# 1 "Carlo e Maria Amalia" / "Crash man": Elisabetta/ Seimoor
Eccoci al primo viaggio Inter librario. Vi posso solo dire che è stato divertente non sapere che piega avrebbe preso l'incontro. Solitamente quando uno scrive conosce sia la domanda sia la risposta sia l'epilogo, in questo caso è stato diverso ed elettrizzante, almeno per me :-)
Ringrazio Garinio per la fiducia dimostrata. Essere i primi in un nuovo progetto non è mai facile.
A proposito: Garinio, cosa ne pensi di questa esperienza?
A chi leggerà... Buona lettura!
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Madrid, 1731
Gli occhi della Regina erano fermi sul trono vacante, ma essi non stavano osservando la pregiata fattura degli intarsi o la morbidezza del velluto, no, invero stavano guardando senza vedere. Il marito l'aveva lasciata sola in quella Sala già da qualche tempo ed ella, non riusciva a fare altro che pensare a Parma e all'inusuale astuzia mostrata dallo zio con quel testamento al 'Ventre Pregnante'.
Niente era in grado di metterla di cattivo umore come un piano andato storto.
D'improvviso, un fischio assordante la costrinse a chiudere gli occhi prima che un rumore, come quello di una caduta, non la costringesse a voltarsi.
Un uomo, attempato, si muoveva malamente sui tappeti pregiati. Presa dalla stizza per una tale intrusione lo interpellò con sfregio: "Voi chi siete? Come siete entrato?"
Seimoor, poiché non sapeva dove in quel momento si trovasse, né chi fosse l'interlocutrice, per un attimo rimase di stucco poi, riprendendo padronanza di sé rispose, mentre si guardava intorno.
"Io e chi altri signora, non vedo nessun'altro e come sono entrato ancora non riesco a capirlo, lei piuttosto chi è?"
"Come osate parlarmi in questo modo? Guardie!"
Seimoor ancora una volta rimase basito, infatti, si chiedeva chi fosse quella donna e quali poteri avesse. Aveva chiamato le guardie vestendosi di autorità, ma sperava che fosse una bufala e lei una signora come quelle che incontrava al supermarket, quando usciva per la spesa. Guardandola però e osservando i suoi gesti, cominciava a capire che quella donna non era una persona comune e riandando a quando serviva Lord Griston, si convinse che fosse un'altolocata, ma era tanto che non vedeva un nobile che valutarne il rango non era nelle sue attuali corde.
"Mi scusi la gaffe, signora, se solo me lo permettete le dirò ogni cosa, soprattutto, da dove vengo e chi sono."
"Gaffe? Io non vi comprendo" la donna si fermò a guardare l'uomo, era distinto, ma l'abbigliamento era inusuale, come l'accento che aveva un'inflessione strana.
"Vostra Grazia, avete chiamato?"
Le due guardie messe al di fuori della grande sala ora erano di fianco all'intruso, sorprese di trovarlo in quel luogo.
"Attendete" ordinò, prima di spostare nuovamente l'attenzione sull'uomo.
Un'altra delle cose che innervosivano la Regina era il non sapere, ella doveva essere sempre informata su tutto e su tutti. Quell'uomo stravagante aveva una nota seria e posata che non era facile da creare.
"Avvicinatevi" lo invitò con un cenno della mano.
Attese che si avvicinasse e quando le fu ad un passo chiese: "Ditemi, vi ascolto!"
Seimoor ora aveva capito che la donna non era una qualunque e, nonostante dovesse ancora sapere chi fosse, per timore di una reazione peggiore s'affrettò a rispondere.
"Ebbene signora, il mio nome e Seimoor Drimond e da alcuni anni sono il maggiordomo del signor Albert Locosh. Vivo a Pitman nel New jersey, amo il mio lavoro che svolgo con diligenza e non so come, né perché mi trovo qui. Sono certo solo di trovarmi al cospetto di una donna potentissima che oserei chiamare Regina. Mia Regina, potrebbe rendermi edotto su quello che vedo."
Seimoor, ora che aveva cominciato a liberarsi dal potere della ragione, iniziava a valutare quello che lo circondava e non capiva perché gli spazi fossero così minuziosamente arredati ma quello che lo stupì maggiormente fu che alzando gli occhi al soffitto vide lampadari sfarzosi ma senza lampade, al loro posto candele, tantissime candele. Pensò: Questo posto è ricco ma credo che ancora non abbiano l'elettricità, molto strano!
Elisabetta fece una smorfia indecifrabile. L'uomo continuava a parlare in modo forbito, nonostante i suoi modi fossero strani. Egli chiedeva delucidazioni su dove si trovasse, a lei che era la Regina di Spagna. In un primo momento fu tentata di far allontanare quell'individuo folle, poi però, qualcosa delle sue parole le si riproposero alla mente causandole un certo sconcerto: New Jersey. Ella era una delle donne più colte del mondo conosciuto e quel Regno proprio non le sovveniva. Curiosa più che mai, invece di allontanarlo stette al gioco rispondendo: "Sono la Regina consorte Elisabetta Farnese in Borbone e siete nel mio palazzo di Madrid. Ora ditemi, davvero non sapete come siete giunto alla mia corte?"
Lo fissò duramente assottigliando lo sguardo: "Chi è il vostro Sovrano? A quale Re avete giurato fedeltà?"
Il mio sovrano! pensò Seimoor, la regina di Spagna Elisabetta Farnese! Dove cavolo sono finito?
Voleva capire, allora disse: "Maestà io vivo in una Repubblica e veramente non so come sono giunto qui!" Poi, badando a non infastidire troppo la sovrana chiese: "Mi crede?"
"Che cos'è una Repubblica? Vi state forse prendendo gioco di me?"
"Non oserei mai, Maestà, non è mia intenzione infastidirvi."
"Dunque, se non avete intenzioni ostili, come siete giunto qui e perché?"
"Ebbene Maestà, ero appena rientrato da far compere e avevo appena legato la spesa sul portapacchi della bici, quando un improvviso fischio seguito da uno strano mal di testa mi costringeva ad appoggiarmi al muro di cinta della villa; ricordo di non aver toccato il muro ma di essere caduto nel bel mezzo della sua Sala del Trono, poi ho visto lei e sono rimasto incantato." Poetò su quel finale per ingraziarsi la donna, poi riprese: "Mi scusi, non era mia intenzione mancarle di rispetto e se per questo dovrò pagare, così sia."
Un fischio! Pensò la donna con stupore, lo stesso che ho udito io prima del suo arrivo.
Osservò l'uomo con pacifico interesse, congedò le guardie e lo invitò a seguirla in uno dei salottini privati. Non seppe spiegarsi il perché ma gli credeva. Di certo codesto uomo avrà da raccontarmi belle storie.
"Desiderate bere qualcosa?" offrì, dopo essersi seduta su una morbida poltrona damascata.
"Se non è di disturbo uno scotch, Maestà, ma se mi indica dove reperirlo, preferirei servirlo anche lei."
Seimoor aveva notato un repentino cambiamento nella donna e se ne chiedeva la ragione: Che gli avesse creduto? Certo se così fosse, avrebbero potuto scambiare opinioni.
Vagamente ricordava di una regina di Spagna vissuta tantissimo tempo prima con quel nome, ma era storia antica, troppo antica perché potesse trattarsi della stessa persona ... ma il luogo, le guardie armate di alabarda, l'antiquato francese della donna, lasciavano supporre che lui avesse viaggiato nel tempo. Era assurdo il solo pensarlo e allora si chiese se non stesse sognando, ma niente e nessuno poteva dargli quella risposta.
"Vi faccio servire un buon Porto", tagliò corto la donna, "è un buon liquore, così, mentre ne assaporate il gusto, mi racconterete qualcosa delle vostre terre senza Re. Siete inglese, vero?"
"Lo sono, ma vivo in America e, mentre aspetto il Porto che, conosco molto bene, le racconterò qualcosa del Paese che mi ospita. Per prima cosa vivo nel 2088 e nel mio tempo esistono cose che lei non potrebbe nemmeno immaginare." Lesse negli occhi della Regina uno stupore intriso di incredulità, ma lui pensò che fosse naturale, d'altro canto, se si fosse guardato allo specchio non avrebbe visto la stessa cosa nei suoi occhi? "Ne ho uno in tasca e se vuole posso mostrarglielo."
La donna non credeva ciecamente alle parole dell'uomo. Si era convinta ad ascoltarlo a causa della similitudine del fischio e, in quel momento, era ancora più curiosa di mettere alla prova le sue verità.
"Forza mostratemi questo oggetto inimmaginabile."
"Mi scusi se mi alzo, Maestà", Seimoor estrasse dalla tasca posteriore dei pantaloni uno smartphone e lo accese.
Elisabetta iniziò a sorseggiare il Porto beneficiando sin da subito del suo potere calmante mentre attendeva di ammirare quel piccolo oggetto scuro. Dopo aver chiesto nuovamente il permesso l'uomo si avvicinò per mostrarle delle immagini di persone ritratte dai colori sgargianti.
"Queste sono foto" le spiegò, passandole l'oggetto e spiegandole come farle scorrere.
L'espressione sul viso della Regina era impagabile, un misto di stupore e incredulità che le ammorbidivano i lineamenti del volto.
Che volti buffi! Si ritrovò a pensare, vedendone alcune i cui visi erano enormi e dalle espressioni inconsuete.
"Come hanno fatto a dipingere con tanta precisione?" Chiese curiosa, "E come fate ad avere tanti ritratti tutti insieme in questo piccolo spazio?"
"Noi le chiamiamo fotografie. Non so come questo telefono funzioni e mi dispiace di non poterla rendere edotta, ma posso mostrarle come cattura le immagini e se mi permette glielo mostro."
"Proseguite dunque" lo invitò curiosa, non era ancora sicura che fosse tutto vero, ma se lo fosse stato, non aveva bisogno di mostrarsi rigida come era solita fare.
"Potrei avvicinarmi a lei, Maestà?"
"Certo, ma state attento a quel che fate."
Seimoor si mise sul fianco della Regina e steso il braccio con il telefonino davanti a loro, pigiò sul touchscreen e disse: "Fatto."
"Fatto cosa?"
"Un selfie, Maestà, un ricordo che mi porterò nel mio tempo."
"Fate vedere" ordinò con la fronte corrucciata, quella parola: selfie, non le diceva proprio nulla.
L'immagine che rimirò in quel rettangolo luminoso era strana. Vide il suo riflesso nella propria consueta espressione seria, il rosso dell'abito era sgargiante e il proprio pallore era preoccupante. Al suo fianco l'uomo appariva sorridente, gli occhi brillavano di contentezza, come se quel selfie, fosse per lui motivo di gioia.
Che strano oggetto. Quante ore in meno davanti ad un noioso pittore! Pensò guardando l'uomo.
"Lascerete l'oggetto qui" sentenziò con un sorriso furbo sulle labbra.
"Se è un ordine Maestà obbedisco, ma tengo a dirle che quando si esaurirà la batteria lei si troverà tra le mani qualcosa di inservibile, perché questo telefono si spegnerà per sempre. La batteria di cui parlo si ricarica a una fonte di energia che noi chiamiamo elettrica e in questo tempo non esiste. Invece, se mi permetterà di portarlo con me, avrò il ricordo di una splendida Regina e potrò vantarne meriti e grandezza fin quando avrò vita."
Seimoor era pronto a lasciare lo smartphon, ma temeva che cambiasse il procedere naturale del progresso, quindi, sperava che Elisabetta Farnese consentisse a lasciarglielo e per questo aveva parlato della sua grandezza.
Elisabetta parve soppesare quelle parole, di sicuro quell'uomo voleva abbonirla con tali carinerie, ma sarebbe stato davvero bello possedere quell'oggetto.
"Sappiate che se non me lo donerete con cortesia vi metterò ai ferri."
"Come una bistecca?" Replicò Seimoor con un accenno di sorriso, aveva notato che nel volto della donna non vi era ombra di minaccia, infatti, ella sorrise, a discapito della propria fama.
"Avete notato il mio scherno, Seimoor, complimenti!" Disse, continuando a sorseggiare il Porto, mentre un sorriso le distendeva il volto solitamente rabbuiato. "Ditemi, dunque, se per voi il ricordo del nostro incontro sarà la fotografia, cosa rimarrà a me?"
"Proprio non saprei, Maestà, ma potrei lasciarle qualcosa di mio cui tengo," ed estratto dal taschino interno della giacca una penna stilografica la mostrò a Elisabetta, dicendo: "Questa è una penna che scrive senza intingere nel calamaio e sono certo che quanto finirà l'inchiostro, potrà essere ricaricata anche nel suo tempo, Maestà."
"Bene, mostratemi come funziona" disse alzandosi per avvicinarsi alla scrivania e porgergli un foglio: "Lasciate un segno della vostra venuta, affinché sia testimoniabile."
L'uomo prese la penna e cominciò a scrivere sulla carta pregiata:
All'egregia Regina di Spagna, Elisabetta Farnese,
donna di buon gusto, cui la sorte mi ha concesso l'onore di conoscerla.
In fede
S
Un fischio assordante si ripropose, entrambi si chinarono su se stessi tenendosi le tempie doloranti e quando Elisabetta riaprì gli occhi, si trovò sola accanto allo scrittoio.
Cercò l'uomo per tutta la stanza, ma di egli non ve n'era traccia. Allora tornò a guardare lo scrittoio e, sulla pagina ingiallita, notò le parole scritte con la grafia sicura e la penna ivi postata di fianco.
Seimoor si trovò seduto presso la sua bici, la spesa legata al portapacchi e la testa che ancora gli doleva.
Accidenti devo essermi addormentato! Pensò Com'è possibile? poi riprese: Eppure ricordo perfettamente ogni particolare, perfino il volto di Elisabetta Farnese, la protagonista del mio sogno: che caratterino accidenti! Ricordo pure d'averle lasciato la mia parker, mise mano alla tasca interna della giacca, Accidenti, mi sarà caduta!
La cercò brevemente e, non trovandola, un dubbio gli prese la mente: E se il sogno fosse realtà e io veramente fossi stato nel passato? No impossibile! È una cosa che non può essere: il tempo va solo avanti. Devo stare male, chiamerò Marc perché mi aiuti.
"Sono Seimoor, sto al cancello principale, non mi sento bene, vienimi a prendere."
Stava per riporre il telefono quando volle fare un ultimo riscontro, sapeva d'aver sognato ma... Aprì l'album fotografico e la vide: era un selfie bellissimo, lui e la Regina Elisabetta Farnese. Si sentì subito meglio, anzi bene: non era pazzo né soffriva di sonnolenza, era ancora lui anzi, era un viaggiatore del tempo.
Seguì la vita della regina Farnese e seppe tutto di lei, alcune cose non gli piacquero, ma le attribuì tutte a prima del loro fortuito e, ancora, inspiegabile incontro.
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*Viaggiatore Inter librario: Seimoor Drimond*
Dal libro: "Crash man" di Garinio
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