Il detective, il Dottore e... i Vigilianti
Tre volte.
Quel "suono" indefinibile e stranamente familiare si era ripetuto per ben tre volte, prima che scendesse di nuovo un profondo silenzio.
Sherlock raramente aveva provato paura. Le cose in grado di suscitargli quella particolare emozione si potevano contare sulle dita di una mano sola: ma ciò che non capiva, che non poteva spiegare razionalmente e a cui non riusciva a dare una spiegazione erano sicuramente incluse in questa lista.
Spettri che vengono in visita...
Quel pensiero attraversò il suo cervello prima che potesse fermarlo; questo, almeno, finché la sua razionalità non lo sbattè fuori a calci. La razionalità era il suo personalissimo buttafuori del suo Palazzo Mentale. Generalmente non permetteva neppure l'ingresso di qualcosa che fosse meno che razionale.
I fantasmi non esistono, ribadì.
Inoltre, non farebbero certo un rumore simile... (anche quest'ultimo pensiero, però, fu efficientemente espulso. Doveva esserci una spiegazione logica, ripeté. Un malfunzionamento di qualche apparecchio elettronico, o un cortocircuito, perchè no!
Coadiuvato dalla logica, sua sempre fedele alleata, lasciò la tazza di tè fumante sul tavolo e, senza indugiare oltre, spalancò con decisione le porte scorrevoli della cucina.
Ma ciò che gli si parò di fronte gli fece dubitare della sua sanità mentale.
Una cabina telefonica.
Nel suo salotto c'era una maledetta cabina telefonica!
Ma non una di quelle rosse, con i vetri trasparenti e il suo classico telefono all'interno. No. Questa era più alta e voluminosa, di legno blu, e con un cartello affisso sopra che avvertiva di chiamare un numero di polizia in caso di emergenza. Era una cabina telefonica della polizia, risalente agli sessanta, nientemeno!
Il suo volume era tale da occupare tutto lo spazio -comunque non eccessivo -tra la zona delle poltrone e il tavolino che sostava di fronte al salotto, nascondendo quasi del tutto la finestra. Era un miracolo che si fosse incastrato alla perfezione in quello spazio così esiguo. L'albero di Natale tristemente spoglio, vicino com'era alla poltrona del detective, non era stato neppure sfiorato.
Sherlock sapeva cosa aveva davanti: ma la logica e la razionalità, di nuovo, rifiutarono con energia quella conclusione.
Non essere ridicolo. Il Tardis non esiste. È solo una serie televisiva, frutto dell'immaginazione di una mente che non aveva nulla di meglio da fare che inventarsi storie assurde. Ti sei di certo addormentato e ora la tua mente sta vagando senza alcun controllo, facendoti sognare cose paradossali come questa!
Tra meno di un minuto sparirà. Anzi, ora mi avvicinerò io stesso, e sicuramente non sentirò nulla di concreto.
Tutte queste considerazioni passarono in un lampo nel cervello del consulente detective che, però, nonostante la determinazione di voler toccare con mano quell'oggetto immaginario- Immaginario. Im-ma-gi-na-rio. Non esiste. Non è per davvero qui- rimase immobile, i piedi come incollati al pavimento. Il totale rifiuto per le cose che non potevano essere reali, facendolo reagire con paura e insieme rabbia, era già accaduto, in passato, durante il caso di Baskerville, nella brughiera, quando si era trovato a poca distanza da un mastino nero ringhiante, enorme e con occhi di brace.
E se fosse stato lo stesso anche in quel momento? Qualche suo nemico poteva aver introdotto in casa sua della droga a dispersione aerea, e lui non riusciva a vederla??
Oppure quello non era altro che una colossale burla di pessimo gusto ai suoi danni? Mycroft, avrebbe potuto pensare: se non fosse che non aveva il senso dell'umorismo. Non a quel livello, in ogni caso... E comunque non avrebbe potuto certo portare quella... cosa... senza che lui neppure se ne accorgesse. E come, poi??
Il cervello del corvino stava letteralmente fumando nello sforzo di vagliare, ipotizzare ed escludere possibilità, al fine di trovare una risposta logica. Tutto meno che ammettere che il Tardis si fosse materializzato nel suo salotto.
Ma prima che potesse ancora vagliare anche solo un'altra possibilità, la porta della cabina si aprì, anche se non del tutto, ma abbastanza perché vi si affacciasse un uomo: era alto forse quanto lui stesso, i capelli castano chiaro non molto lunghi, ma acconciati in un bizzarro ciuffo che pendeva sulla destra. Indossava una giacca di tweed beige, con delle toppe sui gomiti; sotto di essa, si intravvedeva una camicia bianca e delle bretelle. Aveva, inoltre, stretto intorno al collo della camicia, un papillon rosso. Pareva essere sulla trentina; il suo viso era affilato, con gli zigomi abbastanza pronunciati, anche se meno rispetto a quelli di Sherlock. Il quale, alla vista dell'uomo si era, se possibile, pietrificato ancora di più.
Questi, nel frattempo, gli fece un sorriso smagliante, puntando su di lui occhi verdi.
-... Oh! Salve! Io sono il Dottore-esclamò, gioviale, ma con una leggera smorfia dubbiosa sulle labbra, guardandosi intorno nell'appartamento.-Ha forse idea del perché io mi trovi qui? Perché io assolutamente no!
"Basta. Io mi chiamo fuori!".
Sherlock pensò che, se la logica avesse avuto forma corporea, avrebbe detto proprio così, prima di abbandonare stizzita ed esasperata il campo: non prima di aver affisso un cartello su una delle tante porte di una delle innumerevoli stanze del suo Palazzo Mentale con scritto: "Torno subito. Forse. Anzi, forse no".
Ma aveva ancora lasciato, per fortuna, qualche considerazione, che il detective usò all'istante all'indirizzo dell'individuo nel suo salotto.
-Questa è una domanda che dovrei farle io!-fu la prima che uscì fuori dalla sua bocca: non forse la più fondamentale, ma ciò non di meno quella più istintiva.-Anche se ha poca importanza, visto che lei non esiste, quindi il perché sia qui è, alla fin dei conti, del tutto irrilevante.
-... Prego?-lo strano individuo, di fronte a quel discorso, lo guardò ancor più dubbioso e confuso di prima, e varcando completamente la porta di quella bizzarra cabina blu, chiudendosela poi alle spalle.-Le posso assicurare che io esisto eccome, signor...?
-Il mio nome è Sherlock. Sherlock Holmes. Non che la cosa dovrebbe importarle, dato che non esiste-ribattè il corvino, sempre con più durezza e sicurezza nella voce.-Questo è sicuramente solo un sogno.
-Mi permetto di dissentire!-esclamò l'uomo, con un tono leggermente beffardo e forse risentito.- Esisto eccome! E comunque, se io non esistessi, come lei, signor... Holmes, giusto?... Ho già sentito il suo nome, prima...-Ci pensò qualche istante, poi scrollò le spalle.-Bah, mi verrà in mente. Comunque, se io non esistessi, come lei afferma con tanta sicurezza, allora come farebbe a sognarmi?
Sherlock socchiuse leggermente le labbra, colto in fallo per una frazione di secondo.
-Lei esiste sì, ma è solo il protagonista di una ridicola serie televisiva!-sbottò però poi, in tono trionfante.-È un personaggio immaginario. Quindi non esiste!
L'uomo che si era presentato come "Il Dottore" scoppiò in una fragorosa risata.
-Ne ho sentite di storie assurde, mi creda. Ma questa le batte tutte. Io, il protagonista di una serie televisiva?? Solo sul pianeta Terra potevano inventarsi una storia del genere! -Quando riuscì faticosamente a smettere di ridere, la sua espressione si fece più seria, mentre si guardava intorno nella stanza. -Ora basta con gli scherzi. È evidente che non è stato lei a chiamarmi in nessun modo. Questo significa che il Tardis è stato attirato da qualcosa, qui. C'è sicuramente una presenza aliena. Devo solo trovarla!
Sotto lo sguardo attonito del detective, il Dottore tirò fuori dalla tasca dei pantaloni neri uno strano oggetto di metallo argenteo, impugnandolo con la mano destra. Anche questo, Sherlock lo riconobbe all'istante.
Cacciavite sonico.
... Maledetto John Watson e le sue maratone di Dottor Who!
Il Dottore, intanto, aveva assunto un'espressione seria e concentrata, puntando l'oggetto in varie direzioni della stanza, prima verso la parete con lo smile crivellato di colpi, poi sul soffitto, poi negli angoli, apparentemente a casaccio. Questo, ogni volta, emanava dalla punta una luce verde.
-Avverto forti vibrazioni... Ma non riesco a capire di quale specie si tratti-borbottava intanto.- ... Angeli Piangenti??... No, impossibile. Sarebbero già qui in massa... Sontaran?... No, nemmeno loro, avrebbero invaso l'atmosfera con quell'irritante grido di guerra...
Sherlock, sempre più sopraffatto da tutte quelle assurdità una dietro l'altra, si pizzicò il braccio, sperando ardentemente di svegliarsi. Ma nulla.
... Forse, se lo assecondo, sparirá, riflettè, quasi con disperazione, E io allora riuscirò a svegliarmi...
-Non posso crederci!
Stavolta non era stato il detective a pronunciare quella frase, ma il Dottore, che stava esaminando l'unica pallina sull'albero di Natale spoglio.
-Come fa ad avere un Tardis in miniatura??-mormorò ancora l'uomo, esaminandola affascinato, sgranando poi gli occhi, chiaramente allarmato. -Lei non è un Signore del Tempo, vero?? Perché se è così me lo deve dire subito!
-A parte il fatto che non esistono... No, non lo sono-ribattè il detective, sempre più esasperato.-E quella è solo una stupida decorazione natalizia messa lì dal mio altrettanto stupido coinquilino!
Su quell'ultima frase, si morse quasi la lingua, la rabbia verso John ancora ben presente. Se lui fosse stato lì di certo lui non si sarebbe addormentato, e non si sarebbe trovato a discutere con un uomo che non esisteva!
Quest'ultimo, intanto, aveva abbandonato la pallina, e stava puntando il cacciavite sonico sulla mensola del camino; quando, di nuovo, un oggetto attirò la sua attenzione.
-Che bella bambina!-Il Dottore teneva tra le mani una cornice: la sua espressione, in quel momento, era venata da una profonda dolcezza.- È sua figlia? Dov'è?? Io adoro i bambini!
-No. È la figlia del mio coinquilino. E non c'è-rispose Sherlock, seguendo il piano mentale "Se lo assecondo forse sparirà". Sul "Non c'è" la sua voce si tinse, suo malgrado, di tristezza, ma anche il suo sguardo, istintivamente, si addolcì, guardando la foto che ritraeva lui e Rosie al parco. Era stata scattata qualche mese prima da John (a tradimento, naturalmente) mentre Sherlock spingeva la piccola sull'altalena. Quest'ultima si teneva stretta, i boccoli biondi gonfiati dal vento, le guance rosse, gli occhi brillanti.
"Più in alto, zio! Più in alto!" gridava lei ridendo, "Voglio volare!"
"Non esagerare, Rosie" era intervenuto John, con una risata. "Ancora un po' e finirai dritta dritta sulla luna!"
"In effetti lo spazio è pieno di bambini urlanti..." aveva commentato Sherlock, sarcastico, ma con un sorriso divertito sulle labbra, mentre seguitava a spingere la piccola. Il blogger, stranamente, non aveva replicato al suo commento. Doveva aver scattato la foto in quel preciso istante.
Per quanto gli costasse ammetterlo, quella piccola peste bionda gli mancava. E non solo lei.
-Io adoro i bambini-ripetè il Dottore, riscuotendolo dai suoi pensieri.-Non hanno barriere, vedono il mondo a modo loro. Vedono più di noi, in certi casi...
D'improvviso, l'occhio gli cadde sulla copia del "Canto di Natale" ancora sul tavolino, poi sull'albero spoglio.
Sgranò gli occhi, e si battè una mano sulla fronte.
-Ma certo! Sono uno stupido! Mi dica subito che giorno è oggi!
-Il 24 Dicembre...-bofonchiò Sherlock, di malavoglia.
Il Dottore si guardò di nuovo intorno freneticamente, borbottando a voce bassa.
-Vigilia di Natale... Nessun addobbo... Albero spoglio... Completamente da solo... Di sicuro odia il Natale...
Lui, sentendo quell'ultima frase, fece per protestare, ma l'altro non gliene diede il tempo.
-Era così ovvio! Ancora non capisco perché ci ho messo tanto a capirlo!-Fissò il corvino con un'espressione grave in volto, per poi puntare il cacciavite sonico verso il camino acceso.-Sono i Vigilianti!
-... Sono i cosa??
-I Vigilianti!-ripetè il Dottore, stranulato.-Come fa a non conoscerli?? Eppure stava leggendo proprio il libro che parla di loro!
Afferrò il "Canto di Natale", sfogliandolo febbrilmente, fino a fermarsi e a declamare enfaticamente una parte:
-"Sono qui stasera per avvertirti che hai ancora una possibilità e una speranza di sfuggire al mio stesso destino–proseguí il fantasma di Marley.–Tu sarai visitato da tre spiriti".
Chiuse il libro con un gesto secco.
-Credeva forse che fosse una storia inventata??
Be'... Ovviamente sì!
Questo avrebbe voluto dire il detective, ma le parole non uscirono. Arrivati a quel punto poteva affermare, per la prima volta nella sua vita, di non sapere più nulla. Le sue certezze sembravano aver subito uno scossone di proporzioni bibliche.
-Ero con il signor Dickens, quando i Vigilianti gli fecero visita... Aveva accennato al fatto che vi avrebbe scritto sopra, ma non l'avevo preso sul serio...-proseguì il Dottore, accigliandosi.-E meno male che ero presente! Non sarebbe sopravvissuto al viaggio temporale e dimensionale, altrimenti! Anzi, lei deve assolutamente salire con me sul Tardis prima che...!!
-Adesso basta!-sbottò però Sherlock, ritrovando la voce, e stringendo i pugni. -Lei non esiste, questa conversazione non sta avendo luogo e, soprattutto, i fantasmi, gli spiriti o gli alieni non esist–...!!
Ma non riuscì a completare la frase perché, dove prima non c'erano altre che le fiamme guizzanti del camino, si aprì quello che avrebbe potuto definire solo come un gigantesco buco nero.
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