Eliya
Sedici anni non sono tanti, sedici anni non sono niente. Eppure, ad Eliya, la sua età pesa sulle spalle come se ci stesse portando il mondo. Eliya è stanco, ha passato giorni intere chiuso nella sua camera da letto, rintanato come una volpe spaventata sotto le lenzuola. Ha pianto lacrime amare e di disperato dolore stringendo le coperte tra le labbra e i denti quasi a voler soffocare la vergogna di essere tanto fragile. Ma oggi no, Eliya oggi non vuole piangere più. Si alza dal letto di corsa e si avvia verso le scale per scendere al piano inferiore. Non si veste nemmeno, addosso ancora il sonno d tutte le notti passate sveglio e il pigiama grigio che ama tanto. Fa per scendere l'ultimo gradino che porta alla cucina e si blocca, i suoi muscoli resistono alla vita. Tutto in lui vorrebbe tornarsene sotto le coperte a riprendere il sonno delle pietre. Stringe i pugni a penzoloni lungo le gambe smunte e butta fuori una nuvola di respiro che smuove una tempesta. Dopo aver preso tutto il coraggio necessario Eliya si siede a tavola di fronte a suo padre. Ha lo sguardo basso, i gomiti sul tavolo e le mani incrociate che sembrano in preghiera. Forse prega davvero, sta appeso alla speranza che suo padre non gli dica niente almeno in questa grigia mattinata. Eliya sorseggia il suo latte caldo fissando il fondo della tazza che sembra somigliare a quello del suo cuore: desolato e vuoto. Quando finisce ha una strisciata di bianco sul labbro superiore e fin sopra al naso che si pulisce con il dorso della mano. Suo padre lo guarda con sguardo severo e dice:
"Non dovrebbero comportarsi così le femmine, sei veramente poco elegante."
Eliya incassa il colpo che deve essere arrivato al suo cuore dritto e senza deviazioni, lasciando il foro di un proiettile. Poi alza la testa, impianta gli occhi in quelli di suo padre.
"Infatti io non sono una femmina."
" E cosa sei?"
"Io sono un ragazzo, papà. Te ne ho già parlato."
Eliya smette di parlare e già lo sa che è arrivata la sua fine, il suo momento peggiore e che forse avrebbe dovuto star zitto. Ma proprio no, non riesce più a sopportare di non poter essere se stesso e di dover ingoiare ogni giorno dolore e disapprovazione. Tempo di formulare questi pensieri che suo padre è già esploso di rabbia. Si alza in piedi, sbatte con forza i pugni sul tavolo tanto da far rovesciare tutto quello che c'è. Ha i denti stretti e le pupille piccole che sembrano uno spillo ma che contengono tutta la cattiveria dell'universo. I suoi occhi sono un buco nero in cui Eliya precipita senza possibilità di salvarsi.
"Ti abbiamo cresciuta così, ora non puoi dirmi che sei un uomo. Non ti permetto di cambiare."
Sedici anni non sono tanti, sedici anni non sono niente. Eppure, pesano tantissimo sulle punte delle scarpe di Eliya che stanno a penzoloni e fluttuano tra la porta della sua stanza e il corridoio. Sedici anni non sono tanti, forse sono tantissimi quando decidi di averli per sempre.
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