Fallen
[Is this how it feels when your heart breaks?]
[Angel]
Prendo l'ennesimo sorso d'acqua, schioccando la lingua, per poi tornare a stendermi sulla sdraio.
Ho convinto gli altri a lasciarmi in pace sotto l'ombrellone, mentre loro andavano a fare il bagno.
Odio andare al mare.
In realtà odio andarci con chi non sa che ho paura dell'acqua e che di conseguenza, non so nuotare.
Era da secoli che non andavo, ma quando è capitato, con mia madre e mia zia, non mi sentivo a disagio come mi sento ora.
Entravo in acqua e mi incamminavo, fino a quando l'acqua non mi sfiorava i fianchi.
Restavo lì, a inebriarmi del profumo del mare, del grido dei gabbiani, del vento che mi accarezzava il viso.
Ora non posso fare neanche quello, perchè gli altri continuerebbero a rompermi le scatole sul fatto di doverli raggiungere più in là, di farmi una bella nuotata, e magari, per scherzare, proverebbero a tirarmi giù, in acqua.
Per cui, preferisco restare qui, sotto l'ombrellone, a morire di noia.
Odio stare su una sdraio a non fare niente, e dato che non amo abbronzarmi, me ne sto all'ombra.
Per passare il tempo mi sono portata dietro un libro, che inizio a leggere, riprendendolo dal punto in cui avevo lasciato un segnalibro con sopra ritratto un frammento di Notte Stellata di Van Gogh, un regalo di Marc.
Non inizio neanche a leggere una parola, perchè il mio sguardo va subito a cercarlo, in acqua.
Lo vedo ridere, e per un istante mi pare quasi di sentirla, la sua risata.
Non ho idea di cosa sia successo, ma stamattina mi ha quasi totalmente ignorata.
Dovrei sentirmi, in fondo, un po' sollevata, perchè nell'ultimo periodo ci siamo avvicinati fin troppo, ma vorrei sapere il motivo di questo suo improvviso distacco, sempre se io non mi stia sbagliando.
Magari è preso da suoi problemi personali e io non c'entro niente, anche se mi pare che con gli altri è sempre il solito Marc.
Sospiro, scuotendo la testa.
Non mi rivolge la parola da mezza giornata e mi manca, mi sento ridicola.
Mi schiarisco la voce e inizio a leggere.
Ho scelto di portarmi dietro un romanzo che ti cattura, impedendoti di pensare a qualunque altra cosa che non sia ciò che stai leggendo: Cime Tempestose.
Seguo pagina per pagina, e se da una parte non vedo l'ora di arrivare alla fine, nonostante io lo abbia letto un'infinità di volte, dall'altra vorrei che arrivasse il più tardi possibile, perchè terminare di leggerlo significherebbe uscire da quel mondo in cui Emily Brönte mi ha trasportato, e non voglio, non voglio che succeda.
Ad un tratto mi par di sentire qualcuno schiarirsi la voce poco distante da me, e quasi a fatica stacco gli occhi dal romanzo.
Mi ero quasi dimenticata di dove fossi e di far ancora parte di questo mondo.
<<Non ti avevo mai visto così concentrata prima come adesso!>> esordisce Alex, passandosi l'asciugamano sul corpo, per poi iniziare a tamponarsi i capelli.
Mi mordo il labbro inferiore, imbarazzata, e spero che non noti le mie guance farsi sempre più rosse.
Si inginocchia accanto a me, inclinando la testa per poter leggere il titolo del libro che ora ho chiuso, stringendomelo in grembo.
<<Cime...Tempestose.>> legge lentamente, nel suo italiano un po' incerto, per poi alzare gli occhi verde nocciola su di me,
<<Ah sì, Cumbres Borrascosas!>> esclama, ripetendo il titolo nella sua lingua,
<<ne ho sentito parlare spesso, ma cosa avrà di speciale?>> inarco un sopracciglio, guardandolo male.
<<Alex, non possiamo essere amici se mi chiedi che cos'ha di speciale Cime Tempestose.>> negli occhi di Alex passa un lampo.
<<Addirittura?>> annuisco.
<<Sì, addirittura.
Credimi, questo romanzo è una meraviglia, una vera tempesta, un uragano di sentimenti, passioni ed emozioni di ogni genere.
Devi essere pronto per leggerlo, perchè ti entra dentro, ti penetra nel cervello e nell'anima, e devi stare attento ad ogni parola, perchè è difficile da comprendere.>>
Alex inarca le sopracciglia, sorpreso.
<<Wow. E tu lo hai compreso?>> mi volto completamente verso di lui, reggendomi la testa con la mano, per poterlo guardare meglio.
<<Sono la creatura più complicata che esista, come potrei non capirlo?>>
Alex mi guarda per qualche istante, come se stesse pensando a qualcosa in particolare, poi annuisce, mordendosi il labbro inferiore e abbassando la testa.
<<È vero, hai ragione, che stupido. Comunque, ora mi hai incuriosito, e proverò a leggerlo.>> dice, sedendosi sulla sdraio, facendo per prendere il libro, ma io lo ripongo nella mia borsa, mentre sul mio viso si dipinge un'espressione di ironia.
<<Davvero, Alex? Non ti ci vedo a leggere un libro come questo, anche se, in realtà, non ho mai visto né te, né Marc con in mano un libro.>>
Alex mi guarda male, facendo finta di offendersi.
<<Potrei sorprenderti. Me lo presti?>> lo guardo come se avesse tre teste.
<<Vorrai scherzare, non presto i miei libri, tanto meno questo. In più è in italiano come avrai ben notato. Dovrai comprartelo, mi dispiace!>>
Alex sbuffa.
<<Quando vuoi sai essere veramente antipatica.>>
<<Grazie, lo so, sono adorabile.>> in quel momento noto, con la coda dell'occhio, che ci stanno raggiungendo anche gli altri.
<<Angel, tesoro, l'acqua è fantastica, non hai idea di cosa ti stai perdendo!>> esclama Rafi, prendendo il suo asciugamano dalla borsa e annodandoselo intorno ai fianchi. Alzo le spalle.
<<Non importa, ci sono abituata.>> mi volto verso Marc, in tempo per cogliere il suo sguardo su me e Alex. Poi si gira di scatto, iniziando ad asciugarsi.
Ma che razza di problemi ha?
<<Andiamo? Ho una fame!>>
<<Come al solito, Juan!>> ribatte Anna, mentre ci avviamo verso l'hotel.
Marc continua a tenere lo sguardo fisso sul telefono, lo sento più lontano che mai.
<<Alex, che cos'ha Marc?>> gli domando, affiancandolo. Lui alza le spalle.
<<Non ne ho idea, si deve essere svegliato con la luna storta, molto probabilmente. Mi pare pensieroso.>>
<<Ragazzi, ascoltatemi>> Rafi attira la nostra attenzione a pochi metri dall'entrata della villa, <<stasera si va al Paradise, ci sarà musica anni '90 per tutta la notte. Non ringraziatemi.>>
Trattengo un lamento.
Io voglio andare a cena, fare una passeggiata, guardare un film e poi andare a dormire, non ho proprio voglia di passare la serata in un locale con musica a tutto volume, anche se si tratta di musica anni '90.
<<Fammi indovinare: ti sta venendo voglia di prendere il primo volo per Barcellona e tornare a casa.>> sussurra Alex al mio orecchio, mentre saliamo le scale.
<<Complimenti, cento punti per Alex Marquez.>> lo sento ridere, per poi posarmi un braccio sulle spalle,
<<andiamo Angel, ci divertiremo, vedrai.>>
<<Credimi, io amo la musica anni '90, ma preferisco di gran lunga mettermela ad alto volume a casa mia e mettermi a ballare sul divano, scalza e in pigiama. Mi diverto molto, sai?>>
<<Lo so bene, metti della musica eccezionale. E sei anche scatenata.>> mi scappa un sorriso.
<<Però promettimi che non ti relegherai in camera tua, e verrai con noi. Ti prego. Vorrei passare una bella serata con te.>> gli lancio uno sguardo, sorridendo.
<<Non l'abbiamo passata anche ieri sera?>> lo vedo roteare gli occhi.
<<Beh...abbiamo parlato un po', ma hai ballato quasi tutta la sera con Marc.>> mi mordo il labbro non appena lo sento nominare il suo nome.
Non correrò questo rischio stasera, e sinceramente, non voglio neanche correrlo.
<<Hai ragione, e ti chiedo scusa. Ma prometto che stasera ballerò con te, va bene?>> sulle labbra di Alex si disegna un largo sorriso, mentre gli occhi gli si illuminano.
<<Dunque verrai.>> sospiro, alzando gli occhi al cielo.
<<Se me lo chiedi con quella faccia, come faccio a dirti di no?>>
~·~
Amo da impazzire la musica anni '90.
Provo un misto di gioia e malinconia ogni volta che la ascolto, perchè è libera, leggera, in grado di farti spensierare, ma allo stesso tempo è un qualcosa che appartiene al passato, che non esiste più.
Ma stasera, non voglio finire tra le braccia della malinconia, ma solo in quelle dell'allegria e della spensieratezza.
Ho bevuto qualche sorso di vino a cena, per cui, ora sto a posto.
Alex mi ha trascinato in pista a ballare, e da allora non mi ha più lasciata un secondo.
<<Andiamo a sederci un po'?>> mi domanda ad un tratto, abbracciandomi da dietro e posando il mento sulla mia testa.
Nonostante le mie zeppe ci separano ancora più di una quindicina di centimetri.
<<Sì, anche se mi sa che io non mi alzerò più da quel divanetto!>> rido, mentre andiamo a sederci.
<<Oddio, voglio andare a dormire!
Ti odio, Alex Marquez Alenta.
Ecco perchè non sopporto questi posti, mi hai fatto ballare fino allo sfinimento!>> e inizio a lasciargli pugni leggeri sulla spalla. Lui si allontana appena, scoppiando a ridere.
<<Hai ragione, ma dovevamo recuperare, no?>>
<<Odioso.>> borbotto, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
<<Ho bisogno di una boccata d'aria.>> la voce di Marc mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso, improvviso e inaspettato.
Non mi ero neanche accorta del fatto che fosse seduto poco distante da me.
Si alza e si allontana e anche se non dovrei, lo seguo.
Attraversa la pista e io evito di chiamarlo, dato che non mi sentirebbe.
Lo raggiungo in due falcate.
<<Marc, aspetta!>> lo prendo per un braccio e si ferma, di scatto.
La sua pelle calda contro la mia, fredda come il ghiaccio.
Lo sento tremare appena, probabilmente proprio a causa del contatto con la mia mano.
Si volta, e mi guarda.
<<Cosa vuoi, Angel?>> domanda, quasi con tono duro, facendo un passo verso di me.
Inizio a capirci sempre meno. Potevo capire l'altra sera quando avevamo discusso, ma oggi?
Cosa è successo?
Ieri sera abbiamo riso, ballato e parlato come sempre, che cosa è cambiato?
Lo guardo, confusa.
<<Capire che cosa ti prende, forse?>> Marc socchiude gli occhi, scuotendo appena la testa.
<<Ho semplicemente bisogno di stare da solo.>> risponde, secco, e fa per riprendere il suo cammino, quando io lo blocco nuovamente.
<<È tutto il giorno che mi ignori, che accidenti ti ho fatto?>> gli occhi di Marc tremano sotto le ciglia nere, mentre lo vedo deglutire a fatica.
Lo vedo contrarre la mascella, e fare un passo indietro.
<<Io...lascia perdere, Angel.
Non sei tu il problema.>> e detto questo si allontana, uscendo fuori dal locale.
Vorrei seguirlo, ma sono bloccata, mi ha fatto chiaramente capire che non vuole parlarmi, che vuole stare solo.
<<Ehi Angel, ci penso io a lui, non ti preoccupare. Torna dagli altri, avanti.>>
Miguel, apparso dal nulla alle mie spalle, cerca di tranquillizzarmi, ma con scarsi risultati.
Mi limito ad annuire, per poi tornare sui miei passi, con la voce di Marc che mi rimbomba nella testa.
Alla fine sono tornata dagli altri, ma ho passato il resto della serata a pensare a Marc, come un idiota. Perchè è così che mi sono sentita, una perfetta idiota.
Ho continuato a pensare a cosa avessi potuto fare per spingerlo ad ignorarmi, magari lo avevo offeso in qualche modo, ma come?
Non mi sembra di aver detto niente di strano la sera prima, tanto che prima di andare a dormire, Marc mi aveva lasciato un tenero bacio sulla fronte.
Sento un brivido scorrermi lungo la guancia solo a pensarci.
Ecco, questo è un altro dei motivi per cui io sono un idiota.
Ma stamattina lo affronterò, sì, gli ricorderò chi è la sottoscritta, e che con me non può comportarsi in questo modo, senza un motivo.
E che se avrà intenzione di continuare così, non avrà che da chiederlo, perchè lo ripagherò con la stessa moneta.
Mi tolgo le lenzuola di dosso e inizio a prepararmi per scendere di sotto per fare colazione con gli altri.
Sistemo un po' i capelli con la piastra, soprattutto la frangetta, che come ogni volta, mi fa dannare come poche altre cose al mondo e poi inizio a vestirmi.
Indosso un paio di pantaloncini di jeans slavati e una delle mie magliette preferite con su ritratto il volto di Jim Morrison, che infilo nei pantaloncini, per dare ancora di più al mio outfit un tocco anni '90.
Recupero il cellulare, e mi specchio per un'ultima volta, sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Apro la porta e una voce femminile a me sconosciuta, proveniente dalla stanza accanto alla mia, arriva alle mie orecchie.
La stanza di Marc.
Senza un perchè, il mio cuore inizia a battere come un pazzo nel mio petto.
Resto del tutto impietrita, con una mano ancora aggrappata alla maniglia della porta che ora ho socchiuso in modo da poter vedere lo spicchio di corridoio dove si trova la stanza di Marc.
In quel momento, la figura di una ragazza dai lunghi capelli lisci color caramello appare alla mia vista.
I miei occhi si posano su di lei per un'istante, ma noto subito l'abbronzatura perfetta della sua pelle, il fatto che mi supera di venti centimetri buoni, nonostante io indossi le zeppe e lei dei tacchi non molto alti.
È tutto, tutto il contrario di me.
<<Ci rivedremo, Marc?
Dimmi di sì, stanotte è stato splendido...>> afferma languida lei, mentre prova a circondargli il collo con le braccia.
È possibile sentire il proprio cuore che si spezza?
È possibile avvertire il momento esatto in cui si frantuma in mille pezzi, il momento in cui viene calpestato, distrutto?
Io l'ho sentito ora, per la prima volta nella mia vita.
L'abbandono di mio padre non aveva prodotto un simile dolore.
Era stato un qualcosa di diverso, di silenzioso, di presente costantemente nella mia vita, nella vita di una bambina di sei anni, un qualcosa che avevo cercato di rimuovere in tutti i modi, un dolore sordo che poi era esploso a dieci anni, quando avevo realizzato che non sarebbe più ritornato.
Perchè non mi amava, perchè non ero abbastanza, perchè non ero niente, per lui.
Ero stata abbandonata, come se non fossi mai esistita.
E oggi, è come tornare indietro al giorno in cui ho realizzato qual'era la verità.
<<Ti prego...ehm...senti, ci siamo divertiti, ma ora, per favore, vai...non vorrei che...insomma...>> la voce di Marc è preoccupata, ha fretta, è in ansia, e non ho potuto non cogliere il tremolio nella sua voce.
Lacrime caldissime scorrono sulle mie guance, incontrollabili, come un fiume in piena, e non c'è niente di più difficile che piangere in silenzio, quando vorresti urlare.
E per la prima volta nella mia vita, odio Marc.
Sento mancarmi il respiro, ma sono pronta.
Sono pronta anch'io a ferirlo.
Apro lentamente la porta, in modo da richiuderla rumorosamente e far sapere che ci sono, e ho sentito.
Mi volto di scatto verso le scale, a passo spedito, voglio allontanarmi il più possibile da lui.
<<Joder! Senti...addio, eh!>> lo sento dire, la voce più alta di un'ottava.
So che sta per venirmi dietro, ma non lo voglio vedere, in questo momento non potrei sopportare neanche la sua vista.
Spalanco la porta d'ingresso, in modo che pensi che sia uscita di casa e aspetto dietro l'angolo che mi passi accanto, per potermene tornare in camera mia.
Sento i suoi passi veloci, la sua voce appena sussurrata ripetere "dannazione", fino a quando non si lancia fuori dalla porta.
Torno indietro e ritorno nella mia stanza, piangendo come una deficiente.
Mi tolgo le zeppe, mentre il mio petto è sconvolto dai singhiozzi.
Come ho potuto permettere che succedesse?
Come ho potuto permettere che lui mi spezzasse il cuore in questo modo?
Perchè è colpa mia, è tutta colpa mia.
È stata solo colpa mia, se ho permesso a simili sentimenti di invadermi il cuore, l'anima, la testa, ogni cosa.
È stata solo colpa mia se ho permesso al sorriso di Marc di diventare come un brivido sulla mia pelle, di far sì che i suoi sguardi diventassero come marchi sul mio cuore e i suoi tocchi come carezze sulla mia anima.
La ragazza iceberg si era lasciata abbacinare dal raggio di sole, si era sciolta, aveva fatto sì che la fiamma la toccasse.
Mi sentivo tradita da me stessa.
Avevo tradito i miei propositi, le promesse che mi ero fatta, ogni cosa.
Affondo il viso nel cuscino, che ben presto si riempie di lacrime.
Tra l'altro, non ho idea del perchè stia piangendo.
Ancora una volta, come il primo giorno in barca, quando Marc aveva rivelato di aver fatto sesso prima di una gara per la prima volta a Valencia nel 2014, mi ritrovo a non comprendere la mia reazione.
O forse, in realtà sì, lo so, ma non voglio ammetterlo, neanche a me stessa.
Piuttosto la morte.
Il cellulare inizia a trillare dalla tasca dei miei pantaloncini.
Lo tiro fuori, pensando come una sciocca che si tratti di Alex, ma quando leggo il nome di Marc, trattengo quasi a fatica l'istinto di sbattere il telefono contro il muro. Metto il silenzioso, in modo che continui a squillare senza che mi disturbi, e immergo nuovamente il viso nel cuscino.
È stata una pessima idea venire qui. Avrei dovuto restare a Cervera come tutti gli anni.
Occhio non vede, cuore non duole.
E ora assomiglio anche a mia nonna, grandioso!
Il bussare improvviso e quasi implorante che si abbatte sulla mia porta, mi fa spaventare, e mi porto una mano alla bocca per trattenere qualunque verso o rumore.
Mi asciugo istintivamente le lacrime, come se la persona dall'altra parte potesse vederle, e mi impongo che da questo momento in poi, non verserò più neanche una lacrima. Non per Marc.
Tra l'altro a causa di questo pianto assurdo, ora ho anche un gran mal di testa.
<<Angel, ti prego, aprimi, so che sei qui!>> una fitta mi colpisce al petto nell'esatto istante in cui sento la voce di Marc.
Immergo la testa nel cuscino, sconfitta, abbattuta, stanca.
Mi sento come se qualcuno mi avesse trapanato il cervello.
Marc bussa nuovamente contro la porta, e penso che se non sentirà il minimo rumore provenire da qui, prima o poi se ne andrà.
Tanto io non ho più fretta.
Non ho intenzione di uscire da questa stanza, non ho più fame e voglio solo che i miei occhi tornino limpidi come al solito e si sgonfino presto.
Scalza, raggiungo lo specchio, passandomi una mano sulle mie guance rosse, e sugli occhi.
Ho sonno, voglio dormire, voglio ascoltare Boulevard of Broken Dreams dei Green Day ad alto volume.
Tanto riesco ad addormentarmi anche con la musica rock sparata a palla.
I miei occhi scendono sulla maglietta che ho scelto di indossare questa mattina, una delle mie preferite.
Porto una mano sul viso di Jim Morrison, mentre una fitta mi colpisce al cuore, per l'ennesima volta nell'ultima mezz'ora.
Ho sempre avuto un debole per le anime maledette, sofferenti, spezzate, quelle che sentono dentro di sé ogni più piccolo dolore del mondo e proprio per questo, non possono fare a meno di distruggersi.
Ne sono sempre stata attratta, come una falena alla luce, forse perchè in parte mi sentivo capita.
Non ero l'unica a provare simili emozioni, sensazioni che mi toglievano il respiro.
Anche se questo non era abbastanza, perchè per la maggior parte delle persone, io ero incomprensibile.
Lo sono sempre stata, e lo sarò sempre.
Sento nuovamente bussare alla porta, e sussulto appena.
Pensavo se ne fosse andato.
<<Ti prego, per favore Angel, aprimi! Non me ne andrò fino a quando non mi aprirai!>> alzo le spalle, con aria sprezzante, come se potesse vedermi.
Per me può pure prendere la residenza davanti alla mia porta.
Mi getto nuovamente sul letto, lo sguardo fisso sul soffitto bianco.
<<Angel, avanti, apri questa porta, devo spiegarti, io devo...>> mi sollevo di scatto dal letto.
Lui deve cosa?
Forse non ha ancora capito con chi ha a che fare.
Non deve spiegarmi proprio niente.
Indosso le zeppe e apro la porta.
Marc mi guarda come se non ci credesse, come se fossi frutto della sua immaginazione.
Penso che lo preferirebbe se sapesse ciò che sto per dirgli.
Intuisco che sta per fare un passo verso di me, per entrare, ma mi appoggio contro la porta, bloccandogli il passaggio.
Incrocio le braccia al petto, sfoderando lo sguardo più da stronza di cui sono dotata.
<<Che cosa devi spiegare, Marc?
Che sei come tutti gli altri?
Sono contenta di sapere che alla fine hai risolto i tuoi problemi di ieri sera, e ti sei divertito.
Mi parevi così in pena.
Ora, puoi pure sparire, grazie.>> e senza attendere una sua risposta, gli chiudo la porta in faccia, per poi appoggiarmici contro.
So che quello che gli ho detto l'ha ferito.
L'ho capito dal suo sguardo.
E mi va bene così.
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