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ᑕᗩᑭITOᒪO 4 |ᒪᗩ ᔕᑕEᒪTᗩ|

«Esprimi un desiderio e spegni le candeline Khat!» Mi incita mia madre.

Apro gli occhi confusa. Sbatto le palpebre diverse volte e deglutisco quella saliva che sa di bruciato nella mia bocca. Sono io, sono nel nostro appartamento a Telenesti, una città dispersa nel Nord della Moldavia. Sono di nuovo bambina, eppure ricordo tutto. Tutto quello che è successo nell'altra vita. Quella che avevo deciso di abbandonare perché non mi piaceva più. Le possibilità sono due: o sono pazza, morta e pazza, e questa è una scia di ricordi che è rimasta viva nel mio cervello, o ha funzionato! Decido che è decisamente la seconda opzione.

La carta da parati è ancora attaccata ai muri, non come l'ultima volta che sono tornata qui. Ho voglia di alzarmi di scatto e fare il giro della casa, inalare i profumi del passato. Gli odori di un'infanzia strappata via troppo velocemente dalla crudele realtà! Il sole entra dal balcone dietro di me, attraversando la finestra e mi scalda la schiena. La torta è quella di sempre: burro e cacao, con quelle sottili fette di pasta frolla ammorbidite nel latte, e la superficie è cosparsa tutta da scaglie di cocco. Decido di restare seduta, in fondo tra poco la festa finirà. Esprimo il desiderio, incitata nuovamente da una madre impaziente. Riuscire a cambiare il percorso della mia vita.

Ripensando all'ultima scritta sul muro presente nella stanza dove mi trovavo prima, realizzo che ho novantanove possibilità di cambiare alcune piccole cose per poter rendere la mia esistenza degna di essere chiamata tale. In realtà erano cento, ma la prima l'ho appena usata! Ricominciare. Mia madre è giovane, magra, bellissima. Bionda, occhi azzurri, il contrario di me. Non mi scoraggio perché so bene che da grande sarò anche più bella di lei. Guardo le persone attorno al tavolo. Amici, amici che nel giro di qualche anno non chiamerò nemmeno conoscenti. Non sono felice che siano a questo tavolo, ma cerco di nasconderlo.

Nell'altra realtà mi avevano tradito tutti. Per esempio Natalia, quella che chiamavo miglior amica, nel giro di qualche giorno mi ruberà metà delle cose preziose che ho, per esempio la mia bici, i pattini a rotelle e persino la collana con la mezza luna che mio padre mi aveva regalato l'anno prima per Natale. Tocco il mio collo e tiro un sospiro di sollievo, realizzando che è ancora qui. «C'è qualcosa che non va tesoro?» Chiede mia madre confusa, notando il mio sguardo. «No mamma. Sto bene. Sono solo un po' stanca.» Mento.

Avrei preferito stare con lei e basta in questo giorno speciale. In fondo nessuna di queste persone saranno importanti nella mia vita futura. «Bene tesoro, ora facciamo una foto ricordo così quando sarai grande la mostrerai ai tuoi figli.» «Io non avrò figli mamma.» Mi pento subito della mia affermazione affrettata. Lei corruga la fronte, una caratteristica ereditaria. Presto la vedrò apparire sulla mia fronte e non mi abbandonerà più quella piega in mezzo alle sopracciglia.

Lei ride di gusto «Ma che dici Khat, certo che avrai figli. Avrai tanti figli, un marito che ti amerà e ti proteggerà e una bellissima casa da curare. Hai una lunga vita davanti a te.»  affermava lei convinta e io non potevo far altro che mostrarle un sorriso rassicurante. Avrei voluto anche abbracciarla, ma non era da noi. Il nostro margine di tenerezza erano i due bacini sulla guancia per farci gli auguri. Chiamarmi "tesoro" era solo per le occasioni speciali come i compleanni e le altre feste.

Non mi ero accorta che ero abbracciata a quei quattro amici che avevano accettato l'invito al mio compleanno. Click, la foto è stata scattata e sarà conservata come una delle cose più preziose, anche nella nuova vita che stava per attendermi. Sono consapevole che d'ora in poi devo giocare bene le mie novantanove mosse. Non posso permettermi errori. Mi ero quasi dimenticata del regalo di papà.

Mamma tira fuori dal piccolo divano una scatoletta ben incartata. So già cosa troverò dentro ovviamente. Un Nokia 3310. Il mio primo cellulare. Ma non è questa la vera sorpresa. La sorpresa è la chiamata che mi arriverà appena avrò il cellulare in mano. Quel mattone che tutti invidiavano. Non lo avevo notato lo sguardo dei miei "amici" l'altra volta. Ora, invece, posso farci caso e commentare, se voglio. Decido però che questi quattro individui non meritano la mia attenzione, non li vorrei nemmeno qui. Bip. Bip. Bip. Il cellulare vibra tra le mie piccole mani e riconosco il prefisso italiano

«Papà!» Rispondo emozionata. Non lo vedo da parecchio e mi ha promesso che tra poco tornerà e non ci separeremo mai più. «Buon compleanno piccola mia»  Esalta divertito il mio papà. L'eroe della mia vita. «Grazie papà! Non dovevi spendere così tanto per un regalo!» Dico secca. «Certo, è costato tanto, non posso negarlo ma pensavo che ti sarebbe piaciuto, anche se in realtà è un regalo per me, visto che così potremo sentirci più spesso.» Ride, e la sua risata mi scalda il cuore e l'anima.

«Immaginavo, sempre il solito furbetto! Quando torni?» Mi accorgo che anche nell'altra realtà avevo chiesto solo la cosa che mi interessava di più. «Resisti tesoro, manca poco. Sto facendo tutto il possibile per avere una vita più agiata e stare finalmente tutti insieme.»

Sapevo bene che non mentiva, che lavorava dall'alba al tramonto e al sabato era a Como, in fila con tutti gli altri stranieri, aspettando un documento che ci avrebbe cambiato la vita: il ricongiungimento famigliare. Sapevo che non gli pesava fare tutta questa fatica, anzi in futuro ne sarebbe andato talmente fiero che lo avrebbe raccontato ad ogni occasione. Avrebbe recitato con fare teatrale di come i sabati passati in fila con gli altri erano l'unica speranza che aveva di darmi un futuro migliore.

Eppure non mi avrebbe mai rinfacciato niente, anche se avrebbe dovuto. «Va bene papino, ti lascio riposare. Ti voglio bene e fai presto! Mi manchi tanto.» Cerco di trattenere le lacrime pensando al fatto che solo tra altri tre anni saremmo riusciti a stare tutti insieme. Fino ad allora, ne passerà di acqua sotto i ponti.

*

Dopo il venticinque Luglio, il giorno del mio compleanno, le giornate passano esattamente come nell'altra realtà. Non avevo ancora cambiato nulla, ma del resto non era ancora il momento. Stavo aspettando, attendevo che mia madre portasse a casa il fatidico "amico", seguito poi da tanti altri "amici". Non avevo deciso come affrontare la cosa, se con calma e sangue freddo o dare di matto e spaventarla a morte. Certo, il ricatto non funziona con un sagittario si sa.

Il mese di Agosto l'ho passato a correre spensierata tra le colline dietro l'asilo abbandonato. Gli amici che mi facevano compagnia avevano notato dei cambiamenti in me. Non ero più la bambina timida con lo spacco tra i denti. Ero diventata curiosa di sapere, passavo giornate a leggere. Avevo convinto mia madre a portarmi in una di quelle biblioteche dov'era possibile prendere in prestito due o tre libri e poi, dopo averli letti, riportarli indietro e farsi timbrare il cartellino con il proprio nome. Era il mio passatempo preferito.

Ricordo però che nell'altra vita avevo optato per giochi stupidi, come bambole da pettinare e libri da colorare, sempre a tema Barbie ovviamente. Visto che questi interessi non mi avevano portato a diventare né una designer né una pittrice, ho deciso di dedicarmi all'unica cosa che avrei preferito fare. Leggere e scrivere.

Mia madre era scettica ovviamente. Io, bambina disinteressata alla scuola, allo studio e a qualsiasi cosa impegnativa, ora avevo voglia di leggere, scrivere racconti e poesie. Ricordo perfettamente il giorno che entrai per la prima volta in una libreria. Certo, non era come quelle che da grande avrei visitato nell'altra vita, ma era la prima, e per essere la prima era davvero grande e bella ai miei occhi. Mia madre si chiedeva da dove mi venisse una voglia del genere. Si chiedeva chi mai nella nostra famiglia era così interessato alla letteratura.

«Ah ecco, la sorella di tua nonna, lei sì che leggeva tanto. Certo, erano libri religiosi di santi e credenze, ma ricordo che quando ero piccola io, mi obbligava ad imparare a memoria le preghiere. Non capivo perché, non avevo nemmeno il tempo di andare in chiesa la domenica, con quattro sorelle a cui badare e le vacche da mungere nella stalla. Come dice tua nonna: le mucche non aspettano.»  Mia madre aveva iniziato a raccontarmi questa cosa, mentre preparava la colazione, era quasi settembre e stranamente mi sentivo eccitata di tornare a scuola. Lo aveva notato pure lei, a differenza di altri anni in cui non ricordavo nemmeno che giorno fosse.

«Mamma, visto che tra una settimana inizio la scuola, possiamo andare a comprare dei vestiti nuovi per l'occasione?» Ricordo bene che non avevo stile in passato. Mettevo cose a caso e raramente mi guardavo allo specchio, anche se la casa ne era piena. Semplicemente non mi vedevo.

Kling. Klong. Ah, il citofono!

Mi ero dimenticata di quanto fosse piacevole quel suono. Qui ora, come allora, l'emozione mi travolge perché so esattamente chi è appena arrivato a trovarci. Sono arrivati per restare, e lei lo sa.

E stavolta lo so pure io.



∞ NOTA AUTORE ∞

Hey Hey!!!

Vi sarete accorti del cambiamento temporale perciò vi informo solo che troverete anche degli sbalzi nei ricordi di Khatrine quindi, tenete il passo concentrato!

Nuovi personaggi in arrivo e colpi di scena! Vi aspettiamo per discuterne nei commenti.

B.K🤍

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