ᑕᗩᑭITOᒪO 28 |Iᒪ ᔕIGᑎIᖴIᑕᗩTO ᗪEᒪᒪE ᔕTEᒪᒪE|
Zio Vasea sbuca da dentro il suo rifugio e mi saluta senza guardarmi. Nelu è entrato in casa senza dire niente.
«Khat! Lascia stare, vieni in casa dai. Per favore.» Mi sento supplicare poco dopo da una voce alle mie spalle. È Alina insieme a Nelu che sono sbucati da dietro la porta di casa. «Cosa stai facendo piccola Khat?» Chiede lo zio avvicinandosi. «Niente.» Dico nascondendo i tre fagotti di qualche settimana. La felpa è piccola e i cani iniziano a divincolarsi.
«Cosa nascondi lì dentro?» Mi chiede vedendo la felpa muoversi. «Dove sono i bastardi?» Chiede poi con il sacchetto in mano. «Alina, Nelu: parlate ora!» Non avevo paura di lui, sapevo che aveva un grande cuore, bastava solo toccare i punti giusti. «Ce li ho io!» Confesso tirando fuori un cagnolino alla volta. Erano uno scherzo del destino e dovevo assolutamente salvarli!
«Dai a me. Ci penso io! Vai in casa con i tuoi cugini.» Dice sbuffando stanco. «Ma zio Vasea, hai provato ad ucciderli una volta e non sono morti. Lasciali vivere. A loro rischio e pericolo.» Tasto il terreno con queste parole quasi fossi una goccia d'acqua che penetra nel suolo asciutto, ma vado a sbattere ovviamente. «Khatrine, non discutiamo e non facciamone una tragedia di vita o di morte. Sono solo dei cani. Non dovevano nascere. Nessuno li ha voluti, nessuno li vuole e mai li vorrà perciò ti prego; fammi finire questa cosa così concludo la mia giornata, che già di suo è stressante.» Esclama di getto. Rimango in silenzio sentendo che ha altro da aggiungere, ma non lo fa, non vuole allungare troppo l'argomento.
Se avessi fatto ciò che chiedeva, i piccoli crani delle tre creature sarebbero finiti spappolati sul freddo cemento. Orrore, solo questo provo nel ricordare la loro fine nell'altra realtà. «Vai in casa, ci sono i pacchi dall'Italia. Andate a giocare e mangiare dolci.» Mi scaccia quasi con la mano, ma da lontano. «Facciamo così! Lasciali vivere una sola notte, ok? Con la loro mamma, a bere latte e dormire. Poi domani ti aiuto io a farlo!» L'ultima parte non è la verità, tento comunque di lasciarli vivi per oggi. Affaticato dalla stanchezza ed incuriosito dal contenuto dei cartoni arrivati oggi dall'estero, si arrende finalmente e mi lascia portare i cuccioli alla loro mamma.
Sono distesa sul fieno come un agnellino e guardo i cagnolini fare la loro ultima poppata. Compongo dal cellulare il numero che mi ha chiamata poco prima e attendo con speranza. Dopo otto infiniti squilli di quelli che non ricordavo più, dall'altra parte risponde qualcuno. «Buonasera. Chi parla?» Chiede la voce dei miei racconti. «Nonna, sono Khatrine. Ho bisogno del tuo aiuto.» Poco dopo, assonnata, saluto i cani e accarezzo Baghira sfinita che dorme con un occhio aperto, quindi mi dirigo verso casa evitando di porgere lo sguardo dove una volta c'era anche Marta a fare compagnia a Baghira la sera. Entro in casa e trovo i cartoni sfatti. Mi guardo intorno nel calcolare cosa ci sia rimasto.
Sul tavolo è stato disposto tutto con cura e diviso in tre parti. Una cosa del tutto nuova, ma credo sia grazie a me. La telefonata mensile che mi arrivava dall'Italia era come un tribunale a porte chiuse. Tavolette di cioccolato del quale non ricordo più il sapore mi fanno venire l'aquilina in bocca così mi dirigo al tavolo. Prendo una tavoletta dal mezzo e poi mi stendo sul divano accanto a Nelu che è appoggiato al muro. Mangia Nutella con il cucchiaio direttamente dal barattolo, come la maggior parte della gente normale.
In televisione gira la solita serie lunga mille e una puntata e che mandano solo alle sei di sera. La piccola scatola fa dei rumori e ogni tanto i colori vanno e vengono, ma l'audio è ancora intatto. Io, armata di cioccolata alle nocciole, mangio avidamente come fosse pane e sento già che avrò il mal di pancia. Quando Vasea inizia a russare e constatiamo che abbiamo perso anche l'audio della TV grazie alla sinfonia ritmata dello zio, ci spostiamo dietro il muro dove c'è un altro divano letto tutto per noi. Non vedo l'ora di non dormire più su una cosa pieghevole e privo di imbottitura sudata, ma tutto sommato è comodo per stare tutti insieme.
Con il cucchiaio e l'involucro della tavoletta di cioccolato in mano, mi sveglio al mattino distesa letteralmente sopra mia cugina e con la faccia infilata tra le costole di Nelu. Sì, si dorme decisamente bene sul divano letto! Dico tra me e me. È l'alba e per fortuna ho un cellulare che sveglierebbe chiunque. «Spegnilo!!!» Urla lo zio dall'altra parte del muro.
Sogghignando, lo spengo e aspetto un po' prima di sbirciare e capire se dormisse da dietro il muro. Constatando che la melodiosa orchestra nel naso di zio Vasea aveva finito la sua breve pausa, mi affretto ad uscire in punta di piedi. Il pavimento in assi di legno scricchiola, ma i tappeti mi salvano attutendo il rumore quel poco che basta. Uscita di casa, chiudo la porta con la leggerezza di una piuma, trattenendo il fiato fino alla conclusione del compito e poi mi sbrigo ad andare dietro casa.
«Pst! Sono qui!» Bisbiglia la nonna. «Dove?!» Chiedo non vedendola, udendo solo la sua vicinanza. «Qui!» Ancora niente. «Khat! Yuhu!» Vedo qualcosa muoversi sotto l'enorme cancello di metallo e ora realizzo da chi ho ereditato l'intuito. Rido immaginando mia nonna alta un metro e cinquanta che muove le mani in aria invano, sperando che la vedessi da sopra un cancello alto due metri.
«Nonna, sono qui! Vieni presto.» Le dico dall'angolo alla sua sinistra. Lei mi segue dentro un cancello in legno che probabilmente era lì da prima della casa. I cani dormono beati e hanno i pancini pieni. La nonna è un'esperta di randagi, ma questi non lo sono. Sono un incrocio certo, ma sono di taglia grande e sono intelligenti almeno quanto Baghira.
«Promettimi solo che non moriranno e che troverai dei degni proprietari.» La imploro mentre saluto le mie tre stelle della cintura di Orione. Solo ora realizzo che questa è una delle cose positive che ho cambiato, non essendone coinvolta minimamente, o almeno così credevo fosse nell'altra vita. Qui mi rendo conto invece che forse avevo dato un senso ad una cosa che amavo tanto nella mia vecchia esistenza e non sapevo dire il perché. Per i loro padroni i tre cani si chiameranno diversamente, ma per me rimangono Alnitak, Alnilam, e Mintaka. In futuro avrei avuto una bella storia da raccontare.
Seguivo con lo sguardo la sagoma di mia nonna in lontananza diventare sempre più piccola per quanto possibile e mi auguravo davvero che mantenesse la promessa che mi aveva fatto. Elena non era famosa per aver mantenuto le promesse, ma era brava a farle, come molti che conoscevo. Ritorno sul divano e mi intrufolo nell'angoletto attaccato al muro coperto dal soffice tappeto persiano e ricomincio a dormire, ma non prima di aver detto una preghiera a modo mio per quelle tre creature che avevano imboccato forse la loro realtà esistenziale migliore di tutte.
Al mio risveglio il sole era già in discesa. Avevo dormito dalle cinque e mezza del mattino fino alle tre del pomeriggio e nessuno si era accorto di me! Mi sento triste quando mi sveglio da sola, sapendo che non sono del tutto sola. Mi alzo trascinando i piedi sui tappeti e armata di spazzolino già ricoperto di dentifricio, mi incammino verso l'entrata di casa. Esco cauta, controllando che non ci sia lo zio; non saprei come spiegargli la situazione, e mi affretto a lavare i denti.
«Eccoti. Ben tornata nel regno dei vivi!» Dice Nelu comparendo da dietro la tenda scaccia zanzare improvvisata. «Sembravi morta!» Aggiunge Alina dall'interno del piccolo cucinino. «Ah ah! Divertente. Invece eccomi qui! E ho un messaggio per voi dall'aldilà!» Loro due ridono, ma si aspettano una risposta così la butto lì di getto come al solito, senza pensare. «Uno di noi tre morirà entro i trent'anni! Chi?» Chiedo divertita, ma l'espressione sul viso di Nelu mi infastidisce. Non mi riferivo a te! Penso.
Di solito amava parlare di queste cose nell'altra vita. C'è qualcosa sotto e devo capire cosa lo tormenta e mi distrae dai miei obbiettivi. «Non mi piace questo gioco!» Si affretta a dire Nelu, per poi allontanarsi da noi verso il giardino all'angolo del cucinino estivo. «Ma che problemi ha?» Domando ad Alina con la fronte corrugata che indica i primi segni di crescita del mio corpo. «Non saprei, è un po' così ultimamente! Dopo l'ospedale e Marta, non è stato più lo stesso!» . «Capisco.» Torno in casa per mettere il mio spazzolino al sicuro dai germi, nella sua custodia di alluminio decorata a dovere con i miei acrilici. Una volta fuori, mi sporgo dal rialzo delle scale sulla destra dove una porta da interni cinge da divisorio tra la casa e la baracca estiva.
Entro in un giardino pieno di fragole e more. Gli alberi che separano la proprietà dai vicini, emanano profumo di agrumi e per un attimo ho avuto la sensazione di spensieratezza che solo con Nelu avevo la possibilità di provare.
«Hey, ma che ti succede?» Chiedo sincera, stando accanto a lui sotto l'albero di mele rosse. «Ma niente, è che ho dei pensieri.» So bene cosa intende. «So bene cosa vuol dire credimi, possiamo cercare di decifrarli insieme se ti va!» Suggerisco cauta. Lui rimane in silenzio e a poco a poco appoggia la sua testa sulla mia fragile spalla. «Non saprei nemmeno da dove cominciare.» Mi confessa triste. «Comincia sempre dalle domande.» Lo incoraggio. «Ma sono solo domande!!!» M'incalza alzando un po' la voce.
Lo traggo a me e lo obbligo quasi a riprendere la posizione di prima, ma lui non si oppone come un bambino. «Ci saranno delle risposte che hai dato ad almeno una di loro!» Affermo con leggerezza. «Certo. Le peggiori hanno sempre una risposta semplice. Destino!» Dice asciugando una lacrima che però cade nel terreno morbido. «Va bene, visto che hai paura ad aprirti con me, comincio io. Va bene?» Chiedo alzandomi di scatto in piedi per prendere la mela perfetta che puntavo dal mio arrivo sotto l'albero. Non ricevendo risposta continuo a parlare. «La mia prima domanda credo che sia anche la tua, del resto abbiamo una cosa in comune! La domanda che mi pongo spesso è questa...» Dico mordendo la mela, vorrei il suo sguardo attento e aspetto che lo alzi per proseguire.
«Perché le famiglie sono così complicate?» Questa è la mia domanda, ma ho anche una mia risposta «Le famiglie sono per gli umani. I cani non vivono con i loro cuccioli e non frignano se non hanno affetto o cibo. Vanno a cercarlo.» Ora che lui è concentrato e lo sguardo balla da destra a sinistra come a voler toccare tutti i tasti ancora inesplorati della sua mente ma con estrema fatica, mangio un altro boccone di mela succosa.
«La mucca viene allontanata dal vitellino appena nato per non dare loro il tempo di provare l'affetto. Siamo noi umani il problema. Ci facciamo troppe domande ed esigiamo delle risposte concrete, ma la vita ride di noi. Lei mica guarda che a te piange il cuore per il disinteresse di tua madre nei tuoi confronti, lei se la ride di gusto e poi se ti vuole considerare ancora, ti mette su percorsi che tu non capirai mai. Ma l'esistenza in sé è una danza costante e pulsa come un cuore palpitante. Capisci cosa voglio dirti?» Nelu si alza a sua volta, ma delude le mie aspettative e al posto di avvicinarsi a me, si mette a camminare avanti e indietro accanto all'albero.
Gli lascio il tempo del quale so che ha bisogno per integrare, metabolizzare e alla fine darsi la risposta che vuole! Qualsiasi sarà la dovrò accettare, almeno per il momento. Finisco la mela e sotterro il nocciolo come un cane. «Quindi la risposta è non farti delle domande se non riesci a darti le giuste risposte di cui hai bisogno?» Sapevo che avrebbe preso la via più facile, ma non potevo rischiare di confonderlo. «Se per te è la risposta giusta, allora lo è!» Dico delusa.
«Se tu fossi al mio posto e nelle mie circostanze, quale risposta ti daresti a questa domanda?» Insiste. «Probabilmente la stessa di prima. Mi conosci, sono un libro aperto dalle pagine bianche, che solo io posso riempire e cancellare.» Affermo troppo convinta. «Ma se dovessi mettermi nei tuoi panni, potrei dire molto... ma niente ti aiuterebbe. Per ora cerca di elaborare una domanda alla volta e parla. Non devi aver paura di sfogarti e comunicare, soprattutto con me. Puoi dirmi tutto, persino che hai ucciso un cane per divertimento ed io non ti deriderò né giudicherò. Forse però una lezione te la darei se ci fossero animali in causa. Sai che d'ora in poi mi considero una loro portavoce.» Dico cambiando discorso e lui ci casca arrendendosi.
«Considerando che hai salvato tre anime oggi, quattro con me, sei davvero un angelo in presenza!» Mi lusinga con fare maestoso. Gli porgo la mano. «Certo, e sappi che questo angelo in persona, ora si aspetta una giornata di totale divertimento senza pensieri.» Consiglio allusiva. «Giornata dei costumi?» Chiede con le mani pronte ad implorarmi. «E va bene, ma prima voglio mangiare qualcosa. La mela mi ha fatto venire ancora più fame.»
Dopo aver mangiato un piatto di patate a fettine sottili fritte in padella con aglio, sale e pepe, ho giocato con i miei cugini a travestirci con vestiti trovati in casa. Nelu voleva fare la femmina questa volta così aveva indossato una camicia da militare dello zio e messo la sua cintura in vita. Era talmente magro che le costole si notavano attraverso la stoffa. Danzava su un paio di scarpe col tacco che probabilmente non aveva realizzato fossero di sua madre.
O forse in realtà lo sapeva, e questo era il suo modo per dire che anche a lui non fregava niente di lei. Alina aveva messo i bei vestiti eleganti del fratello, probabilmente l'unico completo che rimaneva in casa, e mi aveva trasformata nella sua sposa. «Bene ora siamo pronti. Possiamo iniziare la cerimonia.» Dice lei fiera, mentre mi trascina per l'ennesima volta davanti allo specchio. Non guardo però perché non mi va di vedere questo corpo così debole ed indifeso che custodisce la mia anima tormentata. Alina aveva deciso: Nelu era il prete, anche se era vestito da pornostar poco importava.
Io ero la sposa con la tenda in faccia e un cerchio di metallo che avevamo trovato in cortile per tenerla ferma. Il vestito che indossavo mi arrivava alle caviglie e per un istante mi ricordò il mio matrimonio. «Siamo qui riuniti per celebrare il sacro vincolo del matrimonio.» Recita Nelu in cima alle scale. Noi due, inginocchiate davanti al "prete", cerchiamo di non ridere delle mutande rosse che si intravedono sotto la camicia di Nelu.
Pronunciamo i vincoli del matrimonio e poi banchettiamo con ciò che resta dei dolciumi italiani.
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