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Pace?


[Let's make peace? 
You and I are inextricably linked, you know]

[Marc]

L'aria che si respira in auto, mentre ci dirigiamo verso Cervera, è a dir poco irrespirabile.

Io, Alex ed Angel non ci siamo rivolti la parola neanche una volta, e la cosa si fa sempre più imbarazzante, ogni minuto che passa.

Mancano ancora una quindicina di chilometri per raggiungere la cittadina, e temo che saranno i chilometri più lunghi della mia vita.

Alex, alla guida, ha lo sguardo lontano, perso in chissà quali pensieri.
Forse al momento in cui si è lasciato andare per un istante, come uno stupido, e ha baciato Angel.
Anche se baciare è una parola grossa.

Anche io però, ho fatto una cazzata.

Ho commesso lo stesso errore di Alex, e ho detto ad Angel cose che non avrei dovuto dirle.

Alla fine però, mi sono comportato da vero amico.

Un amico non è qualcuno che ti appoggia sempre e comunque, anche quando stai sbagliando, ma è colui che ti dice la verità, anche se fa male. E quello che ho detto ad Angel non era altro che la verità.

Allo stesso tempo però, mi viene da pensare di avere sbagliato nel dirle quelle cose.

Solo che non ho resistito.

La sua affermazione, ha scatenato qualcosa in me.

"Non potrò mai ricambiarlo, né lui né nessun altro".

Quel "nessun altro" è stato come ricevere una sberla in pieno viso.

Come essere sbalzato via dalla moto all'improvviso, proprio nel momento in cui ti stai sentendo meglio su di essa.

Con Angel è stato proprio così.

Avevo letto qualcosa di diverso dal solito nei suoi occhi mentre mi parlava, mentre mi guardava.
Avevo notato il modo in cui il suo corpo rispondeva al mio, ai miei tocchi.

E una stupida, sciocca speranza, era nata nel mio cuore.

La speranza che forse anche lei stava iniziando a provare qualcosa di diverso per me.

Invece, quelle parole mi hanno riportato bruscamente alla realtà.

Non avrebbe mai ricambiato l'amore di nessuno, neanche il mio.

E se anche lo avesse fatto, avrebbe fatto di tutto per distruggerlo, il suo sguardo non mentiva.

Io sicuramente non avrei mai commesso l'errore di Alex, che ha mandato letteralmente a quel paese il suo rapporto con Angel.

Io non voglio perderla, anche se questo significherà starle accanto senza che lei sappia mai ciò che provo per lei.

Non riesco ad immaginare una vita senza di lei.

Vorrei che ne facesse parte, per sempre.

Anche se però, ora non vuole neanche parlarmi.

Le getto un'occhiata attraverso lo specchietto retrovisore esterno dell'auto.

Ha le cuffiette alle orecchie, la musica sparata ad alto volume e lo sguardo perso fuori dal finestrino.

È da ormai più di mezz'ora che sta ascoltando la stessa canzone.

Arriviamo a Cervera, ed Angel inizia a prepararsi per scendere.
Si sfila le cuffie, e le arrotola intorno al telefono, per poi infilarlo nella borsa.
Alex si ferma davanti a casa sua, e lei scende con uno scatto felino, per recuperare i bagagli.

<<Aspetta, ti do una mano.>> le dico, scendendo dall'auto.

<<Non serve, davvero.>> ribatte, senza guardarmi.

Una fitta mi colpisce al petto, ma non mollo.

La raggiungo, e sposto le nostre valigie, mentre lei afferra la sua, per poi posarla per terra.
Le porgo poi un'altra borsa dove ha messo costumi, creme solari e quant'altro, per poi restare lì, in piedi davanti a lei, con le mani infilate nelle tasche dei jeans.
Per la prima volta non so cosa dire.

Angel però non dà l'impressione di volermi parlare, perchè si avvia verso il portone di casa sua, posando borsa e valigia a terra, per cercare le chiavi.
Mi avvicino al finestrino aperto di Alex.

<<Vai Alex, faccio due passi.>> lui mi guarda poco convinto.

<<Guarda che non mi pare che abbia voglia di parlare con te.>> replica, facendomi capire che ha capito le mie intenzioni.
Fa come gli ho detto però, e mette in moto, allontanandosi.

Con un sospiro, mi volto nuovamente verso Angel, che ha appena aperto il portone.
Fa finta che io non esista, come se io non fossi qui, a pochi metri da lei. Prende la sua valigia ed entra nel palazzo.
La seguo e non appena noto che sta per chiudersi il portone alle spalle, infilo il piede impedendoglielo.
La sento sbuffare sonoramente.

<<Mi pareva che avessi detto che volevi farti una passeggiata.>> dice, acida, senza neppure guardarmi.

<<Prima ti darò una mano a portare le valigie di sopra.>>

<<Ti ripeto che non ho bisogno del tuo aiuto.>>

<<Vuoi che io smetta di romperti le scatole?
Allora permettimi di portarti le valigie di sopra.>> ribatto, e sul suo viso si dipinge un'espressione di disappunto.

<<Se questo è l'unico modo per far sì che tu ti tolga dai piedi, allora d'accordo.>> risponde, iniziando a salire le scale.
Mi ha lasciato giusto il trolley, portando invece con sé la borsa.

Mentre saliamo le scale mi ripeto per l'ennesima volta quanto sia stato davvero idiota a dirle quelle cose.

Avrei dovuto tenere ciò che pensavo per me e ora non mi tratterebbe come se non esistessi neppure.

È la terza volta in meno di due settimane che finiamo a discutere in questo modo, o meglio, che finisco per combinare qualche cosa e lei se la prende, con il risultato che non mi rivolge più la parola.

Non appena apre la porta di casa mi dirigo verso la sua stanza, lasciando lì, vicino al suo letto, la valigia, mentre la sento salutare sua madre, in salotto.

<<Allora, ti sei divertita?>> sento chiederle da Dina, mentre esco dalla sua stanza.

<<Sono stata...bene, sì.
Però mi sei mancata tanto, mamma!>> entro in salotto proprio mentre si stringono in un abbraccio.

<<Oh, ciao Marc! Lo hai preso per bene il sole, eh?>> mi domanda Dina, ironica, facendo riferimento alla mia abbronzatura.
Arrossisco, sogghignando e abbassando lo sguardo.

Mi abbronzo facilmente, che posso farci?

<<Resti con noi per pranzo...?>>

<<No, Marc se ne stava andando, mamma.>> si intromette Angel, lanciandomi uno sguardo di traverso.
Sento una fitta di dolore colpirmi al petto.

Non mi vuole proprio tra i piedi.

Ma io quando voglio so essere peggio di lei.

<<In realtà...ecco, mi piacerebbe molto restare!>>

Dina sorride, mentre noto Angel serrare le labbra, per poi voltarsi di scatto e sparire dalla nostra vista. Sento sbattere la porta della sua stanza e l'imbarazzo si impadronisce di me. Dina mi guarda confusa e stranita.

<<Ma...cosa le prende?
È successo qualcosa?>> non posso mentirle, sarebbe inutile, dato che è palese.

<<Abbiamo discusso e lei non mi parla da un giorno ormai.>> Dina annuisce, con un sospiro.

<<Sai com'è fatta...è terribile quando se la prende.
Avanti su, non restare qui impalato, va da lei.>> e inizia a sospingermi verso il corridoio.

<<Non penso che abbia voglia di parlarmi...>>

<<Dovete chiarirvi, e ricorda: con lei bisogna essere sempre sinceri.>> detto questo si allontana, entrando in cucina.

Prendo un profondo respiro, e busso contro la porta della sua stanza. Angel non risponde, è il suo tacito modo di dirmi che devo sparire.

Ma come tutti sanno, io non mollo mai.

Apro la porta, e la vedo seduta accanto alla finestra, intenta ad accarezzare Duchessa.

Entrare nella stanza di Angel è come entrare nel suo mondo.

Sopra il letto troneggia una gigantografia di una pianura sconfinata del Sudafrica, e sotto la luce accecante del sole, si intravedono le figure di due ghepardi, i felini preferiti di Angel.

Dal lato opposto l'immagine di un drago nell'intento di sputare fuoco, presa da Game of thrones, penso.

Sopra la scrivania invece, una foto scattata da Angel all'alba, che ritrae le sue amate Dolomiti, casa sua.

Mi fermo accanto alla sua libreria che pare sempre sul punto di esplodere per quanti libri vi sono contenuti.

<<Non ti ho dato il permesso di entrare, mi pare.>> dice, acida.

<<Avanti Angel, per favore.
Per quanto vorrai ignorarmi ancora?>> sulle sue labbra si disegna un sorrisino di sfida.

<<Ancora non sai a che livelli io possa arrivare.>> con due falcate la raggiungo.

<<Beh, io sono stanco.>>

<<Problemi tuoi, Marquez.
Potevi pensarci prima.>> conclude, rivolgendomi un sorrisino strafottente.
Sospiro, abbattuto.

<<Non ti chiederò scusa per quello che ho detto ieri, perchè non ho detto niente di male.>> lei fa un cenno col capo.

<<Buono a sapersi.>>

<<Ma mi rendo conto che non avrei dovuto dirtelo.
Avrei dovuto tenere ciò che pensavo per me.
Di questo, mi dispiace.>>

Duchessa miagola improvvisamente, scendendo dalle gambe di Angel e venendosi a strofinare contro le mie.

<<Se è questo ciò che pensi davvero, allora hai fatto bene a dirmelo. Preferisco sempre la verità.
Solo che non immaginavo che tu pensassi questo, ecco.
Non me lo avevi mai detto prima, e pensavo mi capissi.>>

Come ho fatto a non capire?

Eppure dovrei sapere che per Angel la più grande arma di difesa è l'attacco.

Mi sembra così piccola e fragile in questo momento.

Mi siedo davanti a lei.

<<Oh Angel, ma io ti capisco, eccome se ti capisco.
Io volevo solo dirti che nonostante tutti i tuoi propositi, innamorarsi è qualcosa che succederà prima o poi. Tutti presto o tardi provano questo sentimento, anche solo per una volta nella vita.>>

<<Peccato che invece la stragrande maggioranza della gente abusi di questa parola.
A sentirli parlare si innamorano circa un centinaio di volte nell'arco della loro vita.>>

<<In realtà sai benissimo anche tu che il vero amore si prova una volta nella vita. Al massimo due.>>

<<Marc, tu non riesci a capire che io non sono portata per queste cose, vero?
Per prima cosa, non mi fido di nessuno, tanto meno dei maschi. Come pensi che potrei vivere un simile sentimento, con la mia diffidenza?
Starei male, finendo per far soffrire anche l'altra persona.
Punto secondo, penso di aver sofferto abbastanza.
Sto bene così, perchè andare a complicarsi ancora di più la vita?
Terzo ed ultimo punto: io non ne sento il bisogno.
E riconosco di essere una persona complicata, incomprensibile, difficile, troppo lontana dalla normalità.
E ti giuro, più mi guardo in giro più penso che non esista un essere umano di sesso maschile adatto a me, che possa comprendermi e apprezzarmi per quello che sono.
Sono così superficiali, stupidi, vuoti, schifosi e penosi.
Credimi, io in certe situazioni non mi ci vedo.
So di non esserci adatta.
E mi va bene così, davvero.>>

Angel abbassa lo sguardo e non nota il modo intenso in cui la sto guardando, perché vorrei farle capire ciò che provo semplicemente attraverso i miei occhi.

Come fa a non capire che sono io quello adatto a lei, che sono qui, di fronte a lei, ad un passo da lei?

Io che conosco ogni sua paura, che so come prenderla, che amo ogni sua più piccola cicatrice?

Come fa non capire che ci siamo già trovati?

Le prendo una mano, e lei mi lascia fare.

<<Le cose andranno come devono andare.
Non ci pensiamo, okay?
Non ci pensare.>> lei mi guarda per qualche istante, per poi annuire.

<<Abbiamo fatto pace?>> le domando, quasi timoroso.

Angel fa una smorfia, ma vedo che è solo un modo per nascondere il sorriso che si stava disegnando sulle sue labbra.

<<Sei insopportabile, Marquez.>>

<<Anche tu, non sai quanto.>>

Angel sospira, per poi scendere dalla finestra, e posarmi un bacio inaspettato sulla guancia.

<<Andiamo, c'è un piatto di pasta che ci aspetta!>> mormora, sorridendo.

Sento il cuore farmi le capriole nel petto e la seguo.

Mai fare aspettare la pasta.

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