09. Ardore e Premure
Quello, per Eren, fu abbastanza. Scivolò indietro, giù dal divano e dall'abbraccio del corvino, e tenendolo per mano lo condusse fino alla camera da letto. Accese la luce e lo baciò subito. Senza aspettare, senza chiedere.
Si lasciò portare al materasso, guidandolo alla cieca finché le gambe toccarono il bordo del letto e la gravità prese per loro la decisione.
Baciandosi, le giacche scomparvero, le camicie seguirono subito dopo.
Levi si ritrovò sdraiato sulla schiena, con la lingua di Eren a leccargli il palato e le gambe aperte, mentre il più giovane si strofinava contro di lui, sfogando ogni gemito nella sua bocca.
Era tutto così dannatamente diverso dal modo in cui si erano cercati in quei mesi, eppure era persino più eccitante di quanto non fosse mai stato in precedenza.
Non c'era la foga e l'urgenza dettata dal calore, il bisogno di sfogare un istinto primordiale che li assaliva e poteva essere sedato solo con quell'atto fisico. C'era invece la voglia di toccarsi, baciarsi, esplorarsi in una maniera totalmente nuova per entrambi, fatta di mani che inseguivano ogni centimetro di pelle disponibile solo per cercarne di nuova facendosi spazio tra gli abiti, e il bisogno del cuore di unirsi in un essere nuovo, mosso da un sentimento crescente e inarrestabile.
L'uomo si lasciò spogliare, privando Eren dei vestiti a sua volta, concedendogli un comando che il ragazzo non aveva mai avuto: voleva che prendesse da lui tutto ciò che voleva, come e quando lo desiderava. All'ennesima frizione tra i loro bacini, però, non riuscì a trattenersi dal mordergli il labbro e succhiarlo con avidità, facendolo ansimare.
«Cristo, Eren...!»
Un'imprecazione, una supplica.
Un lamento fu la sua risposta.
La bocca di Eren divenne rossa, il labbro gonfio per quella violenta attenzione che gli era stata rivolta.
Per tutta risposta, Levi si ritrovò con le braccia bloccate sopra la testa ed un corpo caldo a muoversi sopra il proprio con più decisione.
«M-mhm... Sveglierai i miei vicini. A-ah... È gente che lavora, sai... Ah...»
«Fanculo i tuoi vicini...!» biascicò, prigioniero delle sue mani e delle sue labbra, inarcandosi alla ricerca della sua pelle bollente contro la propria.
Eren lo trattenne, spingendo nuovamente le sue braccia giù contro i cuscini.
«Quanta irruenza...» sussurrò, leccando il punto che ancora pulsava dopo il morso appena ricevuto. «Desideri questo corpo a tal punto? Apri gli occhi, Levi, guardami. Rispondi.»
E Levi, a corto di fiato, lo fece.
«Di te voglio tutto, Eren...»
C'era un sorriso sulla bocca del giovane, quando lasciò andare Levi per avere le mani libere da infilare tra i suoi capelli setosi. Le sue labbra toccarono quelle del corvino, le quali si schiusero all'istante. I baci avevano lo stesso sapore del liquore che avevano bevuto fino a pochi minuti prima.
L'Alpha era assuefatto da quelle dita che, morbide, scivolavano tra le ciocche nere tirandole allo stesso ritmo di quelle effusioni, tenere ed infuocate al tempo stesso. I palmi di Levi trovarono prima i suoi fianchi, poi le sue natiche, stringendole con smania e possesso.
Credeva di non poterlo desiderare più di quanto già non facesse. Beh, si sbagliava.
Con un movimento che a entrambi risultò naturale, lo distese sulle lenzuola andando a posizionarsi tra le sue gambe che lo strinsero all'istante.
Lo sguardo che si scambiarono, prima di saggiare nuovamente il sapore delle loro labbra, era consapevole della portata di quanto stessero per fare, di cosa significasse, del luogo in cui li avrebbe condotti. Il bacio che seguì immediatamente dopo fu solo la tacita conclusione che sì, erano pronti.
«Eren...»
L'uomo era così sopraffatto dal momento che, se le circostanze fossero state diverse, lo avrebbe certamente e irrimediabilmente marchiato.
Eren taceva.
Ogni soffio di voce era bloccato in gola e quasi ostruiva il suo respiro. Il cuore batteva così forte da essere persino doloroso. Non sapeva se Levi potesse sentirlo. Ne era quasi certo.
Osservò il viso di colui che lentamente si appropriava del suo corpo, un centimetro dopo l'altro, togliendo definitivamente gli ultimi indumenti che fino a quel momento l'avevano ricoperto. Lo guardò e vide il volto dell'Alpha con cui si era unito per due cicli di seguito, una cosa mai accaduta prima.
Ma vide anche un uomo del tutto diverso. Familiare eppure sconosciuto. Un essere cosciente delle proprie azioni in modo razionale, ora che gli ormoni non ne accecavano la ragione. Pronto a compiere verso di lui un passo che – glielo aveva detto chiaramente – fino a pochi mesi prima non aveva mai neanche preso in considerazione.
Avrebbero dovuto farlo insieme.
Si sentiva pronto?
Eren...
Lo chiamò.
E ciò che il ragazzo percepì nell'impronta della sua voce fu più intenso e travolgente di quanto gli ormoni stessi fossero mai riusciti ad essere.
«Levi...» rispose, senza neanche aver bisogno di pensarci.
Il suono che uscì da quelle labbra, quasi fosse un sospiro, lo indusse a rompere qualunque indugio ancora lo trattenesse dall'appropriarsi di ciò che sapeva fosse indiscutibilmente suo.
Si chinò sulla sua bocca, divorandola con dolcezza mentre anche le sue mani andavano a intrecciarsi tra quei capelli d'ebano eternamente disordinati. Lo intrappolò lì, fagocitando ogni gemito e persino il respiro, deciso a non perdersi neanche un battito di ciglia del ragazzo.
Dove prima aveva regnato il gelo, nelle sue vene ora scorreva il fuoco che Eren accendeva con un solo, breve sguardo. La sua lingua si muoveva lenta ma decisa, esplorando ogni angolo che gli veniva concesso, mentre i denti graffiavano e mordevano la carne morbida e gonfia per quel bacio languido e prolungato.
«Cazzo Eren, ti voglio così tanto da far male...»
Ed era tutto spaventosamente vero.
Mai avrebbe immaginato di sentirsi così perso e completo insieme, stringendo qualcuno tra le proprie braccia.
La sua erezione, gonfia e umida per l'eccitazione incontenibile, premeva nel solco tra le natiche dell'altro, stimolando al contempo le sacche piene e delicate sotto la virilità dell'Omega. Il suo corpo però non avrebbe risposto né invitato l'Alpha a farsi spazio dentro di lui.
«Aspe–... Aspetta...» si trovò a balbettare, senza fiato.
Fermarlo fu difficile perché prima dovette costringersi a fermare sé stesso. Si spostò, mettendosi seduto ed ignorando il doloroso gonfiore tra le proprie gambe, mentre scivolava giù dal letto e si avvicinava al comò.
«Eren...» lo chiamò l'Alpha, frustrato dall'interruzione, forse spaventato che quella potesse essere la fine della serata. Che ci avesse ripensato.
«Ti ho detto di aspettare... So che è qui... Ecco.»
Dal fondo dell'ultimo cassetto, Eren estrasse un flacone di liquido trasparente. Lo aprì, ne versò una goccia sulle dita e provò a spalmarlo sui polpastrelli. Le labbra si piegarono in un sorriso soddisfatto quando li sentì scivolare l'uno contro l'altro.
«Non è proprio nuovo, ma funziona ancora.»
Poi si tolse l'intimo, unico ostacolo ormai rimasto, prima di tornare sul letto sotto lo sguardo a metà tra il confuso e l'affamato del suo partner.
«Questo ci serve, se hai intenzione di scoparmi decentemente» disse, lanciandoglielo praticamente addosso.
Lo slancio con cui Levi quasi lo assalì, ricevuto quell'utile regalo che aveva spazzato via l'inconscio timore di arrecargli dolore, sbilanciò Eren, il quale cadde con un tonfo tra i cuscini. I suoi palmi, aperti ai lati della testa, accolsero quelli pallidi del compagno che andarono immediatamente a stringergli le dita, incastrandosi alla perfezione, mentre la bocca del corvino trovava nuovamente la gemella per dedicarle un bacio appassionato al sapore dolce di liquore. Eren si arrese a quell'attacco così gradito, emettendo un mugolio soddisfatto che venne subito ingoiato dall'altro con un verso roco.
Avrebbe voluto parlare, Levi, ma qualunque cosa avesse detto non avrebbe minimamente reso ciò che sentiva. Persino il suo odore, che tanto lo aiutava ad esprimersi quando le parole gli sembravano superflue o addirittura insufficienti, non sarebbe stato in grado di riflettere la moltitudine di sensazioni che stava provando in quel singolo istante. Ognuna di esse, portava inciso il nome dell'Omega.
Quando l'uomo lasciò le sue labbra Eren voleva guaire in segno di protesta, ma sentirlo baciare il profilo del proprio viso, mordicchiargli il lobo e succhiargli la gola, fu persino meglio. Il modo in cui l'Alpha lo sfiorava, toccava, afferrava era rude e delicato insieme, combattuto tra la voglia di possederlo e quella di farlo godere. Di sentirsi padrone e protettore. Di dargli tanto quanto aveva intenzione di ricevere.
L'unico termine che Eren riuscì a trovare, fu prezioso. Era così che si sentiva: non fragile, sottomesso o impotente; qualunque altro aggettivo avrebbe sminuito la cura con cui Levi lo trattava facendolo al contempo sentire partecipe, mentre il castano gli stringeva le mani inarcandosi sotto la sua lingua che, inesorabile e voluttuosa, scendeva lungo un percorso immaginario privo di contorni.
Quando giunse al pube, le loro dita ancora intrecciate che lo avevano accompagnato fino a quel luogo invitante, l'Alpha sollevò lo sguardo incatenandolo a quello di Eren. Le iridi del giovane erano quasi svanite, inghiottite dalla pupilla che non riusciva a mettere bene a fuoco i dettagli della propria stanza; le gote erano rosse, lucide per il sudore che gli imperlava il viso, e i capelli disordinati a causa delle attenzioni che vi aveva dedicato.
«Sei bellissimo, Eren.»
Un complimento che suonò quasi come una promessa, mentre iniziava a percorrere languidamente la lunghezza dell'Omega con la lingua. Il verso che abbandonò le labbra di quest'ultimo fu incomprensibile: un'imprecazione e un ringraziamento insieme, le sue mani che lasciavano quelle del corvino solo per immergersi tra i suoi capelli quando lo sentì avvolgerlo completamente, risucchiato dalla sua bocca incandescente e accarezzato dalla sua lingua morbida.
Dopo gli avvenimenti degli ultimi mesi, vergogna ed imbarazzo avrebbero dovuto essere ormai dimenticati. Una tappa superata in quello strano percorso di salite e discese che era stata la loro relazione fin dall'inizio.
Eppure parte dei brividi che ora gli percorrevano la schiena, andando ad aggiungere scintille al calore che sentiva in viso, erano proprio d'imbarazzo.
Non l'avrebbe mai ammesso, né avrebbe tentato di nascondersi. Era bloccato, perso nel piacere di lasciarsi, per una volta, donare un godimento a senso unico.
Omega da tutta la vita, il suo istinto seppur sopito non riusciva a concepire di essere ricevente e non donatore, il corpo abituato a godere solo quando veniva preso, reclamato e posseduto da qualcuno che sapesse come usarlo.
Ma quel qualcuno, quel giorno, era Levi e l'unica cosa che non poteva proprio dire quell'uomo gli avesse mai fatto, negli ultimi cinque mesi, negli ultimi due anni – da quando era stato promosso al suo stesso piano di uffici – era proprio usarlo.
Levi era Levi.
Bruscamente sincero ed al tempo stesso delicato in un modo che solo pochi potevano cogliere. Eren era felice di essere tra questi.
E quando l'orgasmo arrivò ad oscurare anche quei pensieri, gli rimase solo un sorriso ad incurvare le labbra, finché non fu costretto a schiuderle per aiutare i polmoni a respirare.
L'Alpha si dedicò a ripulirlo, leccando via ogni possibile traccia del suo appagamento, scrutando la sua espressione beata. Persino il modo in cui tentava di riprendere fiato era seducente, una sinfonia composta da sospiri profondi e veloci che man mano assumevano un ritmo diverso, più calmo ed ipnotico.
Risalì gattonando fino alla sua bocca, baciandolo con delicatezza.
«Sei stupendo...» mormorò piano, divorando immediatamente il singulto che uscì dalle labbra del ragazzo quando, con un dito ben lubrificato, entrò dentro di lui.
«A-ah, Levi...!»
Eren si artigliò alle sue spalle, graffiandolo mentre veniva modellato a nuova forma, una che aveva imparato ad apprezzare e desiderare oltre ciò che si era sempre consentito. L'unica che avrebbe voluto, da lì in avanti.
Tutti quei complimenti, non facevano che peggiorare la sua situazione. Quando non erano espressi a parole, erano la bocca e gli occhi del corvino a vezzeggiarlo e divorarlo, facendolo sentire bene.
Bello.
Unico.
Speciale.
Qualcuno per cui sarebbe valsa la pena.
Anche se le reazioni fisiche erano ostacolate dai soppressori, questi non impedivano completamente al corpo di un Omega di comportarsi come tale. Con l'olio a lubrificare ed ammorbidire, due e poi tre dita trovarono posto nel calore piacevolmente stretto ed avvolgente.
Eppure per quanto precise ed invadenti quelle spinte fossero, non arrivavano minimamente vicino a farlo davvero sentire completo e lo portarono a supplicare affinché l'attesa venisse ridotta, la solitudine interrotta.
Quella preghiera era breve, composta di sole due sillabe che diventarono una lenta litania, ripetute all'infinito.
«Levi... Levi... Levi...»
L'uomo, concentrato a farsi spazio tra le sue carni e al contempo stuzzicarlo leccandogli il collo, sollevò il viso dal proprio nascondiglio. Era sudato – mai quanto Eren –, le lisce ciocche corvine appiccicate alla fronte e gli occhi resi lucidi dall'eccitazione che provava nel dedicare tanta attenzione al giovane Omega. Ma la cosa che più colpì il castano fu l'espressione che aveva nella sua interezza: la perenne ruga tra le sopracciglia era svanita, e la pelle candida si era lievemente arrossata e distesa non appena aveva posato lo sguardo su di lui.
Era sereno.
Era perso.
Era suo.
Il ragazzo, troppo provato da quell'attesa oramai insostenibile per entrambi, gli circondò il bacino con le gambe, invitandolo a prendere il posto che gli spettava. Un premio, una vittoria.
E Levi, sollevandogli le cosce con le braccia, lo baciò con la stessa lentezza e docile passione con cui stava conquistando quella vetta ambita.
«Ah, Eren...! Eren, io–»
Non terminò mai la frase. Le loro mani, all'unisono, trovarono i rispettivi capelli stringendoli e accarezzandoli, mentre si spingevano l'uno contro l'altro per annullare qualunque distanza li avesse mai separati.
Non sapeva che cosa Levi avesse intenzione di dire. Non l'avrebbe mai saputo a meno che non glielo avesse chiesto, probabilmente, ma non era certo che si sarebbe ricordato di farlo.
Perché la sua mente in quel momento era completamente sopraffatta dalle mille emozioni, pensieri e sensazioni che si univano, si sommavano, componevano e scomponevano la sua percezione.
E ad ogni spinta dentro il suo corpo, per un breve secondo, tutto diventa muto, silenzioso. Bianco.
Era estasi, ma di un tipo che non aveva mai provato prima d'allora. Forse perché era sempre stato il suo corpo a godere di quei rapporti e non l'Eren razionale e presente che era in quel momento, che graffiava la schiena di Levi, marchiandolo nell'unico modo che si era concesso. Che lo baciava, spingendo la lingua nella sua bocca, leccandone ogni centimetro raggiungibile.
L'Alpha grugniva e mugolava ad ogni nuovo graffio subìto e stoccata che infliggeva al compagno sotto di lui.
Mai si era sentito tanto potente e succube insieme, cosciente di ogni suo movimento e soprattutto ogni pensiero. Ed ognuno di essi, riconduceva sempre a un'unica fonte.
«Eren...! Ah! Mhm... Mio–»
Sii mio, ti voglio, resta con me.
Quante cose avrebbe voluto dirgli che invece non trovavano spazio in quell'attimo così concitato eppure lento, dilatato fino a perderne la giusta percezione.
Una spinta più decisa e sentì Eren contrarsi intorno al suo membro gonfio e bollente, stringendolo fino a fargli provare un intenso piacere che per un istante lo privò del senso dell'equilibrio. Dovette piegarsi sui gomiti, sollevarsi quanto bastava per guardare l'Omega negli occhi appannati, per poi rifiondarsi sulle sue labbra con l'intenzione di consumarle.
Ancora. Non mi basta.
Non mi basti.
Il letto sbatté contro la parete.
Il respiro venne a mancare quando Levi toccò infine il punto sensibile della prostata. E poi l'aria tornò nei polmoni, per uscirne sotto forma di grido, acuto e sguaiato. Erotico oltre ogni immaginazione.
Gli occhi di Levi, un tempo di un azzurro profondo, erano diventati scuro piacere liquido. Ed era bello, bello da sentirsi morire, mentre lo sguardo esitava sulle ciocche nere attaccate alla fronte, sul rossore delle guance, sul gonfiore delle labbra che lui aveva causato.
Quelle labbra che erano sue, anche se non poteva reclamarle come tali.
Tutto il resto, però... A quello non avrebbe rinunciato.
Afferrò l'uomo per le spalle, rovesciando le posizioni. Levi atterrò con malagrazia sul materasso, ma le mani salirono immediatamente ai fianchi di Eren. Non poteva pensare di perdere un solo secondo di quel ritmo che avevano costruito fino a poco prima. Ed ora il ragazzo lo sovrastava, muovendosi sopra di lui con abilità frutto dell'esperienza, contraendo i muscoli, stringendogli i capezzoli tra le dita. Tirandoli, per incoraggiarlo ad inarcarsi verso l'alto. Verso di lui. Dentro di lui.
Darsi lo slancio, inseguire il compagno, per Levi fu naturale come respirare. Con Eren che lo cavalcava, impietoso e insaziabile, facendogli provare piacere e dolore insieme mentre pizzicava i bottoncini di carne sul suo petto, portò una mano dietro la sua nuca, graffiandogli la cute nel prendere i capelli tra le proprie dita. L'altra, invece, andò a cercare il membro umido di umori del ragazzo, pompandolo alla stessa velocità con cui si sollevava facendo leva sulle ginocchia, per poi crollare nuovamente sul suo grembo, producendo schiocchi sempre più forti e sonori.
I loro visi così vicini, tanto da respirare lo stesso respiro e sfiorare la bocca dell'altro a ogni nuovo gemito o ruggito, erano inverosimilmente lontani per i loro gusti, troppo impegnati a concedersi e donarsi.
Quando l'Omega iniziò a tremare, divenendo incostante, e guaire ad ogni carezza dedicata alla propria virilità, Levi prese a muoversi sotto di lui andandogli incontro.
«Ah! L-Levi, s-sto...! I-io..!»
E quando l'orgasmo li investì, cocente e liberatorio, si frantumarono in mille pezzetti che si ricomposero solo tra le mani del compagno. Versi osceni sfuggirono alla bocca di entrambi, sostituiti immediatamente dalla lingua dell'altro che occupava ogni punto accessibile mentre le labbra cercavano il giusto conforto sulle gemelle.
Sporchi, sudati, letteralmente esausti, si sentivano appena precipitati dal paradiso.
Levi non si curò di constatare se la sua mano fosse sporca o se il proprio frutto, copioso e abbondante, stesse già macchiando il letto colando tra di loro. L'unica cosa che avesse un senso era Eren, lì su di lui, che baciava e succhiava il suo labbro con dolce insistenza circondandogli il collo con le braccia.
I suoi occhi si riaprirono, di nuovo brillanti, verdi e luminosi. Incontrarono quelli dell'uomo che stava baciando e per un momento si incantò. Le sue labbra si fermarono, con le mani gli accarezzò il viso.
La voce ancora non era tornata, così si limitò a fare le fusa, ringhiando sottovoce.
Levi gli cinse i fianchi, possessivo, guardando l'Omega quasi fosse un miraggio.
Si sentiva sopraffatto da troppe sensazioni tutte insieme, nessuna delle quali superava l'altra in intensità: appagamento, gioia, stupore. Avrebbe voluto dire qualcosa che rispecchiasse appieno il proprio stato d'animo, che comunicasse ad Eren quanto si sentisse felice nell'abbracciarlo in quel modo. Che avrebbe fatto di nuovo l'amore con lui anche subito.
Invece, riuscì ad articolare una singola parola...
«Cazzo...»
... che certamente dava all'altro una vaga idea di quanto incredulo fosse, ma davvero poco esaustiva e sicuramente non raffinata.
Eren lo guardò, sorrise ed infine scoppiò a ridere, il tutto nel giro di una manciata di attimi. La sua risata era dolce e spensierata, spontanea. Rilassata. Stanca.
Appoggiò la fronte sulla sua, continuando a ridere.
La perenne ruga tra le sopracciglia di Levi tornò prepotente, mentre l'uomo fissava il compagno che – apparentemente – si prendeva gioco di lui.
«Ti faccio ridere...?» gli chiese, serio ma per nulla minaccioso. Il suono cristallino della sua risata era il più bello che le sue orecchie avessero mai avuto il piacere di ascoltare. Forse, essere derisi era un prezzo onesto da pagare per udirla.
Tutto il resto era rimasto immobile, le posizioni invariate, ferme all'istante in cui il piacere era esploso insieme alla realizzazione che ormai, il sesso avevano smesso di farlo da un pezzo.
«Molto.»
Si asciugò gli occhi con il dorso della mano, le labbra ancora piegate in un dolce sorriso.
«Tu invece mi fai impazzire...»
Dopo avergli fatto la linguaccia, Eren puntò le ginocchia sul materasso e si alzò, separandoli.
Dovettero mordersi le labbra per evitarsi di gemere. Tuttavia, il ragazzo non andò lontano. Subito si stese, trascinando Levi sul materasso con sé e si raggomitolò contro al suo petto.
Il modo in cui si era rannicchiato, coi pugni chiusi e il capo nascosto tra il suo volto e il cuscino, a Levi spaccò il cuore. Era così diverso, da come appariva in ufficio... Indifeso persino, ma al tempo stesso sapeva perfettamente quanto Eren fosse tenace, indipendente e soprattutto forte. Per questo sentiva ancor di più la voglia di proteggerlo da eventuali pericoli, ma soprattutto sé stesso.
Chinò il volto, stringendolo con delicatezza, andando ad accarezzargli con la bocca la pelle abbronzata poco al di sotto dell'orecchio. Lo sentì fremere a quel contatto, iniziando a scendere con estenuante lentezza lungo il collo, disseminando di piccoli baci e dolci morsi ogni centimetro percorso. Quando giunse alla ghiandola, leggermente gonfia, indugiò qualche secondo ancora prima di schiudere le labbra e iniziare a succhiarla con solerzia.
La reazione fu immediata.
Tutta la calma che aveva avvolto il castano, un dolce velo di pigro relax post sesso, si dissolse in un brivido gelido e bollente, che attraversò l'intero corpo come fosse una scarica elettrica.
«C-Che–! Ahh, Levi no-non puoi già essere pronto a ricominciare...» balbettò, portando al contempo una mano tra i capelli del corvino.
La stretta delle dita nelle ciocche era salda, eppure confusa. Non era chiaro se stesse cercando di respingerlo o di trattenerlo in posizione.
«Sei stanco...?» mormorò, leccando quel punto così sensibile ed erotico. «Voglio solo sentirti, Eren...»
Si arrese.
Immediatamente, in realtà. Non si poteva dire che avesse cercato di lottare o altro.
Si abbandonò nuovamente sul materasso, la ghiandola esposta alle lente lappate del partner. Guidò una delle sue mani sul proprio corpo, alla base della schiena, indicandogli dove e come desiderava sentirsi stringere, poi avvolse le proprie braccia attorno al suo collo e lì rimase.
Sospirando e mugolando piano, facendo le fusa per lui, permettendogli di sentirlo con ogni suo senso, ora che l'olfatto era pressoché inutile a causa dei soppressori in circolo nel suo corpo.
Levi non esitò un solo istante ad assecondare il suo volere. I suoi palmi percorsero, accarezzarono, strinsero ogni curva e muscolo dell'Omega, che emetteva a ogni nuovo tocco un suono diverso. Un guaito, una supplica, un'esortazione, un nome.
Levi.
Dio se suonava perfetto pronunciato dalle sue labbra, tanto da desiderare che fosse il solo a farlo per il resto dei loro giorni.
Era questo, che aveva evitato per tutta la vita...?
«Dillo ancora...»
«Resta per la notte» furono invece le parole che mormorò a voce bassa, prima di spostare altrove la propria attenzione. Il lobo dell'orecchio di Levi ne fu vittima e beneficiario.
Quell'invito a bere qualcosa, si era trasformato in sesso. Il sesso in amore. Ed ora... C'era qualcosa di ufficiale, nel passare la notte lì. Aveva il sapore di un piacere proibito, di un rischio che non avevano più la forza necessaria ad evitare di correre.
Il cuore dell'uomo arrestò un attimo la propria avanzata, riprendendo immediatamente a correre come un velocista in prossimità del traguardo.
Non si aspettava una richiesta simile da parte sua, perlomeno non ancora. Ma in fondo, non avevano nessuna tempistica da rispettare se non la loro e se Eren era pronto, chi era lui per negargli qualcosa, fosse anche un singolo e inutile capriccio...?
«Sì.»
Non ebbe la forza di rispondere altro, per evitare di tradirsi più di quanto non avesse già fatto.
Si accarezzarono, strinsero e cercarono per tutta la notte.
* * * * *
Per un soffio, il giorno seguente non arrivarono tardi in ufficio.
Eren brontolò lungo tutto il tragitto fino all'ascensore, giurando che non avrebbe mai permesso ad una cosa simile di accadere ancora.
* * * * *
La sera stessa, i finestrini oscurati dell'auto di Levi sera impedirono che vi fossero testimoni alla rottura di quella solenne promessa al di fuori dei due amanti.
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