ᑕᗩᑭITOᒪO 49 |ᑕI ᖇIᐯEᗪᖇEᗰO ᗩᑎᑕOᖇᗩ...|
Mia madre ci lascia davanti al cancello della nonna di Marina con un sorriso stampato in faccia, come se avesse subito una paralisi facciale e la sua espressione rimanesse immutabile in qualsiasi circostanza.
Una Volga nera parcheggia sgommando e mamma sale di fianco a un uomo che conosco bene. Rimango a guardarli allontanarsi con una scia di polvere dietro di loro. La bambina fra le mie braccia emette dei suoni di sconcerto e io rimango paralizzata sul posto. Non era cambiato niente. Era tutto come nell'altra vita. Lei che spariva, noi che la aspettavamo in silenzio.
«Forza, entriamo, mia nonna ha preparato da mangiare.» Mi sussurra Marina. «Adesso capisci?» Riesco a dirle ancora immobile. L'auto non si vede più, ma io continuo a guardare la strada.
«Khat, dammi la bambina.» Mi incoraggia Nelu di fianco a me. Gli passo il fagotto e mi lascio andare alle lacrime. Sono lacrime amare che arrivano dalle profonde cicatrici non ancora guarite.
Marina apre il cancello che scricchiola emettendo un suono banale ma severo, che mi riporta alla realtà. Era quasi sera e l'aria calda del tramonto mi accarezzava il viso e asciugava le lacrime. Respiro profondamente e mi lascio chiudere il cancello alle spalle.
«Marina, mia cara bambina, mi stavo preoccupando.» Dice la signora Iris dal viso morbido. È la copia più anziana di Verushka, la mamma di Marina. Nelu lascia che la fragile vecchietta prenda la bambina per poi sparire in casa.
La serata passa in totale silenzio, nessuno ha voglia di parlare. Adriana dorme sul letto a molle in fondo alla stanza buia, illuminata solo da una candela ad olio. Iris, ha provveduto a lavarla e a cambiarla per poi riempirle il pancino con del latte fresco. «Cara, la bambina dovrebbe già mangiare cose solide, sai zuppa o pastina, cose così.» Dice la donna mentre sparecchia per noi tre. Le faccio cenno con la testa, capendo che ha ragione, ma lei non sembra arrabbiata. Ha semplicemente detto il suo punto di vista.
Ci lascia la stanza tutta per noi dopo aver improvvisato un letto a terra con coperte imbottite di piume e lenzuola che profumano di lavanda.
«Nelu, possiamo parlare?» Gli chiedo quando Marina dorme. Siamo solo noi due ora e fissiamo il soffitto.
«Vuoi uscire?» Mi chiede lui nella stessa posizione, con le mani intrecciare sul petto. «Sì, andiamo.» Rispondo io alzandomi cauta da terra. Do un'ultima occhiata alla piccola che dorme tra due cuscini e mi dirigo a passo insicuro verso l'uscita, con Nelu dietro di me.
«Cosa c'è Khatrine?» Aggiunge lui, quando siamo all'esterno. La luna è così sottile che a malapena si riesce ad intravedere, ma io so sempre dov'è.
«Mercoledì partiamo.» Riesco solo a dire queste parole. Ho un nodo in gola e non riesco a deglutirlo del tutto.
«Lo so.» Dice lui osservando la mia espressione rivolta al cielo stellato. «Ti ricordi quando da piccoli ci sdraiavamo sul prato dietro casa dello zio e aspettavamo che le stelle si mostrassero a noi?» Gli chiedo malinconica.
«Eravamo così ingenui allora!» Afferma Nelu .
«Non so se ce la farò a rivivere tutto quanto un'altra volta.» Dico debole, il mio sguardo ora perlustra il cemento nel buio.
«Khatrine, tu sei forte, sei la persona più forte che io conosca. Dobbiamo superare tutto. Non abbiamo scelta.» Esclama lui stando davanti a me. Mi tiene le mani, come fa sempre per darmi coraggio.
«A lei non importa se abbiamo mangiato o se la bambina ha bisogno della madre accanto, le basta provare l'emozione della quale è ossessionata.» Dico in lacrime.
«Ehi! No... non puoi dargliela vinta, capito? Siamo tornati indietro per questo Khatrine, per cambiare il percorso delle cose.» Ribadisce agitando le nostre mani a ritmo di parole. «Nelu, devo dirti una cosa.» Lo guardo negli occhi. Doveva sapere. Era arrivato il momento. «Puoi dirmi tutto» Mi convince.
«Prometti che non ti arrabbi con me?» Lo prego.
«Mai.» Mi promette.
«Ecco, io ti ho visto al tuo funerale.» Inizio cauta. Lui mi scruta non capendo. «Il giorno stesso che sei morto, io sono venuta con il primo volo.» Continuo. «Ma c'è di più.» Lui non sembra spaventato e mi incoraggia a continuare. «Ti ho portato alla Mads&Mank. Ho fatto tutto io...» Riesco a sputare il rospo. «Mi dispiace di averti messo su questa strada, impedendoti di riposare in pace.» Lui ragiona sulle mie parole, poi si allontana e mi spavento. Lui però torna da me e mi porge un sorriso luminoso nel buio.
«Tu... hai fatto questo per me?» Mi chiede accertandosi di aver capito. «L'ho fatto per me, non riuscivo a lasciarti andare, non così.» Riesco a dire. Gli confesso anche che è rimasto sotto terra per qualche ora, poi è stato disotterrato e portato all'aeroporto, da dove poi sarebbe salito su un volo e avrebbe raggiunto la fredda Svizzera. Gli parlo di Amanda e di quello che fa lì dentro. Lui non si spaventa e mi sprona a dire tutta la verità.
«La Mads&Mank non è quello che credevo però. Fanno certe strane cose in quel posto. Il nostro cervello viene manipolato e risvegliato in continuazione con scosse elettriche. Lei si diverte, capisci Nelu?» L'ho spaventato.
«Ma noi siamo qua, giusto? Insomma, siamo reali! Guarda, sento il dolore.» Dice pizzicandosi il braccio. Rido e piango allo stesso tempo.
«Non ne sono sicura, che sia reale!» Confesso.
«Sai Khatrine, non importa come sono andate le cose nell'altra vita, ora siamo qui e dobbiamo solo superare l'età della nostra morte. Questa sarà la vera sfida.» Afferma lui sapendo più di me.
«Cosa intendi dire?» Mi avvicino insistente a lui.
«Quando ero nella stanza, la prima volta, ho scelto io di ricominciare. Tu mi hai dato questa possibilità e avrei potuto scegliere di morire o di continuare a vivere da lì, ma non l'ho fatto perché la vita di prima non mi aveva dato niente. Ma la seconda volta, è successa una cosa strana. La stanza era la stessa e le scritte pure, ma avevo come una sensazione... diversa dalla prima volta. Come se percepissi una presenza dietro quei muri freddi. Era una sensazione gelida sulla pelle, c'era solo un punto di calore in lontananza e sembrava che qualcun altro manovrasse i fili. Lì ho capito.» Spiega Nelu pensieroso. Gli chiedo che cosa e lui continua.
«Che forse non c'è possibilità di superare l'età della mia morte.» Dice con lo sguardo fisso nel mio.
«Vuoi dire che moriremo comunque?» Chiedo confusa.
«Forse è solo una mia impressione, ma... pensaci. Questa potrebbe realmente essere una scia di ricordi nel nostro cervello e quella Amanda, forse, ora sta giocando con noi.» «Di una cosa sono sicura, mi sono sbagliata sul conto della Sylass. È la persona più pericolosa che io conosca. Per lei siamo solo dei topolini da laboratorio. Siamo solo carne da esaminare. Ci ho provato sai, a portarti via da lì, ma non è andata come speravo. Amanda è molto intelligente e si preoccupa sempre che niente e nessuno intralci il suo lavoro.» Confesso ciò che volevo fin dall'inizio.
«Vuoi dire che tecnicamente da qualche parte, in una realtà parallela che mi sono lasciato alle spalle, dentro una capsula di vetro c'è il mio corpo immerso nell'azoto e soluzione salina?» Dice stranamente calmo. Gli faccio cenno di sì e lui ride. Rido anch'io per quanto possano sembrare anormali le nostre parole, sentite dagli altri.
«Capirai, e magari in un'altra realtà ancora siamo delle scimmie mangiatrici di banane. Chi se ne importa Khatrine.» Aggiunge sereno. Invece io ricomincio a piangere.
«Ehi, guardami. Guardami.» Mi chiede insistente e lo faccio.
«Guardami, io sto bene e sono qui con te. Riusciremo a venirne a capo, insieme.» Dice convinto.
«E se non succede? Se arrivati al giorno della nostra morte, si spegnesse tutto, come una TV in bianco e nero? Se tutto questo non contasse niente? Se ne fossi convinto! Che cosa faresti?» Chiedo esasperata ormai.
«No, non voglio credere che sia così. Sai quante cose ho cambiato dal mio nuovo inizio? Dieci. Solo dieci.» Mi confessa, ricordandomi della lista che dovevo fare. «E ne ho altre novanta da cambiare, ma ho anche parecchi anni davanti a me e, come hai detto tu, ora siamo in due a conoscere la verità. E sai che non c'è forza più grande del branco.»
Volevo essere l'artefice del mio bene e la cacciatrice del mio male, ma ero davvero in grado di farlo?
«Quando hai scelto di vivere, dopo l'incidente con la mucca, hai dovuto ricominciare il conteggio da capo?» Chiedo informazioni che non conosco.
«Sì.» Confessa arreso.
«Ho dovuto ricominciare da novantanove, ma questo non significa che tu possa morire e ricominciare in eterno. Non sfidare la sorte» Mi dice quando vede la mia espressione pensierosa. Rimango in silenzio.
«Khatrine, promettimelo. Promettimi che non tenterai il destino!» Esige il mio sguardo per la promessa ed io glielo porgo su un piatto d'argento, ma poco convinta. In fondo poteva funzionare.
«E se il mio corpo ora è da qualche parte in Svizzera, il tuo è accanto al mio, vero? Se no come lo spieghi che siamo qui entrambi?» Non ci avevo pensato. Certo avevo lasciato la lettera con istruzioni precise e cioè di non portarmi alla Mads&Mank, ma ora che realizzo quanto poco Stefan conosca di me e quanto avrà sofferto trovandomi morta, mi maledico per l'ennesima volta.
«Certo che sono lì con te, non ti avrei lasciato solo.» Mento.
In realtà non sapevo dove fosse il mio corpo.
«Sai, mi è successa un'altra cosa strana di recente, che non riesco a spiegarmi.» Dico dopo che mi sono seduta sul primo gradino della casa. Lui mi raggiunge e si siede accanto a me. «Puoi raccontarmelo, se ti va.» Mi incoraggia senza insistere.
«La prima sera che sono arrivata all'appartamento ho avuto come una visione, una visione del futuro. Com'è possibile?» Chiedo girandomi di scatto a cercare i suoi occhi blu. «È davvero strano. Posso assicurarti che a me non è successo, ma forse, dopotutto, Amanda non è cosi cattiva come credi e quello poteva essere un avvertimento per proteggerti.» «Se fosse così, questo significa solo una cosa.» Dico convinta.
«Lei sa già il futuro, quindi avevo ragione, non siamo noi a manovrare il nostro cammino,
ma lei.» Continuo a esprimere il mio pensiero.
«Forse è meglio non pensarci ora... che ne dici se continuiamo a vivere sereni fino ai nostri diciott'anni? Poi avremo l'età giusta per prendere provvedimenti, con una testa più matura.» Dice lui dimenticando che siamo adulti nel corpo di noi stessi da bambini. «È ridicolo, siamo noi Nelu, siamo grandi e siamo in un corpo debole che non ha nessun potere. Nessuno!» Gli rammento la nostra reale situazione. Lui si alza di nuovo e cammina avanti e indietro davanti a me.
«Khatrine, lo so bene che abbiamo i ricordi della vita passata, ma credi davvero che sei la stessa persona che si è tolta la vita nella vasca da bagno di casa sua?» Chiede poi fermandosi davanti a me.
« äNelu!» Dico con gli occhi che ora rimbalzano sull'asfalto ancora caldo. Lui realizza e rimane paralizzato come me poco fa davanti al cancello.
«Non ti ho mai detto come mi sono tolta la vita! Ti ho solo detto che è stato un incidente.» Mi alzo dopo aver rimesso gli occhi al proprio posto e mi piazzo davanti a lui.
«Ma... io lo so però. È più una sensazione che una consapevolezza, come se fossimo collegati in un certo senso. È tutto molto strano!» Aggiunge lui realizzando il tutto insieme al niente che sa.
«Più strano di noi due dentro delle capsule di vetro con dei cavi che ci escono dall'ombelico?» Gli chiedo divertita.
«No, non così strano!» Ridiamo e poi ci abbracciamo. Un abbraccio lungo e silenzioso ci circonda. Uno di quelli che appena ti stacchi ne senti la mancanza. Uno di quelli che ti sembra per qualche ragione di essere l'ultimo.
«Andiamo a dormire.» Dice lui appena rompe la magia.
«Andiamo» Ripeto quando si allontana e mi porge la mano.
«Magari facciamo qualche bel sogno!» Esclama quando apre la porta. Vorrei chiedergli se lui sognasse, ma credo che basti quello che ci siamo detti finora.
Il giorno dopo, al mattino presto, quando il gallo ci fa da sveglia, la nonna di Marina ci attende di fuori con un tavolo apparecchiato per quattro straripante di pietanze. C'è di tutto. Dai deliziosi frutti di bosco ai dolcetti alla panna. Le tazze di latte caldo fumano danzanti e la vista dei cornetti appena sfornati mi fa ricordare il mio nuovo inizio: l'Italia. Lì sarà tutto diverso. Io sarò diversa. Sarò più grande e farò sentire la mia voce. Non resterò in silenzio, lasciando che il destino faccia ciò che gli pare di me. Sarò forte e determinata, come non lo sono mai stata.
Fottiti Amanda! Dico al cielo, prima di accomodarmi su una sedia in legno e addentare un cornetto alla marmellata.
Mangiamo avidi, come se ne andasse della vita stessa, mentre la nonna di Marina culla la bambina sulle scale dietro di noi e le dà un biscotto ammollato nel latte che ora strizza dall'interno di una garza nella piccola bocca di mia sorella. Una cosa che le mamme fanno con i figli piccoli, per abituarli ai sapori e alla vita. Tutte le mamme lo fanno, ma non la mia.
Il taxi arriva quando è ora di pranzo. La mattina abbiamo giocato rincorrendoci dietro casa con la bambina dentro un passeggino mal ridotto. Siamo saltati su rami di alberi maestosi che circondavano la piccola casa. Abbiamo cantato a squarciagola dalla cima degli alberi e quando si è fatta ora di mangiare di nuovo, lei è arrivata. Tutta vestita di rosso, in tinta con i suoi nuovi capelli.
«Ragazzi, dobbiamo andare!» Era la sua nuova frase preferita. Andare, andare, andare, non importava dove e a fare cosa. Dovevo semplicemente fare ciò che chiedeva. Come se gran parte della mia vita, non fosse già stata abbastanza manipolata dalle sue scelte.
Scendo dalla cima dell'albero e mi avvicino a Nelu che era già all'entrata del cancello con la borsa a tracolla e la bimba tra le braccia. La mamma non degna mia sorella di uno sguardo e chiede a Nelu come sta, che stranamente stavolta la fulmina. Per qualche ragione mi dava fastidio che qualcun altro a parte me odiasse mia madre tanto quanto lo facessi io. Il tassista suona il clacson due volte e mamma si gira per fargli segno di aspettare ancora due minuti.
«Forza Khatrine, non abbiamo tutto il giorno.» Ha il coraggio di dire. Nelu le passa la bambina che lei prende senza nessuna cautela.
«Andiamo Marina!» La incito a scendere dall'albero dietro di me. Lei lo fa, ma non mi guarda.
«Marina?» Chiedo con la fronte a fisarmonica.
«Io non vengo Khatrine. Devo restare ad aiutare la mia vecchia nonnina» Mi confessa con lo sguardo rivolto a terra.
«Ma io ho bisogno di te.» Le confesso sottovoce.
«Lo so!» Mi sussurra ora davanti a me. Siamo a due centimetri e posso sentire il suo alito di fragole sul viso. Ha gli occhi lucidi, ora che mi guarda. Le sue guance stanno iniziando a prendere la forma che le darà quell'aria dolce per il resto della sua vita. Gli zigomi sembrano due cuscinetti e le labbra carnose assumono una forma di smorfia. «Mi dispiace Khatrine, vorrei venire, ma temo che il nostro cammino insieme termini qui.» Riesce a confessare con la glottide danzante sul collo scoperto.
«Non puoi lasciarmi ora! Dopo tutto il tempo che ti ho respinta e finalmente accettata.» La imploro tra le lacrime.
Mamma è già in macchina con la bimba e Nelu; il tassista continua a suonare il clacson ad intermittenza, distruggendo un momento che avrei ricordato con dolore.
«Ci rivedremo ancora...» Riesce a dire lei ed io ripeto la frase con poca convinzione. «Ci rivedremo ancora...»
«È una promessa?» Chiede insistente.
«Solo se farai la brava!» Le dico cercando di sdrammatizzare.
«Oh, ma lo sai che non ne sono capace!» Ridiamo, ridiamo tra le lacrime che forse in questa vita fin troppo poco sono state versate.
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