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11. Cerchia

In foto: Gael Blanc

Insieme di persone con un obiettivo comune.

Lucille non riusciva ancora a credere alle poche righe che aveva letto sul suo telefono, eppure quelle parole era lì, nero su bianco. Victoria le aveva chiesto di vedersi nel pomeriggio, sarebbe uscita a prendere un tè con alcune amiche e voleva che si unisse a loro.

La ragazza aveva setacciato attentamente il suo armadio alla ricerca del vestito giusto, voleva disperatamente fare una buona impressione e scacciare quell'alone di mediocrità che si sentiva attaccato addosso.

Non sarebbe stato semplice, soprattutto per l'ennesima situazione imbarazzante, Manech aveva evidentemente pestato i piedi a qualcuno e la sua vita sociale ne avrebbe risentito, a meno che non si sarebbe conquistata l'amicizia di Victoria.

Puoi farcela, Lucille.

Cercò di incoraggiarsi mentre sistemava meglio la gonna a vita alta ed i capelli, in quel momento proprio il fratello fece capolino nella sua camera.

"Non dirmi che tutta questa preparazione serve a incontrare quelle idiote della scuola" aveva commentato scuotendo la testa.

"Lascia perdere, tanto non capiresti" disse secca e prese la giacca e la borsa.

"Capisco fin troppo bene. Lo sai che la tua amica Victoria è solo una stronza del cazzo, vero?" continuò il ragazzo mentre vedeva la sorella tentare di ignorarlo.

"Non so perchè tu ti ostini sempre a litigare con tutti, ma lasciami fuori dalle tue questioni. Grazie tante"

Non attese che il fratello aggiungesse altro, lasciò la stanza con il cuore a mille, diretta verso il Cafè in cui Victoria la stava aspettando.

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Fra i tavoli affollati di quel pomeriggio, uno in particolare spiccava per essere occupato da un gruppo di ragazze sorridenti e bellissime.

Victoria era al centro di quel gruppetto ed era chiaro come le altre pendessero dalle sue labbra, aveva portato i suoi occhi luminosi lungo il marciapiede, pronta a scorgere l'arrivo della sua ospite.

"Ma stiamo davvero aspettando quella lì?" chiese Amelie.

"Cerchiamo di non essere troppo prevenute, d'altronde un'occasione non si nega a nessuno" mormorò la bionda.

Poi le ragazze notarono la figura di Lucille venire verso di loro, sembrava leggermente intimidita ma proseguiva con passo svelto. Victoria notò la sua andatura elegante e il fisico snello fasciato malamente da quei vestiti da grande magazzino.

"Di certo avrà bisogno di qualche ritocco, ma c'è decisamente del potenziale" concluse la bionda prima che l'altra fosse abbastanza vicina da sentirla.

Lucille arrestò il passo quando fu davanti al gruppetto, era nervosa ma non lo diede a vedere, piuttosto sorrise.

"Wow questo posto è davvero splendido" esclamò " grazie ancora per l'invito"

"Ma ti pare" rispose Victoria " prego accomodati, sei mia ospite oggi. Ti presento il resto della banda, loro sono: Amelie, Elodie e Nadine"

"E' un piacere ragazze"

"Allora, sei nuova. Cosa ti porta a Parigi esattamente?" chiese Amelie squadrandola da cima a fondo.

"Mia madre si è trasferita per lavoro, così io e mio fratello l'abbiamo seguita. In realtà sono un'appassionata di moda, venire a vivere qui è un sogno" disse la ragazza con il cuore in gola.

Le tre si scambiarono un'occhiata complice " Manech, giusto? Tuo fratello non passa inosservato"

Lucielle si sentì avvampare "già lui ... riesce sempre a trovare modi per irritare il prossimo ma io non sono così"

"Ah no? E che tipo sei?" chiese Elodie.

"Sono molto socievole, facevo parte di diversi comitati a scuola, mi piacerebbe unirmi a qualche club studentesco anche qui ..."

Lucille restò un momento spiazzata quando vide le tre scoppiare a ridere improvvisamente e poi scambiarsi delle occhiate complici. Sentiva che qualcosa le stava sfuggendo, qualcosa di grosso ed essenziale. Era sempre così quando si trovava davanti a delle ragazze di quella scuola, era come se le frasi che si scambiavano sottovoce facessero parte di qualcosa di più grande che a lei veniva precluso.

"Sai Lucille" disse ad un tratto Victoria, inchiodandola con il suo sguardo penetrante "Al Saint-Anthèlme c'è solo un club che conta davvero, mi piacerebbe capire se tu hai la stoffa per farne parte"

Il tono della discussione aveva improvvisamente preso una piega inaspettata, Lucille capì che di qualsiasi cosa si trattasse non doveva essere per scolarette.

"Sono una che non si tira indietro, di cosa si tratta?" domandò curiosa.

"Vedi, noi ragazze siamo come una grande famiglia. Per questo ti è sembrato di non riuscire ad inserirti a dovere, noi ci proteggiamo a vicenda e proteggiamo il nostro piccolo segreto" spiegò la bionda " ed una volta venuta a conoscenza del segreto non potrai mai rivelarlo a nessuno. Anche se non sarai dei nostri non potrai comunque tradire la nostra fiducia, altrimenti te ne faremo pentire molto amaramente, ci siamo capite?"

Il cuore di Lucille aveva cominciato a battere, la curiosità era più forte di una minaccia come quella, e più di ogni altra cosa, si sentiva ad un passo dall'appartenere di nuovo ad una cerchia ristretta.

"Sono una persona di parola, qualsiasi cosa mi direte non la rivelerò. Ve lo assicuro" rispose convinta.

"Bene, allora ti parlerò del nostro circolo. Ci siamo dentro tutte o comunque la maggior parte, si tratta di certe faccende che sbrighiamo in cambio di compensi generosi" disse Victoria avvicinandosi di più al volto della ragazza.

"Un lavoro?" chiese titubante.

"Non proprio, sai i lavoro sono noiosi, qui si tratta di divertimento" rispose Amelie.

"Siamo in contatto con un giro di uomini d'affari, gente di un certo livello che viaggia spesso e non ama cenare da sola. Uomini rispettosi che hanno voglia di passare del tempo e conversare con delle ragazze giovani e brillanti" spiegò Victoria.

"Cene d'affari, incontri e alcune feste. Roba per cui serve un accompagnatrice di un certo livello, che non li faccia sfigurare" concluse Elodie.

Lucille non poteva credere a quello che stava sentendo, le ragazze più belle e ammirate della scuola passavano le serate a intrattenere degli sconosciuti.

"Ma cosa ne avete in cambio? Cosa ..." non era certa di riuscire a porre le domande giuste in quel momento.

"Veniamo pagate profumatamente e questo ci da la libertà economica di condurre lo stile di vita che vogliamo senza chiedere ai nostri genitori. Per non parlare delle possibilità che hai quando conosci certe persone, dei favori che puoi chiedere e del potere che ottieni" spiegò Nadine.

"Ma voi ... ci fate sesso?" Lucille aveva il cuore in gola quando diede voce a quell'ennesimo interrogativo ma i volti delle altre ragazze rimasero imperturbati.

"E' un giro assolutamente sicuro, Lucille" rispose Victoria "ogni ragazza può scegliere cosa fare e che tipo di intrattenimento fornire. Non ti mentirò, alcune di loro vanno al letto con quegli uomini, ma esclusivamente per libera scelta"

"Siamo protette" disse Elodie facendo un rapido occhiolino " abbiamo un angelo custode che veglia su di noi per tutto il tempo"

A quel punto non restava che l'ultima di quella serie di domande che la mora aveva in testa e che ormai non riusciva più a trattenere.

"Mi state dicendo tutto questo ..." cominciò esitante " perchè volete che io mi unisca a voi?"

A quel punto scese un silenzio carico di tensione, per un momento la ragazza quasi si pentì di aver fatto quella domanda, ma poi Victoria tornò a sporgersi leggermente verso di lei, illuminandola con uno di quei sorrisi magnetici.

"Come avrai potuto intuire, questo nostro piccolo club è decisamente esclusivo e ristretto. Siamo tante ma assolutamente fidate, se abbiamo deciso di parlarne con te è perché noi vediamo un certo potenziale" cominciò "vediamo che sei ambiziosa e che vuoi emergere; parliamoci chiaro da una famiglia come la tua non si può avere tutto. Tutti i contatti, tutti i soldi che servono e le possibilità, potresti guadagnare tanto da pagarti l'Accademia di moda"

Quelle parole colpirono Lucille nel profondo, come se stessero parlando ad una parte oscura e remota della sua mente che la ragazza a stento era cosciente di avere ma che era importante.

"Ti diamo la possibilità di scegliere e se accetterai sarai una di noi" disse Nadine.

"Altrimenti proseguirai la tua vita come sempre" terminò Elodie " con un segreto da mantenere e nessun vantaggio dalla tua parte. C'è chi ha rifiutato, non è poi un dramma se sei felice di come ti vanno le cose"

Lucille strinse i pugni " E se ... decidessi di accettare e poi lo facessi per un po', potrei smettere quando voglio, giusto?"

Victoria sorrise soddisfatta " Assolutamente, non c'è nessun contratto che ti obbliga a fare nulla, dipende tutto da te"

Lucille strinse ancora di più le mani l'una nell'altra, nonostante le belle parole usate dalle altre ragazze una parte di lei sapeva esattamente di che genere di attività si trattava. Il club della scuola più esclusiva di Parigi non era altro che un circolo di prostituzione, poco importava se non doveva togliersi i vestiti.

Non si era mai trovata davanti ad una situazione del genere ed ebbe paura di se stessa quando si rese conto che quella prospettiva non la nauseava come avrebbe dovuto. Sulla carta sembrava perfetto, avrebbe avuto soldi, amicizie e qualche possibilità in più di farcela se avesse giocato bene le sue carte.

Poteva entrare a testa alta a scuola e far parte di quel gruppo di ragazze che custodiva un segreto, che si incontrava e sussurrava agli angoli del corridoio, avrebbe ancora potuto uscire e bere del tè con Victoria in quel bellissimo Cafè.

Sembrava folle, sciocco e rischioso sotto ogni punto di vista, eppure Lucille lo considerò davvero.

"Devo darvi una risposta subito?" chiese sulle spine.

"Oh no, hai qualche giorno per pensarci. Rispetteremo i tuoi tempi" rispose Victoria con il suo solito tono pacato.

Le ragazze passarono il pomeriggio insieme, Lucille le osservò fare compere in negozi meravigliosi che trattavano alta sartoria e lasciò che le sue fantasie galoppassero su quelle vetrine.

Alla fine del pomeriggio Lucille le salutò diretta verso casa mentre le tre si lanciarono un ultimo sguardo, cercando di fare congetture su quell'incontro.

"Mi è sembrata esitante, dite che accetterà?" chiese Amelie.

"Non ho alcun dubbio che lo farà" commentò Victoria, con un sorriso soddisfatto in volto.

Tirò fuori il suo telefono e scrisse rapidamente un messaggio agli altri due amici, su un numero sicuro che condividevano per gestire il loro giro di affari.

'Ho parlato con il nostro fiorellino, qualche giorno e sarà nostra. Tutto come previsto'

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Yves aveva mandato giù un antidolorifico. Quel mal di testa lo tormentava dalla mattina ormai. Stare dietro alle lezioni, agli affari e a qualsiasi cosa potesse sfuggire al suo controllo era un lavoro che richiedeva la massima attenzione e spesso anche il suo riposo. Dormire era diventato sempre più difficile, le sue notti erano infestate di incubi e ricordi che non riusciva a scacciare via.

Forse è per questo che hai successo. Forse il trucco è non dormire mai.

Ma quel pensiero non lo rincuorava, quel pomeriggio si sentiva prosciugato da tutte le energie, anche più del solito. Era piegato su un enorme dizionario di Latino, quando suo padre rientrò in casa e si diresse verso il salotto.

Yves fu sorpreso di vederlo rientrare così presto, sapeva che lui e Lydia passavano la maggior parte del tempo al Louvre per organizzare l'arrivo di un paio di pezzi assolutamente imperdibili.

"Hai una brutta cera ... dovresti dormire di più, figliolo." sospirò il padre, poi si lasciò scivolare sul divano accanto al ragazzo.

"Potrei farti notare la stessa cosa. Dirigi quel posto, pensavo che potessi delegare i lavori più pesanti a qualcun altro."

Jacques fece un sorriso stanco "Se vuoi fare una cosa come si deve, non delegare mai niente a nessuno."

Lo so, papà. Lo so bene.

Il sorriso dell'uomo si era fatto tentennante mentre osservava il figlio scorrere lentamente le pagine del suo dizionario. Era combattuto, da giorni ormai cercava di rimandare quella conversazione, ben conscio che le sue parole avrebbero fatto scattare Yves. Eppure era arrivato il momento di affrontare la cosa, erano da soli e rimandare non avrebbe portato a nulla, eccetto prolungare quell'agonia.

"Senti Yves, la settimana scorsa mi ha contattato Robertson, il nostro avvocato" iniziò l'uomo. Yves si era irrigidito immediatamente, aveva lasciato perdere il libro per dedicare tutta la sua attenzione al padre. Poi continuò "ha ricevuto la data del processo. E' tra due mesi e crede sia arrivato il momento di pensare ad una strategia. Vuole sentirti. Vuole conoscere tutta la storia, per non lasciare niente al caso. Non vogliamo sorprese."

La sensazione che Yves provava di fronte a quelle parole era sempre la stessa, come se il suo petto fosse stato stretto in una morsa di gelo e acciaio. Era difficile respirare, ancora di più fingere che tutto andasse bene.

"Non testimonierò. Pensavo di essere stato chiaro." disse con voce flebile.

"Yves, non riesco a capire. Chi, più di te, potrebbe volerli vedere pagare per quello che hanno fatto? Questo processo potrebbe distruggerli! Non è quello che vuoi?"

E se distruggesse me, papà?

Il ragazzo scattò in piedi, facendo cadere con un tonfo il grosso libro dalle sue gambe "Ti risulta così difficile capire che io non voglia più avere a che fare con quel posto e con quella gente? N-non testimonierò!"

"Ma Yves ... è un modo per chiudere la vicenda! Ti sta bene pensare che quella gente non verrà punita come merita? La tua testimonianza è la chiave per una condanna esemplare!"

"Ci sono altre persone che testimonieranno, verranno condannati comunque."

Lasciami in pace, ti prego. Lasciami dimenticare.

"Mi dispiace, ma non sono d'accordo, figlio mio. Quello che è accaduto è stato disumano ..."

Tu non sai niente. Tu mi hai lasciato lì e basta.

Ma Yves non aveva la forza di dibattere con lui. Qualsiasi accenno a quel posto gli faceva venire la nausea in un modo così violento che anche in quell'istante si sentiva sul punto di vomitare. Così scosse la testa, incapace di aggiungere altro e si diresse in fretta al piano di sopra, nella sicurezza della sua camera. Provò a respirare a pieni polmoni per contrastare quel senso di nausea opprimente che gli stringeva l'esofago.

Questo è un inferno dal quale non è possibile riemergere.

Yves crollò sul letto a baldacchino, aveva le mani che tremavano e ci volle più di qualche minuto per riprendere il controllo totale del suo corpo. Solo il pensiero di doverla rivedere lo faceva tremare come una foglia. Quegli occhi freddi, ma pervasi di una luce sadica, quasi folle, mentre lo picchiava. Ma quello avrebbe anche potuto sopportarlo, la nausea arrivava dopo, quando Yves realizzava di non aver mai dimenticato il tocco freddo delle sue mani sulla sua pelle bollente.

Finì in bagno a vomitare il pranzo e a piangere. Soltanto dopo quello che gli parve un secolo fu in grado di sollevarsi dal pavimento e di sciacquarsi il viso e la bocca.

Si diresse in stanza quasi trascinandosi, afferrò ostinatamente il suo libro di Letteratura Francese e si costrinse a leggere e memorizzare.

Ma la pace durò poco, i suoi tentativi di concentrarsi su qualsiasi cosa non fosse il suo passato sembravano fallire. Il rumore che sentiva provenire dall'altra parte del corridoio si trasformò presto in un tonfo sordo, come se qualcuno avesse deciso di modificare completamente la disposizione dei mobili o forse dell'universo stesso.

Andrea. Sapeva che era lui e Yves non vedeva l'ora di poter scaricare tutta la sua frustrazione su qualcuno in quel momento.Il mal di testa diventò un dolore acuto e opprimente, contro cui non era in grado di fare niente.

"Inutile pezzo di merda ... figlio di puttana" parlava a bassa voce, con una furia che non riusciva a più a gestire. Si mise in piedi e con un paio di falcate raggiunse la stanza del cugino. Spinse la porta con violenza e un istante dopo fu dentro.

"Che cazzo pensi di fare ..." le parole gli morirono in bocca immediatamente, perché la scena che si ritrovò davanti lo sconvolse. Andrea non era da solo. C'era un altro ragazzo con lui ed erano entrambi nudi, curvi sulla scrivania traballante della stanza. Yves era gelato sul posto, i suoi occhi scorrevano lungo il corpo tonico di Andrea, sulle gambe muscolose, sui fianchi magri e sul suo ventre piegato contro la schiena dell'altro. Si erano fermati un attimo, allertati dallo sbattere della porta e da Yves. Poi Andrea aveva riso e continuato a spingersi dentro lo sconosciuto come se il francese non fosse nemmeno lì.

Il ragazzo ci aveva messo più tempo del previsto a riprendersi, retrocedette verso la porta senza che fosse riuscito a distogliere lo sguardo da quella scena. I gemiti erano forti, se Yves fosse stato meno furioso li avrebbe sicuramente sentiti anche da fuori. Ma ormai era andata così e al francese non restò che tornare in stanza quasi correndo, come se quella visione gli avesse bruciato la vista.

Aveva la gola del tutto asciutta e i battiti del cuore talmente accelerati che sembravano rimbombargli nelle orecchie. Si chiuse la porta dietro le spalle e andò a versarsi dell'acqua.

Non reagire così, mostro maledetto.

Aveva sentito la sua erezione svegliarsi e quel gesto naturale lo aveva distrutto. Si morse le labbra con una violenza spaventosa. Doveva smetterla, si diceva, non poteva reagire in quel modo. Lui non era così. Lui non poteva essere così.

Schifoso, abietto ragazzo. 

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Andrea era venuto sulla schiena liscia e perfetta del ragazzo. Aveva le gambe molli e l'aria di uno che finalmente aveva ottenuto qualche soddisfazione da quell'esperienza francese.

"Credo che la prossima estate organizzerò una vacanza in Italia. Se le premesse sono queste ...immagino che potrebbe rivelarsi la vacanza migliore della mia vita." esalò il biondo, estasiato. Poi si ripulì con un asciugamani già parecchio utilizzato e crollò sul letto dell'altro.

"Non posso assicurare sugli altri, ma posso assicurare su di me."

Andrea sorrise, sornione. Aveva preso una sigaretta e ne aveva passata un'altra al ragazzo. Per un attimo fumarono nel più assoluto silenzio, godendosi quel momento. Poi qualcosa fece ridere il biondo.

"Ma chi cazzo era quello che è entrato in stanza? Mi avevi detto che eri da solo."

Andrea fece spallucce " Uno di cui non vale la pena parlare. Forse gli abbiamo anche bloccato lo sviluppo."

"Cazzo sì, hai visto come ci fissava?" quello rise, divertito.

"Dovrei andare a farci una chiacchierata, a proposito. Tu mi aspetti qui?"

L'altro gli dedicò un occhiolino "Ovviamente. La mia bocca vuole proprio conoscerti meglio, non so se mi sono spiegato" poi lanciò un'occhiata inequivocabile alle zone basse di Andrea che rise, mentre un brivido di eccitazione gli percorreva la schiena nuda.

Afferrò il pantaloncino della tuta e nient'altro "Torno subito. E' che mi piace tormentarlo ..." disse l'italiano prima di chiudersi la porta dietro le spalle e immettersi nel corridoio. Non poteva negare che dentro di sé si sentiva parecchio euforico in quel momento, e non era certo che fosse dovuto soltanto al sesso stellare con quel tipo. Per un nanosecondo Yves era stato parecchio vulnerabile e lui era intenzionato ad approfittarne adesso.

Fu il suo turno di entrare senza bussare, ma non lo fece con la violenza che il francese gli aveva riservato poco prima. Tuttavia l'effetto fu lo stesso. Yves scattò in piedi e lo guardò con occhi furenti.

"Che cazzo vuoi? Non ti fai schifo neanche un po'?" gli chiese quello a denti stretti.

"No." rispose con sincerità Andrea, poi lasciò scorrere lo sguardo sul volto pallido e alterato del cugino.

Lo farò impazzire. In fondo basta così poco fargli perdere la testa.

"Te ne deve andare. Dirò a mio padre che ti porti a casa questi froci del cazzo. Ti sbatteranno fuori." lo minacciò Yves, quasi costretto contro le spalle al muro per evitare di entrare in contatto con il cugino che non smetteva di avanzare.

"Peccato. Io ero passato per invitarti a unirti a noi ... " le labbra carnose di Andrea si aprirono in un sorriso beffardo di fronte agli occhi strabuzzati dell'altro. Era più vicino adesso, talmente vicino da poter vedere il nero assoluto degli occhi di Yves. Pozzi bui. Spaventosi come abissi.

Ma Andrea continuò, imperterrito "Sai, prima ho avuto l'impressione che fossi interessato alla cosa. O quanto meno al mio culo."

Era andato troppo oltre, lo sapeva e non fece nulla per arrestare lo schiaffo che gli si abbatté contro. L'italiano piegò il viso di lato, mentre non riusciva a smettere di ridere piano.

"Vattene. Mi fa venire da vomitare" sibilò Yves, devastato.

"Mi dai un due di picche?" continuò ancora Andrea, deliziato di fronte alla reazione sempre più esagerata dell'altro, "che c'è? Hai paura? E' la tua prima volta? So essere un bravo maestro. Un paio di volte con me e sarai più istruito di una puttana."

Andrea aveva evitato un pugno per pura fortuna. Ne aveva parato un altro e con una corsa era riuscito a sgusciare oltre le spalle del cugino. Fu un attimo di genio. Allungò una mano e schiaffeggiò con decisione il sedere di Yves, prima di scappare in fretta dalla stanza e chiudersi a chiave nella sua.

Era su di giri, non riusciva a smettere di ridere, tanto che si lasciò cadere sul letto già occupato dal biondino.

"Che c'è? L'ho sentito urlare da qua. Ma che problemi ha?"

Andrea scosse la testa "Adesso non lo so, ma presto ne avrà una marea. Quelli come lui devono imparare le conseguenze dei loro errori sulla loro stessa pelle, altrimenti è solo tempo perso. La musica sta cambiando ..."

"Sei suonato come una campana anche tu, sai?" gli fece notare il ragazzo, sempre ridendo ma non avendo idea di cosa diavolo stesse dicendo l'altro.

"Adesso basta con le chiacchiere." Andrea si era mossa in fretta, aveva afferrato il biondino per la vita e lo aveva posizionato esattamente sul suo corpo. Il volto bello e provocante del moro si era aperto in un sorrisino che non lasciava dubbi. "Che cosa avevi detto prima? La tua bocca voleva fare le presentazioni ufficiali?"

Smisero entrambi di ridere istantaneamente, mentre un brivido di eccitazione li pervadeva. Il biondo tirò giù i pantaloncini di Andrea con un gesto fluido. L'italiano era già pronto e la cosa piacque molto all'altro che si calò subito con il viso sull'erezione generosa di Andrea, dove accostò la bocca a pochi centimetri dalla punta.

"Piacere di conoscerti, io sono Noël."

Buono a sapersi, pensò il moro, sperò di non dimenticarlo. Poi Noël scese giù e in un attimo ogni pensiero perse senso. Il calore e la pressione erano perfetti. Andrea chiuse gli occhi e godé ogni istante di quel lavoretto.

"N-non è poi così male questa Francia." ammise con un sospiro affaticato. "No, non lo è per niente."

ANGOLO AUTRICI:

Anche questo sabato è andato XD ci lasciamo alle spalle un capitolo scoppiettante dopo l'altro! I nostri protagonisti sono già ad un passo dall'esaurimento nervoso, un pò come tutti noi. Mentre Andrea si ambienta fin troppo bene, noi vi ricordiamo di non stare troppo comode perchè i drammi devono ancora arrivare. Come sempre vi ringraziamo per aver letto questo capitolo, per averlo commentato e vi aspettiamo come sempre la prossima settimana.

Un bacio, 

BLACKSTEEL

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