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18. Scissione

Divisione di una struttura di un organismo unitario.

Lucille era crollata in bagno, sconvolta dalle immagini che aveva visto e che continuavano ripetersi nella sua mente in un loop infinito. Strinse forte il bordo del water mentre un nuovo conato di vomito le scuoteva lo stomaco. Era in lacrime, a trattenere a stento dei singhiozzi che volevano squarciarle il petto.

Cosa diavolo era successo? Perché l'aveva fatto?

Adrien. Come aveva potuto? Che senso aveva?

Forse era solo un incubo, forse se avessi chiuso gli occhi e provato a respirare normalmente, poi si sarebbe svegliata e avrebbe scoperto che niente di tutto quello era reale.

Come hai fatto ad essere così stupida?

Era tutta colpa sua, della sua dannata ingenuità, di quel volere essere importante per qualcuno. Adrien l'aveva preso in giro, le aveva fatto credere di poter vivere una favola e lei c'era caduta dentro come un'idiota.

Perché lo aveva fatto? E se fosse stata una scommessa tra ragazzi? Quell'idea la disgustava e la faceva disperare.

Desiderava solo sparire in quel momento, venire inglobata dal pavimento e svanire per sempre da quella scuola e dai presenti. Poi sentì la porta del bagno aprirsi e il terrore si impossessò di lei. Non voleva che altri la vedessero in quello stato, non voleva aggiungere altro compatimento e biasimo a quella giornata.

"Lucille"

Il suono di quella voce sorprese la ragazza, si trattava di Victoria.

La sentì camminare lungo le mattonelle e poi fermarsi proprio davanti alla porta dietro la quale si era rifugiata Lucille.

"Ehi, so cos'è successo e so che sei lì dentro, sono qui per parlare"

Lucille inspirò profondamente e poi si asciugò le lacrime alla meglio, si sollevò e aprì la porta, mostrandosi alla bionda.

"Ehi" fu tutto quello che riuscì a dire.

Victoria la stava guardando molto seriamente, la squadrò per alcuni secondi prima di compiere un passo e abbracciarla forte. Lucille rimase stupita per quel gesto, non si era nemmeno resa conto di quanto ne avesse bisogno prima che quel calore la avvolgesse. Ricambiò la stretta di Victoria, affondando il viso sulla sua spalla e lasciandosi andare ad un altro pianto. O forse non aveva mai smesso.

"Mi dispiace, mi dispiace davvero. Non doveva succedere."

"S- sono stata una completa idiota. Guardami, come potrò mettere piede lì fuori? Lo sanno tutti" mormorò cercando di farsi sentire tra i singhiozzi.

"No, è lui l'idiota e lo stronzo" replicò l'altra con tono rassicurante " è stato un meschino, lurido porco. E non sei tu a dover provare vergogna, mi hai capito?"

"Mi avevi detto di stare attenta" disse Lucille "tu mi avevi messo in guardia ma io non ho voluto ascoltarti. Mi sono lasciata andare, credevo che non avrebbe mai potuto farmi una cosa del genere. Dio, ho diciassette anni, dovrei sapere come gira il mondo, invece no ... sono sempre la solita credulona, sempre pronta a inseguire delle favole romantiche!"

"Mi dispiace tanto di aver avuto ragione" confessò amaramente la bionda " purtroppo conosco fin troppo bene quelli come lui e credimi, qui alla Saint-Anthèlme nessuno è degno di te, di nessuna di noi. E non c'è giustizia quando capita qualcosa del genere. Non sei la prima a cui è successo. Non è colpa tua."

Victoria era davvero dispiaciuta per quanto accaduto, ma non poteva rivelare a Lucille quale fosse l'origine di quel rammarico. Non poteva confessare quali altre persone malvagie e meschine ci fossero dietro quel gesto.

"Avevi ragione, non ne vale davvero la pena. Per uno come lui ora ... Dio, come farò a uscire da qui?" sibilò " chissà cosa penseranno le altre di me"

"Esattamente quello che penso io" la confortò con voce calma "che sei stata ingannata da un coglione arrogante. Le ragazze ti staranno vicino Lucille, fai parte della nostra famiglia e avrai sempre la nostra protezione"

Quelle parole ebbero un effetto benefico sul peso che la ragazza sentiva addosso, era come se si sentisse più leggera e di nuovo in grado di respirare.

"Ci penserò io a farlo rimuovere" le assicurò "tu devi solo rimetterti in sesto e fare vedere a quel coglione che sei più forte di quello che crede."

Lucille annuì dirigendosi al lavandino e sciacquandosi la faccia, in modo da riconquistare un aspetto presentabile.

"Tra l'altro, mentre eri qui dentro è scoppiato un altro casino" mormorò Victoria con un groppo in gola " il preside vuole parlare con te perchè tuo fratello ... ha picchiato Yves per il video"

Lucille sgranò gli occhi, totalmente incredula a quanto aveva sentito "cosa? Yves? Ma ..."

"Fra loro non corre buon sangue e crede che sia stato Yves a far girare quel video o roba del genere ..."

"E' ridicolo, quel coglione di Adrien voleva solo vantarsi con gli altri!" ringhiò sprezzante.

"Il preside lo ha sospeso per l'aggressione ma avendo saputo del video vuole fare chiarezza" poi lo sguardo di Victoria si fece molto intenso "non hai ascoltato il mio primo consiglio, ma ti prego di ascoltare questo. Cerca di tutelarti, noi ragazze ti saremo vicine ma attenta a quello che racconti al preside di Adrien, quelli come lui sono sempre coperti e finirai solo per rimetterci. Se racconti le cose così per come stanno ... beh, il preside dovrà avvertire la tua famiglia. Ti troverai gli occhi e le attenzioni dei tuoi genitori addosso e questo potrebbe essere un grosso problema per i nostri affari. Capisci, no?"

Lucille aveva afferrato il punto, evidentemente non era il primo di quei casi che Victoria si era trovata davanti. E poi pensò a sua madre e a suo padre ... allo shock e alla vergogna di dover raccontare segno per segno quello che era accaduto. No, non riusciva a farlo. Non voleva farlo.

"Non preoccuparti, penserò a me stessa ... s-solo che ... non so se ..." vide che le sue mani tremavano in modo evidente. Aveva il cuore in gola e una strana sensazione di panico che le attanagliava il petto.

"Sì, capisco. Prendi questa ... ti farà bene. Fidati"

Lucille afferrò a fatica la piccola piccola bianca che Victoria le aveva appena passato. Era un calmante, uno di quelli belli potenti.

"Parla con il preside, poi torna a casa e prova a dormirci sopra. Questo ti aiuterà."

"Grazie, Victoria."

Lucille varcò la soglia della presidenza qualche minuto dopo, sperando che dal suo aspetto non si vedesse quanto gli ultimi avvenimenti l'avevano sconvolta.

L'uomo stava seduto alla scrivania e, quando la vide, le fece segno di accomodarsi.

"Lucille, oggi sono successe parecchie cose davvero spiacevoli e ho intenzione di fare luce su tutta questa storia" cominciò con tono severo "allora, raccontami cos'è successo, mi hanno riferito di questo video, chi lo ha messo in giro? Prenderò seri provvedimenti in proposito."

La ragazza inspirò profondamente "in realtà c'è un malinteso in proposito, signore. Vede io ho girato quel video con una persona che frequento in modo consensuale, ci stavamo divertendo e ci è sembrato carino farlo ma non avevamo intenzione di pubblicarlo." spiegò mettendoci tutta la sicurezza che poteva "lui si è scusato perchè è stato un errore, il video verrà rimosso, non c'è veramente nessuno da punire, è tutto un malinteso che è stato già chiarito".

L'uomo era totalmente sbigottito da quelle parole, poteva immaginare tutto tranne che un risvolto del genere.

"Questo non è quello che afferma tuo fratello, Lucille. Lui sostiene che in qualche modo Yves possa aver diffuso quel video, che tu non sapessi di essere filmata e che volessero umiliarti pubblicamente. Avrai saputo dell'aggressione ..."

"Sì e sono veramente mortificata, signore. Mio fratello ultimamente ha un comportamento irrazionale nei confronti di Yves, sembra che sia nata una sorta di competizione con cui io non ho nulla a che fare però" disse secca " il caso del video non ha nulla a che fare con Yves e mi dispiace che Manech sia così deciso a scontrarsi con lui per qualsiasi cosa"

"Beh, allora grazie per questo chiarimento. Ho fatto convocare comunque vostra madre per parlare della situazione e del comportamento di tuo fratello."

"Potrei chiederle solo un favore, signore? Non dica nulla a mia madre del video, preferirei poi parlarne con lei in privato. Non voglio darle ulteriori preoccupazioni oggi" chiese la ragazza e l'uomo si ritrovò ad annuire lentamente. 

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Carol Monreau era totalmente sgomenta, fissava il volto rigido e contrito del figlio senza capire chi stesse guardando, il suo Manech non era mai stato un ragazzo violento ma poteva ancora chiaramente vedere la furia nei suoi occhi.

"Due settimane" ripetè nuovamente ancora incredula " due settimane di sospensione Manech. Io non riesco veramente a capire come tu possa aver fatto quello che mi hanno riferito, il preside era veramente disgustato dal tuo comportamento"

Il ragazzo non rispose, se ne stava rigido con la schiena contro la testiera del letto e lo sguardo distante.

"Potevi fargli del male sul serio! Ferirlo irrimediabilmente!" continuò ancora la donna "non ti ho nemmeno sentito chiedere scusa o mostrare rimorso, Manech! Dico sul serio, cosa ti succede?"

Il moro continuava a tacere, c'era troppo da dire e allo stesso tempo troppo poco. Aveva capito che la sorella non lo aveva sostenuto, aveva davvero creduto all'innocenza di Yves e persino giustificato Adrien per quel gesto meschino, per cui lui era solo ora.

"Sei sempre stato un ragazzo fiero e orgoglioso, ma mai violento, mai! Non è un comportamento che tollero e che ti ho insegnato!Qualsiasi incomprensione sia nata fra te e quel ragazzo non può essere gestita in questo modo" lo incalzò "dopo tutto il lavoro che hai fatto, lo sai che il preside mi ha dato un ultimatum?"

Lo sapeva fin troppo bene, dopo quelle due settimane la sua presenza in quella scuola era a rischio, se ci fosse stata anche la più piccola lamentela lo avrebbero espulso e addio preparazione per il Conservatorio Nazionale.

Ad un tratto, il suono fastidioso e profetico delle parole di Gaspard gli riecheggiò nell'orecchio.

Pensa alla posizione in cui ti trovi.

Lui era il perdente, quello in bilico, Yves sembrava diventare un mostro sempre più forte e indomabile, sembrava che qualsiasi minimo tentativo di indebolirlo, lo rendeva solo più forte.

"Non si ripeterà" fu l'unica frase che il ragazzo riuscì a formulare sotto lo sguardo ancora incredulo della madre.

"Lo spero bene, perchè io ho sempre creduto in voi e ho fatto del mio meglio per aiutarvi a realizzare i vostri sogni" disse la donna con tono duro " e tu non mi hai mai deluso tanto come in questo momento"

Poi lasciò la camera e Manech si accoccolò sul letto, voltandosi di lato, lasciandosi sommergere da una indescrivibile sensazione di assoluta desolazione.

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 Victoria aveva attraversato a grandi passi il sontuoso corridoio della casa di Yves fino alla sua camera, aveva aperto la porta senza bussare e lo aveva trovato steso a letto.

Il volto livido e sformato dall'ematoma non riusciva a nascondere il sorriso di compiacimento che stava dedicando a Gaspard, mentre parlavano dell'ennesimo progetto meschino.

"Questa è stata l'ultima volta" disse la ragazza con tono perentorio.

I visi di entrambi i ragazzi si voltarono all'unisono interrogativi.

"Di cosa parli?" chiese proprio il moro.

"Di Lucille" rispose con tono secco " questa è l'ultima volta che la mettete in mezzo per fare leva sul fratello, non lo tollererò di nuovo"

"Dio, Vic, stai diventando sentimentale" si intromise Gaspard.

Lei lo fulminò con lo sguardo " e tu stai diventando troppo simile a lui!" poi tornò a guardarli entrambi "adesso lei è una di noi, una delle mie ragazze e abbiamo un codice. Noi le proteggiamo e le tuteliamo, non sarò disposta ad accettare che le sia fatto ancora del danno, chiaro?"

"Chiaro" rispose di getto Yves, sorprendendo la bionda.

Ci fu un momento di silenzio in cui Victoria lo scrutò, alla ricerca di qualche inganno sul suo volto, ma quello se ne stava lì, immobile come una statua, con quegli occhi indecifrabili.

"E io che credevo fossi venuta ad accertarti che stessi bene"

"Nonostante il tuo aspetto, scommetto che tu abbia vinto la guerra. Riprenderemo a occuparci dei nostri affari in pace? Hai finito con le faide di potere?"

Gaspard e Yves si scambiarono un rapido sguardo, un gesto complice di quelli che facevano capire a Victoria quanto fossero fatti della stessa pasta, anche se a lei faceva comodo non credere che fosse così.

"Chissà, quelle, mia cara Vic, non finiscono mai"

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Andrea stava tornando a casa con un senso di oppressione al petto. Etienne procedeva piano lungo il percorso che lo avrebbe portato alla villa dei Clairmont. L'italiano era ben consapevole di quello che lo aspettava una volta tornato lì, sapeva che Yves aveva grandi piani anche per lui. Aveva iniziato a conoscerlo, ogni giorno quel ragazzo mostrava una faccia peggiore di quella del giorno precedente ... capì di aver sottovalutato il pericolo rappresentato da suo cugino, ma allo stesso tempo, quell'ennessimo schiaffo morale, non fece altro che accrescere l'odio ribollente che si sentiva scorrere nelle vene.

Occhio per occhio.

L'idea di mollare tutto non lo sfiorava nemmeno, anzi più le cose peggioravano, più Andrea era animato da un fuoco inestinguibile. Doveva finire il cugino, colpirlo in un modo che lo avrebbe piegato fino a fargli pentire il giorno in cui aveva osato incrociare la sua strada.

Tieni duro. Fatti indietro solo per contrattaccare più forte appena ne avrai la possibilità.

Doveva tenerlo bene in mente, infatti fu con quella risoluzione che fece rientro nella casa dei Clairmont. La villa era in subbuglio come non era mai accaduto in quel mese, sentiva le voci animate di Jacques e sua zia in salotto, poi quella più bassa di Yves. Prese un profondo respiro, mentre vedeva un uomo dall'aspetto distinto venire fuori dalla porta, seguito da Lydia. Sua zia aveva le labbra ridotte ad una fessura rigida, lanciò un'occhiata dardeggiante ad Andrea.

"Vai in salotto." Gli intimò a denti stretti, poi aprì la porta al dottore e lo accompagnò fuori, parlando fitto fitto.

Che cosa aveva raccontato, quel bastardo? Di quante menzogne li aveva riempiti mentre lui era ancora a scuola?

Andrea varcò la soglia con la sua migliore espressione neutra dipinta sul volto. Yves era lì ovviamente, sdraiato sul divano chaise longue con un sacchetto di ghiaccio a coprire la metà tumefatta del suo viso dolorante. Jacques era accanto al figlio, stava scuotendo la testa e la sua espressione cupa peggiorò non appena intravide Andrea. Non fu lui a parlare però, era Lydia ad aver bisogno di spiegazioni dal nipote.

La donna rientrò poco dopo, poi piombò in salotto con aria gelida e si rivolse direttamente al nipote.

"Credi che i miei avvertimenti fossero uno scherzo, Andrea? Pensi davvero di poter abusare in questo modo della nostra ospitalità?" gli chiese in un sussurro, accostandosi subito dopo a Yves.

Andrea si immobilizzò "Non sono stato io a fargli questo! Non so che diavolo vi ha raccontato, ma"

La zia lo interruppe in fretta, era furiosa "Cosa diavolo ci ha raccontato? Cosa stai cercando di dire? Vuoi anche screditare tuo cugino dopo tutto quello è appena successo? Sappiamo com'è andata! Abbiamo parlato con il direttore Marcel! Hai idea della gravità della cosa? Sai come ci siamo sentiti quando abbiamo ricevuto quella telefonata? Yves pestato a sangue da q-quel criminale! Da quel teppista con cui giri!"

Manech un criminale ... Andrea si morse la lingua per evitare di tirare fuori tutto quello che si sentiva dentro in quel preciso istante.

Come potete essere così idioti? Il mostro che state cercando è proprio lì tra voi.

"Non hai nulla da dire? Bene, io ho già provato a chiamare tuo padre una decina di volte, non appena risponderà sarò felice di raccontargli l'accaduto. E' chiaro che questo posto non fa per te. Hai oltrepassato il limite, Andrea" continuò furiosa la donna, sotto le occhiate lievemente allarmate di Jacques.

Poche settimane fa, Andrea avrebbe accolto quella decisione con gioia, ma adesso lo travolse come un uragano. Non poteva tornare a Roma senza prima essersi preso la sua lunga e dolorosa vendetta. Tornare a casa significava lasciare Yves impunito, libero di distruggere la vita alla gente senza conseguenze. Significava dargliela vinta. Ammettere la sconfitta. E questo non poteva succedere.

Andrea fece qualcosa di totalmente inaspettato, si avvicinò a Yves sotto le occhiate confuse degli altri, poi lo fissò e scosse la testa, addolorato.

"Mi dispiace ... non volevo che le cose andassero in questo modo. Cos'ha detto il dottore?"

Se Yves fosse rimasto stupito da quelle parole, non lo diede a vedere. Si limitò a ricambiare l'occhiata del cugino e parlò " sto bene, ma avrei potuto farmi davvero male, Andrea. Te ne rendi conto? Un centimetro più su e il tuo amico mi avrebbe spaccato il naso ..."

Figlio di puttana.

"Cosa diavolo è successo davvero? Perché ha picchiato Yves? Sei stato tu a dirglielo? Io davvero ... mi sembra di impazzire" proruppe Lydia, sempre più agitata.

Fu Yves a parlare "lo avevo avvisato riguardo Manech, anche più di una volta, ma lui non ha voluto ascoltarmi. Continuava a frequentarlo e scommetto che a quel tipo non siano piaciute le mie opinioni riguardo la loro amicizia. Se l'è presa con me alla fine, e questi sono i risultati. Non so se sia stato Andrea ad aizzarlo" spiegò seccamente il francese, sotto le occhiate turbate degli altri.

Andrea era allibito, doveva fare qualcosa e anche in fretta per cercare di salvare il salvabile "No, perché avrei dovuto aizzarlo? Sei mio cugino!" disse con enfasi, nascondendo il fuoco che gli ribolliva nelle vene e minacciava di esplodere.

"Ma non ti sto proprio simpatico, vero?" chiese l'altro, con un sorrisetto amaro sulle labbra, "so cosa pensi di me ... sono un perfettino snob, uno che senza l'aiuto del paparino non concluderebbe nulla nella vita, uno a cui bisogna impartire qualche lezione. Vero, Andrea? Non era quello che dicevi agli altri ragazzi della Saint-Anthèlme?"

"No, mai detto" ribatté con decisione Andrea, mentre una lunga serie di epiteti orribili gli si formavano nella mente. Era un bastardo, un essere abietto e maligno. Un cancro che distruggeva tutto ciò su cui posava lo sguardo.

E lui doveva estirparlo una volta per tutte.

"Sì, forse sono stato invidioso di te" ammise improvvisamente Andrea, mostrando la sua migliore espressione di biasimo "t-tu hai una bella famiglia ... guardati intorno, tuo padre ti adora e mia zia farebbe di tutto per te, mentre io ... mio padre mi ha spedito qui su due piedi, come un peso da cui voleva liberarsi e mia madre ... beh, a lei non importa di me"

Andrea abbassò il viso, Lydia e Jacques avevano trattenuto il respiro dopo quella confessione strappalacrime. Doveva muovere qualcosa in sua zia o altrimenti quella sarebbe stata la fine dei giochi.

"La gelosia mi ha accecato, adesso non mi va più di nasconderlo. Sapevo che ti stavi solo preoccupando per me e che volevi darmi una mano, ma era più semplice ignorarti e basta. Non volevo la tua pietà e credimi, non avevo la minima idea che Manech sarebbe arrivato a tanto ... mi dispiace davvero, Yves."

Quando sollevò gli occhi notò due cose contemporaneamente: la prima era che aveva preso alla sprovvista il cugino con quella patetica ammissione, la seconda riguardava l'atteggiamento degli zii dopo le sue parole. Lydia aveva tirato su col naso e ricacciato il volto in un fazzoletto, mentre Jacques gli si era avvicinato, posizionandogli una mano sulla spalla in un gesto di affetto.

"Andrea, io sono certo che tuo padre abbia agito nel tuo bene. Forse ti sembreranno parole vuote, ma ti assicuro che non è facile tirare su un bambino senza una figura materna ... ci siamo passati anche noi e stai certo che per anni non siamo stati una famiglia modello" Jacques lanciò un'occhiata al figlio, sempre più ammutolito. Poi riprese, "mi auguro che la prossima volta che avrai un problema ne parlerai con noi. Siamo qui per aiutarti ... lo sai, vero?"

Per la prima volta dopo molto tempo, l'italiano sentì qualcosa di simile alla soddisfazione. Si limitò ad annuire piano "Sì, signore Clairmont. Mi pento di tutto davvero ..."

"Chiamami solo Jacques. Adesso va da tua zia e dalle un bell'abbraccio, va bene? Siamo una famiglia, risolveremo tutto. L'importante è comunicare."

No, l'importante è fermare quel fottuto figlio di puttana steso sul divano.

Ma Andrea fece come gli era stato detto, si ritrovò tra le braccia di Lydia che adesso aveva preso a singhiozzare rumorosamente. La sua recita era riuscita molto bene, pensò, forse perché in effetti una grossa parte di lui credeva davvero a quelle parole. Jacques aveva lasciato la stanza poco dopo, Andrea era ancora stretto tra le braccia della zia quando si voltò verso Yves e lo guardò come se avesse voluto ridurlo in cenere.

Sei fottuto. Il cugino lesse perfettamente il labiale dell'italiano, ma non rispose. Era chiaro che non si aspettava quel risvolto. I suoi piani terminavano con il rimpatrio di Andrea e, ancora una volta, non era riuscito nel suo intento finale.

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Era notte fonda quando il cellulare di Rémy iniziò a vibrare. Si svegliò di soprassalto, mentre Amir bofonchiava una lieve protesta accanto a lui. Era Estelle e i battiti del biondo iniziarono a farsi più veloci. Corse fuori dalla stanza e si coprì il petto nudo con un plaid voluminoso abbandonato sul divano, poi uscì in terrazzo e rispose alla chiamata.

Aveva i brividi, ma non era certo che fossero dovuti al venticello fresco della notte, quanto piuttosto a quello che avrebbe scoperto da lì a poco. Se Estelle lo aveva chiamato poteva solo significare che aveva finalmente appreso qualcosa di interessante riguardo il figlio di puttana.

"Estelle. Aspettavo la tua chiamata. Allora?" disse con un filo di voce, ormai del tutto sveglio.

"Ehi, tesoro. Come va?" chiese lei, con grande nonchalance, come se non fossero le cinque del mattino e Rémy non stesse dormendo. Si sentiva una musica bassa, forse jazz, era possibile che Estelle lo avesse chiamato tra un turno di lavoro e un altro.

"Va bene, ma ho Amir a letto. Datti una mossa, non voglio che venga a vedere che succede." disse in fretta Rémy, sempre più impaziente.

La donna sospirò e iniziò a parlare con tono svogliato "bene, andiamo al sodo allora. Ho fatto un po' di domande in giro in questi ultimi giorni, ovviamente niente di troppo incisivo, le ho fatte passare come delle simpatiche chiacchierate tra escort curiose. Comunque alla fine ho appurato che nessuna delle ragazze lo ha mai visto"

Rémy perse le parole, un moto di delusione gli fece stringere lo stomaco "ma come? Ne sei assolutamente certa? Ti assicuro che frequenta l'Heros ogni mese. E' imposs-"

"Fammi finire di parlare, tesoro" lo interruppe subito Estelle, poi la sua voce si fece più bassa, come se non vedesse l'ora di sganciare la bomba, "in effetti ho detto che nessuna ragazza lo ha visto, ma senti un po' ... sembra, invece, che alcuni ragazzi lo conoscano e anche bene!"

Rémy gelò sul posto "Sì, sì. E' un cliente abituale, ne vuole due alla volta, ma stai a sentire bene la sua peculiarità, sembra che non voglia essere toccato da nessuno dei ragazzi! E' questo che li ha sconvolti. Devono solo eseguire i suoi ordini, scoparsi tra loro davanti a lui. E fine! Chi diavolo ha dei soldi da buttare in questo modo? Voglio dire, ti sei comprato uno spettacolo privato da duemila euro, tanto vale darci dentro!

Ma Rémy non stava più ascoltando una sola parola di quello che diceva Estelle. Era così sconvolto da quella rivelazione che gli ci volle più di qualche minuto per riprendere il filo dei suoi pensieri. Ringraziò la ragazza in fretta e poi concluse la telefonata.

Stava ancora tremando, ma di eccitazione stavolta. Che cosa diavolo stava succedendo? Yves, l'omofobo che si intratteneva con dei giovani ragazzi, arrivando perfino a pagarli? Era assurdo, era qualcosa che non avrebbe mai contemplato prima. Eppure ...

Questo spiegava anche molte cose, come il suo atteggiamento sprezzante nei suoi confronti e in quelli di Amir.

Un ragazzino represso, che non si accetta per quello che è. Rabbioso nei confronti di chi invece vive liberamente.

Visto sotto quella luce, trovò che fosse tutto ancora più mostruoso di quanto avesse pensato in un primo momento. Si portò le mani sulle labbra, mentre un nuova consapevolezza lo travolgeva con forza.

Amir sapeva di Yves e della sua omosessualità. Era lui a procurargli quei ragazzi, dopotutto. Forse sperava che prima o poi Yves sarebbe stato pronto ad ammettere ciò che sentiva davvero, forse il suo ragazzo stava solo aspettando quel momento prima di liberarsi di lui.

E se ti stesse usando? E se combattesse l'ossessione che prova per Yves con te? Forse per lui sei solo un oggetto di poco conto. Qualcuno con cui divertirsi mentre aspetta l'uomo che ama davvero.

Quel pensiero orribile gli bloccò il respiro. Prima di quel momento aveva pensato che, qualsiasi cosa fosse successa, Amir non avrebbe mai potuto avere Yves, ma adesso, alla luce di quelle nuove scoperte, quel ragazzino stava diventando una minaccia sempre più reale per la loro relazione.

Si sarebbe liberato di lui. Avrebbe trovato un modo per tenerlo lontano da Amir o magari avrebbe distrutto tutto e basta, ma con la certezza che anche Yves avrebbe finalmente pagato.

Doveva farlo.

ANGOLO AUTRICI:

Visto l'arrivo della santa Pasqua e in assenza di un uovo per tutte voi, abbiamo deciso di fare un doppio aggiornamento questa settimana XD I capitoli sono molto collegati per cui ci è sembrato giusto non far passare troppo tempo. Speriamo sia una sorpresa gradita e vi invitiamo come sempre a commentare e dirci cosa ne pensate della situazione, dei personaggi e del loro modo di affrontarla.

Vi diamo un abbraccio e a Sabato con un nuovo capitolo <3

BLACKSTEEL

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