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Rimpianto e pentimento

Sherlock aprì gli occhi, aspettandosi di trovarsi di fronte all'ennesimo suo ricordo del passato. Invece si ritrovò nel Tardis, con il Dottore chino sulla consolle, la fronte aggrottata da quella che pareva essere preoccupazione. Questi, però, appena lo vide, gli rivolse un sorriso colmo di sollievo.
-Ah, meno male, è arrivato! Cominciavo ad essere in ansia! Stavo giusto cercando un modo per rintracciarla!
-... Che significa?? Siamo stati trasportati via insieme nello stesso momento-fece il detective, confuso.
-Tecnicamente sì, ma il tempo è un po'... imprevedibile, quando si passa nei vortici temporali. E soprattutto quando sono i Vigilianti a manipolarli. Infatti è da almeno mezz'ora che sono qui bloccato nel vortice col Tardis.
Il corvino chiuse di nuovo gli occhi, avvertendo ancora una volta una stretta allo stomaco: ogni momento la situazione peggiorava, invece di migliorare. Voleva solo che quella follia cessasse, e invece sembrava non aver mai fine. Si trovò, per la prima volta, a rimpiangere di non aver acconsentito a quella stupida festa natalizia a casa sua. Se lo avesse fatto, niente di tutto ciò sarebbe accaduto.
Ma era davvero solo per quello, che lo desiderava?
Nessuno dovrebbe passare il Natale da solo...

-... Scusi, si sente bene?-gli domandò il Dottore, preoccupato. - È da un paio di minuti che se ne sta zitto.
-Bene non è la parola che userei attualmente, ma lasciamo perdere- rispose Sherlock, trattenendo a stento un sospiro, e indicando poi lo schermo frontale. - Piuttosto, quando pensa che si farà vivo il prossimo...?
Non ebbe il tempo di dire altro, perché all'improvviso il Tardis fu attraversato da una violenta scossa, seguita da una botta altrettanto violenta, cogliendo di sorpresa persino il Dottore, che per poco non cadde per terra.
Anche Sherlock, seppur sorpreso-tanto da farsi sfuggire un'imprecazione- afferrò d'istinto una maniglia sulla consolle, evitando così di cadere anche lui.
-Ma cosa diavolo è successo??
-A quanto pare siamo arrivati - replicò il Dottore, controllando i visori con una smorfia, e chiaramente alterato. - Il Vigilante deve aver forzato l'atterraggio, ma per poco non mi friggeva gli smorzatori inerziali! Se quegli alieni avessero un ufficio reclami, giuro che ne canterei quattro!... Tutto bene, vero, piccola? - aggiunse poi, in un tono completamente diverso, passando la mano con delicatezza su alcuni tasti e manopole, come una carezza.
Il corvino, che aveva già visto quel suo modo incomprensibile di porsi con il Tardis, stavolta non si trattenne.
-Lei parla con questa macchina come se fosse... umana.
-Perché lo è - fu l'incredibile replica dell'altro. - All'apparenza è solo una macchina di metallo, legno, ingranaggi eccetera. Ma ha un'anima. E pensa, come lei e me. Lo fa in modo diverso, d'accordo. Ma non vuol dire che non stia comunque pensando. E, che ci creda o no, ha pure dei sentimenti.

Sherlock stava per ribattere che non era possibile, che c'era una sostanziale differenza tra un essere umano e una macchina, ma la replica non uscì dalla sua bocca, mentre ricordava quante volte era stato definito una macchina lui stesso, anaffetivo e freddo. E a lui, almeno un tempo, era andata bene così: era questa l'immagine che aveva sempre mostrato al mondo. Questo, almeno, finché John Watson non era entrato nella sua vita, cambiando la sua prospettiva, e facendogli capire che forse, sotto il suo hardware del Palazzo mentale, ci fosse qualcosa di più. Un cuore. Un'anima.
Ma non ebbe il tempo di riflettere su quell'ennesima consapevolezza- solo l'ultima della serie che l'avevano colpito da quando era iniziato quel folle viaggio- perché la porta del Tardis si spalancò, e da essa fece il suo ingresso l'altro Vigiliante/spirito.
E, se la prima volta vedere Victor era stato un duro colpo, vedere le sembianze assunte da questo furono per il detective l'equivalente di una coltellata nello stomaco.
-Ciao, Sherlock. Sono qui per mostrarti il tuo Natale Presente -disse Mary Morstarn, porgendogli poi la mano con un dolce sorriso: ma le sue parole non furono altrettanto dolci. -Sei pronto a vedere il Natale che stai perdendo?


-Tanto lo so che non sei la vera
Mary-mormorò Sherlock d'istinto, anche se il dolore che provava in quel momento non poteva essere scacciato con nessuna osservazione sprezzante, peraltro forzata.-Sei solo una proiezione della mia mente.
-Ma è proprio questo che mi rende reale, sciocco-rise però lei, parendo così uguale a Mary Morstarn che il corvino dovette trattenere le lacrime. - Io sono un Vigiliante, ma sono anche Mary. La tua Mary. Ho tutti i suoi ricordi, tutti i suoi modi di fare, tutti i sentimenti, perché tu li ricordi. È questo che mi permette di essere qui, davanti a te, ora. Ma adesso andiamo. C'è qualcosa che devi vedere.
Gli tese di nuovo la mano, e Sherlock deglutí. Poi sospirò.
-Facciamola finita-disse tra i denti. Sentí il Dottore, alle sue spalle, stringergli il polso della mano sinistra, mentre lui porgeva al Vigiliante la mano destra.
Chiuse gli occhi, mentre l'ormai familiare stretta alla stomaco lo avvisava che, da lì a poco, si sarebbe ritrovato in un altro luogo.


-... Ti ho già ringraziata per aver accettato di spostare la festa qui, e con un preavviso indecente?
-Sì, una o due... cento volte, John! Ho afferrato il concetto! - Molly rise, tirando fuori alcuni Tupperware dal frigo. - Te l'ho detto, mi fa piacere. L'unico problema è che proprio non ho avuto il tempo per fare la spesa, e che non abbiamo neanche molto tempo per preparare qualcosa con quello che hai portato.
Sherlock si ritrovò nella cucina di Molly, ad osservare lei e John che tiravano fuori scarse vettovaglie da sacchetti, frigorifero e dispense.
-Dovranno accontentarsi di qualche antipasto freddo-commentò lui, tirando fuori da un sacchetto un paio di barattoli di sottaceti.-Se la festa fosse stata a Baker Street, come stabilito, almeno avrei potuto provare a cucinare. Non che sia un grande cuoco, eh, ma almeno ci avrei provato.
Mentre il corvino avvertiva nuovamente qualcosa allo stomaco che poteva essere solo senso di colpa, Molly sorrise mestamente, stringendo la spalla del medico.
-Mi dispiace, John. Ma lo sai come è fatto. A volte è peggio di un bambino capriccioso. Ma sono anche convinta che adesso si sia pentito. Probabilmente si è pentito nel momento stesso in cui ha visto te e Rosie uscire dalla porta lasciandolo solo.

Sherlock non riuscì a trattenere un leggero sorriso: Molly lo conosceva fin troppo bene. Era una delle poche persone che andassero oltre la sua facciata, capendo anche cose di cui lui si vergognava.
-Non ci giurerei... - borbottò però John, anche se in cuor suo non escludeva del tutto la veridicità delle parole della patologa. Di riflesso, però, lo faceva sentire, per assurdo, in colpa. Forse avrebbe dovuto insistere, almeno perché venisse con loro... Certo, di sicuro se fosse stato lì se ne sarebbe uscito con qualche suo commento inopportuno, soprattutto con Molly. E ciò gli fece venire in mente di avere qualcos'altro per cui scusarsi. Seppur, stavolta, a nome del detective.
-A proposito, ti chiedo scusa da parte di Sherlock per quel commento su quel personal trainer-disse infatti, scuotendo la testa. - Anzi, io verrò nel Dorset da tua zia se ti fa piace...
-John, ti fermo subito. L'ho liquidato proprio ieri sera quel tizio-lo fermò però Molly, con sua sorpresa. - Anzi, quel giorno mi toccherà pure evitarlo per tutto il tempo-aggiunse, sbattendo con veemenza sul tavolo un barattolo che, a quanto pareva, rifiutava di aprirsi.
-Perché, cosa è successo??
-Ecco... Ci siamo visti per una cena, e lui non ha fatto altro che elencarmi ogni singola caloria di ogni singolo piatto. Persino di un'insalata! Ah, ma il peggio è arrivato al dolce, quando ha visto la mia torta al cioccolato e mi ha fatto notare che forse mi avrebbe giovato un ferreo programma di fitness e di dieta , dato che era evidente che io non seguissi né l'una né l'altro, e che lui non poteva certo frequentare una ragazza così al di sopra del peso forma.
Il medico sgranò gli occhi, allibito.
-... Accidenti. Sherlock sarà pure inopportuno, ma anche questo soggetto non scherza!
-Ah, ma non sono certo rimasta zitta. Gli ho risposto che non ero interessata a seguire nessuna dieta o allenamento, ma che forse lui avrebbe dovuto considerare l'ipotesi di un allenamento per il cervello, dato che era palesemente l'unico muscolo che non allenava.
John, sbalordito, scoppiò a ridere, strappando un sorriso riluttante anche a Molly, che però sembrava ancora arrabbiata: infatti non aveva smesso di sbattere ripetutamente il barattolo sul tavolo.
-Lascia che ci pensi io, eh? - fece il biondo, sfilandoglielo gentilmente dalle mani. - Altrimenti rischi di aprire una crepa nel tavolo.
La patologa sbuffò, scuotendo la testa.
-Sai qual è la cosa che mi fa impazzire? E che Sherlock alla fine aveva ragione anche su questo tizio! Sembrava così gentile, carino... e invece!

Sherlock, nel frattempo, si ritrovò ancora una volta a rimpiangere le parole che sempre uscivano dalla sua bocca, e che lui sembrava ogni volta incapace di controllare. Non pensava mai all'impatto che potevano avere su chi le riceveva, contava solo che lui potesse mettere giudizi e sparare deduzioni che sapeva essere corrette.
Scoprì anche di provare qualcosa di assolutamente inaspettato.
Rabbia.
Come aveva osato quel personal trainer dei poveri insultare la sua Molly a quel modo??
-Non è esattamente la stessa cosa che hai fatto tu? E da quando sarebbe la tua Molly? - gli mormorò Mary, facendolo trasalire. Aveva appena letto nella sua mente, ovvio...
-È diverso! Io non volevo... E lei non... Non era... Non è...! E lui...!
-Sono sbalordita. Il grande Sherlock Holmes che balbetta frasi sconnesse. La situazione è davvero grave-rincarò il sembiante di Mary, con il sorriso sbarazzino ed eloquente che sempre faceva quella vera.-L'uomo che sempre ha sostenuto di non avere un cuore mi sa che ce l'ha eccome. Solo che, a volte, non sa come usarlo.
Il detective aprí bocca per ribattere che, qualunque cosa stesse insinuando non era affatto vera, ma non ci riuscì. Forse era stufo di mentire a sé stesso, di nascondersi dietro la gelida corazza da lui sempre indossata con facilità. Ma, allo stesso tempo, non sapeva nemmeno definire quel nuovo strano sentimento che sentiva di provare. O, che forse, aveva sempre nutrito nei confronti della patologa, ma che si era sempre rifiutato di ammettere.
-So come si sente. A volte i sentimenti sono davvero un macello-si intromise il Dottore, rimasto in silenzio fino ad allora.-Glielo dico io che ho due cuori. A volte mi sembra di patire il doppio della sofferenza! Sa, il cuore a me si spezza per due volte.

Sherlock sgranò gli occhi, sbalordito da quell'ennesima stranezza. Ma non ebbe il tempo di domandare spiegazioni.
-Tutto bene qui dentro?-domandò infatti Lestrade, entrato proprio in quel momento in cucina. -Vi serve una mano? Stavo leggendo un libro a Rosie, ma ho sentito degli strani colpi. Molly, stavi tirando delle testate per caso? La situazione "Cena di Natale last minute" è così disperata?
-No, Greg, quello di solito lo faccio io-ribatté John, ironico, facendo ridere anche Molly, stavolta di cuore. - C'è stato solo un problema con un barattolo di sottaceti. Ma mano ci farebbe comodo.
-Non dire altro. Tanto Rosie è con Anderson e Mike, adesso.
-Mi devo preoccupare?
Lo yarder scosse la testa, sorridendo, cominciando anche lui a tirar fuori piatti e provviste.
-Sta leggendole "Il Grinch", non credo ci sia alcun pericolo per ora. Inoltre è molto bravo con i bambini, sai?
-Con quasi tutti, allora-ribatté il biondo, scatenando di nuovo le risate di entrambi.
-... Sai? Rosie gli ha fatto vedere il disegno del Grinch e gli ha detto che Sherlock lo sta cercando perché ha rubato di nuovo il Natale, che è per questo che non è venuto con voi stasera.-Inarcò un sopracciglio. - Ne sai qualcosa?
Anche Molly guardò il medico, come se avesse all'improvviso capito qualcosa che prima le era sfuggito.
-È per questo che quando è entrata è ha visto l'albero ha detto "Che fortuna, zia Molly! A te non hanno rubato il Natale?"
John sbuffò.
-Dovevo pur inventarmi qualcosa. Era rimasta male quando ha capito che Sherlock non sarebbe venuto con noi... E io vorrei che passasse un Natale il più spensierato e felice possibile. Spero solo che Anderson non abbia fatto qualche commento...
-In verità sì, l'ha fatto-lo smentí però Greg, facendolo sbuffare, affranto.
-Ecco. Ora chissà cosa mi toccherà inventarmi per giustif...
-Ha detto che se c'è qualcuno in grado di catturare il Grinch, quello è Sherlock Holmes, perché è il più grande detective che lui conosca.
Il medico spalancò la bocca, incredulo, facendo sorridere lo yarder.
-Lo so, lo so, ha sorpreso anche me. Anche se non proprio. Sappiamo tutti che ormai è un suo fan, no? È Sherlock che a volte sembra dimenticarsene... È un po' troppo duro, con lui. Ma comunque mi dispiace che non sia qui con noi.
-Anche a me-si aggiunse la patologa, scuotendo tristemente la testa, ma lasciandosi scappare un sorriso. - Mi mancano persino i suoi commenti inopportuni.

Sherlock sentì una lacrima scivolare sulla sua guancia, seguita da un'altra.
-Vedi cosa ti sei perso?-sussurrò Mary al suo orecchio, con voce dolce ma, anche stavolta, con parole taglienti come lame. -Hai preferito il freddo silenzio del tuo appartamento vuoto, al calore delle risate dei tuoi amici. Amici che, nonostante tutto quello che hai detto e fatto, sentono la tua mancanza.
Il corvino strinse le labbra, girando lo sguardo su John che, all'improvviso, era sprofondato nel silenzio, tagliando meccanicamente alcune carote sul tagliere, ma con lo sguardo perso nel vuoto.
D'improvviso, però, tirò su di scatto la testa.
-Sapete una cosa? Avete ragione. Forse anch'io non ho fatto poi molto per convincerlo a venire. Ero arrabbiato, e deciso a non dargliela vinta. Ma che Natale è, se non lo passi con le persone a cui tieni?? - sbottò.
Molly e Greg lo guardarono interrogativi.
-E il punto sarebbe...?
-Che vado a prenderlo. Lo ficcherò nel bagagliaio del taxi, se necessario. Non sarebbe nemmeno la prima volta - rifletté, con un sorriso divertito, pulendosi le mani umide con uno straccio, e dirigendosi verso l'appendiabiti nell'ingresso. - Mi dispiace, ma dovrete fare a meno del mio aiuto per la cena... E spero non vi dispiaccia anche badare a Rosie...
-Non dirlo nemmeno. Vai-lo esortò Molly. - Penseremo noi a tutto.
-Dove vai, papà? - la voce curiosa della bambina si levò dal sofà.
-Papà torna subito, tesoro-la rassicurò il biondo, infilandosi la giacca.-Devo aiutare tuo zio col Grinch.
-Lo sapevo! - rise lei, mentre Anderson gli faceva un occhiolino e lui varcava la soglia della porta, incurante del freddo e della neve che aveva cominciato a cadere.

Sherlock, nel frattempo, aveva osservato tutta la scena, sopraffatto. Era incredibile come John desiderasse ancora che lui facesse parte di quella giornata a tutti i costi, e nonostante tutto quello che gli aveva detto.
-È ora di andare... - gli sussurrò di nuovo il Vigiliante.
-No. Non voglio-si ritrovò a rispondergli, incredibilmente, ma rendendosi conto di non volerlo davvero. Non voleva andarsene via, lasciare quel luogo caldo e tornare alla fredda solitudine. Voleva sentire ancora quelle risate, ringraziare tutti loro per quelle parole, soprattutto per quelle di John. E persino quelle di Anderson. Quelle parole così buone, che lui sentiva di non meritare, ma che in quel momento furono come un balsamo per il suo cuore. - Non voglio andarmene. Ti prego.
Ma a nulla valsero le sue preghiere. Sentí una forza più grande di lui attirarlo e portarlo via da quel luogo. Quando credeva di aver sofferto abbastanza, le immagini mostratogli da quelle creature aliene lo smentivano, acuendola ancor di più.
Ma mentre veniva trascinato via, ancora non sapeva che, da lì a poco, avrebbe affrontato qualcosa di ancora peggiore.

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