ᑕᗩᑭITOᒪO 11 |ᗰOᖇᗩᒪE ᗪEᒪᒪᗩ ᖴᗩᐯOᒪᗩ|
Singerei è sempre stato il mio posto preferito. Qui non avevo una casa precisa, una famiglia unita o una routine da seguire. Era una vita da "cogli l'attimo". Avevo talmente tante possibilità che ogni mattina mi svegliavo con un sorriso smagliante sul viso. Ero talmente contenta che i miei cugini si chiedevano che vitamine mi desse mia madre.
La prima settimana di Luglio era volata. Mamma aveva deciso con la zia Olga che presto sarebbero partite insieme per l'Italia. Nonostante la mia insistenza nel farla restare qui con me e partorire prima di andare, mamma era convinta che era meglio per la bambina se fosse nata in Italia.
Era questo il suo destino, come nell'altra vita, e lo dovevo accettare. Anche se ero felice del suo arrivo cinque anni prima, mi sarei persa i suoi primi due anni di vita e questo mi atterriva ogni volta che ci pensavo. Infatti nell'altra vita mi sarei occupata io della piccola Adriana.
A soli sei mesi dopo la sua nascita, mamma sarebbe tornata al lavoro e noi saremmo state lasciate da sole. Io avrei imparato presto a farle da madre e lei avrebbe appreso che si poteva avere due mamme e un papà. Nonostante tutto però, ero contenta che questa volta nostra madre avrebbe dovuto mettere il lavoro al secondo posto e dedicarsi alla figlia.
C'è sempre un prezzo da pagare, pensai. Non ha importanza come vanno le cose perché appena cambi qualcosa, per quanto piccola sia, un'altra si ritorce contro come un boomerang. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se Giulia e Mihai fossero stati per sempre felici e contenti.
Sono in giardino con Nelu e Alina. Stiamo spiando dall'angolo di casa due cani che fanno esperienza. Alina mi avvisa che queste scene sono all'ordine del giorno e ride come una matta. Ha il viso tondo e dei capelli lunghi e ricciuti. Nelu rimane in silenzio, studiando le mosse del cane arancione dietro e la faccia buffa di quello nero davanti. Io invece guardo lui così spensierato e ancora inconsapevole di tutto.
Ma chi vuole sapere quale sarebbe stato il giorno della propria morte?
Una volta avevo ricevuto questa domanda e avevo risposto che avrei preferito sapere se avessi avuto solo quella notte o quella settimana da vivere. Avrei voluto sapere se avessi dovuto mangiare con una dentiera oppure se fossi stata ricordata sempre giovane.
I cani si staccarono l'uno dall'altra e iniziarono ad abbaiarsi a vicenda. «Osserva bene, ora arriva la parte che preferisco.» Mia cugina mi sussurra all'orecchio per non attirare l'attenzione. Osservo, ma non succede niente. Spazientita, decido di andarmene quando all'improvviso un terzo cane calmo e sereno, molto più grosso dei due litiganti, con macchie nere sul pelo bianco, si aggrappa al cane arancione e inizia la sua esperienza. Il cane nero continua a litigare col cane arancione mentre il cane bianco spensierato fa i suoi interessi.
Scoppio in una risata così fragorosa tanto che mi escono le lacrime e mi vengono i crampi alla pancia ancora indolenzita. Nelu si alza da dietro l'angolo e fa un sorriso enigmatico. Ha i capelli sempre cortissimi, come li avrà anche da grande. Il suo viso a forma di luna piena trasmette sincerità e sicurezza, i suoi occhi color oceano fanno pensare che sappia tutto della vita, nonostante la sua tenera età di undici anni. È un po' più alto di me ed è abbastanza magro da far pensare che non abbia molto appetito.
«Hai compreso la lezione cara cugina?» Lui parlava così, come un vecchio aristocratico. «La lezione? Era una lezione questa?!» Sapevo bene a cosa si riferisse, ma questa parte mi è sempre piaciuta. «La lezione dei tre cani. È una lezione primordiale ed esiste dai tempi dei tempi, prima ancora che si sapesse scrivere si disegnava sui muri e lì, l'umano aveva compreso.» Recitava come un poeta. «Sì, ma cosa?!» Insisto per arrivare al nocciolo. «Dove due litigano, il terzo gode.» Afferma convinto.
«In realtà avrei da obbiettare.» Dico stavolta, diversamente dall'altra vita. «E come intendi farlo? Sentiamo.» Chiede Nelu mentre siamo sui gradini all'entrata della piccola dimora. Alina è sparita in giardino, sicuramente a raccogliere la merenda dal campo dietro casa. «Vedi, anche il cane arancione prima di essere stato preso dal bianco aveva goduto a sua volta. L'unico che ci ha perso qui è il cane nero. Lui ha dato senza ricevere.»
La fronte di Nelu si corruga e noto come si morde le guance quando pensa. «Non l'ho mai valutata da questo punto di vista, forse però è così che deve andare. Forse al cane nero piace solo ricevere senza dare, così come al cane bianco è piaciuto solo dare senza ricevere.» Parlava da solo, non mi calcolava più. Era lì con i suoi pensieri e borbottava, come quei vecchietti che leggono il giornale e ogni tanto sputano fuori una frase incomprensibile da sotto i baffi.
Alina era tornata. Aveva alzato la gonna, così grande da formare un cesto, e l'aveva riempita di fragole succulenti. Le aveva passate sotto il rubinetto dell'acqua inzuppandosi i vestiti ed era tornata tutta gocciolante da noi per offrircele. Le abbiamo divorate in silenzio tra un sorriso e l'altro, facendo facce buffe e sorrisi sporchi di rosso. Ci siamo guardati la lingua macchiata e abbiamo valutato quale era più colorata. Erano momenti sereni, spensierati. Quei momenti che non vivi spesso, ma che quando accadono, ti senti nel posto giusto al momento giusto.
La mamma era andata giorni fa a casa della nonna a lasciare la sua valigia. Io avevo chiesto come l'altra volta di rimanere da Alina e Nelu. Andrei, il fratello maggiore di Alina, era andato a fare il militare per due anni e avremmo avuto tutta la stanza per noi tre.
Ricordo le nostre notti a giocare a carte e a scommettere bottoni di vestiti smessi, scambiandoli per dobloni; le giornate a rincorrerci per i campi infiniti e perderci a vista d'occhio; le giornate piovose passate in casa a giocare a nascondino e le serate quando ci mettevamo per terra a guardare il piccolo schermo in bianco e nero. Era di momenti così che avevo bisogno adesso. La nonna avrei fatto in tempo a vederla quando sarebbe partita la mamma e avrei dovuto trasferirmi di nuovo.
Il padre di Alina, marito di Olga, era un cacciatore. Suo padre, come suo nonno, cacciava da sempre e con quello erano sopravvissute generazioni. I Condurachi non avevano terreni da coltivare se non quello nel proprio recinto di casa. Avevano una mucca, qualche gallina e tanti cani abbandonati che cercavano rifugio e nessuno aveva il coraggio di cacciarli.
L'unica regola che Vasea aveva era "NIENTE CUCCIOLI" Purtroppo però i cani erano tanti e, considerando l'attività che praticavano con regolarità, i cuccioli non tardavano ad arrivare e molto spesso. Vasea era uno dal sangue freddo, un uomo che aveva appreso tutto dai suoi antenati e non esitava a mettere in pratica gli insegnamenti.
Era quasi il mio compleanno.
Stavo per compiere dieci anni e sarebbe stato un anno dal mio viaggio nel passato. Sono felice di come siano andate le cose tutto sommato.
Avrei potuto fare di più?
Credo proprio di sì, ma sono una persona che si accontenta facilmente, è nel mio stile essere grata per ogni piccolezza.
∞ NOTA AUTORE ∞
Salve lettori e lettrici,
Sapete, sono contenta di essere nata poco prima del 2000. È stato un dono poter vivere in realtà che si sovrapponevano e si amalgamavano senza speranza di combattervisi. È stato e lo è tutt'ora un modo di vedere il mondo, le cose non erano così complicate perché era accettabile.
Ognuno di noi percepisce il mondo in base al dolore, ma è la sofferenza che crea la corazza, almeno così dicono. Ma bisogna davvero soffrire per essere forti?
Illuminatemi,
B.K
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