” concluse sbrigativo Gaspard “alla prossima”
“Sai, Jean continua a chiedermi di te. Lo hai fatto davvero capitolare quel ragazzo, sei sicuro che non vuoi proprio concedergli una chance? Garantisco io” continuò divertito.
“ Se ne hai voglia ,consolale tu le tue puttane, Amir. Io ho già abbastanza da fare” concluse con un tono che non ammetteva repliche.
Poi aprì la porta ma, prima che potesse lasciare l’ufficio, Amir ci tenne a terminare lui quel confronto con un'ultima pungente esclamazione
“A tenere tutto sotto controllo, suppongo.”
La porta si chiuse, Amir sorrise, sapeva che Gaspard non era come Yves, non avrebbe lottato per avere a tutti i costi l’ultima parola né si sarebbe scomposto mostrando superbia e aggressività.
No, lui era come una bufera di neve, freddo e terribile, distante e implacabile, senza pietà e senz’anima. Inarrestabile. Imperturbabile
ANGOLO AUTRICI:
Ed eccoci al secondo favoloso capitolo! La situazione si sta scatenando ancora di più mentre ci addentriamo nelle vite dei nostri protagonisti. Facciamo anche la conoscenza di un nuovo personaggio, azi due! Facciamo un applauso ad Amir e Andrea xD detto questo, non vediamo l'ora di sentire le vostre prime impressioni! Dateci dentro.
A sabato prossimo.
BlackSteel
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