Tra sogno e realtà
Sherlock, per qualche secondo, non riuscì neppure a parlare o a muoversi, gli occhi fissi su quel buco nero che era andato a rimpiazzare il suo caminetto. Era quasi... affascinato.
Osservandolo con più attenzione, capì che non era un buco nero... Pareva più... un vortice, di cui non si riusciva a vedere la fine. Sempre che ci fosse. E lui si sentiva attratto, verso di esso, come una falena verso la fiamma, tanto che, senza neppure rendersene conto, fece un passo avanti.
Ma una stretta intorno al suo polso lo trattenne.
-Ma cosa fa?? È impazzito?? Non può entrare nel vortice spazio-temporale in questo modo! Potrebbe esplodere in milioni di atomi!
La voce del Dottore, insieme a quella stretta, risvegliarono finalmente Sherlock da quella sorta di strana trance in cui era caduto.
-Venga con me! Le spiegherò ogni cosa, dopo. Ma ora deve venire con me, prima che il varco si allarghi!-lo esortò nuovamente il bizzarro individuo, ma senza alcuna nota svagata e giocosa nella voce, ma solo urgenza e necessità, trascinandolo, letteralmente, verso il Tardis.
Il detective, a quel punto, non vide altra scelta. Valeva ancora la pena domandarsi se fosse ancora sogno o realtà? La stretta intorno al suo polso gli era sembrata più che reale... E se tutto quello che vedeva era reale, allora anche la "morte per frammentazione in atomi" poteva esserlo...
Riuscì a lanciare un ultimo sguardo al vortice, prima che il Dottore lo trascinasse all'interno della misteriosa cabina blu.
-... Sì, lo so, è più grande all'interno!-esclamò il Dottore, nel vedere l'espressione sul volto di Sherlock.-Lascia tutti di stucco, la prima volta.
-Non avrei mai detto una cosa del genere. Non mi piace sottolineare l'ovvio!-ribattè il corvino, la cui alterigia, però, era notevolmente mitigata da quell'ennesima cosa impossibile, e che aveva visto solo in uno schermo televisivo. Vederla nel mondo reale, poterla toccare... non era certo la medesima cosa.
-Accidenti!-Il Dottore, chino su quello che sembrava essere un enorme quadro comandi circolare, pieno di manopole, monitor, leve e pulsanti, imprecò, correndo frenetico da una parte all'altra di esso, tirando una, premendo un'altra. -Il vortice ci sta risucchiando più in fretta del previsto! E il Tardis non risponde ai comandi! I motori si stanno surriscaldando!
Proprio in quel momento, quest'ultimo tremò violentemente, come se il vortice lo stesse avvolgendo e percuotendo allo stesso tempo.
-Ma questa è la sua nave, no?? Sa governarla o cosa??-ringhiò il detective, avvertendo stavolta, qualcosa di simile alla paura.
-Non è proprio così-ansimò il Dottore, agendo nuovamente sui comandi.-Il Tardis ha una volontà propria. Non è che lo piloto... Cerco di negoziarci, più che altro. Ma mi ha sempre portato dove serviva!-aggiunse, lealmente, sfiorando leggermente una manopola, come una sorta di affettuosa carezza.
-Allora ci negozi alla svelta! Non intendo esplodere in un milione di atomi!-ringhiò di nuovo il consulente, sempre più sull'orlo di una crisi isterica.
-Un momento... Un momento... Lo vede quel pulsante nero, a sinistra??-fece l'altro, indicandola.-Lo prema, presto!
Sherlock smise di farsi qualunque domanda, e ubbidì, mentre cabina veniva di nuovo scossa da tremiti.
-Ora giri la manopola verde in senso antiorario!
Lui eseguì ma, subito, un filo di fumo si levò da un beccuccio a poca distanza da esso.
-No no! Ho detto antiorario! Così mi manda i circuiti in fiamme!
Il detective strinse le labbra per reprimere un istintivo insulto, e girò la leva nel verso opposto. Ma nulla sembrò comunque cambiare: la cabina sembrava sempre più in preda di una violenta tempesta.
All'improvviso, però, il Dottore scoppiò a ridere.
-Accidenti, ho capito qual è il problema! E dire che non è neppure la prima volta.-Tirò una grossa leva di colore nero, scoccando poi a Sherlock un sorrisetto imbarazzato. -Avevo dimenticato di disinserire il freno a mano...
Il violento tremito cessò di colpo.
Sherlock si sentì d'improvviso pervaso da un momento di debolezza, tanto che crollò a sedere sul pavimento, gli occhi persi nel vuoto, il cuore che batteva all'impazzata.
-Il peggio è passato... più o meno-fece il Dottore, posandogli una mano sulla spalla, e sorridendogli rassicurante.-Ora dobbiamo solo attendere che il vortice ci conduca dove deve condurci. Non credo sarà un viaggio lungo... Almeno spero-si augurò, guardando uno dei tanti monitor.
-E dove sarebbe?-sussurrò Sherlock, quasi privato anche della voce, oltre che delle forze.
-Ma come?? Non l'ha ancora capito??-fece l'altro, stupito.-Eppure ha letto Dickens!
-Non avevo ancora finito il libro-ammise ancora il corvino, nel medesimo tono basso, avviluppandosi nella vestaglia color cammello, e reprimendo un brivido. Era tutto troppo, troppo da sopportare per la sua mente così logica e razionale. Si sentiva letteralmente sospeso in un limbo, tra sogno e realtà.
-Ah... Be', ecco... Stiamo per viaggiare nel tempo-lo informò il Dottore, con molta calma ed una certa gentilezza, avvertendo forse il suo imminente crollo, e sedendosi vicino a lui.-Più precisamente, siamo diretti al Natale passato.
-Passato da molto?-chiese il detective, confuso.
-No-sorrise l'altro, benevolmente.-Del suo passato.
-I fantasmi che fecero visita a Ebenezer Scrooge... O a Dickens, più precisamente... Non sono mai stati dei fantasmi, ma tre esponenti di una razza aliena. I Vigilianti.
Sherlock era vagamente consapevole che la cabina stesse letteralmente volando attraverso un vortice spazio temporale, come aveva potuto constatare dopo aver guardato fuori dal vetro della porta: la sua attenzione era tutta per le parole del Dottore.
-Sono una razza aliena molto, molto antica. Forse addirittura primordiale. La loro missione... no, la loro ragione di vita... è viaggiare di pianeta in pianeta, di epoca in epoca, di sistema in sistema, il 24 Dicembre, attirati da animi che rifiutano lo spirito natalizio. In tutti i pianeti esiste una celebrazione simile al Natale terrestre, anche se diversa sotto vari aspetti. Se io non fossi stato presente, il vortice l'avrebbe ridotta a brandelli.
-Vuol farmi credere che io fossi l'unico, nell'intero pianeta, a rifiutarsi di unirmi a degli inutili festeggiamenti??-ribattè il detective, la voce di nuovo più simile ad un ringhio, ma non aggressivo quanto avrebbe voluto, provato com'era.
-No, certo che no. Ma probabilmente il suo rifiuto era talmente categorico e profondo che li ha attirati, come accadde a Dickens stesso, e al suo alter ego Scrooge-spiegò il Dottore, non badando al suo tono.-Ed è lo stesso motivo per cui il Tardis è stato attirato. E meno male! Le creature di altri pianeti possono resistere ai viaggi nel vortice, ma non quella umana. Le vibrazioni emesse dai Vigilianti sono forse quelle più forti emesse tra tutte le razze aliene che ho incontrato. E, mi creda, so di cosa parlo. Ne ho incontrate innumerevoli, in più di novecento anni!
Sherlock si voltò a guardarlo di scatto, e lo scrutò da capo a piedi.
-Lo so lo so, non si direbbe, ma vado per i mille!-gli assicurò il Dottore, con una mezza risata; che però si spense quasi subito. Il detective, infatti, non aveva una bella cera: il suo incarnato, già abitualmente pallido, si era fatto quasi cinereo. Non era mai stato incline agli svenimenti (tranne quando faceva uso di sostanze) ma forse anche l'overdose di informazioni poteva causare il medesimo effetto...
Il Dottore gli posò nuovamente una mano sulla spalla, preoccupato.
-Hey... si sente bene?... No, ok, come non detto, domanda stupida...-si affrettò ad aggiungere, dopo l'occhiata assassina che gli venne lanciata da quest'ultimo.
Scese per un po' il silenzio, mentre il Dottore si guardava intorno nella sala comandi, grattandosi la nuca, e borbottando tra sé e sé.
-Ci vuole qualcosa... Ma cosa??...-D'improvviso, però, gli occhi gli si illuminarono.- Ah! Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?? Non si muova da qui! Ci metto un secondo!-promise, infilandosi in quella che sembrava una porta.
... E dove vuole che vada?? avrebbe voluto sbraitare il detective. Ma, anche stavolta, la lingua rimase come incollata la palato, il corpo ancora scosso da brividi, lo sguardo perso nel vuoto. Com'era possibile che proprio lui, Sherlock Holmes, l'uomo che non credeva e non aveva mai creduto a nulla che non fosse spiegabile scientificamente si fosse ritrovato in una situazione del genere??
Nemmeno durante i suoi deliri causati dalla droga era mai arrivato a tanto.
A meno che, davvero, non fosse tutto... reale.
Sussultò istintivamente, quando avvertì una improvvisa sensazione di calore, e alzò lo sguardo: il Dottore aveva fatto ritorno, e gli aveva posato con gentilezza una piccola coperta rossa sulle spalle. Tra le mani, inoltre, stringeva una tazza di ceramica blu, da cui si levava un filo di fumo.
-Tenga. Beva questo. Probabilmente, essendo inglese, lo sa già, ma il tè fa davvero miracoli, in momenti di crisi-disse, porgendogliela, e sedendoglisi nuovamente vicino.-Una volta ero praticamente morto, ma me ne è bastata qualche goccia e sono come rinato.
Sherlock si autoimpose di non prestare eccessiva attenzione all'ultima frase pronunciata, ma bevve con gratitudine l'infuso che tanto amava. E dovette ammettere che, in parte, sortì l'effetto desiderato: certo, non cambiava il fatto che stesse viaggiando in un vortice spazio-temporale in una cabina blu con un pazzoide; ma il calore della bevanda rendeva, in qualche modo, tutto più sopportabile, calmando i suoi nervi tesi. Quell'uomo era un pazzoide, questo sicuramente, ma altrettanto certamente non era pericoloso. Non aveva abbastanza elementi per dirlo-se escludeva la serie televisiva da cui doveva essere uscito- ma quei gesti gentili erano un punto a suo favore. Il tè era stato persino zuccherato con tre cucchiaini ed era stato aggiunto un goccio di latte, proprio come quello che beveva abitualmente. Chissà come diavolo faceva a saperlo... Pensò comunque con una certa nostalgia al tè lasciato sul tavolo a Baker Street, che non aveva neppure toccato...
-... Grazie-disse, però, accennando addirittura un mezzo sorriso con l'angolo della bocca. Almeno il freddo, grazie sia alla coperta che alla bevanda, stava svanendo.-Immagino che non possa riportarmi a Baker Street, dico bene?
Come aveva immaginato, il Dottore scosse tristemente la testa in segno di diniego.
-No, non posso. Non finché non avremo incontrato tutti i Vigilianti. Il loro segnale bloccherà tutti i vortici temporali a parte quelli che apriranno loro stessi. Cioè quelli del suo Natale, o dei suoi natali, del passato, del presente e del futuro.
-Non ho ancora ben chiaro se questi... Vigilianti siano entità positive o negative-ammise il corvino.
-Non sono esattamente entità. Non nel senso stretto del termine-lo corresse il Dottore.- Sono concrete, come lei e me. La differenza è che non hanno una loro forma, ma assumono quella adatta alla persona da cui si recano. Assumono non solo la forma fisica, ma anche i sentimenti e i ricordi di chi impersonano.
-Come se fossero plasmati dalla nostra coscienza e dai nostri ricordi di quella determinata persona?-azzardò Sherlock, accigliandosi. Non potè far a meno di notare che il Dottore non aveva risposto alla sua domanda.
-Esattamente-annuì l'altro, compiaciuto che il detective avesse capito al volo. -Lei mi ricorda sempre di più quello col nome simile al suo...-aggiunse, pensieroso.
D'improvviso, una spia rossa e rumorosa si accese sulla consolle.
-Ci siamo! È il primo Vigiliante!-esclamò il Dottore.-Non dobbiamo fare altro che seguirlo.
Ma Sherlock lo udì a malapena: il suo sguardo era fisso sulla finestrella di vetro leggermente opaco. Ma non stava fissando il vortice, no, ma una piccola sagoma che sembrava volare al fianco di esso: come se stesse accompagnando la navicella.
Solo un filo di voce uscì dalle sue labbra, gli angoli degli occhi leggermente umidi di lacrime, la tazza stretta con veemenza tra le pallide dita.
-Victor...
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