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10. Contraccolpo

In foto: Baptiste Roux

R

isposta ad un urto che si manifesta sul corpo che ha scatenato l’urto.

Manech aveva indossato la divisa con espressione sofferta, doveva affrontare un’altra giornata in quella scuola ma non voleva sembrare intimidito. Andrea sarebbe tornato a lezione quel giorno e doveva farsi bastare la sua compagnia per  non cedere alle futili provocazioni di quei tre.

L’entrata della scuola era affollata come sempre, i ragazzi stavano scambiando le ultime parole prima di entrare in classe e cominciare la lezione. Manech provò a sfilare a testa bassa, per evitare i primi mormorii mattutini ma si rese conto immediatamente che la situazione era diversa dal solito.

Dio, come non mi piacciono queste facce.

Era davvero così, gli occhi di tutti furono su di lui istantaneamente appena cominciò a percorrere la scalinata dell’ingresso. Alcuni faticavano a trattenere le risate, altri parlottavano a bassa voce seguendolo con lo sguardo.

“Qualcuno qui si dà da fare” disse ad un tratto uno studente che Manech non conosceva.

Il moro era sempre più confuso mentre quella frase veniva accompagnata dalle risate generali.
Come se non potesse decisamente andare peggio, l’attenzione degli studenti fu attirata dall’arrivo del ben noto trio. Manech strinse i pugni quando li vide sfilare lungo le scale e osservò un ragazzo precipitarsi a consegnare una sorta di volantino nelle mani di Yves.

“Interessante, non immaginavo che la Saint-Anthèlme offrisse un nuovo servizio” commentò quello mentre le sue labbra si incurvavano in un sorriso diabolico.

A Manech gelò il sangue mentre Gaspard e Victoria si scambiavano uno sguardo divertito e complice. Il cuore aveva cominciato a battere tanto forte nel petto del ragazzo che riusciva a sentirlo rimbombare nelle orecchie. Cosa stava succedendo?

“Ehi Monreau, per un talento come il tuo hai sbagliato quartiere” disse ancora un altro ragazzo.

I tre erano passati oltre, Manech non era riuscito a fare nulla, troppo turbato e confuso da quella realtà che non riusciva ad afferrare. Ad un tratto si sentì picchiettare su una spalla, si voltò pronto a urlare addosso a chiunque fosse lì per deriderlo o commentare con altre battute assurde, ma si trattava di Andrea.

Manech si ritrovò davanti il visto pesto del ragazzo, per un attimo rimase senza parole. I lividi erano violacei e uno dei due zigomi era gonfio.

“Cristo … la tua faccia …” per un attimo dimenticò lo strano atteggiamento degli altri studenti.

“Lascia perdere la mia faccia, abbiamo problemi più grossi …” disse stancamente l’altro, il suo volto era funereo, si limitò a mostrare all’altro uno di quei volantini che circolavano per la scuola, “mi dispiace.”
Manech prese il pezzo di carta e potè constatare con i propri occhi cosa aveva divertito tutta la scuola quella mattina. Si trattava di lui ovviamente, anzi, per la precisione della sua faccia, incollata malamente con photoshop su una foto porno in cui c’erano tre uomini intenti a fare sesso.
Gli si gelò il sangue, non tanto per quel volgare tentativo di umiliarlo ma quanto per il fatto che accanto ai corpi, sul fondo nero, si leggeva la scritta ‘Chiamami’ ed il suo numero di cellulare era lì.

“Come …” mormorò senza fiato “sono stati loro, cazzo. Sono stati loro! Come diavolo fanno ad avere il mio numero personale?”

Il batticuore era aumentato di intensità mentre le domande si ammassavano nella sua mente.

Dove diavolo hanno preso il mio numero? In quali altri posti hanno lasciato questi volantini?

Non avrebbe ottenuto quelle risposte ma c’era una nuova realtà a cui dovette far fronte pochi minuti dopo. Il suo telefono aveva cominciato a vibrare mentre numerosi messaggi osceni bombardavano il display: richieste, domande, frasi porno e immagini che il moro non aveva bisogno di aprire per sapere cosa contenevano.
Manech trattenne a stento un conato di vomito mentre si passava la mano sul volto esausto, fu Andrea a prendere in mano la situazione, spegnendo il telefono e afferrando il ragazzo per le spalle.

“Amico, respira” gli disse con tono secco “questo lo prendo io un momento, sono dei pezzi di merda ma non meritano di vederti crollare. Andiamo via da qui.”

“Io non capisco … come possono fare una cosa del genere?” Manech era incredulo.

Quella era più di una semplice umiliazione, era una dichiarazione di guerra, una prova di sottomissione. Siamo i pesci più grossi e cattivi dell’acquario, non ti resta che essere mangiato.

Non senza lottare, mai senza lottare.

“Vado dal Preside” disse Manech a denti stretti “ non se la caveranno così”

“Aspetta … prima parliamone.”

Andrea venne lasciato indietro, il moro si diresse a passo svelto lungo le scale dell’edificio e poi verso la presidenza, continuando a essere fissato e deriso dai ragazzi in corridoio.
Non attese che la segretaria gli desse il permesso, piombò nella stanza del direttore senza troppe cerimonie, attirando lo sguardo incredulo di quest’ultimo.

“Cosa succede?”

“Può spiegarmi come azioni come queste siano ammesse nella sua scuola” dichiarò Manech mettendo sulla scrivania il volantino “ com’è possibile che nessuno dica niente?”

L’uomo sembrò colpito dall’immagine che aveva davanti. La mise da parte con mani tremanti e guardò il ragazzo  “chi lo ha fatto? Le assicuro che condanniamo apertamente ogni forma di bullismo in questa scuola. Chi è stato?”

“Yves, Gaspard e Victoria” dichiarò Manech senza esitare “ mi tormentano da quando sono arrivato qui”

Se mai fosse possibile, il ragazzo vide il Preside impallidire visibilmente da un istante all’altro, lo sguardo severo e colpito che aveva scemò, lasciando il posto ad uno sguardo vago e pensieroso.

“Sei certo di quello che dici?” chiese l’uomo “ sono delle forti accuse le tue. Puoi provare che siano stati loro?”

Manech non poteva credere a ciò a cui stava assistendo “mi hanno minacciato dicendo che avrebbero reso la mia vita a scuola un inferno! Non le basta? Andiamo, la metà degli studenti è terrorizzata da quei tre!”

L’uomo prese il volantino e lo infilò in fretta in un cassetto “ aremo delle indagini interne, se salteranno delle prove del loro coinvolgimento allora li sospenderò, nel frattempo le consiglio di calmarsi.”

Quelle parole provocarono in Manech una fitta dolorosa, era così ovvio che quell’uomo non avrebbe fatto nulla che si sentì nuovamente sul punto di vomitare. Chi diavolo erano quei tre? Perchè nessuno sembrava in grado di fare qualcosa contro di loro?

Manech lasciò la stanza senza dire altro, pieno solo di rassegnazione e disgusto, ripercorse il corridoio e, a malincuore, si infilò in aula.
Vederli tutti e tre lì, tronfi del loro essere inattaccabili, fu la parte peggiore per il ragazzo, più delle occhiate dei compagni, più della pubblica umiliazione.

Vide che anche Andrea aveva preso posto, così andò ad occupare il banco accanto al suo, sbuffò mentre l’altro parlò senza mezzi termini.

“Scommetto che il Preside se n’è lavato le mani” sussurrò con un tono piatto.

“Scommetti bene. Dovevi vedere com’era indignato all’inizio, poi ho nominato loro e guarda caso avvieranno delle indagini nel prossimo millennio” ringhiò il rosso.

“Sono ben coperti, è questa l’unica cosa chiara di tutta la vicenda. Ma sai cosa non riesco a togliermi dalla testa?” gli chiese l’altro, pensieroso “il perché lo siano. Hanno in mano qualcosa di grosso, qualcosa che persino quel coglione di Marcel teme.

“Non sai cosa darei per saperlo, per trascinare i loro culi tronfi giù dal trono”

“Ehi Manech” mormorò Andrea abbassando ulteriormente la voce “e se ti dicessi che sto indagando? L’altra sera ho visto Yves uscire e l’ho pedinato. Ha incontrato Gaspard e Victoria, mi hanno condotto fino a Montmartre, li ho seguiti per circa un’ora, ma poi li ho persi tra la folla, per ritrovarli mezz’ora dopo. Stavano litigando e qualsiasi fosse il motivo, puoi stare certo che si trattava di affari. Presto o tardi capirò cosa nascondono.”

“Voglio farne parte e aiutarti a fotterli”

Manech spostò nuovamente lo sguardo verso il trio e questa volta notò che Yves lo stava fissando di rimando. Sembrava che la sua vicinanza con il cugino avesse attirato la sua attenzione o forse stava cercando di intercettare l’argomento di quella discussione.

Manech non distolse lo sguardo, anzi, lo sfidò per una manciata di secondi prima di sollevare il suo dito medio e leccare il polpastrello, per poi mandare un segno inequivocabile nella sua direzione.

“Forse al nostro amico straccione lì dietro non è bastata la lezioncina di oggi” commentò quasi con stizza Yves, mentre osservava quella nullità lanciargli un gestaccio davanti all’intera classe.

“Scherzi?” Victoria rise piano “sarà costretto a cambiare numero dopo quello che abbiamo fatto, per non parlare di quanto sia umiliante dover venire ogni giorno qui, a subire lo scherno degli altri studenti. Sarà come un monito collettivo, a nessuno verrà in mente di fraternizzare con lui dopo lo scandalo e la gogna pubblica.”

“Nessuno a parte Andrea” chiarì Gaspard, con una smorfia indignata “mi ammazza tutto il divertimento, quel rompi palle”

“A quanto pare, il mio caro cugino è il paladino dei coglioni, ovvero anche di sé stesso.” commentò irritato Yves.

“Sono soli comunque. Sarà già corso a lamentarsi con il Preside, ne sono certo ma lo teniamo per le palle, non farà un cazzo” gli ricordò il biondo “ sono soli nella tempesta, prima o poi si stancheranno di tenerci testa”

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Quando Manech era rientrato a casa sentì di poter finalmente respirare di nuovo, aveva lanciato lo zaino sul letto, slacciato i bottoni della divisa e recuperato il portatile. Vide immediatamente che Baptiste era in linea così avviò una videochiamata nella speranza di potersi risollevare il morale.
Il volto del suo ragazzo apparve qualche minuto dopo, leggermente austero e questo fece irrigidire anche Manech.

“Ehilà, cos’è questa faccia da funerale?” chiese il moro nella speranza che non ci fossero problemi in vista.

“Beh, ti ho scritto tipo dieci messaggi ma tu sembri sempre fuori dai radar. Mi chiedo se c’è qualcosa che vuoi dirmi”

Manech si maledì, non aveva più riacceso il telefono dopo gli avvenimenti di quella mattina e non aveva nemmeno idea di come poter dire tutto quello che era successo a Baptiste.

“E’ successo un casino, mi dispiace ma devo cambiare numero. Te lo manderò appena avrò quello nuovo” si giustificò.

“Quando sarà? Non vorrei che la tua vita parigina ti tenga troppo impegnato e te ne dimentichi”

Quel tono e quella frase provocarono a Manech l’ennesimo brivido di quella giornata, era così stanco che non aveva anche la forza di affrontare quel genere di scenata.

“Baptiste, guarda che non ti sto evitando o roba del genere. Credimi, qui le cose sono molto più difficili di quanto credessi e a scuola sono degli stronzi”

“Se non è bello come credevi, allora perché non torni?” disse l’altro con tono accorato “ perché non li mandi tutti a fanculo e torni qui da me. Puoi stare qui, abbiamo finito i lavori nella mansarda.”

“Io” ma non ebbe il tempo di finire.

“Appena mi diplomerò andrò a lavorare nel negozio di ferramenta con mio padre, possiamo prendere in affitto una casa e stare solo noi due”

Manech abbassò lo sguardo mentre le peggiori paure gli si materializzavano nella mente.

“Avevi detto che saresti venuto qui a studiare … “ disse quasi in un sussurro.

L’altro si ammutolì, fissando un punto oltre la camera “non è facile come pensi, io ho già tutto quello che mi serve. Sei tu quello che deve sempre fare di più e va bene. Ma se Parigi è così schifosa, se quella scuola non ti piace e non fai altro che dirmi quanto tutti siano detestabili e snob, allora perchè non li mandi al diavolo e torni a casa?”

“Perchè non posso” confessò a denti stretti “ voglio vivere della mia musica, voglio suonare”

“Puoi benissimo farlo qui” replicò l’altro senza riuscire a comprendere le difficoltà di Manceh “ puoi insegnare, persino”

“E’ solo un periodo, una fase di assestamento” concluse alla fine il moro per cercare di appianare quella discussione “prima o poi riuscirò a farmi accettare anche qui. Poi sai, ho comunque conosciuto un compagno di classe simpatico, è italiano, pensa un po’. Siamo due pesci fuor d’acqua almeno. Poi c’è anche Gael”

Ma nominare l’amico non era stata una buona mossa.

“Perfetto, così continuerà a riempirti la testa di stronzate. Ha già detto quanto sia utile mollarmi? Magari riuscirà a farsi avanti ora che siete soli”

Manech scosse la testa “ Lascia perdere, sei troppo arrabbiato adesso per ragionare lucidamente. Gael non ha alcun interesse per me, siamo solo amici e lo sai benissimo”

“Come ti pare” sbottò.

“Baptiste …”

“Devo andare, ho una noiosissima partita di calcio nel nostro noiosissimo club della nostra noiosissima città. Alla prossima, quando sarà ….”

Non ebbe il tempo di aggiungere altro, Baptiste aveva già chiuso la chiamata e a Manech non restò che crollare definitivamente sul letto, totalmente sopraffatto.

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Andrea aveva ben poco da salvare di quella giornata interminabile. La vita di Manech era stata messa a ferro e fuoco ed era ovvio come il sole che i colpevoli non avrebbero mai pagato. Tenere a bada la rabbia che provava nei confronti di Yves stava diventando ogni giorno più complicato, ma dopotutto l’unico modo per arrivare alla verità era fingersi il più distaccato possibile dagli affari del francese. Era necessario che Yves abbassasse le difese, che smettesse di guardarsi intorno con sospetto e che tornasse a minimizzare il pericolo rappresentato dalla presenza dell’italiano in casa. Ci sarebbe voluto del tempo, senza dubbio, ma Andrea aveva già qualche indizio da cui partire. Come l’uomo sul suv nero, rifletté, puntando lo sguardo sulla stessa porzione di strada che la mattina prima era stata occupata proprio dall’auto sconosciuta.
Per quale ragione un uomo chiaramente più grande di Yves avrebbe dovuto accompagnare il cugino a casa? Oltretutto durante l’orario scolastico.
E poi chi era? Perché Andrea era più che certo che Yves non avesse amici all’infuori di Gaspard e Victoria.
E se fosse uno di quelli con cui faceva affari?

Fu il vibrare insistente del suo telefono a risvegliare Andrea dai suoi pensieri. Fissò il display, poi riconobbe il numero del padre e automaticamente portò gli occhi al cielo.

La dannata ciliegina sulla torta

I problemi non sembravano voler terminare, quel giorno. Così si fece forza e accettò la chiamata.

“Allora? Dove hai pensato di spedirmi questa volta?”

“Finalmente ti sei deciso a rispondermi …sei sempre stato permaloso come tua madre.” ribatté l’uomo, ignorando la frecciatina del figlio.

“Permaloso come lei e testa di cazzo come te. Come vedi ho preso i vostri tratti migliori. Ti risparmio i convenevoli. Andiamo dritti al dunque, papà. Che cosa vuoi da me stavolta?”

Suo padre si lasciò andare ad un sospiro stanco, Andrea poteva quasi vederlo mentre si massaggiava le tempie come faceva tutte le volte che suo figlio gli dava qualche problema, cioè molto spesso.

“Ho chiamato soltanto per chiederti come stesse andando lì. Puoi anche non crederci, ma mi preoccupo per te … l’ho sempre fatto. Ho sentito tua zia in questi giorni, però volevo sentire la tua voce per assicurarmi che tutto vada bene.”

“Toccante. C’è dell’altro?”chiese con freddezza Andrea, “e fammi capire. Se non mi trovassi bene qui potrei tornare a Roma?”

“Ti direi di dare un po’ di tempo a Parigi. Io e tua madre abbiamo vissuto i nostri anni più belli lì … so che anche tu te ne innamorerai.”

Andrea era stanco di sentire le parole vuote e prevedibili del padre. Soltanto in quel momento si rese conto dello stress che aveva accumulato negli ultimi giorni e che ora minacciava seriamente di sopraffarlo.

“Ok. Gli darò una possibilità … come se avessi altra scelta poi. C’è altro?” chiese ancora Andrea, sempre più freddo e distante.

“Perché mi tratti in questo modo? Ti ho allontanato da qui perché non facevi altro che metterti nei guai. Tu non sei padre, tu non puoi capire cosa significhi mettere al mondo un figlio, riporre in lui enormi speranze e poi vederle andare in fumo a causa del suo comportamento! Dovevi allontanarti da qui e tua zia è stato tanto gentile da accoglierti. Sono certo che lì non te la cavi male, ricordo dove vivevano lei e il marito, stento a credere che tu abbia qualcosa da ridire a proposito. E poi avevi idea di come stavi gestendo la tua vita? ”

“No, papà. Perché non me lo dici tu? Sai, ultimamente mi chiedo se il tuo problema fossero le compagnie che frequentavo o se per compagnia intendi soltanto Thomas. Ho indovinato, vero? Fai tanto l’uomo di larghe vedute, ma poi spedisci tuo figlio in un’altra nazione. Mi hai fatto diventare il problema degli altri! Spero che tu sia soddisfatto di te stesso, sei riuscito a mandare a puttane la mia vita, però guarda il lato positivo … adesso non dovrai più sopportare la vista di tuo figlio che si scopa un altro uomo!” Andrea aveva sputato fuori tutta la rabbia accumulata nelle ultime due settimane. Quello sfogo lo avrebbe fatto stare meglio? Forse no, era troppo incazzato e afflitto per stare meglio.
Un lungo silenzio squarciò l’aria. Andrea immaginava suo padre pallido come un cencio, sconvolto per la brutale schiettezza con cui suo figlio gli aveva parlato, forse per la prima volta nella sua vita.

“Andrea io … t-tu non vuoi guardare in faccia la realtà! Ti avevano bocciato, passavi le mattinate in giro con quei perditempo dei tuoi amici, la notte non riuscivo neanche a rintracciarti! Tornavi a casa quando volevi, senza rispettare orari o la mia autorità!”

“Eppure hai deciso di spedirmi qui quando mi hai beccato a letto con Thomas. Non un solo giorno prima.” lo interruppe Andrea e concluse per lui, “vedi, avrei apprezzato se avessi avuto le palle di dirmi come stavano davvero le cose, ma vuoi continuare a nasconderti dietro il tuo finto buonismo. Sta tranquillo, starò bene qui … non disturbarti più a chiamare. Mi sto già lasciando il passato indietro.”
Poi aveva interrotto la chiamata con un gesto brusco. Si era ritrovato ad appoggiare la fronte contro il vetro fresco della finestra, mentre i suoi battiti tornavano pian piano alla normalità.
Non avrebbe pianto, non avrebbe ceduto.
Doveva farsela andare bene davvero quella vita, perché non aveva altro posto dove andare.

“Wow, davvero commovente la tua storia, cugino. Hai mai pensato di farne una biografia?” un applauso annoiato aveva seguito le parole di Yves, fermo accanto alla porta del salone, da dove aveva sentito l’intera conversazione. Andrea incontrò il volto pallido e altezzoso del ragazzo, le labbra sottili e piccole piegate nel solito sorriso di scherno che riservava a chiunque. Doveva mantenere la calma, era complesso, eppure andava fatto

Lascia che la vittima si trasformi in carnefice.

“Chissà cosa ne penserebbero a scuola … si dice che alla Saint-Anthèlme siano di vedute un po’ limitate riguardo a certi argomenti. Prendi un po’ quello che è successo al tuo amico stamattina … che cosa spiacevole. Sarebbe terribile se accadesse anche a te, vero?”

Andrea fece qualcosa di completamente inaspettato. Yves lo vide afferrare una penna e un foglietto su cui vi scrisse sopra in fretta, dopo allungò il pezzo di carta verso il cugino che lo afferrò con un’espressione confusa sul volto.
Era il suo numero di cellulare.

“Tieni, ti risparmio le ricerche. Per il fotomontaggio che vuoi fare? Se vuoi posso risparmiarti anche quello” l’italiano gli dedicò un sorriso smagliante, mentre l’altro si fece automaticamente indietro, sconvolto per la direzione che aveva preso il suo tentativo di minaccia ai danni del cugino.

“Che c’è? Ti ho forse messo in imbarazzo? Vieni qui a sparare le tue minacce ma poi non sei in grado di sostenere una conversazione del genere? Di  cosa hai paura?” lo provocò Andrea, in prima linea per godersi lo spettacolo.

“Vai al diavolo. Mi fai schifo … ci credo che tuo padre non ti voleva intorno. Chi cazzo vorrebbe uno come te in giro per casa?”

Ma Andrea non era per niente toccato da quelle parole, tutta la sua attenzione si stava concentrando sul modo assolutamente peculiare con cui Yves reagiva a quel tipo di provocazioni a sfondo sessuale. Era come se lo colpissero dritto dove le sue difese erano più basse e fosse poi costretto a controbattere con violenza, fino a sfociare nell’aggressività più totale.
Come i cani terrorizzati che finiscono per diventare violenti e mordere.

Perché il sesso ti terrorizza tanto, Yves?

Forse il francese aveva captato qualcosa che non doveva piacergli nello sguardo di Andrea, perché approfittò di quel silenzio per andar via. L’italiano rimase ancora lì per un po’, a mettere insieme tasselli per costruire quel disegno generale che non riusciva ancora ad afferrare.

Pazienza, Andrea. Pazienza.

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A

mir era rientrato a casa dopo una mattinata trascorsa sui libri di contabilità. Non si era illuso di trovare un clima allegro, conosceva bene Rémy o, quanto meno, lo conosceva quel tanto che bastava per capire che quella volta sarebbe stato più complicato del solito penetrare nelle sue difese.
Infatti il suo ragazzo se ne stava ritto in cucina, apparentemente indaffarato con i fornelli e intenzionato a ignorarlo.

“Ciao …” Amir si era accostato a lui, aveva provato a cingerlo per la vita e baciarlo sulla guancia, ma in un attimo Rémy era sgusciato via dalle sue braccia.

“Ho da fare. Smettila.” il suo tono era piccato. Non si era neanche voltato.

“Stai cucinando? Pensavo che stasera potevamo andare a cena fuori. L’Heros è chiuso e i ragazzi se la caveranno” propose il più grande, poi riuscì a baciare l’incavo del collo di Rémy, prima di essere ancora una volta spinto via.

“I ragazzi? Quali ragazzi? Ah, sì. Quelli che hai tanto gentilmente ceduto a Yves per il party!” persino pronunciare quel nome lo disturbava. “ D-dopo che ha detto quelle cose di me e pur sapendo che ti reputa soltanto un arabo di merda. Alla fine hai ceduto, gli hai dato quello che voleva, come fai sempre … sai, non ne sono stupito.”

“Dannazione, Rémy. Sono affari!” Amir pensò che pronunciava talmente spesso quella frase che prima o poi sarebbe diventata veramente una realtà.

“Non puoi metterti in affari con un mostro del genere! S-sono stufo di vederlo al locale, di dover sopportare il suo sguardo spocchioso, di farmi insultare da uno che non mi conosce neanche! Sono il tuo ragazzo, cazzo. Dovresti ascoltarmi e dovresti proteggermi!”
Rémy aveva tirato fuori più di quanto avrebbe voluto, si era ritrovato in lacrime, scosso da singhiozzi rabbiosi, sotto lo sguardo ferito del più grande.

“Rémy, io non voglio farti del male …”

“Ma non vuoi neanche chiudere con lui!” lo accusò il biondo, tirandosi ancora indietro di fronte l’avanzare di Amir, “ti chiama e corri da lui! Ti umilia e non ti importa! Hai spaccato la faccia a della gente per molto meno! Eppure no, con lui è diverso. A Yves tutto è concesso!”

“Tu stai delirando. Sai quanto abbiamo guadagnato in un anno di affari con Yves, Gaspard e Victoria? Te lo dico io: abbastanza da poter rinnovare il nostro secondo locale senza richiedere dei fottuti prestiti! Mi dispiace, ma non ho il potere di scegliere con chi lavorare.”

“Ah, no? Come se tu volessi rinunciare a lui…” Rémy si lasciò andare ad una risata nervosa, piena di astio, mentre lasciava in fretta i fornelli e afferrava portafoglio e cellulare. “Tu non lo cambieresti per nessun altro. A te piace tutto di lui. Da come ti parla, al modo in cui ti guarda … se avessi saputo che bastava umiliarti per farti innamorare di me, forse le cose sarebbero andate diversamente tra di noi.”
Amir era rimasto di sasso, aveva seguito i passi furiosi dell’altro fino alla porta, frapponendosi tra lui e la maniglia.

“Che stai facendo? P-possiamo almeno parlarne? Hai frainteso. Andiamo, sei tu il mio ragazzo.Non c’è mai stato niente tra me e Yves e mai ci sarà!”

“Questo lo so e mi dispiace per te” Rémy si stava dibattendo con forza per eludere la sorveglianza dell’altro, era furioso e sul punto di scoppiare di nuovo a piangere. Sfuggì dalle sue carezze, dai tentativi nervosi di bloccargli il volto tra le mani e spiegargli. Non voleva che Amir ci riuscisse, sapeva quanto poteva essere difficile fuggire da lui se soltanto avesse iniziato a toccarlo.

“Non subirò più le sue umiliazioni, Amir. Devi scegliere! Pensaci bene … intanto è meglio se stiamo per un po’ da soli. Lavorerò all’Hermès e Sebastian verrà all’Heros … nel frattempo cercherò di trovare un altro lavoro. ”
Rémy era riuscito a parlare a fatica. Solo allora l’altro si era finalmente fatto da parte, facendolo uscire.

ANGOLO AUTRICI:

E siamo tornate con un nuovo ed elettrizzante capitolo pieno di odio, bullismo e omofobia xD come piace a noi! La rappresaglia nei confronti del povero Manech è cominciata mentre tutti, chi più chi meno, cerca di sfuggire ai propri tormenti sfogandosi sul prossimo! Non vediamo l'ora di sentire le vostre opinioni.

Un bacio

BlackSteel

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