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Twentieth Shade [R]

Quel giorno Agathe era di ottimo, ottimo umore.

Certo, se qualcuno gliene avesse chiesto il motivo lei non sarebbe stata in grado di rispondere, ma questo non cambiava i fatti: quel venerdì, quando mise piede fuori dalla St. Margaret, la diciassettenne era così allegra da lasciare perplessa persino Lara.

«Will?» disse cauta la ragazza castana; Agathe, impegnata a canticchiare mentre faceva una serie di piroette con tanto entusiasmo da obbligare gli altri studenti a lasciarle spazio sul marciapiede, si bloccò a metà di una giravolta e fu costretta ad appoggiarsi a un lampione per non perdere l'equilibrio.

«Che c'è?»

Lara sbuffò e le rivolse uno sguardo da sotto in su. «Perché sei così allegra?»

L'altra allargò le braccia e fece un gran sorriso. «È venerdì!»

«Sì, ma perché sei così allegra?» insisté Lara.

«Perché è venerdì» ribadì Agathe.

Le due si squadrarono per alcuni istanti; una con fare sospettoso, l'altra esibendo un'espressione innocente che di convincente aveva ben poco.

«Agathe...» esordì Lara in tono d'avvertimento.

«Oh, andiamo!» esplose l'altra; alzò le braccia al cielo e le agitò mentre sbuffava come una teiera. «Per quale motivo anche la mia allegria deve essere sospetta?»

«Non è la tua allegria a essere sospetta, ma la tua troppa allegria... o il tuo troppo in generale» la corresse la sua migliore amica. «Di solito significa che stai tramando qualcosa e quando tu trami qualcosa, è meglio stare all'erta!»

«Calunnia e maldicenza!». Agathe guardò Lara, gli occhi sgranati e un broncio da Guinness dei Primati. «Il fatto che pensi tanto male di me mi ferisce profondamente!» aggiunse, portandosi il dorso della mano alla fronte e fingendo un'aria sofferente.

Lara arricciò il naso. «Questo significa che non avrò una risposta seria, vero?»

«Centro pieno, pescetto». Agathe schivò il pugno dell'altra e sogghignò. «Scusa, sorella, ma oggi va così. Piuttosto: ti dispiacerebbe tanto tornare a casa da sola, per una volta?»

L'altra assottigliò lo sguardo: se prima era soltanto sospettosa, adesso era passata al sentirsi pienamente in allarme. «E tu dove vai?»

Agathe le scoccò un'occhiata malandrina, poi alzò lo sguardo al cielo e sorrise tra sé mentre faceva ondeggiare la testa a destra e a sinistra.

«In nessun posto speciale, se questo ti rassicura».

«No, non mi rassicura». Lara si guardò intorno e si avvicinò ad Agathe. «Tu vuoi andare da Prescott: ammettilo!» bisbigliò.

«Va bene, lo ammetto: è esattamente lì che sto per andare» rivelò, le sopracciglia inarcate. «E adesso che lo sai?»

Lara sbuffò e strusciò i piedi a terra. «Esiste una possibilità che io riesca a farti cambiare idea?» domandò in tono lamentoso.

«No».

«Sicura?»

«Più sicura di così si muore».

«E se tuo padre...»

«Chi se ne frega di lui».

«Ma se qualcuno...»

«Lara». Il tono deciso di Agathe ammutolì l'altra ragazza. «Io adesso vado lì e non c'è niente che tu possa dire per farmi cambiare idea. Così è abbastanza chiaro?»

«Cristallino». Lara sbuffò di nuovo e alzò il naso per aria. «Tanto è il tuo funerale».

«Oh, non corro pericoli» replicò leggera Agathe. «Sono troppo perfida per andare in Paradiso e dubito che Satana sia disposto a portarsi la concorrenza in casa: praticamente sono immortale!»

«Oh, ah ah, ma che spiritosa!»

«Io sì. È il tuo senso dell'umorismo, che sembra essersi volatilizzato...»

Lara sbatté un piede a terra. «Uffa! Dovevi andare da Prescott? E allora vacci!»

Agathe sogghignò. «Visto che insisti...»

E si allontanò a balzi sul marciapiede.

«No! Non insisto!» le urlò dietro la sua migliore amica. «Così non vale! Torna subito qui, sorella degenere!»

Ma Agathe era già sparita oltre l'angolo.

«La odio – la odio, quando fa così!» mugugnò Lara a nessuno in particolare. Si risistemò la borsa in spalla e si avviò verso casa con un muso lungo fino ai piedi. «Ma tanto mi sente!»

******

Richard se ne stava seduto nella propria cucina e divorava contento un'enorme fetta di torta Sacher, quando qualcuno picchiò con violenza alla porta sul retro.

All'uomo andò il boccone di traverso; lacrimante, si colpì il petto con il pugno più volte per liberarsi le vie aeree e fu solo quando riuscì a prendere un bel respiro che si alzò e si diresse verso la fonte del rumore.

Non appena fece scattare la serratura, la persona piazzata sulla sua veranda spinse il battente con tanta forza da mandarlo a sbattere sul muro.

Agathe fece il proprio ingresso con aria solenne.

«Prescott!» esclamò a gran voce. Allargò le braccia con un gesto teatrale e si esibì in una mezza riverenza. «Buon compleanno!»

Richard la scrutò con tanto d'occhi mentre lei si raddrizzava e gli rivolgeva un sorriso a trentadue denti.

«Miss Williams» esordì con lentezza, scandendo bene ogni parola, «sin dal nostro primissimo incontro ho nutrito seri dubbi sulla sua salute mentale, ma adesso ho avuto la conferma ai miei sospetti: lei è completamente pazza».

Agathe alzò gli occhi al cielo per un istante e gli schiaffeggiò il petto col dorso della mano. «Dov'è finita la sua galanteria?»

«In talune, ben selezionate occasioni, si rivela essere del tutto superflua». L'uomo fece una breve pausa e inarcò un sopracciglio. «In caso le sia sfuggito il sotto testo, questa è una di quelle occasioni».

«No, il sotto testo non mi era sfuggito». La diciassettenne gli rivolse una smorfia saccente. «E giusto perché lo sappia, questo è il modo in assoluto più sgarbato in cui potesse rispondere ai miei auguri di buon compleanno».

«Be', miss, il suo è stato il modo più bizzarro di fare gli auguri in cui mi sia imbattuto in tutta la mia vita» replicò Richard. «E le garantisco che di auguri ne ho ricevuti molti, per i più svariati motivi e da ogni genere di persone; il che è tutto dire!»

Agathe incrociò le braccia al petto e lo guardò male. «Mi sto pentendo di essermi presa il disturbo di venire fin qui» annunciò.

Richard appoggiò le spalle alla parete dietro di sé, s'infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e rivolse alla ragazza un sorrisetto che le fece venire voglia di prenderlo a schiaffi. «Visto che non ho certo sollecitato io la sua visita...»

Lei sgranò gli occhi. «Ma che razza di maleducato!» sbottò. Fece per girare sui tacchi e andarsene, ma Richard era di tutt'altro avviso. Con un gesto fulmineo si staccò dal muro, afferrò Agathe all'altezza delle costole e la trascinò indietro.

«Che fa, miss? Se ne va senza neanche dare un bacio al festeggiato?» le sussurrò all'orecchio.

La ragazza sbuffò. «Pensa di meritarselo?»

Richard la fece voltare e la guardò dritto negli occhi.

«Forse no» ammise candidamente. «Ma ho intenzione di prendermelo lo stesso».

Agathe inarcò le sopracciglia. «Ah sì?»

«Sì» rispose con semplicità l'uomo.

L'istante successivo, la spinse contro il muro e schiacciò la bocca sulla sua.

Agathe – che in realtà non era affatto contraria all'idea – affondò subito le mani tra i capelli di Richard e reclinò la testa indietro mentre inarcava la schiena, premendosi contro di lui.

Richard sorrise contro le labbra della ragazza; le sue dita scesero verso i fianchi di lei e le sfilarono la camicia dalla gonna prima di insinuarsi sotto la stoffa, verso lo stomaco. Contro il palmo della sua mano, la pelle di Agathe era tesa e caldissima; senza smettere di accarezzarle i fianchi e il costato, tracciò una scia di baci che dalla bocca della ragazza scendeva lungo il mento e fino al collo.

L'uomo sorrise di nuovo quando sentì sotto le labbra il pulsare frenetico del sangue di Agathe; leccò quel punto con deliberata lentezza per poi staccarsi e guardarla rabbrividire contro di sé.

«Considerando che non voleva neanche baciarmi, miss, ammetto che mi sarei aspettato di trovarla meno... arrendevole».

Agathe strizzò gli occhi e sbuffò: come al solito, quell'uomo aveva dovuto rovinare il momento dando fiato alla bocca.

«Io avevo detto che non meritavi di baciarmi, Prescott, non di non averne voglia» lo corresse, scoccandogli un'occhiata torva. «Comunque lo sai che ogni tanto potresti anche stare zitto?»

Richard inarcò le sopracciglia e sorrise, ma non replicò.

«Insopportabile» sbuffò di nuovo Agathe. «Mi fai quasi venire voglia di non darti il regalo!»

L'uomo fece un passo indietro e, per la prima volta da quando era entrata, la guardò con genuina curiosità.

«Mi ha fatto un regalo, Miss Williams?». Agathe annuì e lui batté più volte le palpebre, perplesso. «Perché?»

«Perché mi andava». La diciassettenne recuperò la borsa che aveva abbandonato fuori dalla porta e iniziò a frugarci dentro mentre tornava verso il padrone di casa. «Aha!»

Sorridente, Agathe gli porse una scatolina quadrata. «E di nuovo buon compleanno!»

Lentamente, Richard prese la piccola scatola verde scuro dalle mani di Agathe e la osservò da ogni lato, quasi cercasse di scoprirne il contenuto attraverso il contenitore.

«Non vorrà mica chiedermi di sposarla, miss» disse infine,

«Non ci penso nemmeno» replicò pronta la ragazza. «Anche perché ormai so abbastanza bene quanto sia rigido e credo proprio che, se mai dovesse essere una donna a farle una proposta di matrimonio, come minimo le verrebbe un infarto nel trovarsi in una situazione così diversa dalla tradizione!» aggiunse in tono di sfida.

Richard assottigliò lo sguardo. «La informo, cara la mia Miss Williams, che io ho affrontato con naturalezza molte situazioni in totale contrasto con le tradizioni» replicò altero.

«Sì, sì, guarda, ne sono proprio convinta» tagliò corto lei. Accennò con la testa alla scatola. «Hai intenzione di aprirla o no?»

Dopo averle scoccato un altro sguardo torvo, l'uomo si decise ad aprire il proprio regalo.

«Credevo avesse detto che non era una proposta di matrimonio» commentò.

«Infatti non è una proposta di matrimonio». La diciassettenne alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. «Sul serio, Prescott, quale regola stabilisce che regalare un anello significhi per forza chiedere a quella persona di sposarti? E poi sono troppo giovane anche solo per pensare al matrimonio... figuriamoci per proporlo a qualcuno!»

«Ottima obiezione» ammise l'uomo. «Forse ha ragione, miss, quando dice che a volte sono un po' troppo... rigido».

«Forse? A volte?» gli fece eco Agathe, incredula.

Richard la ignorò e trasse l'anello dalla scatola per studiarlo da vicino. Era un pezzo massiccio; la superficie irregolare e a tratti spigolosa era di un colore che, a seconda del punto, variava dall'argento al grigio scuro. Al centro faceva capolino una grossa pietra verde brillante, la cui superficie perfettamente levigata contrastava in modo spettacolare col metallo.

Sebbene non fosse tipo da indossare gioielli, Richard ne fu affascinato.

«Molto particolare, questo pezzo» commentò mentre s'infilava l'anello al dito medio della mano destra. «Rassomiglia una roccia che celi al suo interno una pietra più preziosa».

«L'idea era quella» confermò Agathe. «Un po' come lei, insomma, che a prima vista sembra ostico e impenetrabile... ma che all'interno nasconde cose di rara bellezza». Mentre concludeva la frase, arrossì.

Richard le si avvicinò con un sorrisetto sul volto e le accarezzò la gola con la punta delle dita.

«Dunque nascondo in me cose di rara bellezza, miss?» ripeté.

Agathe chiuse gli occhi e annuì, scossa da un leggero tremito.

Il sorriso di Richard si allargò.

«Quello che mi domando» mormorò, aumentando la pressione delle proprie carezze sulla pelle di Agathe, «è cosa le abbia dato l'impressione che potessi apprezzare un gioiello tanto... particolare».

La ragazza deglutì un paio di volte, gli occhi sempre chiusi.

«Io... ho notato che il bastone da passeggio che usi più... più spesso... il tuo preferito, insomma... ha il pomello e la punta d'ottone lavorati a sbalzo. E poi... e poi a Londra, alla cena... con Vivienne... il tuo orologio» balbettò.

L'uomo annuì tra sé. «Il Rado in ceramica nera...». Posò un bacio languido sullo zigomo di Agathe. «Lei è una buona osservatrice, non è così, Miss Williams?»

«Ci... ci provo».

Richard le sfiorò l'altro zigomo col dorso della mano; l'anello percorse la guancia della ragazza, che trattenne il respiro. «Argento?»

«Io... che?»

«L'anello» spiegò lo storico, divertito e lusingato dal modo in cui la ragazza sembrava aver perso il controllo della propria mente grazie a poche carezze tutto sommato innocenti. Le sue carezze. «È argento?»

Stavolta fu Agathe ad annuire. «Argento brunito» farfugliò, col fiato corto. «E... giada. La pietra centrale... è giada».

A quel punto, Richard decise di avere pietà di lei. Smise di accarezzarla per infilare le dita tra i suoi lunghi capelli corvini e massaggiarle la testa; quasi subito la sentì rilassarsi e lasciarsi andare contro il muro.

«Mi rendo conto di non averla ancora ringraziata per quello che è un regalo non solo molto bello, ma anche scelto con cura e attenzione». Le baciò la punta del naso. «Cosa che lo rende oltremodo speciale».

Agathe sorrise appena, piegando la testa così che le dita dell'uomo potessero raggiungere ogni centimetro del suo cuoio capelluto. «L'ho disegnato apposta... non mi andava di comprare una cosa qualunque» mugolò distrattamente.

L'uomo ritrasse di scatto le mani e Agathe mugugnò infastidita.

«Un momento». Richard le picchiettò un dito in mezzo alla fronte per ottenere tutta la sua attenzione; smise soltanto quando la ragazza aprì un occhio e lo usò per scoccargli uno sguardo contrariato. «Disegnato?»

«Disegnato» confermò Agathe.

«Da lei» insisté lo storico.

«Già». La diciassettenne, compreso che quel delizioso massaggio non sarebbe ripreso tanto presto, si staccò dal muro e alzò le braccia sopra la testa per stiracchiarsi. «Perché?»

Richard la misurò con lo sguardo dalla testa ai piedi per tre o quattro volte; poi, con la rapidità del lampo, l'afferrò per i fianchi e l'attirò di nuovo a sé.

«Prescott?» chiese incerta Agathe, la voce soffocata dalla giacca dell'uomo.

Invece di rispondere, Richard le passò le braccia dietro la schiena per abbracciarla stretta e le depose un bacio sulla fronte.

«A dispetto del suo caratteraccio lei, Miss Williams, è davvero un tesoro» dichiarò.

La ragazza sbuffò. «È un complimento o un insulto? Perché non si capisce mica tanto bene...»

«Oh, via, la smetta di essere tanto puntigliosa» la rimbrottò bonariamente Richard. «Pensa che potrei mai offenderla... per di più mentre la sto abbracciando?»

«Altroché» rispose pronta Agathe. «Se non altro, per impedirmi di lanciarle contro qualcosa».

L'uomo scosse la testa e rise suo malgrado. «Mi ha appena dato un'ottima idea, miss... ma almeno per stavolta, non è questo il caso». Affondò il volto tra i capelli scuri di lei e respirò a fondo, riempiendosi il naso del profumo alla vaniglia del balsamo di Agathe. «Grazie» mormorò. «Grazie di avermi osservato, di avermi capito, di aver pensato a qualcosa di unico che mi rispecchi». Esitò per un istante. «Nessuno aveva mai fatto una cosa simile per me».

Agathe sorrise a sua volta e finalmente ricambiò l'abbraccio.

«È un piacere, Prescott» sussurrò, così piano che lui neanche la sentì. «È davvero un piacere».

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