14. Fiducia
Sentimento di sicurezza che deriva dal confidare in qualcuno o in qualcosa.
Rémy era rimasto incantato a osservare il volto serafico di Amir mentre dormiva. Sembrava la quintessenza della serenità in quel momento. Pensò che lui, invece, aveva smesso di sentirsi sereno da molto tempo ormai. A fatica riuscì a distogliere l'attenzione dal viso prepotentemente bello del suo ragazzo, dalle sue labbra carnose, appena dischiuse nel sonno profondo, da quella ciglia scure come i capelli che erano ancora un po' umidi dopo la doccia che aveva condiviso insieme. E poi c'era il suo corpo, portava i segni di una vita di strada, ma anche quelli di un duro allenamento di boxe perpetrato negli anni. Stare con Amir era come avere un dio personale.
Ci sei cascato di nuovo. Alla fine sei ancora nel suo letto.
Quel pensiero lo fece avvilire. Era ovvio che Amir non lo avrebbe mai preso sul serio, bastava davvero poco per far vacillare la sua volontà e spingerlo di nuovo nelle braccia del più grande. Quanto ci aveva messo quella volta? Una settimana scarsa. Ecco tutto.
Rémy prese un profondo respiro e provò a districarsi dal corpo caldo e rilassato del suo ragazzo, ben attento a far piano per non svegliarlo. Ripensò a quanto era stato bello far pace, Amir gli aveva detto tutto quello che voleva sentirsi dire, era sempre stato bravo a farlo sentire speciale ... ma d'altronde tutto quelle parole perdevano senso quando non si concretizzavano con i fatti. Quella volta Rémy sarebbe andato in fondo alla questione e fu con quel nuovo proposito che afferrò il cellulare di Amir e inserì il pin di sblocco. Diede le spalle al ragazzo, mentre le sue dita si muovevano veloci sul display, a caccia di qualsiasi traccia avrebbe potuto aiutarlo a scoprire di più. Capì che lui e Yves non si scrivevano, perché non c'era nessuna chat tra i due, ma trovò altro. C'era il suo numero tra le chiamate in entrata e in uscita, si erano sentiti sporadicamente e l'ultima telefonata risaliva proprio a due giorni prima. Rémy sentì un brivido freddo percorrergli la schiena, come un cubetto di ghiaccio che si faceva strada sulla pelle bollente.
E a te aveva detto che non avrebbe più trattato alcun affare con lui.
Rémy sapeva che doveva esserci di più. Yves era un cliente ... ma cosa cercava all'Heros? Di sicuro, il biondo sapeva che l'altro odiava gli omosessuali, infatti non perdeva mai l'occasione di elargire insulti a chiunque lo fosse. Allora cos'era che Amir gli offriva?
Rémy posò piano il cellulare dove l'aveva lasciato il suo ragazzo, poi andò a raccogliere il pantalone della tuta che era volato sulla scrivania e si decise a fare il passo successivo. Lanciò un'ultima occhiata al letto, dove Amir continuava a riposare beatamente, poi si diresse fuori, nel corridoio buio dell'appartamento, fino alla studio.
Il suo computer era lì. Rémy non si sedette, si limitò ad abbassarsi sullo schermo, sempre in allerta. Iniziò a cercare tra i documenti, perché era certo che Amir segnava i suoi appuntamenti da qualche parte. Cosa sperava di scoprire? Non lo sapeva, ma aveva bisogno di capire Yves se voleva combatterlo ad armi pari. Dopo dieci minuti buoni e l'ansia alle stelle, Rémy riuscì a trovare il documento giusto. Era una lista di gente e prenotazioni, il nome del francese appariva di rado, ma era lì. Il prossimo appuntamento sarebbe stato il sabato successivo, nella stanza numero 7, dopo la mezzanotte.
Rémy si sentì pervadere dalla rabbia, voleva poter dire che quella scoperta lo aveva sorpreso, però purtroppo non era così. Amir non voleva rinunciare a Yves, c'era qualcosa in lui che lo spingeva verso quello sconosciuto e il biondo poteva fare ben poco a quel proposito.
Ricordava com'era iniziata: da un semplice incontro di lavoro, proprio all'Heros, ormai un anno addietro. I tre erano entrati nel locale a caccia di un socio di cui avevano sentito parlare e lo avevano trovato. Amir era rimasto folgorato da Yves. Rémy aveva visto ogni cosa, dallo sguardo affascinato del suo ragazzo, a quello sprezzante dell'altro, fino alla lunga serie di offese che Amir aveva mandato giù, pur di non perderlo.
Il suo ragazzo era sempre stato molto orgoglioso, ma non con Yves. Con lui diventava docile e curioso, lo tempestava di domande perché desiderava conoscerlo meglio. Ne era attratto in un modo che faceva male. Rémy si sentiva distrutto quando pensava alla sua posizione in quella storia ... non poteva mentire, il modo in cui Amir guardava Yves non poteva essere paragonato al modo in cui guardava lui.
Certo, sapeva che il suo ragazzo gli voleva bene e gli era affezionato ... ma lui non era Yves. Lui aveva dovuto sgomitare e farsi notare per ottenere l'attenzione di Amir tra la marea di ragazzi con cui lavorava e alcuni clienti che apparivano più interessati ad Amir, che agli affari. Aveva dovuto combattere per averlo, si era fatto male, aveva dovuto vincere la gelosia e la paura che gli venisse portato via dal primo ragazzo attraente con cui si fosse trovato da solo. La tentazioni erano ovunque nel loro mestiere, ma Rémy era rimasto saldo sui suoi piedi per due anni interi ... solo che adesso si sentiva smarrito.
Non posso costringerlo ad amarmi. Posso solo andare via o rimanere e combattere.
Non aveva altre opzioni.
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Andrea aveva aggiornato Manech sulle ultime vicissitudini alla festa. Il ragazzo lo aveva ascoltato in silenzio, con aria dimessa, forse fin troppo dimessa, pensò poi l'italiano, bloccandosi un momento.
"Aspetta, mi stai ascoltando? Credevo che un po' di sano sesso col tuo ragazzo ti avrebbe fatto bene. Invece mi ritorni da Plaisir con la faccia di chi deve scontare l'ergastolo per un crimine che non ha neanche commesso."
L'altro sospirò piano, poi si ritrovò addosso lo sguardo luminoso e attento di Andrea che lo incitava a parlare una volta per tutte.
"Non è andata come pensavo. Noi ci siamo ... cioè lui ha deciso che era meglio chiudere. Apparteniamo a due mondi diversi, su questo ha ragione - ammise Manech.
"Ah ... mi dispiace. Cazzo, è stata una bella batosta. Potevi dirmelo subito invece di farmi sproloquiare per mezz'ora su quegli stronzi."
Manech fece spallucce "E a che serve parlarne? Non posso cambiare le cose. Non voglio cambiare le cose" precisò, poi riprese " alla fine è meglio così, abbiamo solo aperto gli occhi ed è stato un bene che sia successo in fretta."
Andrea non era certo che il suo amico lo pensasse davvero, era abbastanza bravo a capire le parole non dette della gente e Manech si stava tenendo dentro parecchie cose. Non voleva forzarlo però, non gli sembrava giusto.
"E' che già mi manca ... e poi mi sento in colpa. Sono stato io ad andar via. A te è mai capitato? Tu non ti sei lasciato nessuno dietro?"
L'italiano preferiva non pensarci, ma poté fare ben poco per contrastare i ricordi dei suoi amici, ancora meno per quelli che riguardavano Thomas. Se chiudeva gli occhi poteva ancora percepire il profumo del suo shampoo alla menta, così fresco e pungente come quelle serate invernali trascorse in giro per la città, dove Roma sembrava piegarsi di fronte alla loro volontà.
"Lascia perdere. A che serve pensare al passato quando il nostro presente è così incasinato?" Andrea si era ripreso in fretta e la sua risoluzione sembrò risvegliare anche Manech che assunse subito un'aria più attenta.
"Sì, cosa mi stavi dicendo? Hai dato un'occhiata anche a mia sorella? Quelle ragazze con cui esce mi danno i brividi."
"Sì, era con loro ieri. Totalmente a suo agio, ha anche attirato l'attenzione di un tipo, lo vedo spesso nel corso del professor Lutién. Forse si sono anche appartati dopo, ma ero più preso dal fronte bestie di satana" dovette ammettere l'italiano con aria eccitata " e come ti stavo dicendo, quel tipo è saltato fuori di nuovo. E' sicuramente più grande e parlava con mio cugino. Giurerei che c'è stato uno scambio, forse una busta con del denaro."
Il mistero si infittiva e Andrea era sempre più certo che gli serviva più di una spalla per andare a fondo alla questione. Aveva bisogno di gente che tenesse sotto sorveglianza Yves durante i suoi vagabondaggi notturni, perché era chiaro che lui da solo non ce l'avrebbe fatta.
"Scambio di denaro? Che ci sia della droga sotto?" Manech si portò una mano sul volto tirato. Poi la sua attenzione ricadde sulla strada, era più o meno nel locale dove avrebbe dovuto vedere Gael ormai.
"Non ne ho idea, ma non credo ci sia uno spaccio fiorente nella scuola ... niente di grosso, insomma. Deve esserci dell'altro" rifletté Andrea, sempre più confuso, solo dopo qualche attimo si rese conto di essere arrivato a destinazione, " beh, adesso ti lascio. Va dal tuo amico, io è meglio se torno a casa, Yves dovrebbe essere lì e io non intendo perderlo di vista."
"Ma no, perché non entri anche tu? Il tempo di una birra e vai via."
Alla fine Andrea accettò e fu lì che fece la conoscenza di Gael. Era un bel ragazzo, di qualche anno più grande di Manech, con un atteggiamento piuttosto spigliato, aveva un modo di esporsi che non prevedeva alcun filtro e forse fu per questo che ad Andrea piacque sin da subito. Bastò scambiarci qualche parola per capire che idea si fosse fatto della situazione scolastica dei due.
"Sono totalmente dalla vostra parte, l'ho già chiarito a Manech. Nessun figlio di puttana snob può permettersi di rovinargli la vita" disse con ferocia, fissando Andrea " si accaniscono perché state reagendo ed è qualcosa a cui non sono abituati ovviamente."
"Il problema è che in questo momento non abbiamo un cazzo in mano" chiarì l'italiano, prima di immergersi nella sua pinta di birra, "sappiamo che sta succedendo qualcosa di grosso, ma non sappiamo cosa. E questo mi fa incazzare. L'ho anche seguito un paio di sere. La prima volta l'ho perso dopo poco, ma la seconda sono riuscito a seguirlo fino a Montmartre per poi perderlo di vista nella calca di gente, tra i locali."
Gael si portò una mano sulle labbra, sembrava pensieroso "frequento spesso Montmartre, è dove suono di solito. Ti ricordi più o meno qualche locale in particolare?"
Andrea ci pensò con attenzione, poi provò a spiegare i pochi dettagli che ricordava. C'era una grossa insegna al neon rossa che Gael interpretò come un negozio che conosceva "Ok, è la via dei club. Potrebbe essere perfino l'Hermès."
"Cazzo, ho fatto lì il provino per suonare" disse Manech "non mi hanno preso solo perché sono troppo giovane, avrei potuto spiarli se fossero stati lì"
"E poi si è visto con un uomo, uno più grande" riprese Andrea " uno losco, ben piazzato. E sono quasi certo che lo abbiano pagato. Quel tipo lo avevo già visto, aveva portato Yves a casa una mattina, guidava una Range Rover nera."
Gael era rimasto in silenzio, mentre il suo cervello lavorava incessantemente, poi aveva parlato "sentite, fatevi un giro tra i club che vi invierò più tardi, sono certo che sia uno di questi. E sì, lì c'è di tutto, dalla droga alla prostituzione. Anche se non ce li vedo dei liceali a cercare delle prostitute ..."
"Infatti non ha senso" commentò Andrea. Di sicuro Yves non era a caccia di una escort. Ricordava il suo modo esagerato di reagire di fronte al sesso o anche solo a qualsiasi battuta a sfondo sessuale.
"Ti aiuterò anch'io, Andrea. Non ho dimenticato quello che mi hanno fatto, né il clima di merda in cui mi costringono ad andare a scuola. Da ora in poi lo controlleremo in due, se esce di casa tu lo segui e mi chiami subito ... sarà più facile capire dove vanno" disse Manech con decisione.
"Terrò gli occhi aperti anch'io. Fatemi vedere una foto del trio, è possibile che abbiano frequentato dei locali in cui suono."
In effetti era così, Gael non riuscì a dire nulla su Yves e Gaspard, ma era certo di aver già visto Victoria qualche altra volta.
"Sì, è passata all'Hermès ... è parecchio bella, è una che si nota. La vedo sempre con gente diversa e credo che conosca il gestore del locale, perché hanno interagito spesso." Gael parlava in fretta, mentre osservava la foto sul cellulare di Andrea.
"Con che gente?"
"Uomini per lo più. Bevono qualcosa, parlano e poi vanno via."
Andrea non sapeva se erano vicini a una scoperta o meno. Personalmente voleva mettere le mani su Yves, voleva rovinargli la vita, fargli bere lo stesso veleno che il cugino somministrava a chi voleva punire.
Voleva fargli capire che anche uno come lui poteva cadere in basso. E si sa che la caduta più rovinosa è anche quella più inaspettata.
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Lucille era al settimo cielo, non riusciva a credere che la sua vita avesse preso una piega del genere. Solo la settimana precedente era isolata, senza amiche e senza alcuna possibilità di farsene, ma ora, finalmente era tutto come prima. Veniva invitata alle feste, aveva degli impegni pomeridiani e un gruppo di ragazze con cui uscire e condividere interessi comuni.
Qualcuno avrebbe potuto dire che tutto quello non valeva il prezzo che Lucille avrebbe pagato per averlo, ma la ragazza non era per nulla pentita.
Andrà bene, stai giocando alle tue condizioni.
Era così del resto, tutti, compresa Victoria, glielo avevano assicurato, si sarebbe spinta finchè voleva, non c'erano obblighi in quel senso, ogni incarico era misurato alla ragazza ed era tutta gente perbene, uomini rispettabili in ricerca di discrezione.
Ad un tratto l'attenzione della ragazza si era spostata su un suono proveniente dal suo telefono, si avvicinò rapidamente e vide un messaggio sullo schermo. Il sorriso le fiorì in volto senza che nemmeno se ne rendesse conto, quel messaggio era da parte di Adrien. Era un ragazzo che aveva già notato a scuola qualche volta ma poi, durante la festa della sera precedente, lui aveva notato lei.
Avevano cominciato a parlare, erano persino rimasti soli e a lei non era mai sembrata una cosa tanto naturale.
Il messaggio sul suo telefono diceva ' Ho sentito questa e ho pensato a te' e in allegato c'era un link, quando cliccò sul collegamento la canzone Perfect di Ed Sheeran cominciò a suonare e lo stomaco della ragazza ebbe un fremito. Non gli sembrò di aver conosciuto mai un ragazzo dolce e romantico come Adrien e si precipitò anche lei a replicare ' Ieri è stato perfetto, sono veramente felice di averti conosciuto. Non vedo l'ora di vederti a scuola'
Quel momento di spensieratezza fu bruscamente interrotto dall'arrivo di un altro messaggio, questa volta da parte di Victoria.
'Tocca a te stasera' solo quelle brevi parole e un indirizzo, era lì che doveva recarsi ma non aveva la più pallida idea di cosa fare. Credeva che qualcuno le avrebbe spiegato qualcosa ma sembrava non essere così. Che altra scelta aveva?
Ingoiò la tensione che le stava risalendo dallo stomaco e si diresse verso l'armadio, in una scatola ben nascosta c'era un bellissimo vestito da sera che Victoria le aveva comprato in vista del suo primo lavoro. Inspirò profondamente e non perse tempo nell'indossarlo.
Manech aveva sentito una serie di rumori provenire dalla stanza accanto alla sua, le pareti erano abbastanza sottili da permettere al ragazzo di distinguere il ticchettio di scarpe con il tacco e la porta aprirsi.
Si precipitò nel corridoio giusto in tempo per notare la sorella pronta a uscire. Gli ci volle un secondo per accertarsi che fosse lei, la sua silhouette veniva messa in risalto da un paio di scarpe con il tacco sottile e il corpo fasciato da un vestito nero di fattura pregiata, in seta, aveva persino raccolto i capelli in uno chignon elegante.
"Esci anche stasera?" chiese lui tradendo lo stupore e l'apprensione per ciò che stava vedendo.
"Sì, faccio un giro con le ragazze" rispose frettolosamente.
" E dove lo fate questo giro, al red carpet?" commentò ironico l'altro.
Lei scosse la testa e aprì la porta ignorando totalmente l'espressione scettica sul volto del fratello, la richiuse alle sue spalle e si mise in marcia.
L'indirizzo del messaggio non era lontano da casa sua, poco meno di dieci minuti a piedi, ma ogni passo che compiva sentiva l'agitazione montarle dentro come uno tsunami.
Si fermò nel mezzo del marciapiede, facendo saettare gli occhi da un angolo all'altro della strada poco trafficata. Ad un tratto scorse una macchina svoltare l'angolo e le toccò sedare l'ennesimo sussulto mentre l'autista si accostava al marciapiede.
Il finestrino si abbassò lasciando intravedere la figura di Gaspard.
"Sali"
Lucille era spiazzata, non si sarebbe mai aspettata di vedere lui ma fece come gli era stato detto, prendendo posto nel sedile del passeggero senza fare obiezioni. Così l'auto riprese a muoversi.
La ragazza non sapeva cosa dire, lanciò qualche volta delle occhiate verso il biondo nella speranza di cogliere qualcosa dal suo sguardo ma lui sembrava una maschera impenetrabile. Alla fine, dopo aver rallentato nei pressi di un semaforo, cominciò a parlare.
"Ti spiegherò tutto solo una volta, quindi vedi di ascoltare attentamente" cominciò e la ragazza si drizzò meglio sul sedile "quando c'è un lavoro o io o uno dei miei collaboratori portiamo le ragazze sul posto. Noi vi portiamo, noi vi veniamo a prendere. Non siete obbligate ad accettare passaggi da nessuno a meno che non lo decidiate prima. Solitamente i posti in cui vi portiamo sono stati controllati e approvati anche da noi per cui non correte pericoli ma se vi mettete a fare le stupide poi non venite a piangere da me"
Lucille annuì febbrilmente.
"E' il tuo primo incarico, quindi è una cosa semplice. Accompagnerai il cliente ad una cena per festeggiare la sua promozione, l'hanno organizzata alcuni colleghi in una saletta privata di un hotel. Vuole fare il gallo del pollaio sfoggiando una ragazza giovane e carina, è tutto quello che dovrai fare" disse "sorridi, riempirgli il bicchiere e fai finta te ne freghi qualcosa. Il tutto finirà intorno alle due e io ti riporterò a casa" poi recuperò un vecchio telefono dal cruscotto, uno di quei modelli che non si vedevano più in giro " questo portalo con te, se premi il tasto uno manderai la chiamata al mio telefono e io farò irruzione per riprenderti. Sia chiaro, deve essere una fottuta emergenza, se te la fai sotto per questo lavoro non sono problemi miei, chiaro?"
"Chiarissimo" rispose lei con il cuore che gli rimbombava nelle orecchie " è mai successo? Che tu abbia dovuto riprendere qualcuna che ... era nei casini"
"E' successo" confermò con quel tono che non tradiva la minima emozione, tanto che Lucille si chiese se Gaspard fosse davvero umano "noi sappiamo gestire ogni genere di emergenza, tu fai il tuo e noi il nostro, pulito e liscio"
La ragazza era tanto concentrata da non rendersi conto che l'auto aveva continuato a farsi strada in città e alla fine si era fermata ad un marciapiede di distanza da un Hotel di lusso a cinque stelle.
"Il tuo obiettivo si chiama Basil Petit, ti starà già aspettando" disse alla fine ma prima che la ragazza potesse lasciare l'auto aggiunse "conta solo quello che vuoi tu. Qualsiasi cosa ti propone sentiti libera di rifiutare, fino all'ultimo. Ti osserviamo, Lucille e hai il telefono, le ragazze furbe sanno quale è il proprio limite, chiaro? E' una regola generale"
Lei annuì e per la prima volta da quando Gaspard aveva cominciato il suo discorso, quelle le erano sembrate le uniche parole incoraggianti. Non aveva nulla da temere, aveva messo il telefono nella borsa e quell'uomo era qualcuno di affidabile, ma qual'ora non lo fosse stato Gaspard le avrebbe guardato le spalle.
Questione di fiducia.
Ne era rimasta stupita, sentiva di essersi messa in un giro pericoloso ma allo stesso tempo percepiva di essersi unita in una piccola realtà di persone che si guardavano le spalle a vicenda.
Lucille camminò con passo svelto e sicuro fino all'interno della hall, l'agitazione la catturò nuovamente quando cominciò a guardarsi intorno ma poi notò qualcuno. Un uomo con un abito elegante e dal volto sorridente si stava dirigendo verso di lei.
"Lucille, dico bene?" chiese porgendo una mano verso di lei.
Non aveva più di cinquant'anni penso, osservando alcuni fili bianchi tra i capelli ordinatamente pettinati. Prese la mano e ricambiò il sorriso, ricordando le parole che Gaspard le aveva detto poco prima: sorridere, essere gentili e la serata fila liscia.
"Esatto, lei è il signor Petit? Sono molto lieta di conoscerla"
"Oh, ti prego. Chiamami Basil e dammi del tu, sono felice di poter passare questa serata con te" commentò l'altro porgendole il braccio.
"Allora, congratulazioni per la promozione, Basil" disse stringendosi a lui e lasciandosi guidare lungo la sala.
Alla fine il luogo in cui era stata allestita la cena era una saletta dove c'erano solo gli invitati, Lucille capì che erano solo i membri della compagnia, a bere, fumare sigari e farsi coccolare da belle donne. Quando si era seduta al tavolo aveva notato che c'erano altre donne, più grandi di lei ma chiaramente lì per l'occasione.
Sentiva ancora montare dentro di sè nervosismo certe volte, soprattutto quando l'uomo le cingeva i fianchi così buttò giù alcuni bicchieri di Champagne e questo la aiutò a rilassarsi.
Sorridi e andrà tutto bene, continua a sorridere.
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Gaspard non aveva lasciato la sua postazione dopo che la ragazza era scesa dall'auto, tutt'altro, si era messo comodo e aveva tirato fuori la sua macchina fotografica professionale. Sapeva bene che non occorreva raccogliere prove di incontri come quello, ma non si trattava di affari quella volta.
Era come un bisogno, una necessità che cominciava a premere da qualche parte nel cervello di Gaspard che lo obbligava a tenere traccia di tutto, archiviare chiunque entrasse nelle loro vite, anche il più anonimo dei clienti.
Forse sei più pazzo di quanto non credi.
Era semplice raccontarsi che per proteggere i suoi amici controllava chiunque conoscessero, ma quando si trattava di cose come quella, Gaspard riusciva quasi ad ammettere quanto ritenesse insopportabile il non sapere. L'ultima volta in cui gli era sfuggito qualcosa sua madre era sparita per sempre dalla sua vita e mai più avrebbe ripetuto quell'errore.
Chiudi gli occhi, amore mio.
Non quella volta, non di nuovo. Portò l'obiettivo della macchina verso i due e scatto alcune foto prima che sparissero, poi annotò il nome dell'uomo e l'orario dell'appuntamento nel suo libro maestro. Alla fine non gli restava che attendere.
Poco dopo l'una notò che un gruppo di persone venne fuori dall'Hotel, scattò ancora delle foto e poi vide Lucille salutare il gruppo e dirigersi verso di lui con aria sognante.
Non disse niente quando la ragazza si accomodò in macchina, si limitò semplicemente a mettere in moto e partire.
"E' stato assurdo" fu Lucille a prendere la parola " non mi era mai successo di fare una cosa del genere. Ho bevuto Champagne e mangiato filetto pregiato, figurati che non c'erano nemmeno i prezzi accanto ai piatti!"
Una parte di Gaspard trovò divertente quanto poco la ragazza sapesse di quel genere di ambiente.
"I posti particolarmente ricercati e costosi non hanno i prezzi nei menù. Se vai lì si da per scontato che tu abbia parecchi soldi da spendere" replicò il biondo " tutto liscio immagino"
"Ero leggermente tesa, sai per tutti quegli sguardi e quelle attenzioni ma poi mi sono ricordata quello che hai detto e ho continuato a sorridere e respirare ed è andata alla grande" comunicò soddisfatta.
"Brava ragazza"
Lucille sorrise nuovamente, non sapeva perchè ma dopo tutta quella tensione adesso si sentiva preda dell'adrenalina e la sua mente quasi galleggiava.
"Però non mi ha dato i soldi, è voi che pagano?" chiese.
"Sì, sempre in anticipo tramite dei conti sicuri" spiegò " adesso verrà aperto un conto a tuo nome, in una banca fidata, avrai una carta in cui verranno poi depositati i tuoi compensi. In una settimana sarà pronta"
"Cavolo, non riesco a crederci" dichiarò la ragazza ancora incredula.
"Ricordati che tu non hai lo stesso standard di vita delle altre ragazze. Cerca di usare i tuoi soldi saggiamente e tieni il naso di tuo fratello lontano da questi affari, lo stesso vale per i tuoi genitori. Se solo sospettiamo che lo hai detto a qualcuno ..."
"Non temere" lo interruppe " è tutto molto chiaro, ti assicuro che puoi fidarti di me, terrò il segreto e non combinerò casini"
Ci fu una lunga pausa ma poi la risposta di Gaspard non tardò ad arrivare " io non mi fido di nessuno"
L'auto arrestò la sua corsa nel punto in cui era andata a prenderla ore prima, era arrivato il momento di tornare a casa e lasciare i ricordi di quello che era successo racchiusi in quella notte. Non ne avrebbe parlato con nessuno e non ci avrebbe pensato più di tanto, era questa la via che Lucille aveva scelto.
"La prossima volta non venire già vestita" disse ad un tratto Gaspard attirando la sua attenzione " metti il cambio in uno zaino e indossa i tuoi vestiti normali, se esci così potresti attirare l'attenzione. Penseremo a fare una sosta in cui tu possa sistemarti per la serata"
Lei annuì " allora ... grazie, suppongo"
Lo sguardo del ragazzo tornò fisso sulla strada davanti a lui "non ringraziarmi, va' a dormire"
Lei chiuse lo sportello e si voltò, pronta a percorrere quel breve tratto fino a casa, stando bene attenta a non svegliare nessuno al rientro. Notò che la macchina di Gaspard rimase lì fino a quando lei non fu quasi a casa e si chiese come mai quel ragazzo si prendesse tante premure nei suoi confronti quando poi aveva un atteggiamento tanto gelido.
Pensò che a modo suo anche Gaspard era assolutamente particolare, un pò come Victoria aveva il suo fascino magnetico, anche lui nascondeva qualcosa che attirava le persone, forse suo malgrado.
ANGOLO AUTRICI:
E pur si muove XD nonostante la lentezza la trama si sta complicando sempre di più. I personaggi continuano ad intrecciarsi e le situazioni si fanno al quanto spinose. Il debutto di Lucille nel club nella scuola è finalmente arrivato! Gaspard è stato più gentile di quanto tutti avrebbero potuto pensare XD Detto questo tocca a voi parlare e dirci cosa ne pensate del capitolo, delle scoperte che state facendo e delle teorie che vi vengono in mente. Come sempre ci vediamo alla prossimaaa
BLACKSTEEL
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