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L'altra verità

[La verità vi farà liberi, ma prima vi renderà infelici]


[Angel]

"Il buio.

Che cos'è il buio?

Non è semplicemente lo spegnere la luce prima di andare a dormire.

Non è semplicemente il chiudere gli occhi.

A volte il buio te lo porti dentro.

A volte è dentro di te.

E può inghiottirti, lentamente o da un momento all'altro ed esplodere nel tuo cuore distruggendo tutto quello che credevi fosse vero.

Il buio è già dentro di me.

Ora lascerò che mi inghiotta."

Quando riapro gli occhi sono queste le parole che mi ritrovo scritte davanti.

Questo è un sogno?

Sto ancora sognando?

Sono stata io a scriverle queste parole.

Sono stata io.

Ma cosa significano?

Mi guardo intorno e mi rendo conto che mi ritrovo in quella che è stata la mia prima stanza.
La luce del sole, che proviene dalla grande finestra posta sopra la scrivania dove sono seduta, illumina tutta la camera.

La porta è chiusa, ma fuori da essa sento urla. Pianti. Singhiozzi. Rumori soffocati.

Una piccola Angel è riversa sul letto, il petto sconvolto dai singhiozzi.

Perché non ricordo tutto questo?

Ma certo...è solo un sogno!

Faccio per muovermi verso la piccola me, ma di nuovo, mi accorgo che le mie gambe non rispondono ai miei comandi.

Perché non riesco a muovermi?

Un tonfo oltre la porta, come di un corpo che cade, attira la mia attenzione.

Anche la piccola Angel viene attirata da quel rumore.
Si solleva dal letto, gli occhi grandi pieni di terrore.

Perché ha così paura?

Di cosa ha paura?

Dopo essere rimasta immobile per un tempo indefinito, con lo sguardo rivolto verso la porta, si muove, quasi di scatto.

Si dirige verso la porta, con aria tremante, un passo, lento, dopo l'altro.

Vorrei seguirla, voglio seguirla, ma non riesco a muovermi.
Non riesco ad alzarmi.

La piccola Angel si ferma davanti alla porta.

So che non ha il coraggio di aprirla, lo so, perché ora le sue emozioni, i suoi sentimenti, stanno diventando i miei.

Sento il cuore martellare contro la mia cassa toracica come impazzito, una stretta alla gola che mi smorza il respiro.

Il coraggio.

Se non lo troverà la piccola Angel, lo troverò io.

Senza pensare più a nulla, provo ad alzarmi e questa volta, ci riesco.

Un passo dopo l'altro, senza paura, senza incertezze, sicuro.

Poso la mano sulla maniglia della porta e la apro.

E l'altra verità si palesa ai miei occhi."

                             ~·~

<<Angel, svegliati! Ma cosa ti succede stamattina?>>

Un lamento sfugge dalle mie labbra non appena la voce di mia madre giunge alle mie orecchie.

Non ho chiuso occhio stanotte, e quando sono riuscita a prendere sonno, non ho fatto altro che fare brutti sogni.

O meglio, un brutto sogno ha tormentato la mia mente.

È lo stesso sogno che ho fatto alcune settimane fa a Mojacar, quando Marc ha dormito con me.

Quella notte c'era lui al mio fianco, stanotte nessuno.

So però che il sogno di stanotte è stato diverso da quello di allora.

Soprattutto il finale, che ora fatico a ricordare.

Mi scosto le lenzuola di dosso, sbadigliando, e recupero il telefono.

C'è un messaggio di Marc che mi augura il buongiorno, di diverse ore fa.

Decido che gli risponderò più tardi, tanto ora si starà allenando.

<<La colazione è in tavola tesoro, io esco, ho delle commissioni da fare. Ci vediamo a pranzo.>> mia madre mi lascia un bacio sulla testa e se ne va, senza darmi il tempo di ribattere, di fermarla.

Ho bisogno di parlarle, ho bisogno di chiederle cosa vogliano dire questi sogni.

Dopo colazione inizio a sistemare la mia stanza, ma a differenza del solito, la mia testa è lontana, persa ancora nel sogno di stanotte.

Perché mi ha sconvolto così tanto?

In fondo si tratta solo di un sogno, come tanti altri.

Ma se fosse qualcosa di diverso?
Se non fosse un sogno?

Se fosse...un ricordo?

Scuoto subito la testa, sogghignando nervosamente per quell'assurdo pensiero.

Non può essere un ricordo, non è mai successa una cosa del genere.

In quel momento sento la serratura della porta scattare, segno che mia madre è tornata.

<<Mamma! Aspetta, ti do una mano!>> esordisco, uscendo dalla mia stanza e prendendole le borse della spesa dalle mani.

<<Grazie, tesoro. Indovina cosa ci sarà per pranzo oggi?>> la guardo, in attesa di una risposta.

<<Avanti, qual è il tuo piatto preferito?>>

Saltello sul posto per la gioia.

<<La gricia?>>

<<Esatto!>> conferma mia madre, annuendo, <<questa mattina mi sei sembrata un po' strana, e ho pensato che questo sarebbe stato un bel modo per tirarti un po' su!>>

In quel momento mi ricordo del sogno di stanotte e la mia gioia momentanea svanisce.

<<A proposito, mamma...ho bisogno di parlarti.>>

Non so se è il mio tono a colpirla, o cos'altro, ma si volta subito verso di me, con aria preoccupata.

<<È successo qualcosa, tesoro?>>

<<Ecco...non proprio. Si tratta...di un sogno.>> il viso di mia madre torna a distendersi e accenna un sorriso.

<<Di un sogno, piccola? Non ti devi preoccupare, era solo un sogno. Ora sei qui, nel mondo reale. Non lasciare che ti sconvolga.>>

<<E invece non riesco a non pensarci, mamma. Sì, era un sogno, ma...può essere così...reale?>>

<<Che intendi?>>

<<Posso raccontartelo?>>

Lei mi osserva per qualche istante in silenzio, poi annuisce.

Mi siedo a tavola, prendendo un respiro profondo.

<<La prima volta che ho fatto questo sogno ero a Mojacar, e non gli ho dato molto peso.
Ma...ora sento di dovertelo raccontare.
In entrambe le volte rivedo la piccola me, nella mia vecchia stanza, quella che poi ho lasciato quando...non importa.
Ogni volta mi vedo in lacrime, spaventata, terrorizzata da qualcosa che è oltre la porta della mia stanza. Al di là di essa sento pianti, urla, e la cosa più strana e che vorrei sapere cosa sta succedendo, provare a consolare la piccola Angel, ma sono come...immobilizzata.
Non riesco a muovermi.
Nel primo sogno, quello che ho fatto a Mojacar, la piccola me si dirige verso la porta e io per qualche assurdo motivo le intimo di non farlo, ma lei non mi dà ascolto. In quello di questa notte, invece ->>

Ad un tratto, come in un flash, balena nella mia mente il finale del sogno.

Scatto in piedi, sconvolta e col respiro smorzato.

No.
Non può essere vero.

<<Non è mai successo veramente, vero mamma? Era solo un sogno, vero?>> le domando, cercando di restare calma, ma le mie mani, tremanti, posate sul tavolo, mi tradiscono.

Poso gli occhi su mia madre, bianca come un lenzuolo, e in quel momento scoppia a piangere.

Tutto quello che credevo, tutte le mie convinzioni, vanno in frantumi.

<<Pensavo che non avresti mai ricordato...pensavo che ormai...la tua mente avesse rimosso completamente quello che avevi visto...quel giorno...>>

Scuoto la testa, scioccata.

<<Perchè...perchè non mi hai detto la verità? Perché hai preferito che io vivessi nella menzogna, crescessi credendo ad una...bugia?>>

Mia madre mi prende per le spalle, guardandomi dritta negli occhi.

<<Angel, eri rimasta completamente traumatizzata da ciò che vedesti; la tua mente si è difesa come ha potuto, nel modo migliore: rimuovendo quello che avevi visto.>>

Mi allontano dalla sua stretta, guardandola furiosa.

<<E in tutti questi anni non hai mai avuto l'occasione di dirmi che in realtà l'abbandono di mio...padre, non era qualcosa per cui soffrire, ma una fortuna?
Che ti picchiava, che abusava di te? Perché hai lasciato che io soffrissi per la sua assenza quando avrei dovuto esserne felice?
Avresti dovuto dirmi la verità, hai avuto quindici anni, mamma!>> scuoto la testa, e senza pensarci un secondo di più, prendo le chiavi della macchina e scappo via.

                              ~·~

Una bugia può cambiarci la vita.

Una bugia può farci crescere con un pozzo profondo al centro del petto, per poi scoprire che quel pozzo è senza fondo.

Realizzare che per anni avevo sofferto per quello che in realtà era un mostro, mi faceva venire i brividi. 

Se già non sopportavo prima gli uomini, ora mi fanno letteralmente schifo.

Continuo a piangere, mentre guido senza una meta per le strade di Cervera.

Esco fuori dalla cittadina, dove la campagna e i campi la fanno da padrone.

Vorrei semplicemente nascondermi, trovare un luogo dove nascondermi dagli occhi del mondo.

Fermo la macchina e mi appoggio contro lo schienale del sedile.

Ho vissuto in una bugia per tutto questo tempo...

Colui di cui porto ancora il cognome era un viscido, verme schifoso e il solo pensiero che parte del suo sangue scorre nelle mie vene mi spezza il cuore.

Scendo dalla macchina e mi addentro nel bosco che si stende lungo la collina.

Natura. Silenzio. Solitudine.
Ora non ho bisogno di altro.

Dopo aver camminato per non so quanto tempo, mi siedo sotto un albero.
Il sole filtra tra le fronde degli alberi, gli uccellini cinguettano e svolazzano da un albero all'altro.

Mi porto le mani al viso.

Perché mia madre non mi ha detto la verità?

Non posso credere di aver passato tutti questi anni a soffrire, a sentirmi non voluta, rifiutata, abbandonata, quando in realtà questa era stata una fortuna.

Ad un tratto sento il telefono vibrarmi nella tasca dei pantaloni.

Marc...l'unica persona che vorrei avere ora qui con me è Marc.

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