Cap. 29 - Idiota, fottutissimo idiota
"Yari! Porca di una puttana impestata vacca zoccola troia!" "Wela, bonjour finesse! Harvard giusto?" "No, Oxford. L'Inghilterra mi è piaciuta di più dell'America..." "Quando sei tornata?" "Ieri sera... Yari cazzo, come stai?" Pausa. "Non lo so. Non ne sono ancora sicuro." Altra pausa. "Sono felice di vederti, Kumiko..." Ho bisogno di abbracciarla, ho bisogno di farle capire che c'è un motivo se sono sparito. "Cazzo Yari, mi hai fatto spaventare..." "Lo so. Scusami. Avevo veramente bisogno di tempo."
Chiudo la porta d'ingresso, sciolgo l'abbraccio e supero in silenzio la mia coinquilina, diretto verso la mia stanza. La verità è che ho vissuto due settimane in una bolla magica non ero ancora pronto per tonare al tran-tran di Seoul. Ero talmente fuori con la testa da non realizzare nemmeno che avrei trovato Kumiko a casa, e pensare che prima che prima di tutto 'sto macello segnavo il countdown sul calendario con un pennarello rosso. L'idea di dover affrontare la mia migliore amica nemmeno un'ora dopo essere atterrato a Incheon mi spiazza alquanto.
"Ciao Yari!" La voce di Tae risuona dal soggiorno, sono passato talmente di fretta che non mi sono accordo che fosse lì. Fantastico, adesso devo anche stare attento quando entro in casa, sia mai che me li ritrovo a pomiciare sul divano. E ho detto pomiciare ma potrebbe anche essere peggio. Wow, che bello.
Lancio la valigia in un angolo e mi abbasso il cappuccio della felpa. "Ehi... Ma... Che hai combinato ai capelli?" Niente, ovviamente la mia migliore amica non è una che capisce quando una persona vuole essere lasciata in pace e mi ha seguito fino in camera mia. Probabilmente mi seguirà anche al cesso. "Kumiko ti prego... Non adesso... Sono appena tornato..." "Col cazzo Yari. Hai chiesto tempo e te l'ho dato ma a una certa la mia pazienza ha un limite. Sei sparito da quando hai mandato quella fottutissima mail, torno a Seoul dopo sette mesi di tour mondiale e non trovo a casa né te, né la tua valigia, né il tuo passaporto, adesso mi parli. A costo di legarti alla sedia." Il suo sguardo è risoluto ma anche sinceramente preoccupato per me. Eh va bene Kumiko, hai vinto tu.
"Sono stato dieci giorni in Birmania in un monastero buddista. Mi hanno tagliato i capelli al mio arrivo, come rito di purificazione. E' un segno di non attaccamento al mondo e alle sue illusioni..." Penso che tra tutte le risposte che si aspettava questa fosse in fondo alla lista, almeno, i suoi occhi mi stanno dicendo così. "Ti sei fatto monaco buddista? Tu?" "Sì cara, io e me stesso medesimo. E' una pratica prevista dal buddismo Theravada, tutti i credenti maschi sono tenuti ad osservare la vita monacale almeno una volta nella vita..." "E da quando tu saresti buddista credente, perdonami?" "Non è mica una setta, Kumiko! Non sono lì per giudicarti, anzi. Mi hanno aiutato molto." "Anche io ti avrei aiutato se non mi avessi esclusa dalla tua vita."
Espiro profondamente e mi siedo sul letto, fissandola negli occhi. "Tu hai pienamente ragione, Kumiko, ma cerca di capire. Non ero in me. Ero frustrato, incazzato con il mondo, completamente fuori controllo. Avrei sicuramente detto o fatto qualcosa di sbagliato e me ne sarei pentito amaramente. Ho preferito risolvere la cosa per conto mio e aspettare di essere più lucido." La mia migliore amica si avvicina a me in silenzio, si posiziona in piedi tra le mie gambe divaricate e senza aggiungere altro mi abbraccia. Sapevo che avrei chiarito velocemente con lei e che avrebbe capito subito, alla fine ci conosciamo da tanto tempo ed entrambi ne abbiamo vissute di cotte e di crude. Non potremmo mai fare a meno l'uno dell'altra. Già, il problema non è lei.
"L'hai detto anche ad Hobi?" Come sempre ha letto le mie paranoie nei miei occhi. "No... Non mi faccio sentire da un po'..." "Yari..." "Lo so! Lo so... Ma sono terrorizzato ok? Ho paura che non ne voglia più sapere di me, che tutto questo sia troppo per lui. Ha già i suoi problemi, ci mancava solo che gli aggiungessi una figlia adottiva comparsa dal nulla..." Kumiko mi accarezza una guancia, comprensiva, senza scollare nemmeno un secondo gli occhi dai miei. "Hobi ti ama Yari... Lo sai questo, vero?" "Sì... Io... Credo di sì... Ma mi ama al punto da accettare una situazione del genere? Stiamo insieme da nemmeno un anno, abbiamo passato più mesi lontani che altro, come posso chiedergli di stravolgere la sua vita per me in questo modo?" "Non puoi sapere cosa ti risponderà finché non glielo chiederai..." "Esatto... E' proprio questo il problema. Ho talmente paura che mi lasci che preferisco rimanere nell'incertezza." "Se ti lascia vorrà dire che non era quello giusto, Yari. Non hai commesso un omicidio, non sei ricercato dalla polizia, hai semplicemente una figlia. E' una cosa meravigliosa." "Semplicemente..." "Mi sembra di intuire che quella faccenda sia già risolta no?" "Sì. E' già risolta. Dopo la Birmania sono tornato in Malesia per qualche giorno..." "Hai fatto la cosa giusta..."
Mi rasserena molto la voce accondiscendente di Kumiko in questo momento, è come se ogni tassellino stesse andando al suo posto. Ne manca uno piuttosto importante, ha pienamente ragione, ma durante le lezioni di meditazione mi hanno insegnato a procedere per gradi. Parlarne prima con lei mi aiuterà a parlarne con Hobi. Un giorno.
"Ho rivisto anche mia madre e la mia ex. E' stato strano, soprattutto con Shayasa, me ne ha dette di tutti i colori. Come darle torto." "Ci credo, l'hai piantata mentre era incinta e sei sparito nel nulla!" "Non sapevo che fosse incinta!" "Rimani uno stronzo..." "E' la stessa cosa che mi ha detto anche lei..." Scoppiamo a ridere entrambi per questa strana telepatia a distanza tra la mia migliore amica e la mia ex. Ho l'impressione che andrebbero molto d'accordo. "E lei? Lei com'è?" Sospiro, il sospiro degli innamorati. Separarmi da Safìa è stata uno dei dolori più grandi della mia vita. "Lei è... Perfetta." "Fammi vedere una foto!!"
Scuoto la testa per il suo entusiasmo come sempre esagerato. "Il telefono è nello zaino..." Si affretta a recuperarlo e viene a sedersi sul letto, accanto a me. "E' spento..." "Sì..." "Ma è scarico?" "No..." "Yari..." "Lo so. Troverò un modo per parlarci ok?" "Devi solo tirare fuori i coglioni, amico..." "Lo so."
Accendo immediatamente il cellulare per evitare che questo battibecco snervante prosegua in eterno e accedo alla galleria delle immagini. Purtroppo il mio cervello non riesce a fare a meno di notare che non ho ancora ricevuto nessun messaggio: io sono sparito e lui ha smesso di cercarmi. Poi chiediamoci perché mi terrorizza l'idea di chiamarlo.
"Eccola qui..." "Oddio, Yari... E' un capolavoro..." Gli occhi di Kumiko hanno assunto una forma cuoridale nel vedere la foto di mia figlia. Anzi, le foto, dato che la mia galleria contiene solo quelle. "Ma scusami... Lui è Jarvis?" "Secondo te, Kumiko??" "Minchia ma... Che figo!" Scoppio a ridere per la sua uscita, come al solito non ha nessun filtro. "Guarda che a momenti la gente per strada ci confondeva! Quindi ti direi che mi somiglia parecchio..." "Perché ti ho mai detto che sei cesso? Il tuo unico problema è che sei gay, cazzo, se avessi saputo che c'era la tua fotocopia etero in Malesia sarei salita sul primo volo quattro anni fa!" No vabbè, mi sto letteralmente rotolando dalle risate. Penso che questo sia il suo modo di confermarmi che se non fossi stato omosessuale ci avrebbe provato seriamente con me, non che ne avessi mai avuto dubbi. "Kumiko... Ti ricordo che il tuo fidanzato megabonissimo è in soggiorno..." "Vabbè che c'entra... Se uno è figo è figo..." "In ogni caso mi dispiace deluderti ma Jarvis quattro anni fa era già bello che sposato e con una figlia a carico..." "Mh... Ok..."
La mia precisazione sembra aver in qualche modo chiuso l'argomento e finalmente mi ripassa il cellulare. "Comunque complimenti, Yari. Hai una famiglia bellissima in Malesia..." Il suo sguardo è improvvisamente strano, malinconico, tra più o meno tre secondi scoppierà a piangere. E io ho capito immediatamente il perché. "Kumiko. La mia vita è qui. Ci ho pensato, ovvio, sarei un bugiardo a negarlo, ma non ho nessuna intenzione di tornare in Malesia..." Non mi fa nemmeno terminare la frase che mi stritola in un abbraccio che definire sollevato è riduttivo. Probabilmente era convinta di dovermi dire addio nel giro di qualche mese. "Cercherò di andare a trovarli il più possibile e sto aspettando una risposta per un'idea che mi è venuta in mente che riguarda Safìa, ma per il resto non ti libererai così facilmente di me..."
Altre lacrime sgorgano dai suoi occhi, ma almeno queste sono causate dalle risate. "Stai tramando qualcosa alle spalle del tuo fratellino gnocchissimo?" "Ma va, sa tutto anche lui... E' solo che preferisco essere scaramantico, non si sa mai..." "Bravo... La signora Min insegna..." E con questa massima di vita finalmente si alza e si avvicina alla porta della mia stanza. "Molto bene. Adesso devi solo chiamare Hobi." "Già..."
Solo... La fai facile tu...
Ma prima di qualsiasi altra cosa ho bisogno di una doccia. Per lavare via il viaggio in aereo di sei ore, gli avvenimenti dell'ultimo mese, l'ansia di dover affrontare Kumiko quando me la sono ritrovata già a casa. E' andata anche questa. Vorrei convincermi che ormai è tutto in discesa ma non è per un cazzo vero. Temo che quello che ho fatto fino ad ora sia semplicemente una piacevole scampagnata in collina.
Esco dalla doccia asciugandomi velocemente, devo ammettere che i capelli rasati sono decisamente più comodi da gestire, anche se mi fa ancora un certo effetto guardarmi allo specchio. Mi infilo un paio di boxer e sbuffo pensando a Tae in soggiorno: forse non è il caso di stare mezzo nudo come al solito? Sticazzi, alla fine sono in casa mia. Opto per un paio di pantaloncini corti da basket e li raggiungo sul divano.
"Yari! Non sei in grado di metterti una maglietta?" Ci avrei scommesso le palle che mi avrebbe tarmato i coglioni giusto oggi. Da quando mi sono trasferito da lei non si è mai lamentata di avermi in giro biotto. "Kumiko ti prego, in questo appartamento ci sono duecento gradi! E ti ricordo che Tae vive con altri sei ragazzi, dubito che si formalizzi..." Ovviamente lui si sta già scompisciando dal ridere per le comiche di questa scena e altrettanto ovviamente dà ragione a me. "Ma figurati Yari, abito con Jeon "Mi Alleno Tutti I Giorni" Jungkook. Penso di non averlo mai visto con una maglietta in casa, nemmeno a dicembre..." La mia migliore amica non sembra dello stesso parere e mi sta talmente fulminando che per non dovermi sentire le sue menate torno in camera a recuperare una t-shirt. Minchia, quando ci si mette è proprio una pressa.
Apro l'ultimo ripiano dell'armadio e rimango un po' spaesato. Non mi ricordavo di avere così tante magliette. Forse ne ho comprata qualcuna nuova di recente ma qui sono più del doppio di prima, tra un po' mi esplode il cassetto. Ne tiro su una a caso e capisco. Sono magliette del tour dei BTS. Le prendo tutte incurante del fatto che dovrò ripiegarle una ad una e le appoggio sul letto. Seoul. New York. Los Angeles. Vancouver. San Paolo. Londra. Parigi. Berlino. Tokyo. Osaka. Cinquanta t-shirt, una per ogni data del tour. Non ho bisogno di controllare su internet: so perfettamente che i concerti giapponesi si sono svolti dopo che ho mandato la famigerata mail. Eppure sul mio letto ci sono anche quelle magliette.
Torno in soggiorno, gli occhi che pizzicano. E' palesemente inutile che io faccia questa domanda, ma nel dubbio gliela faccio lo stesso. "Kumiko ma... Tutte quelle magliette... Sono di Hobi?" Adesso capisco perché mi rompeva il cazzo, la bastarda non vedeva l'ora che aprissi l'ultimo cassetto. Ma non è lei a darmi la mazzata finale, bensì Taehyung: "Sì, Yari. Hobi ci teneva tantissimo. Ti ha regalato ogni singola maglietta che indossava durante i saluti finali."
Mi appoggio al muro, stremato, le lacrime che ormai sgorgano da sole. Sono un idiota. Sono una completa fottutissima irrecuperabile testa di cazzo.
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