Redenzione
-Ti prego... Ti prego...
Sherlock non aveva mai smesso di pronunciare quelle due parole da quando aveva visto la lapide in mezzo alla neve con inciso il nome di John Watson: forse le stava pronunciando persino dopo aver perso i sensi, cosa scientificamente impossibile. Ma dopo tutto quello che era accaduto, si poteva davvero credere che esistesse qualcosa di impossibile?
In quel momento aveva un'unica certezza: che sarebbe rimasto lì in mezzo alla neve, al freddo, accanto a quel blocco di pietra, per sempre. O fino alla morte per assideramento, più logicamente probabile. Non gli importava più di nulla, in ogni caso.
... C'era qualcosa di strano, però: si accorse, all'improvviso, di non sentire più così tanto freddo.
... Anzi, gli parve addirittura di avvertire uno strano e intenso calore sul volto, così intenso addirittura da infastidirlo.
Aprí gli occhi di scatto e, incredulo, si rese conto di essere sdraiato sul pavimento, nel suo appartamento, col viso a poca distanza dal camino acceso - ecco spiegato quel caldo anomalo-e il libro vicino a lui, "Un canto di Natale", ancora aperto. Come se fosse caduto dalla poltrona dopo... un incubo?
-Sono... Sono a casa? - sussurrò, attonito.
Il detective si tirò a fatica in piedi, guardandosi intorno con gli occhi fuori dalle orbite, increduli, le dita tremanti ad indugiare per un momento prima su di sé, poi sulla poltrona, sul tappeto, su qualsiasi oggetto o superficie gli capitasse a tiro: era... reale? Era davvero al 221B?? Ma allora... Tutto quello che era accaduto non era stato altro che un sogno? Si guardò le mani, ma non vide sangue sulle sue nocche, né alcuna escoriazione. Ma sui polsi, invece, vide dei segni: leggerissimi, ma ancora ben visibili sul suo incarnato niveo. Quelli lasciati dai rami in quella gelida foresta per obbligarlo a guardare il suo futuro nello specchio d'acqua.
Ma allora... Era stato tutto vero?? Non era stato solo un orribile incubo?? Il Dottore... Il Tardis nel suo salotto... La lapide di...
Fu in quel momento che gli scaturí dalla bocca un grido: ma non di dolore, o di paura. Era piu simile al grido di gioia di un bambino, mentre sfiorava ancora una volta la sua poltrona e il suo teschio, come a volersi sincerare, ancora una volta, di essere davvero a casa. Era euforico al punto che scoppiò in una grande risata, che era sì di gioia, ma anche di puro sollievo. Si ritrovò quasi a girare per tutta la stanza, addirittura volteggiando in una sorta di ridicola danza. Niente di tutto quello che aveva visto era ancora accaduto: niente di niente! Perché lui, Sherlock Holmes, ora che sapeva, l'avrebbe impedito a qualunque costo. Che fosse stato tutto reale o solo un sogno assurdo, poco importava.
Ma non c'era tempo da perdere!
In fretta e furia si sbarazzò della sua vestaglia, buttandola per terra: fece poi per dirigersi verso la sua stanza per cercare degli abiti, ma poi realizzò di aver già indosso uno dei suoi completi abituali, sotto la vestaglia, quindi fece una mezza piroetta e cambiò rotta, in cerca stavolta del suo cellulare. Era talmente confuso e insieme euforico che scoppiò di nuovo a ridere per il modo assurdo in cui si stava comportando. Certo, non era nuovo a momenti di follia dettati dalle sostanze: ma questo, assolutamente, non era di quelli.
-Sherlock, caro, l'ho sentita gridare!! Va tutto bene??
Il detective si volto di scatto: era talmente preda dell'euforia che non aveva sentito nemmeno Mrs. Hudson - che a quanto pare era tornata dalle sue compere-salire le scale. In quel momento lo stava fissando palesemente preoccupata. Ma lui, senza badarci, le andò incontro di slancio e, stringendola per le spalle, le stampò un bacio sulla fronte.
-Mia cara, cara signora Hudson! Le ho mai detto quanto è importante che lei non sia la nostra governante?? Quanto lei sia fondamentale in questa casa?? Quanto io apprezzi la sua preoccupazione per noi, e soprattutto il fatto che mi sopporti?? Probabilmente no, o comunque mai abbastanza! Quindi glielo dico adesso! Se lei lasciasse Baker Street, cadrebbe l'Inghilterra!
Mrs. Hudson lo fissò con gli occhi quasi sbarrati dall'incredulitá, spaesata sia per il gesto ma soprattutto per le parole pronunciate dal corvino: ma che, nonostante lo sconcerto, la fecero sorridere, commossa.
-Lo so che mi apprezza, Sherlock caro. Anche se non lo dice esplicitamente, io lo so.
-Non importa, almeno ogni tanto è giusto ribadirlo a voce. E io lo farò più spesso, da oggi in poi. Glielo prometto - ribatté Sherlock, sempre col sorriso, ma con una strana fermezza nel pronunciare l'ultima frase.
-È sicuro di sentirsi bene?-obiettò di nuovo la donna, aggrottando le sopracciglia, una mano a sfiorargli con esitazione il volto. - Non avrà ancora, vero, fatto uso di...??
-Ho fatto solo un'iniezione al 7% di consapevolezza e terrore puro. Seguita da una fatta di sollievo e gioia. E non sono mai stato meglio, glielo assicuro.
Mrs. Hudson scosse la testa, rinunciando a capire e cambiando dunque discorso, seppur sollevata.
-Ma dove sono John e Rosie? Credevo che avreste organizzato una festicciola per stasera!
Il detective si incupì per un momento, pensando alla lite con John avuta quel pomeriggio. Ma non aveva più importanza, si rammentò: perché aveva tutto il tempo per rimediare.
All'improvviso, però, un altro pensiero gli passò per la mente e sbiancò di colpo: la morte di John che aveva visto... Sarebbe accaduta proprio quel giorno! Ma quando, precisamente? Quando quel criminale gli avrebbe sparato?? Quel maledetto vigiliante con le sembianze di Mycroft non gli aveva mostrato quel momento, glielo aveva solo raccontato.
-... Sherlock?? - La padrona di casa gli toccò delicatamente la spalla, perplessa dalla sua immobilità improvvisa ma soprattutto preoccupata dalla sua espressione e dal suo pallore evidente. - Si sente be...?
-Il mio telefono. Dov'è?? Signora Hudson, dov'è il mio telefono??? - la interruppe il detective, facendola sussultare, mentre allo stesso tempo si fiondava a cercare per la stanza, facendo volare via i cuscini dal divano, sembrando in preda al panico.-La prego, mi aiuti a cercarlo! È una questione di vita o di morte! SUL SERIO! Devo chiamare John. ADESSO!!
-I-io n-non lo so - balbettò la donna, basita dal repentino cambio d'umore dell'uomo: non che non avesse mai assistito a uno di essi, per carità, ma quello sembrava in qualche modo diverso dai suoi classici sbalzi: sembrava disperato, addirittura. Vide però proprio in quel momento il telefono del detective, poco sotto alla gamba del divano (probabilmente l'aveva fatto volare per terra mentre buttava all'aria i cuscini).
-È lì sotto, vicino al divano - gli indicò dunque, sollecita.-Lo prenderei io, ma sa, caro, con la mia anca faccio fatica a...
Sherlock, senza neppure badare alle sue parole, si precipitò a recuperarlo, per poi, con mani tremanti, selezionare la chiamata rapida.
Ma quando se lo portò all'orecchio e udí il primo squillo-pregando ancora una volta che John, seppur sicuramente ancora in collera con lui, non lo ignorasse-accade qualcosa di assurdo: sentí distintamente la ridicola ma inconfondibile suoneria del blogger-una canzone di qualche cantante a lui sconosciuta-provenire dal piano di sotto.
Come diavolo era possibile?? Lo aveva forse dimenticato a casa?
Senza pensarci due volte si fiondò fuori dalla porta, col telefono ancora premuto sull'orecchio.
Ma non appena mise il piede fuori, lo vide: John.
Era proprio lì, alla base delle scale, più precisamente davanti alla porta chiusa del 221B, come se l'avesse varcata da poco, e fissava lo schermo del telefono con le sopracciglia corrugate.
-Sei qui...
La voce del corvino fu poco più di un soffio, mentre metteva giù la chiamata, ma John lo udí benissimo: infatti alzò il capo dallo schermo, lo sguardo perplesso ma insieme a mostrare una forzata indifferenza.
-Rosie aveva dimenticato il suo orso di peluche e siamo dovuti tornare indietro. Ma stai tranquillo, poi ti lasceremo tornare al tuo Natale in solitaria-aggiunse, con amaro sarcasmo, guardando ancora il cellulare. - Piuttosto, come mai mi stavi chiaman...?
Ma John non poté dire di più, perché Sherlock, dopo una iniziale immobilità, aveva sceso come una furia i gradini e l'aveva... abbracciato. Ma non un abbraccio normale-cosa già strana e più unica che rara, da parte del detective-ma con forza, come a volersi sincerare che fosse lì per davvero. Una stretta che sapeva di affetto, sollievo ma anche... paura??
John non ne era certo, ma posando d'istinto una mano sulla schiena dell'amico fu certo di sentirlo tremare impercettibilmente.
-Sherlock... va tutto bene? - gli domandò, a quel punto davvero preoccupato.-È successo qualcosa?
-Oh, non ne hai idea... - borbottò il corvino, con la voce stranamente rotta, staccandosi da lui solo in quel momento. - Ma sono... felice che tu sia qui. Davvero. Non immagini nemmeno quanto.
John lo fissò per un lungo attimo ancora più stranito, ma travolto poi da una sorta di commozione.
-Pensavo che volessi passare il Natale da solo. Che non ti importasse se noi...
-Qualsiasi cosa io abbia detto, mi dispiace.-Lo interruppe il detective, gli occhi lucidi piantati nei suoi, la voce ancora rotta.-Ti prego, dimenticala.
-Zio Sherlock!
Rosie era arrivata di corsa-stringendo tra le mani il suo orsacchiotto di pezza preferito - e si era fiondata addosso all'amico.
Mentre John ancora cercava di capire cosa diavolo stesse succedendo quest'ultimo aveva sollevato Rosie fra le sua braccia con un enorme sorriso sulle labbra, per poi stringerla a sé con quasi la medesima veemenza con cui aveva abbracciato lui, facendola ridacchiare.
-Sherlock, davvero, si può sapere che ti è preso?
-Ah, non lo chieda a me! - esclamò Mrs. Hudson, scendendo le scale.-Sono arrivata poco fa e lui già si comportava in questo modo... Inusuale, diciamo così...
Il biondo si passò una mano sulla nuca, incerto.
-Bé, se va davvero tutto bene, noi adesso dovremmo and-
-NO!
Sherlock aveva letteralmente urlato quella parola, mettendo giù la piccola, gli occhi quasi sbarrati.
-Sherlock, non ricominciare ti prego... - sospirò il blogger, spazientito. - Molly ci aspetta a casa sua per organizzare la cena di Natale che, ti ricordo, sarebbe avvenuta qui, se tu non avessi...!
Ma il detective lo interruppe precipitosamente, scuotendo più volte la testa in segno di diniego.
-John, non hai capito. Voi non dovete andare da nessuna parte, perché la festa di Natale la faremo proprio qui.
John lo fissò sconcertato, mentre Rosie applaudiva felice, abbracciando stretta la gamba del corvino.
-Ma... Tu avevi detto che... E poi... Ma io...?- balbettò, quasi, confuso come non mai, cercando di riportare la conversazione su un piano pratico.-E poi così all'ultimo... Non abbiamo quasi niente da mangiare in casa, non abbiamo addobbato, e c'è pochissimo tempo! È impossibile!
-Nulla è impossibile per Sherlock Holmes, John, dovresti saperlo bene - replicò il detective, stavolta con il solito sorriso furbo che lui ben conosceva, per poi smanettare sul suo telefono ad una velocità inaudita.-Devo solo fare qualche telefonata. Tu, però, dovrai mandare un messaggio a Molly e a tutti gli altri: appuntamento qui stasera alle otto in punto.
Mentre il blogger esitava, ancora col telefono in mano, Sherlock si rivolse a Mrs. Hudson.
-Spero non le dispiaccia, ma alcuni dei miei contatti speciali tra poco le affolleranno la casa per darci una mano. Ma nel frattempo noi abbiamo una cosa molto, molto importante da fare.
-... Cioè cosa? - domandò il biondo, ormai oltre la soglia della confusione e dell'incredulitá.
Ma ciò che rispose il detective gliela fece superare definitivamente.
-Elementare, Watson. Dobbiamo addobbare quell'albero che hai messo di sopra. È rimasto spoglio fin troppo a lungo. Che festa di Natale sarebbe, altrimenti?
-Evviva!!-gridò Rosie, gli occhi blu sfavillanti di gioia, mentre John aveva la bocca spalancata, non sapendo più cosa fare, pensare o dire.
Ma fu solo a quel punto che si ritrovò a sorridere, arreso di fronte a quell'assurda situazione, ancora confuso ma... felice.
-Non so cosa ti sia successo, cosa o chi ti abbia fatto cambiare idea. Ma in ogni caso, gli devo un favore.
-Diciamo solo che sono stato visitato da un... dottore molto fuori dal comune-rispose il corvino, sviando però subito il discorso: non era certo che John gli avrebbe mai creduto. E comunque, in quel momento, c'erano cose più importanti a cui pensare.-Ora svelti, io intanto devo fare una telefonata. Anzi, più di una.
-Ma... Sherlock, cosa devo fare con i suoi... contatti speciali?
Il detective sorrise.
-Gli offra un po' di té appena arrivano, sono sicuro che gliene saranno grati. Del resto me ne occupo io.
Mentre li precedeva su per le scale, sia Mrs. Hudson che John lo fissarono ancora increduli e confusi come non mai.
Solo Rosie disse qualcosa che fece commuovere quest'ultimo.
-Sai, papà, credo proprio che lo zio Sherlock sia riuscito a far arrestare il Grinch.
Greg Lestrade si diresse verso la porta del 221B, soffiandosi sulla mani intirizzite prive di guanti: non aveva nevicato di nuovo, ma il gelo era tagliente. Anziché però bussare e farsi accogliere nel caldo appartamento, si ritrovò a fissare perplesso la ghirlanda piena di lucine appesa alla porta. Non che fosse inusuale vedere una ghirlanda appesa su una porta a Natale: ma in qualunque altra porta, non certo in quella di Sherlock sonoilcinicopereccellenza Holmes!
-Ispettore, non credo mio fratello abbia ancora acquisito l'abilità di vedere attraverso le porte. Dunque penso che dovrebbe suonare il campanello.
Lestrade si voltò, trovandosi di fronte Mycroft Holmes, l'ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere quella sera.
-Anche lei è stato invitato alla... festa? - domandò, esitando sull'ultimo termine, che avrebbe associato a Sherlock quanto avrebbe associato un ananas ad un cavolfiore. Due cose assolutamente incompatibili. Certo, il messaggio di invito era stato mandato da John, ma quest'ultimo aveva specificato che sia l'invito che l'idea della festa al 221B era stata proprio del detective.
Assurdità su assurdità, praticamente.
Il polico si strinse appena nelle spalle, con apparente noncuranza, lo sguardo fisso sul suo cellulare.
-A quanto pare sí. Era comunque un giornata abbastanza priva dei miei molteplici impegni lavorativi- aggiunse con il suo solito sussiego e aria di importanza. - E poi diciamo che mio fratello a volte sa proprio toccare i tasti giusti.
Mentre Lestrade lo guardava, perplesso da quell'ultima frase, Mycroft lesse ancora una volta il messaggio inviatogli non da John, come era stato per tutti gli altri, ma proprio da suo fratello in persona:
Festa di Natale stasera al 221B, ore 20.00. Se non puoi, vieni lo stesso.
SH
P.S
Ci saranno le mince pies. Forse non buone quanto quelle di mamma, ma saranno comunque più che soddisfacenti.
Il politico trattenne un sorrisetto, seppur ancora perplesso da quell'invito: non festeggiava il Natale da nemmeno lui si ricordava quanti anni, e Sherlock lo stesso: dunque proprio non riusciva a capire quella novità.
-... Bé, direi di entrare, che ne dice? Fa piuttosto freddo-propose Lestrade, sfregandosi nuovamente le mani.-Credo che gli altri siano già arrivati.
Il politico annuì e, senza ulteriore indugio, suonò il campanello.
Dopo pochi secondi, la porta fu aperta da Mrs. Hudson, che li accolse con un gran sorriso.
-Ben arrivati, aspettavamo solo voi! Entrate, entrate!
L'ispettore varcò la soglia, seguito da Mycroft, ma tale fu il suo stupore una volta dentro che si bloccò, e così anche il politico alle sue spalle. Entrambi, infatti, si ritrovarono di fronte a un 221B completamente diverso da quello a cui erano abituati: la ringhiera della scala che portava al piano superiore era stata decorata con una fila di luci colorate, così come ogni infisso. Lestrade notò persino dell'agrifoglio e delle palline rosse e verdi appeso sui quadri della pareti e-in quel momento penso davvero di avere le traveggole-dal salotto al piano superiore proveniva della musica inequivocabilmente natalizia. Sporgendosi vide che nella cucina era stato installato un tavolo già apparecchiato con tutte le pietanze natalizie possibili ed immaginabili. E, ciliegina sulla torta di quel surreale quadretto, avvertí addirittura nell'aria profumo di cannella e di spezie: se mai era esistito un profumo del Natale, ecco, era proprio quello. L'ispettore non ne era certo, perché non si era voltato a guardarlo, ma poteva scommettere un mese di paga che il fratello maggiore di Sherlock era rimasto sbalordito tanto quanto lui.
-... Siamo sicuri di essere entrati nella casa giusta? - riuscì solo a mormorare infatti quest'ultimo, prima che una terza voce facesse uscire entrambi da quella sorta di trance.
-Se avete finito di fare l'imitazione dell'urlo di Munch, sbrigatevi a salire! Stiamo aspettando solo voi!-disse una voce sardonica sopra le scale, che non stentarono a riconoscere.
A quel punto però, sopraggiunse John che, vedendo le loro espressioni ancora sbalordite, si strinse nelle spalle con una mezza risata.
-Non chiedetemi nulla. Ha fatto tutto lui. Decorazione della casa compresa. Bè, non del tutto. Hanno aiutato forse una ventina di senzatetto... - si corresse, scuotendo la testa divertito.
-...E tutto quel ben di Dio? - domandò Lestrade, indicando con un cenno del capo la tavola già in parte imbandita.-Non mi avevi detto che avevate casa vuota?
-Era così, infatti. Ma Sherlock ha "riscosso alcuni favori" da almeno tre ristoranti e pasticceri di Londra. Parole sue! - esclamò, alzando le mani. - Di più non saprei dirvi. Sono ancora sbalordito quanto voi. So solo che quando sono tornato a casa stamattina sembrava un'altra persona. Non credo di averlo mai visto così.
-Nessuna traccia di... sostanze sospette, vero? - intervenne Mycroft per la prima volta, inarcando un sopracciglio.
-Assolutamente nessuna-lo rassicurò il blogger.-Non so cosa gli abbia fatto cambiare idea sulla festa di Natale, ma vi confesso, ne sono davvero felice. Soprattutto Rosie è al settimo cielo, come potete immaginare.
Lestrade sorrise, scuotendo la testa e dandogli una pacca sulle spalle.
-Allora andiamo, non facciamolo aspettare.
Mentre salivano tutti insieme al piano di sopra, lo yarder pensò che tutta la situazione era davvero inusuale, da parte del detective, sotto ogni punto di vista: ma vedere John così apertamente felice e sorridente, soprattutto dopo gli ultimi difficile anni trascorsi, era già di per sé un piccolo miracolo. E sempre ad opera di Sherlock, contando la sua "resurrezione"... Quel geniaccio, a quanto pareva, non smetteva mai, proprio mai, di sorprenderli...
Sherlock, con gli occhi chiusi, vicino all'albero di Natale addobbato e illuminato, lasció che l'ultima nota di violino vibrasse nella stanza, ponendo fine alla melodia "O Holy Night". Forse una piccola parte di lui era ancora incredulo di star suonando una canzone natalizia, e durante una festa organizzata proprio da lui stesso, nientemeno.
Ma quella parte era, appunto, piccolissima, un'inezia, rispetto al calore e alla gratitudine che stava provando in quel momento, mentre un fragoroso applauso da parte dei suoi amici accoglieva la fine della sua performance: tutti lo stavano applaudendo, persino Mycroft che, seppur la sua aria altera fosse la medesima, durante la serata passata tra chiacchiere, battute e risate-nonché alla presa furtiva di due o più mince pie-a Sherlock era parso di scorgere, per la prima volta dopo tanto tempo, il fratello maggiore che un tempo apprezzava sinceramente il Natale. Se lo meritava, dopo tutto il dolore che aveva anche lui sopportato durante la loro infanzia.
-Sherlock, caro, è stata bellissima! - esclamò Mrs. Hudson, commossa fin quasi alle lacrime.-Se non dovessi andare a controllare che sia pronta la cena, chiederei il bis!-aggiunse.
-Ha bisogno di una mano? - le domandò Molly, sollecita, cercando di nascondere la commozione che anche lei aveva provato durante quello spettacolo.
-No cara, non ti preoccupare, tutto era già praticamente pronto, voglio solo esserne sicura. Però forse potresti aiutarmi a sistemare gli antipasti.
-Certo, con piacere! - replicò la ragazza, alzandosi e scendendo insieme a lei al piano inferiore.
-Bé allora direi di scendere! Senza offesa, Sherlock, ma muoio di fame! Il bis semmai lo rimandiamo a dopo!- esclamò Mike Stamford, dando un'affettuosa pacca sulla spalla al detective. - Grande esecuzione comunque, amico. Forse una delle tue migliori, mi azzardo a dire.
-Ora non esageriamo... - borbottó lui, incapace però di nascondere il sorriso che ancora aleggiava sulle sua labbra: quel giorno sembrava proprio incapace di smettere.
-Invece ha ragione - intervenne John, prendendo un sorso di vino frizzante e una tartina.-E so di cosa parlo, visto che ho assistito a molte delle tue esibizioni. Anche ad orari non proprio... consoni, diciamo-sottolineó, facendo ridere Lestrade, che si era avvicinato in quel momento.
-La pratica rende perfetti, John-protestó il detective, con sussiego, fingendosi offeso.
-Sì, certo, ma la mancanza di sonno rende esauriti-precisó il blogger, mentre persino Mycroft soffocava una risata.
-Zio, insegnerai anche a me un giorno, vero?? - Rosie lo guardò implorante, le manine arpionate alla gamba dei suoi pantaloni.-Voglio saper suonare come te!
-Ovviamente, piccola Watson-le assicurò il detective, accarezzandola dolcemente sul capo biondo.-Sarai un'allieva eccellente, su questo non ho alcun dubbio. Anzi, sarai meglio di me.
-... Perfetto, preparo già i tappi per le orecchie... - gemette John, cercando però di nascondere la commozione per le parole dell'amico.
-Grazie ancora per l'invito, comunque-intervenne solo in quel momento Anderson, rimasto un po' in disparte durante la serata, e avvicinatosi solo in quel momento a Sherlock, imbarazzato. - Anche se non penso che tu mi volessi davvero qui a...
-No, ti sbagli - lo corresse Sherlock, cogliendolo di sorpresa.-Volevo che ognuno di voi fosse qui, stasera. Anche tu, Anderson. Anche se a volte non sono esattamente... gentile, nei tuoi confronti, so che nutri una sincera stima per me. E di questo ti ringrazio. Sul serio.
-Ah... Bè... In tal caso... Grazie. Davvero - mormoró l'uomo, incredulo, ma palesemente grato.
Con un pizzico di imbarazzo, però, distolse lo sguardo dal detective e indicò l'albero alle sue spalle, cambiando discorso.
- Gran bell'albero, comunque. Non sapevo fossi un fan di Doctor Who.
-Più o meno... - mormoró Sherlock, scuotendo la testa con un mezzo sorriso, occhieggiando l'ornamento in questione. Voleva ancora credere, nonostante tutto, che quello che gli era successo in quella folle giornata fosse stato solo un sogno assurdo, seppur incredibilmente realistico, originato dalle maratone della serie imposte da John. In ogni caso la lezione che aveva appreso era stata incredibilmente reale e impossibile da dimenticare.
Mentre tutti scendevano al piano di sotto, il detective rimase indietro e si ritrovò a sfiorare appena, col dito, la pallina di Natale col Tardis che tanto l'aveva fatto infuriare quella mattina, definendola "decorazione pacchiana": sembrava passato un secolo, da allora. Quella lite con John gli apparve solo allora in tutta la sua stupidità e assurdità, se si soffermava anche solo per un secondo a ripensare alla visione del suo corpo freddo su quel tavolo di obitorio...
-Sherlock... Stai bene?
Una mano gentile posata sulla sua spalla e la voce preoccupata del suo blogger lo riportò alla realtà, scacciando via quei neri e cupi pensieri: la sua di mano, però, corse a sfiorare i segni sul polso, l'unica prova, seppur misera, che non fosse stato tutto un sogno.
Anche se una parte di lui ancora non la riteneva una prova sufficiente: poteva esserseli fatti in qualsiasi altro modo...
-Si... Sta' tranquillo-lo rassicuró con un sorriso, anche se il biondo inarcó un sopracciglio e scosse la testa, non parendo del tutto convinto.
-Ti conosco fin troppo bene-disse infatti. - Prima o poi mi dirai cosa ti ha fatto cambiare idea sulla festa di stasera?
-Prima o poi, John. Prima o poi. Io stesso ancora non riesco a spiegarmelo, ed è tutto dire-ammise il detective con un sospiro. - Ma una cosa la so: questo sarà solo il primo di una lunga lista di Natali che ho intenzione di passare con te, Rosie, Mrs. Hudson e tutte le persone che amo. Mio fratello incluso. Anche se prima non volevo ammetterlo nemmeno con me stesso. So che spesso ho dimostrato solo arroganza e irriconoscenza, nei confronti non solo tuoi, ma di tutti voi. Ma le cose cambiano. Io sono cambiato. E passerò tutti i Natali futuri che mi saranno concessi a dimostrarvelo. Per ora accontentati di sapere solo questo.
John lo fissò per alcuni lunghi istanti, stupefatto, ma con gli occhi molto più lucidi del consueto.
-Beh.. Hmm... Per ora... me lo farò bastare-tossicchió, mandando giù a forza il nodo alla gola.-Vogliamo...?- aggiunse, alludendo con un cenno del capo alle scale.
Sherlock annuì, sentendosi sollevato da quella mezza confessione, e pronto ad unirsi alla cena di Natale con il cuore leggero.
Fu solo in quel momento, che lo udì.
Un suono ripetuto per tre volte.
Un suono ormai impossibile da confondere o da dimenticare.
E, a meno che non fosse impazzito del tutto, gli parve che provenisse proprio sotto la finestra di casa.
Si irrigidí e strinse per un braccio John, che lo guardò interrogativo.
-Ti prego, dimmi che l'hai sentito anche tu.
-... Sentito cosa?
Il detective chiuse gli occhi, scuotendo la testa.
-Lascia stare... Andiamo, ci staranno tutti aspettando. Mio fratello, poi, è già tanto che non abbia già fatto sparire tutte le mince pie-aggiunse, con una risata a cui anche il biondo si unì, mentre scendevano le scale.
Sherlock, però, una volta sceso, non seppe resistere.
-Cominciate pure. Io arrivo subito. Devo controllare un attimo una... cosa-disse infatti all'amico, che si limitò ad annuire senza fargli ulteriori domande, per poi unirsi alla tavolata, dove Molly e Mrs Hudson stavano dando gli ultimi ritocchi.
Sherlock si diresse alla porta dell'appartamento e, dopo aver preso un respiro profondo, la aprì con uno scatto, incurante della gelida aria invernale che lo investì subito: aveva infatti ripreso a nevicare.
Il detective si guardò intorno, ma non vide nulla: la strada era completamente deserta e silenziosa, nemmeno una macchina transitava mentre la neve fioccava lenta ma a grosse falde.
Nessuna anomala cabina blu: neanche l'ombra.
Ma proprio quando stava per richiudere la porta-non sapendo se sentirsi sollevato o, chissà perché, in qualche modo deluso-fu allora, che li vide: due pacchetti regalo appoggiati alla base degli scalini, insieme ad una busta di carta marroncina.
Con il cuore in tumulto, Sherlock li prese e, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, aprí la busta, trovandovi un foglio scritto con una calligrafia fitta ma elegante.
Signor Holmes,
Mi è davvero spiaciuto non poterla salutare di persona, ma dopo che ci siamo persi di vista nel bosco durante la tormenta non sono più riuscita a localizzarla. Dopo, devo ammetterlo, non ricordo più nulla, solo di essermi risvegliato nel Tardis, da qualche parte della galassia, e lei non c'era più. Con mio grande sollievo, però, stavolta l'ho localizzata a casa sua: ciò mi ha fatto capire che i Vigilianti avevano concluso il loro operato e ci avevano entrambi rispediti da dove eravamo venuti. Gentilissimi, non c'è che dire... Ma spero che, nonostante tutto, non le sia dispiaciuta la nostra piccola avventura. Io, tra parentesi, ho deciso di seguire il suo consiglio, e tornerò dai miei amici, sperando che siano clementi con me e che non siano troppo arrabbiati per la mia "morte". Prima non ne avevo il coraggio, ma dopo quello che abbiamo passato coi Vigilianti ho capito che la vita è troppo breve per non cogliere le opportunità. Persino quella millenaria di un Signore del Tempo!
Spero che anche lei farà lo stesso.
Spero altresì che ci rivedremo, un giorno. Anzi, di questo ne sono certo: nel pacchetto più piccolo che le ho lasciato, infatti, troverà un cellulare dall'aspetto vetusto, ma non si lasci ingannare: è dotato di una tecnologia aliena che le permetterà di contattarmi dovunque e in qualunque epoca io mi trovi. Le basterà digitare il numero 11 sulla tastiera e io arriverò in un batter d'occhio. Magari mi farà conoscere anche qualcuno dei suoi amici, e io le presenterò i miei. Sono sicuro che potremmo fare grandi cose, insieme.
Alla prossima, dunque, e buon Natale!
Il Dottore
P.S
Il secondo pacchetto contiene qualcosa che spiega perché il suo nome mi era sembrato fin da subito così familiare! Forse è un suo omonimo o un suo illustre antenato!
Sherlock non perse tempo e aprí il secondo pacco, trovandovi un volume in pelle marrone scuro, con inciso il titolo in caratteri dorati:
Le avventure di Sherlock Holmes
Sir Arthur Conan Doyle
Era tutto vero...
Con le mani che appena tremavano, Sherlock posò il volume sul mobiletto dell'ingresso, insieme al secondo pacchetto, contente il telefono menzionato nella lettera-ma senza neppure aprirlo-per poi piegare in due quest'ultima: aveva la testa così piena di domande che era un miracolo che non gli esplodesse.
Ma, incredibilmente, decise che tutti i suoi dubbi, incertezze e incredulità avrebbero dovuto aspettare: quella sera contava solo una cosa, per lui.
Infilò infatti la lettera in tasca e, risoluto, si diresse nella piccola sala da pranzo, la tavola già pronta e tutti coloro che amava ad attenderlo.
Ancora non sapeva quante cose sarebbero successe quella sera: non sapeva, per esempio, che Rosie avrebbe fatto uno scherzo a Mycroft facendo esplodere un Christmas Kreacker alle sue spalle, facendolo sobbalzare al punto di rovesciarsi il vino rosso sulla camicia bianca fresca di lavanderia e facendo scoppiare a ridere - seppur di nascosto- tutti i presenti. Né che persino Mycroft avrebbe riso per lo scherzo, seppur cercando di non darlo a vedere.
Non sapeva che Rosie avrebbe adorato alla follia il cappello a due visiere e la lente di ingrandimento che le aveva regalato, al punto di passare le ore successive della serata a cercare indizi per tutto il salotto.
Non sapeva che, dopo aver raccolto tutto il suo coraggio, avrebbe baciato Molly Hooper- con la ridicola scusa di essere proprio in quel momento sotto il vischio- facendola arrossire per l'imbarazzo ma anche per la gioia, mentre Lestrade di nascosto li avrebbe fotografati e Mrs. Hudson avrebbe mormorato soddisfatta qualcosa tipo "Era ora!".
Non sapeva che, dopo il discorso che avrebbe fatto alla tavolata - in cui chiedeva scusa a tutti loro per il modo spesso crudele in cui si era comportato nei loro confronti, ringraziandoli per essere rimasti al suo fianco nonostante questo (lasciandoli tutti attoniti ma commossi) -John si sarebbe alzato e avrebbe proposto un brindisi "All'uomo migliore, più coraggioso, imprevedibile, saggio e pazzo che avesse mai conosciuto", e che tutti, nessuno escluso, avrebbero brindato proprio a lui, che difatti avrebbe dovuto schiarirsi più volte la voce per nascondere la commozione e la riconoscenza.
Sherlock ancora non sapeva tutto questo ma, mentre si accomodava a quel tavolo pieno di gioia e calore famigliare, una cosa la sapeva: era grato per ciò che aveva e, ora che aveva aperto gli occhi al riguardo, non l'avrebbe mai più scordato.
Quello, come aveva detto a John, sarebbe stato solo il primo di molti Natali futuri che avrebbe finalmente vissuto appieno, per davvero, con tutte le persone più importanti della sua vita.
Si concesse solo un ultimo pensiero rivolto al Dottore e ai Vigilianti, prima di porre tutta la sua attenzione alla tavolata.
Fu solo una parola, una semplice parola, ma che veniva direttamente dal suo cuore, seppur forse di qualche taglia più grande di un tempo.
Grazie.
THE END
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