Prohibida
[Aunque estás prohibida
Y cada beso es otro punto de partida Dime, cómo no perderme en tu mirada?
Cómo pretender que siento nada?
Cómo hacerle caso a la razón?
Si tenerte cerca es mi dolor
Si es mala palabra nuestro amor
Cómo anestesiar al corazón?
Si tú lo sabes dime cómo]
[Marc]
Era scappata.
Angel era scappata via come un cerbiatto spaventato, fuggendo via da me.
Eppure, lo avevo notato.
Avevo notato come il suo corpo rispondeva al mio più piccolo tocco, come il suo sguardo fosse attratto dalle mie labbra, avevo notato il modo in cui i suoi occhi si erano incupiti, come anche lei mi volesse tanto quanto la volevo io.
Ma non volevo in nessun modo costringerla a fare qualcosa che non volesse fare. Volevo solo che smettesse di pensare, perché i problemi partivano tutti da lì.
Dalla sua mente.
Non mi sarebbe più sfuggita.
Non intendevo più mollare, né lasciar perdere.
Mir l'aveva puntata sin dal primo istante in cui l'aveva vista, ne ero più che certo, e ora che Angel e Alex si erano lasciati, aveva affilato i coltelli.
Ma io li stavo affilando da molto prima.
Angel non era una gara da vincere.
Angel era il mondiale, e io volevo portarmela a casa.
Eppure, sapevo in che guaio mi stavo cacciando.
Lo sapevo, sapevo che ora Angel era diventata proibita.
Lo era sempre stata, all'inizio per l'amicizia che ci legava, per la paura di distruggerla per sempre. Poi per non ferire Alex, cotto di lei.
Ora, perché è l'ex di mio fratello.
Era un qualcosa di immorale, di impossibile, di proibito.
Ma io la volevo, la volevo con tutte le mie forze, con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima.
Probabilmente l'avevo sempre voluta.
La volevo da impazzire, volevo lei e soltanto lei e nessun'altra.
Il weekend di Aragon mi aveva aperto gli occhi su quanto il rapporto tra lei e Joan fosse cresciuto. Scoprire che lui sapeva addirittura delle cose che io non sapevo, vederli giocare in quel modo, notare il modo in cui lui la guardava e le sorrideva, e lei lo squadrava con attenzione.
Non potevo più aspettare, il momento di attaccare e di iniziare la battaglia era arrivato.
Il giorno della gara mi ero svegliato con l'obiettivo di vincere sia in pista che fuori.
Di far chiaramente capire ad Angel cosa provassi per lei e quanto perdutamente la volessi.
Non dovevo cedere, dovevo solo coglierla di sorpresa e spiazzarla. Farle perdere il controllo della situazione, perché solo in quei momenti era vulnerabile e la sua mente andava in tilt.
Eppure, avevo commesso un errore.
Avrei dovuto prenderla e baciarla subito, senza aspettare, ignorando il desiderio di volersi godere il momento, quei secondi prima che sanno di infinito, in cui si è talmente vicini da notare l'oscurità delle pupille dilatate, da sentire persino il battito del cuore che esplode come impazzito nel petto dell'altra persona. Quei secondi in cui ti sembra che il mondo si sia fermato.
Avrei dovuto invece baciarla senza aspettare neppure un istante, in modo da non darle il tempo per ascoltare la sua mente. Credevo di averla mandata in tilt abbastanza.
Invece, evidentemente, dovevo fare di più.
Ancora di più.
I tulipani che stringe al petto in questo momento continuano a ricordarmelo ogni secondo che passa.
È seduta dall'altra parte del sedile, ma è come se fosse seduta a migliaia di chilometri di distanza.
Quanto fa male saperla così vicina, eppure al tempo stesso irraggiungibile e impossibile.
Ha sistemato la borsa tra noi due come se fosse una muraglia insuperabile.
Come mi aspettavo, non mi ha rivolto la parola per tutta la mattinata e non mi ha lanciato uno sguardo neppure per sbaglio.
Ho due settimane.
Due settimane di tempo prima della partenza per il Giappone che ci terrà lontani per quasi un mese.
Non posso partire con questo groppo sullo stomaco, non posso partire con quest'idea che continua a girarmi per la testa.
Continuo a lanciarle occhiate di sottecchi, il suo sguardo di ghiaccio che continua a tenere fisso davanti a sé o rivolto verso il finestrino.
La mano stretta intorno al vaso pieno di tulipani rossi, che in uno scatto, porta accanto a sé per sbarrarmi la visuale.
Non riesco a trattenere un sorrisino di scherno.
Se pensa che arretrerò anche solo di un passo, sbaglia di grosso.
So bene che ora è nuovamente l'Angel che ha il pieno controllo di sé, forte, glaciale e piena di orgoglio, ma io posso fronteggiarla benissimo.
Anzi.
Così sarà ancora più divertente.
<<Pausa benzina!>> esclama ad un tratto Alex, mentre Paradise City dei Guns N' Roses fa da sottofondo alle sue parole.
Alex si ferma al primo distributore di benzina che incontriamo.
<<E pausa caffè!>> continua José, ed entrambi scendono dall'auto.
José fa un cenno a me e ad Angel di scendere, ma io scuoto la testa.
Con la coda dell'occhio vedo Angel sussultare appena quando si accorge che siamo rimasti soli.
<<Angel ->>
<<Non parlarmi. Non osare farlo. Non voglio sentire la tua voce.>> sibila, gelida come il ghiaccio.
<<È sempre questo il punto a cui arriviamo?>> replico, accennando un sorrisetto amaro.
<<Sei tu che ci porti a questo. Sei tu che mi porti sempre a questo.>>
<<Forse perché sono sempre io quello che prova a rischiare?>>
<<E sentiamo, campione>> sposta il vaso da una mano all'altra, e si volta completamente verso di me, <<a che cosa ti ha portato rischiare, con me? A quali risultati, se non a quello di rovinare tutto quello che abbiamo?>>
<<Al non volermi più fare del male, forse?>> sbotto, voltandomi anche io verso di lei, <<allo smettere di fingere che mi vada ancora bene quello che abbiamo? Perché lo sai anche tu, Angel, quello che abbiamo ora non ci basta più. Non è più come nel 2013, o nel 2015. Le cose ora sono diverse. E potrai anche mentire con me, ma non puoi mentire a te stessa.>>
Angel salta su come se fosse stata punta da una vespa. Quei dannatissimi fiori che continuano ad attirare il mio sguardo come a volermi ricordare della presenza di Joan tra me e lei, come se non bastasse quella di mio fratello.
<<Parla per te! A me è sempre bastato quello che avevamo, perché è sempre stato quello che volevo, da te! Averti nella mia vita...pur di non averti.>> conclude, con un filo di voce e abbassando lo sguardo, come se stesse dicendo qualcosa di vergognoso, qualcosa che il suo orgoglio non può accettare.
<<Quindi preferisci accontentarti. A me non è mai piaciuto accontentarmi. Chi si accontenta, soffre. È questa la realtà.>>
<<Se non fossi tu ->> inizia, la voce più alta di un'ottava che poi le si spezza in gola, <<se non fossi tu>> riprende, la voce più bassa e calma, <<sarebbe più facile. Tu rovini sempre, sempre tutto, perché non sei capace di avere costanza e dedizione per qualcosa che non sia la tua moto, o l'amicizia. Lo sai bene, questo lo sai bene.>>
Mi mordo la lingua per ciò che vorrei rispondere. Perché ha ragione, ha completamente ragione, e se ha dei dubbi, è solo colpa mia.
Mi conosce da anni, ha visto la mia evoluzione da ragazzino a campione. Ha visto tutto di me, conosce tutto di me.
<<Sì, è vero, lo ammetto. Ma non è così questa volta, Angel, credimi. Dammi una possibilità. Una sola, e ti dimostrerò che posso essere tutto quello che vuoi, tutto quello che sogni. Che sono io, la rappresentazione vivente del ragazzo dei tuoi sogni. Che sono sempre stato io. Che sono io, la persona giusta per te. Che sono io, il Márquez giusto per te. Sono stato fatto per te. E tu sei stata fatta per me. Se non fossi sicuro di ciò che io provo per te, del fatto che non posso più fare a meno di te, che ti voglio in tutti i sensi possibili e immaginabili, pensi che rischierei tutto? Pensi che te lo direi? Sei tu, Angel. Sei tu. Non sei come le altre, per me, tu lo sai.>>
Angel chiude gli occhi, mentre sul suo viso si dipinge la disperazione. Scuote la testa e stringe le labbra.
<<Ti rendi minimamente conto di quello che stai dicendo? Ti rendi conto che tutto questo non ha...non ha senso, Marc, è sbagliato, lo vuoi capire o no? Sei completamente uscito di senno? Non è possibile. Nulla tra me e te sarà mai possibile. Io sono stata con tuo fratello. Non ci potrà mai essere nulla tra noi. Aziona il cervello, ti prego. Tu, con l'ex di tuo fratello? Sarebbe un casino, Marc, sarebbe...scandaloso. Tu non potrai mai essere la persona giusta per me, perché tu sei la rappresentazione vivente di tutto ciò che non voglio. Io non voglio una persona come te. E ora, per favore, non parliamo mai più di questo argomento.>>
A chi pensa che i sentimenti e le emozioni non abbiano nulla a che vedere con il dolore fisico, vorrei chiedere come spiegherebbero il dolore al centro del petto che sto provando in questo momento. Un dolore così forte che mi impedisce quasi di respirare. È come se tutta l'aria presente nell'abitacolo fosse stata risucchiata via dalle parole di Angel, dalle labbra di Angel, da questa ragazza poco distante da me a cui ho consegnato l'immenso potere di infliggermi gioia o dolore.
<<Quindi - quindi...per te non è successo nulla ieri sera?>>
<<Perché è successo qualcosa? Non mi pare di ricordare.>> replica Angel, gettandomi un'occhiata piena di indifferenza.
Sento la rabbia incendiarmi il sangue, come se fosse polvere da sparo.
<<Come diavolo fai? Spiegamelo.>> le chiedo, cercando di non far trapelare dalla voce quanto mi abbia ferito.
<<A fare cosa?>> mi lancia uno sguardo confuso.
<<Ad uccidere ciò che provi. A permettere alla tua mente di avere il minimo controllo di ogni tua azione. Ad essere così glaciale, quasi insensibile, quasi senza cuore. Dato che sei così brava, ti prego, aiutami. Dimmi come fare. Dimmi, come fare a fingere che io non senta nulla? Come far sì che la mia mente prenda il totale controllo di me?
Come fare a smettere di perdermi nel tuo sguardo?
Come fare a smettere di volerti?
Come uccidere il mio cuore?
Perché hai ragione, è tutto sbagliato. È la cosa peggiore che potrei fare.
Ma se tu sai come fare, allora, per favore, dimmelo.>>
Angel resta a fissarmi per diversi istanti, un turbinio di emozioni che si agitano nel suo sguardo. Fino a quando non vedo sopraggiungere José ed Alex, dal bar.
<<Ragazzi, vi devo informare di una cosa: oggi pomeriggio andrò in giro per gioiellerie, per cercare l'anello perfetto per Nuria. Ho in mente di chiederle di sposarmi nei prossimi giorni.>>
Il viso di Angel, totalmente privo di emozioni fino ad un istante fa, si trasforma completamente. Un largo sorriso va a disegnarsi sulle sue labbra, e si sporge, per andare a posargli una mano sul petto, in una sorta di abbraccio.
<<Sono così felice per te, José. Mi raccomando, trovale un bell'anello!>>
<<Sarà fatto, ragazza!>>
Vorrei dire qualcosa, ma semplicemente, non ci riesco. Non ci riesco, perché più il mio sguardo cattura la figura di Angel, più mi rendo conto che in fondo, ha ragione. Io, con la ex ragazza di mio fratello. È una cosa impensabile, un qualcosa di scandaloso e vergognoso, proprio come ha detto lei. Non potrei mai fare una cosa del genere. Immagino anche solo i commenti che la gente di Cervera, gli unici oltre a quelli del circus della MotoGP a sapere di Alex ed Angel, potrebbe fare in merito:
"I fratelli Marquez condividono davvero tutto..."
Sarebbe tremendo.
Mi sentirei un vero schifo.
Ma io non sono così.
Io non permetto agli altri di decidere per la mia vita.
Io non mi faccio condizionare da nessuno.
Stringo i pugni.
Io voglio Angel.
E riuscirò ad averla.
~·~
[Angel]
<<Angel, guarda che i caffè sono pronti! Ma dove hai la testa?>>
La voce di mia madre mi richiama all'attenzione. Scuoto la testa, e prendo le due tazzine che aspettano davanti a me. Le porgo ai clienti, accennando un sorriso di scuse, e non appena mi voltano le spalle, sbuffo.
<<Tesoro, si può sapere che cos'hai? È da quando sei tornata da Aragon che hai la testa tra le nuvole.>> mi fa notare mia madre.
Mi gratto la nuca, scrollando le spalle.
<<Sono...sono solo un po' stanca, tutto qui.>> mento, socchiudendo le palpebre.
Sono tutto, fuorché stanca.
La testa continua a girarmi dal giorno in cui Marc mi ha detto quelle cose, dopo la gara.
Quel suo sguardo così appassionato, così caldo e carezzevole, continuava ad apparirmi davanti agli occhi ogni volta che chiudevo le palpebre.
Le sue parole, con quella sua voce così bassa e piena di calore, continuavano a risuonarmi nella testa, e ogni volta, la mia pelle si riempiva di brividi.
Non potevo crederci, mi pareva impossibile che fosse successo davvero.
Non riuscivo a credere che quelle parole fossero uscite davvero dalle sue labbra.
Mi voleva.
Voleva me, e voleva tutto da me.
Non era possibile.
Perché proprio adesso?
Perché non prima, perché non me le ha dette quando siamo stati insieme?
Sentivo le lacrime pungermi agli angoli degli occhi, perché pareva tutto uno strano scherzo del destino; come se i tempi tra noi fossero sempre sbagliati, come se fossimo stati creati davvero l'uno per l'altro, ma non destinati a stare insieme, uniti, intrecciati.
Per difendermi alzavo allora un muro, un muro dietro cui nascondere la mia sofferenza, mi trinceravo dietro l'indifferenza e la freddezza perché mi facevano sentire forte, indistruttibile.
Una creatura di ghiaccio senza sentimenti, perciò invulnerabile.
Mi avevano ferito le parole di Marc. Magari avessi saputo come smettere di pensarlo, come smettere di cercarlo, di perdermi nel suo sguardo, di volerlo.
Perché lo volevo anche io, anche se era sbagliato.
Dio, lo volevo, lo volevo, lo volevo.
E ammetterlo, almeno a me stessa, mi gettava ancor più nella disperazione, perché cosa c'era di peggio del desiderare una persona che non puoi avere?
Sono passati giorni da domenica, Marc e Alex si sono recati a Valencia per un evento. Il weekend è alle porte, e penso che lo passerò tutto tra il bar e casa mia.
<<Dai, che hai finito il turno. Vai di sopra, e riposati un po', che dici?>> mia madre mi posa un bacio sulla guancia, e io annuisco.
<<Sì, sarà proprio quello che farò.>> replico, mentre la porta del locale si apre, segno che stanno arrivando dei nuovi clienti.
Mi sciolgo la treccia, ed entro nel retro, per recuperare la borsa.
Esco dal retro e quasi non credo ai miei occhi quando vedo Joan dall'altro lato del bancone.
<<Scricciolo!>> esordisce, rivolgendomi un largo sorriso e agitando una mano a mo' di saluto.
<<Joan, ma cosa...cosa ci fai qui!?>>
<<Sono venuto per farti una sorpresa. E mi pare di esserci riuscito molto bene.>> continua, posando il viso contro il pugno chiuso.
Resto a fissarlo interdetta ancora per qualche istante, poi, notando lo sguardo confuso di mia madre, decido di fare le presentazioni.
<<Mamma, lui è Joan. Joan, questa è mia madre, Dina!>>
Joan porge a mia madre una mano, mentre fa dono anche a lei del suo splendido sorriso.
<<È un immenso piacere, conoscerla, signora.>>
<<Anche a me fa piacere conoscerti, Joan. Mi sembra di averti già visto, corri anche tu, vero?>>
<<In Moto3, sì.>>
<<Sta correndo sontuosamente verso la vittoria del campionato, e speriamo sia così.>> incrocio le dita, e lui abbassa lo sguardo.
<<Comunque, sono venuto qui solo perché sentivo il vitale bisogno di un tuo cappuccino.>>
<<Quelli di Palma di Maiorca non sono buoni?>> gli chiedo, mentre mi appoggio contro il bancone, verso di lui.
<<Certo che sono buoni, ma non come i tuoi. I tuoi sono paradisiaci. Girerei anche tutto il mondo per venire da te, verrei ovunque, per te.>>
Mi porto i capelli di lato, e mi tiro su, con uno scatto fulmineo.
<<Posso prepararglielo io, mamma? Devo rifarmi la treccia?>>
<<Non serve tesoro, per cinque secondi...>> mia madre continua a lanciare sguardi interessati verso Joan, fino a quando non poso davanti a lui la tazza colma di cappuccino.
Joan lo osserva con occhi luccicanti, per poi berlo in un sorso.
<<Accidenti, non ti sei ustionato la lingua?>>
<<Sì, ma non ho resistito.>> sogghigna Joan, poi, non appena noto che alcuni dei clienti puntano lo sguardo nella nostra direzione, gli faccio cenno di andare.
<<Io ho finito il mio turno adesso, vogliamo andare?>>
<<Allora sono arrivato proprio in tempo!>> sogghigna lui, mentre lo raggiungo.
<<Visto che fortuna?>> saluto mia madre con un cenno, cosa che fa anche Joan, poi, non appena siamo fuori dal bar, lo prendo da parte.
<<Hai un cappellino e degli occhiali da sole? Ti riconosceranno tutti, qui!>> gli sussurro e lui tira fuori dalla tasca dei jeans un paio di occhiali da sole che indossa subito.
<<Ora? Va meglio, scricciolo?>> lo guardo poco convinta.
<<Diciamo di sì. Ma...perchè sei venuto qui, si può sapere?>>
<<Te l'ho detto, volevo assaggiare il cappuccino migliore di Spagna!>>
<<Esagerato, come sempre!>>
<<Non l'ho detto io, me l'ha detto un tizio di qui! Non sapevo il nome del bar, così gli ho semplicemente chiesto se sapeva in quale bar lavorava una certa Angel, e mi ha detto che i tuoi sono semplicemente i migliori cappuccini di tutta la Spagna.>>
Scuoto la testa.
<<E tu saresti venuto qui solo per questo?>> continuo, appoggiandomi contro il muro accanto al portone del mio palazzo.
<<Anche. Ma soprattutto per vedere un certo scricciolo che non vedrò per quasi due mesi.>> sorrido, mentre sento una morsa alla bocca dello stomaco.
<<Senti, io devo andare un secondo di sopra, per darmi una rinfrescata. Mi aspetti qui?>>
<<Certo!>>
<<Ci metto un attimo. Poi...ti porto a fare un giro.>>
<<Puoi farmi quello che vuoi, lo sai.>> replica, suadente.
Scoppio a ridere, ed entro nel palazzo, correndo su per le scale.
Joan mi ha colto totalmente di sorpresa. Non avrei mai immaginato di ritrovarmelo nel mio bar, del tutto improvvisamente. Ma è bello, è bello averlo qui.
Lo raggiungo dopo qualche minuto, e gli faccio cenno di salire in macchina. Lui obbedisce.
<<Non c'è molto da vedere qui, a Cervera, la cosa più bella sono le colline sconfinate, che mi riempiono il cuore. Possiamo andare a fare una passeggiata per i campi, se ti va.>>
<<Va benissimo tutto! Mi basta passare del tempo con te.>> gli lancio uno sguardo con la coda dell'occhio e non riesco a trattenere un sorriso.
<<Non ti smentisci mai, Joan.>>
<<Questo è vero. Però so essere un tipo sorprendente!>>
<<Anche.>> mi limito a rispondere io, mentre apro un finestrino, e lascio che la brezza di fine settembre mi accarezzi.
<<Questa Opel Tigra è perfetta per te.>> accenna, guardando l'interno dell'abitacolo dell'auto. Sogghigno appena.
<<Dici? È un regalo di ->> mi blocco, prima di riuscire a dire quel nome. È come se richiedesse un immenso sforzo fisico. Mi schiarisco la voce, e riprendo a parlare.
<<Me l'ha regalata Marc, quando ho preso la patente. Me l'ha fatta trovare sotto casa il giorno stesso. Lui avrebbe preferito regalarmi un auto nuova, ma io no, insomma...non potevo permetterglielo. E poi mi piacciono molte auto vecchie, tra cui questa.>> spiego, mentre fermo l'automobile all'angolo della strada. Gli faccio poi un cenno col capo.
<<Vieni?>> lui annuisce, e mi segue, scendendo dall'auto, mentre io inizio ad incamminarmi lungo la collina. Ad un tratto lo sento prendermi una mano.
<<Ci sediamo un attimo?>>
<<Ma siamo appena scesi dalla macchina!>> sogghigno.
<<Sì, ma qui si sta molto meglio. Ho una sorpresa per te.>> lo guardo, sorpresa.
<<Un'altra?!>> Joan annuisce non riuscendo a trattenere un sorriso, e mi porge un pacchetto.
<<Aprilo.>> mi invita, l'attesa e l'impazienza riflesse nel suo sguardo.
Scarto il pacchetto color azzurro cielo, e mi ritrovo un libro tra le mani.
<<Frankenstein?!>> esclamo, stupita.
<<Ti...ti piace?>> mi domanda Joan, incerto, una mano posata sulle gambe incrociate davanti a lui.
<<Oh beh, non l'ho mai letto, né ho mai visto un film in proposito o cose simili. Lo conosco di fama, ed era nella mia lista di letture future dato che appartiene al mio genere preferito, il gotico! Ma tu...tu come...>>
<<Quasi due settimane fa hai pubblicato una storia su instagram dove avevi in grembo una copia di Dracula, sottolineando la tua passione per questo genere letterario. Io, lo ammetto, abbastanza ignorante in materia, sono andato a cercare su internet informazioni a riguardo, e ho scoperto che questo è una delle opere capolavoro del gotico, e ho pensato che...beh...ti avrebbe fatto piacere averlo in dono.>>
Lo guardo, non sapendo che dire. Questo ragazzo così spettacolare mi sta dedicando così tante attenzioni e io mi sento ogni volta più legata a lui.
<<Oh Joan, mi hai già regalato un bellissimo mazzo di tulipani di cui io mi sono follemente innamorata. Perché ora anche questo? Non dovevi, davvero.>> lo vedo accennare un sorriso e io mi sporgo verso di lui, per lasciargli un bacio sulla guancia. Una sua mano va a posarsi alla base della mia schiena e si avvicina ancora di più a me. Mi allontano da lui, restando comunque vicina.
<<Joan, io...non posso darti niente in cambio. O meglio, niente di quello che tu vorresti. Posso darti il mio affetto, ma io, davvero, spero che tu...che tu non stia facendo tutto questo per ->>
<<Ehi, aspetta.>> Joan mi interrompe, posandomi l'indice sulle labbra. D'istinto, spalanco gli occhi, e il suo sguardo si ferma qualche secondo di troppo sulle mie labbra.
<<Io davvero, non sto mirando a niente di più di quello che tu già sai. Sto corteggiando la ragazza che mi piace, che mi piace da impazzire. Io sono fatto così. Sto seguendo quello che sento, e quello che sento mi porta a te. E ho intenzione di fare tutto quello che posso per vedere quegli occhioni brillare di felicità.>>
Le parole di Joan sono così dolci, che non riesco a resistere all'impulso di prendergli una mano e stringergliela. Joan ricambia stringendo la mia mano ancora più forte. È così dolce, così squisitamente dolce e io sono un totale casino e la situazione in cui mi trovo è ancora più incasinata. E lui non merita di ritrovarcisi in mezzo.
<<Joan, ti stai infilando in un casino, e tu non lo meriti. Davvero ->>
<<Lascia che io ci sbatta la testa. Anche a costo di rompermela, non intendo mollare. So che tu non provi lo stesso che provo io, ma col tempo, vedrai mi amerai anche tu da impazzire!>> il suo cipiglio allegro e sfrontato torna a dipingergli il viso.
<<Voglio solo che tu non soffra.>>
<<Soffrirei di più se non ci provassi.>> replica, scuotendo la testa e accarezzandomi una guancia con il dorso della mano.
Quanto è prezioso.
Passiamo il resto del pomeriggio in giro per i dintorni di Cervera, fino a quando il cielo non inizia a tingersi dei colori del tramonto. Quando stiamo per ritornare alla macchina, sento il telefono trillare nella borsa.
<<Pronto?>>
<<Angel! Indovina la notizia?>> la voce, ebbra di felicità, di José mi riempie l'orecchio sinistro.
<<Ha a che fare con Nuria?>>
<<Ha detto di sì! Nuria ha detto di sì! Ci sposiamo!>> grida, e sono costretta ad allontanare il telefono dall'orecchio.
<<Oh José, sono così felice per voi due! Siete perfetti, davvero, fatti l'uno per l'altra!>>
<<Grazie, Angel! Per l'occasione, volevo invitarti alla festa che abbiamo organizzato, domani sera! Ci sarai, vero?>>
<<E me lo chiedi anche? Certo che ci sarò! Vi mando un bacio e un abbraccio, vi voglio bene e sono tanto felice per voi!>>
<<Grazie ancora, Angel! A domani sera, allora!>>
<<A domani!>> metto giù la chiamata e salgo in macchina, raggiungendo Joan.
<<Buone notizie?>>
<<José e la sua fidanzata si sposano!>> lo informo, ancora felice per la notizia.
<<José Martinez?>> annuisco.
<<Beh, fagli gli auguri da parte mia!>>
<<Lo farò!>>
<<I prossimi comunque saremo noi.>> esclama, sicuro. Scoppio a ridere, stringendo la presa intorno al volante più forte.
<<Oh Joan, ti prego!>>
<<Vedrai.>> continua, usando lo stesso tono. Sospiro.
<<E va bene. Comunque, che programmi hai per la serata?>>
<<Mi fermerò a Barcellona. Poi domattina prenderò il primo volo per Palma.>>
Fermo l'auto sotto casa mia.
<<Ti ringrazio ancora per essere venuto. Mi ha fatto davvero piacere vederti.>>
<<Anche a me. Anche perché non ci vedremo fino a...novembre, vero? L'ultima gara a Valencia.>>
<<Già.>>
Joan si sporge verso di me e mi posa un bacio sulla guancia.
<<Grazie per questo pomeriggio, Angel! Sono stato benissimo con te, davvero.>>
<<Anche io, Joan.>>
<<Mi mancherà non vederti in circuito. In realtà mi mancherai sempre, ma, ti invierò molti video di gattini e cagnolini, e anche quelli degli alpaca, che ti piacciono tanto.>> Joan scende dall'auto.
<<Ti blocco se ci provi, Joan!>>
Joan si abbassa, sporgendosi all'interno dell'abitacolo dell'auto, dato che avevo completamente abbassato il finestrino.
<<Non lo faresti mai.>> e dopo avermi fatto l'occhiolino, si allontana.
~·~
Mi tiro per l'ennesima volta giù la gonna, non appena scendo dall'auto di Rafi.
<<Angel, vuoi smettere di tormentare quella gonna? Ti sta benissimo!>>
<<È troppo corta! Lo sai che non mi piacciono le minigonne! E quel che è peggio, guarda che calze mi hai costretto ad indossare!>>
<<Le autoreggenti più sexy che esistono sulla faccia della terra!>> replica Anna, dando una gomitata nelle costole di Rafi.
<<Sei da sballo, Angel.>>
<<Io preferivo i collant. Guarda, si vede il pizzo delle calze attraverso lo spacco della gonna!>>
Rafi e Anna fingono sorpresa.
<<Scandalo! Sei peggio della signorina Rottenmeier! E ora basta lamentarti, andiamo!>> mi prendono entrambe per mano e mi tirano su per le scale. Indosso un paio di décolleté nere con un cinturino intorno alla caviglia, un paio di autoreggenti nere velate, con inserti in pizzo, una gonna a vita alta che arriva a metà coscia con uno piccolo spacco sul lato destro che va a mettere in mostra il pizzo delle calze, e per completare il tutto, un top nero dallo scollo a barchetta, dalle maniche lunghe.
Ho lisciato i capelli avendo però cura di gonfiarli alle radici, il che è molto anni '70, così come il trucco che mi ha fatto Anna.
Entriamo nella sala del ristorante che José e Nuria hanno prenotato, e dove si svolgerà la loro festa. Non voglio vedere né Marc né Alex, stasera voglio stare per conto mio. Faccio subito i miei auguri ai futuri sposi, poi, oltre che con Anna e Rafi, passo la maggior parte del mio tempo lontana dalla gente.
<<Angel!>> mi volto di scatto, non appena sento chiamare il mio nome.
<<Avanti, cantiamo!>> esclama Anna, prendendomi per mano.
<<Scusa?>> le domando io, totalmente colta di sorpresa.
<<Dai, ti prego, cantiamo io, te e Rafi, dai dai, ho anche la canzone perfetta!>>
<<E quale sarebbe?>>
<<Lo scoprirai solo se vieni con me!>> Anna inizia a trascinarmi e io cerco di togliere il polso dalla sua stretta.
Mi spinge sul mini palco dove Rafi già mi aspetta e non faccio in tempo a tirarmi su, che la musica inizia.
<<Davvero? Davvero hai scelto questa canzone?>> grido, ma la musica sovrasta completamente la mia voce, e Anna si indica l'orecchio, alzando le spalle.
Gimme! Gimme! Gimme! (A man after midnight) degli Abba riempie la sala, e Rafi e Anna iniziano a cantare. Le seguo qualche istante dopo, e più passano i secondi, più io mi sciolgo, perché è questo il potere che la musica ha su di me. In più questa canzone mi fa impazzire.
Io e le ragazze ci atteggiamo, come se fossimo delle vere popstar.
Quando finiamo di cantare, un applauso scrosciante ci ripaga, e io abbandono il palco cercando di farmi notare il meno possibile.
<<Sei stata fantastica, Angel. Come sempre.>> mi volto, e dopo mesi, rivedo quegli occhi dorati.
<<Grazie, Javier. È bello rivederti.>>
<<Davvero?>> la sorpresa nella sua voce.
<<Davvero. In fondo, non ho mai avuto problemi, con te.>>
<<Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per te, Angel, per proteggerti.>> va dritto al punto, e io scuoto la testa.
<<Non voglio parlare di questo, Javier. Davvero.>>
<<È che...non ti ho mai detto che ti ho sempre voluto bene. E ho sempre pensato, e continuo a pensare, che tu meriti il meglio. Sei unica e speciale, e meriti qualcuno alla tua altezza.>>
Mi sento in imbarazzo, e non so cosa dire. Non so se è davvero come dice Javier, penso di non meritarmi nulla, in realtà.
<<Io...grazie, Javier. Sei sempre stato molto gentile e caro, con me.>>
<<Viene spontaneo, con te. E...mi dispiace che tu e Alex abbiate rotto. Eravate bellissimi, insieme.>>
<<Evidentemente non abbastanza.>> replico, con un sorrisetto amaro e in quel momento, la figura di Alex appare alla mia vista. Lo vedo venire verso di noi, e no, non intendo andarmene.
<<Ehi Javier, ciao. Ciao, Angel.>>
<<Ciao, Alex.>> ci fissiamo per diversi istanti negli occhi.
<<Posso parlarti un secondo?>>
Vorrei dirgli di no, ma non sarebbe giusto.
<<Va bene.>> faccio un cenno col capo a Javier, poi seguo Alex.
<<Allora?>> gli domando, non appena raggiungiamo la terrazza da cui si gode la vista delle colline di Cervera illuminate dalla luce della luna. Mi rendo conto di essere stata un po' troppo aggressiva solo quando un lampo attraverso lo sguardo verde scuro di Alex.
<<Sei un incanto, posso dirtelo?>>
<<Oh, certo che puoi.>> replico, mentre un sorriso di scherno si dipinge sulle mie labbra.
<<Angel, senti, ho sbagliato con te. Non posso più riparare, né tornare sui miei passi, nonostante lo vorrei con tutto il cuore, ma non voglio essere egoista. Io voglio solo dirti che...che tu mi manchi immensamente.
Mi manca viverti, mi manca averti nella mia vita, non importa in che ruolo.
Amica, fidanzata, non mi interessa. Ho avuto la fortuna di averti al mio fianco e ho buttato tutto all'aria, ma nonostante stia soffrendo per questa mia decisione, sento di aver fatto la scelta giusta.
Però tu mi manchi, mi manca parlare con te, ridere con te, mi manca passare del tempo con te.
Ti prego, io...non ti chiedo di tornare ad essere quelli che eravamo prima dopo sole due settimane dalla nostra rottura, ma...dimmi che un giorno torneremo ad essere Alex ed Angel. A me manca tanto la mia migliore amica.>> punto i miei occhi nei suoi, e una lacrima del tutto incontrollata, mi scorre lungo la guancia.
<<Mentirei se ti dicessi che tu non mi manchi, Alex. Mi manchi tantissimo, dannazione a te!>> scoppio in un singhiozzo e corro tra le sue braccia. Lo stringo forte, affondando il viso nel suo petto e lo sento stringermi a sé, come mai prima.
<<Oh Angel, quanto è bello riabbracciarti.>> lo sento sussurrare, mentre mi posa un bacio tra i capelli, <<io...vorrei ridarti una cosa.>> alzo il viso verso di lui, e noto che tiene tra le dita l'anello che mi aveva regalato a Firenze e che io gli avevo lanciato addosso.
<<Avrebbe un significato diverso, ora, ma...>>
<<Non dire altro.>> lo interrompo e gli porgo la mano destra. Sulle sue labbra si disegna un largo sorriso, e lentamente, mi infila l'anello all'anulare.
<<Oh, eri qui.>> la voce di Marc ci interrompe. Sento un brivido saettarmi lungo la spina dorsale, e quando mi volto a guardarlo, noto che il suo sguardo è ancora posato sulle nostre mani unite e sull'anello che Alex mi ha ridato.
D'improvviso, quel giramento di testa che ormai mi tormenta ogni volta che sono in sua presenza, mi coglie del tutto di sorpresa.
Mi porto una mano alla testa, e mi appoggio contro il parapetto in pietra.
<<Angel, che ti prende?>> mi chiede subito Alex allarmato, e vedo Marc scattare verso la mia direzione.
No, non lo voglio vicino a me.
Non deve avvicinarsi. Mi giro dall'altra parte.
<<Un...un giramento di testa, fortissimo.>>
Devo andarmene.
Voglio andarmene.
<<Penso che...sarà meglio che io torni a casa. Ora chiamo un taxi, così ->>
<<Ma quale taxi, ti accompagno io!>> esclama subito Alex, posandomi una mano sulla spalla.
<<Potrei accompagnarla io, Alex. Tanto devo comunque andare via, devo passare per la casa che ho qui vicino, ho dimenticato lì il cellulare, ti ricordi?>>
Salto su come se fossi stata punta da una vespa.
<<No, non c'è bisogno che mi accompagni tu, Marc. Chiederò ad Anna o a Rafi o ad Javier. O chiamerò un taxi, che forse è la soluzione migliore.>>
<<Oh avanti, Alex diglielo anche tu che è meglio che l'accompagni io a casa!>> Marc rivolge ad Alex un'occhiata innocente, quasi angelica.
Come l'angelo caduto.
<<Marc ha ragione, Angel. Tanto deve andare a recuperare il telefono, così prenderà due piccioni con una fava!>>
<<Ma io ->>
Non appena la mano calda di Marc si stringe intorno alla mia, le parole mi muoiono in gola. Cerco di ribellarmi anche mentre attraversiamo la sala, e il giramento di testa si fa sempre più forte. Marc mi aiuta a salire sulla sua auto, e quando chiude lo sportello, mi sento in gabbia.
In trappola.
Mi raggiunge al posto di guida e io volto lo sguardo verso il finestrino. Mi ritrovo in auto con la causa del mio malessere, e non posso neppure dirglielo.
Restiamo in silenzio per diversi istanti, fino a quando non inizia a parlare.
<<Alex ti ha ridato l'anello. Dunque ->>
<<Non siamo tornati insieme.>> taglio corto io, interrompendolo, <<io e Alex ricostruiremo il rapporto che avevamo prima perché ci vogliamo bene. Io ho bisogno di averlo nella mia vita, e questo anello, ora, rappresenta il nostro nuovo inizio.>>
Lo vedo annuire lentamente.
<<Anche il ciondolo che porti al collo te lo ha regalato lui?>>
<<No. Me lo ha regalato un'altra persona.>>
<<Il caro Joan, vero?>> salto su come se fossi stata punta da una vespa.
<<Ormai ne sei ossessionato, vero?>>
<<Ti seguo anche io su instagram Angel, e l'ho visto il commento che ha lasciato sotto il tuo ultimo post. Ha scritto chiaramente che è il suo ciondolo.>>
Avevo dimenticato questo particolare.
<<Sì. Me lo ha regalato lui, e allora?>>
<<Ciondoli, fiori...quale sarà il prossimo regalo? Cioccolatini?>> sogghigna e sento il sangue scorrere più veloce nelle mie vene.
<<È tutto fuorché scontato! Niente cioccolatini, perché nonostante io li ami, c'è un altro nutrimento che amo più di ogni cosa! E sono i libri, ed è un libro che mi ha regalato!>> quasi grido, e Marc sbanda appena, al suono delle mie parole.
<<Ma sei impazzito?!>>
<<Ti ha regalato un libro? E quando?>> esclama, ignorandomi e fermandosi in mezzo alla strada per poi voltarsi a guardarmi.
Oddio.
Ho parlato troppo.
<<Domenica.>>
<<Non ti ha regalato nulla domenica. Né sabato, né venerdì o giovedì o mercoledì! Quando?>>
<<Ieri. È venuto a Cervera, e abbiamo passato il pomeriggio a Cervera.>> replico, rivolgendogli un sorriso compiaciuto.
Marc mi osserva come se gli fosse crollato il mondo addosso.
<<È venuto a Cervera. Solo per te.>>
soffia.
<<Esatto. Sì, esatto. Solo per me!>>
Marc rimette in moto l'auto, le mani che tremano sul volante.
<<E gli avrai presentato anche tua madre, no? Oh, ma allora le cose sono quasi ufficiali! Ti trasferirai presto a Palma di Maiorca?>> inizia a straparlare, un sorriso nervoso sulle labbra contratte.
<<Che cos'è, una specie di scenata di gelosia questa?>> commento, la voce più alta di un'ottava.
<<Sì, sì, è una scenata di gelosia perché io sono geloso, Angel, sono geloso!>> esplode, e ferma nuovamente la macchina. Non ho idea di dove siamo.
<<Non me ne può fregar di meno! A te importava di quando ero gelosa di Linda, o delle ombrelline, o di tutte le altre ragazze? No, mai! Tutte ti corrono dietro, tutte vogliono prenderti, catturarti, e io non voglio stare con qualcuno che tutte vogliono! Io non voglio vivere la corsa all'oro, Marc!>>
Solo quando noto un sorriso sulle sue labbra mi rendo conto di ciò che ho detto.
Oddio.
Gli ho detto che ero gelosa.
L'ho ammesso, anche a me stessa.
Scendo dalla macchina, la testa che gira e mi rendo conto che siamo dentro un garage.
Mi incammino, risoluta, per uscire, e noto che qualcuno ha azionato il comando di chiusura. Cerco di aumentare il passo, il cuore a mille, e finisco contro la porta chiusa. Inizio a prenderla a pugni e mi volto, furiosa.
<<Apri immediatamente questa porta!>>
Marc mi mostra le chiavi.
<<Vienile a prendere.>>
Salgo in macchina e inizio a sbracciarmi, per prenderle.
<<Mi hai portato nel tuo pied-à-terre dove ti porti quelle che ti scopi, eh? Mi fai quasi tristezza, ma non meriti neanche quella!>> grido e riesco a strappargli le chiavi di mano.
Ho l'adrenalina che mi scorre nelle vene, mi pare di impazzire, di essere sul punto di esplodere.
Apro la porta e lancio le chiavi dentro l'auto, senza degnarlo neppure di uno sguardo.
<<Vai, avanti, scappa, ormai è solo quello che sai fare! Hai paura, eh? Non riesci più neppure a fronteggiare ciò che provi, neppure la realtà. Puoi scappare ovunque tu voglia, ma non riuscirai mai a scappare dalla tua mente!>>
Mi blocco, quando sento quelle parole. Marc, dall'interno del garage, me le ha sbattute in faccia come uno schiaffo in pieno viso.
E realizzo che è vero, che ha ragione, e lo ha capito senza neppure che glielo confidassi.
Perché sono sempre stata come un libro aperto per lui.
Scappare.
Non posso fare davvero più altro?
Sento il cuore incendiarsi nel petto, e ritorno sui miei passi, con lo stesso passo risoluto di prima. Marc è rimasto nell'auto e quasi sussulta quando riapro la portiera.
<<Adesso tu, brutto stronzo, ti rimangi tutto quello che hai appena detto.>>
<<Mai. Anzi, lo sottoscrivo, perché è la realtà.>>
Lo fulmino con lo sguardo, e faccio per tirargli uno schiaffo, ma lui mi afferra il polso e mi blocca.
Resto a fissarlo per diversi istanti, così vicino, con gli occhi in fiamme, il respiro corto, le labbra gonfie.
Sento una scarica elettrica attraversarmi la spina dorsale e annullo la distanza tra noi.
Gli prendo il viso tra le mani e poso le mie labbra sulle sue, in un bacio pieno di rabbia, quasi aggressivo.
Sento il cuore spezzarsi nel mio petto e ricucirsi come se fosse fatto di pezza nel giro di mezzo secondo.
Marc resta impietrito per un istante, poi avvolge le braccia intorno ai miei fianchi e mi porta su di sé, mordendomi il labbro inferiore.
Non riesco a trattenere un gemito, e infilo le dita tra i suoi capelli.
La lingua di Marc si insinua tra le mie labbra e incontra la mia, in una danza che pare quasi selvaggia.
Mi sembra di essere sul punto di morire e rinascere nello stesso momento.
Le sue labbra sulle mie, dopo mesi.
Lo sento respirare forte, mentre posa le mani sul mio fondoschiena. Sento che sarei capace di esplodere, di scoppiare a piangere dalla potenza delle emozioni che sto provando. Voglio vivere nel mondo in cui le sue labbra mi portano, fino alla fine dei miei giorni.
Non ho mai voluto niente come voglio lui ora.
[Spazio Autrice]
SUONO DI TROMBE 🎺🎺🎺
Vi ho fatto attendere per questo capitolo, ma spero che ne sia valsa la pena ahaha
Orario improponibile per postare ma dovevo pubblicare 👀
Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere che ne pensate con un commento, per favore!
Vi voglio bene, e vi ringrazio per sostenermi sempre ❤
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