Emanuele
Emanuele è disteso su di un fianco sull'asfalto. Le luci a intermittenza della città gli colorano gli zigomi arrossati. Ha il respiro che va e viene come le insegne luminose sopra la sua testa, fa fatica a passare l'aria nei polmoni. Gli gira la testa, le cose intorno a lui sono offuscate e si allungano nel buio. Nel caos di questa maledetta notte sente i passi di quegli stronzi avvicinarsi minacciosamente alle sue spalle. Emanuele si fa scudo contro la vita e si rannicchia su se stesso, le mani come pietre incrociate a preghiera sopra lo stomaco. Poi i passi si arrestano, i due uomini afferrano Emanuele per la giacchetta di pelle e lo sbattono a terra. Il più grosso dei due gli si avvicina alla faccia e gli prende il colletto, Emanuele lo sente che questa è la fine. Sente il respiro della belva solleticargli le labbra che gli tremano un po'.
"Non lo sai che questo è il bagno dei maschi, fighetta?"
Un pugno, dritto sull'occhio destro.
Emanuele si gonfia di rabbia come un rospo e non ci sta, non vuole lasciarsi umiliare così. Perché lui lo sa che è un uomo come tutti gli altri e andare in quel bagno è un suo diritto.
"Sono un uomo e tu non sei nessuno per dirmi cosa devo fare"
La voce di Emanuele è forte e rompe il silenzio della notte e delle botte. La voce di Emanuele è coraggio che spezza il dolore. La voce di Emanuele è la scintilla che fa scatenare la furia di quelle belve che non sanno cos'è l'umanità.
Una raffica di pugni e calci arrivano da tutte le parti ed Emanuele non sa più come proteggersi, pensa che questa sia la fine.
Grida basta, grida di smetterla, grida e dentro pensa che sarebbe stato meglio morire. Il verde dei suoi occhi poi diventa bianco, la testa si gira da un lato. Un rivolo di sangue gli scende dalla bocca serrata.
"Te la sei cercata tu, mezzo uomo"
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