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Thirty Second Shade [R]

Per Agathe, salutare Marco si rivelò più duro del previsto.

I due si erano dati appuntamento alla stessa panchina su cui si erano conosciuti pochi giorni prima: era sera tardi e il cielo era limpido e freddo, costellato di stelle.

«Sembra un appuntamento romantico, vero?» ridacchiò l'italiano una mezz'ora più tardi.

«Mpfh» risposte Agathe: da quando erano arrivati, non si era espressa che con borbottii incomprensibili.

«Sei di cattivo umore» decretò Marco; i due erano seduti sulla panchina schiena contro schiena, la nuca poggiata sulla spalla dell'altro e gli occhi rivolti alla volta celeste, dove le stelle brillavano forte. «Che hai?»

«Non mi va che tu parta» ammise la ragazza, imbronciata.

Marco rise ancora. «Devo prenderla come una dichiarazione d'amore?»

Lei gli diede un pizzicotto sul fianco. «Ti piacerebbe».

«Molto». Marco girò appena la testa e sbirciò il profilo di lei. «Torno presto, tra due settimane, tre al massimo».

«Il ventotto gennaio è il mio compleanno» lo informò distrattamente Agathe. «Ti conviene esserci».

«Non so dove mi spediranno, ma cercherò di esserci almeno per la festa» promise il ragazzo. «Perché festeggerai, no?»

Agathe sbuffò infastidita. «Solo perché non mi stanno lasciando altra scelta: sembrano tutti convinti che sia indispensabile tenere una festa per l'occasione e non credo di poter scappare». Soffocò una risata. «La mia bisnonna è più interessata di me al vestito che indosserò per l'occasione: non so se ti rendi conto del livello di follia che sta raggiungendo la mia famiglia!»

«Be', non sei contenta?» le chiese Marco, strofinandosi le mani per scaldarle. «Ogni scusa è buona per festeggiare e divertirsi!»

«Ma figurati! Sarà una di quelle feste eleganti, in abito lungo, con un mucchio di gente che non conosco o che non sopporto ma che i miei genitori riterranno di dover invitare per mantenere buoni rapporti di vicinato o per cercare di accaparrarsi qualche ricco cliente» ribatté Agathe. «Io mi rifarò un'altra sera con una pizza tranquilla insieme Lara e Thomas... e anche con te, se ti va di partecipare».

Lui le scoccò un bacio sulla guancia; quel gesto inaspettato la fece arrossire e sorridere. «Certo che mi va» confermò. «Ma perché lasci che i tuoi genitori organizzino una festa che tu non vuoi? In fondo la festeggiata sei tu: non dovrebbero essere loro a decidere».

«È più facile lasciarli fare» rispose mesta la ragazza.

I due rimasero in silenzio per un po'.

«Mi mancherà chiacchierare con te» disse Marco qualche minuto più tardi.

«C'è sempre Skype. E poi hai detto che tornerai presto, no?» gli ricordò Agathe.

Marco fece un gesto strano con la testa. «Non ho voglia di andarmene. Il tuo ex fidanzato potrebbe tornare alla carica e non mi va che abbia campo libero... specialmente ora che avete fatto pace».

Agathe annaspò: come diamine faceva quel ragazzo a sapere tutti gli affari suoi? «Va bene, Mr. Perspicacia, dimmi un po' come l'hai capito».

«Facile» rispose lui. «Stasera sembri molto più tranquilla e rilassata rispetto al giorno di Natale; quando sono arrivato, prima, avevi lo sguardo perso e un sorriso ebete stampato in faccia, ma non appena ti sei accorta che c'ero anch'io, ti sei ricomposta: si capiva che pensavi a qualcosa di cui non vuoi parlare ma che ti rende felice» spiegò. «Non era difficile. Ti piace ancora, chiunque lui sia, vero?»

Agathe sospirò. «Un po', forse» ammise. «Non siamo mai stati davvero insieme, è stato più... non so come spiegarlo. Sai quando guardi qualcuno, questa persona ricambia il tuo sguardo e tu... prendi fuoco? Be', quell'uomo sembra esistere per farmi andare a fuoco soltanto con la sua presenza».

Marco fissò una stella particolarmente luminosa sopra le loro teste. «Ti piace» mormorò.

«Può piacerti una persona di cui non ti fidi?» chiese scettica lei. «A quanto pare ci parliamo di nuovo e stiamo recuperando un rapporto più o meno civile, ma non riesco a pensare che tra me e lui le cose possano tornare come prima; neanche sforzandomi riesco a immaginare di poterlo lasciare avvicinare a me come ho fatto in passato. Mi ha ferita; inconsapevolmente, credo, e in fondo non aveva nessun obbligo verso di me, ma ho paura lo stesso». Agathe sospirò forte. «Non ha senso quello che dico, vero?»

«Ne ha più di quanto pensi: a nessuno piace soffrire» replicò Marco. Le strinse la mano. «Mi dispiace che tu sia stata male a causa di un imbecille qualunque».

Lei ridacchiò triste. «Se fosse stato un imbecille qualunque, con ogni probabilità non ci sarei stata così male».

«Motivo in più per tenerlo a distanza e non dargli più retta, no?» aggiunse speranzoso il ragazzo.

Agathe rise e gli tirò un pugno nelle reni. «Questo è un consiglio interessato. Dovresti vergognarti!»

«Non ci penso neanche. Significherebbe che non ho intenzione di impegnarmi davvero per conquistarti!» ribatté indignato Marco.

«A volte i tuoi ragionamenti non li capisco tanto bene, quindi ho deciso che mi fiderò sulla parola» dichiarò Agathe, alzandosi. «Fa freddo ed è quasi mezzanotte, forse è ora di rientrare».

Marco guardò l'orologio e scoprì che la ragazza aveva ragione. «Accidenti, sono già passate più di due ore! Hai ragione, è ora di andare... domattina ho l'aereo da Heathrow molto presto, rischio di non svegliarmi».

Alzatosi a sua volta, Marco prese Agathe a braccetto e percorse con lentezza esasperante i metri che li separavano da casa Zimmermann. Lei, che era solita avere un passo veloce, sbuffava per la frustrazione.

«Come fai a camminare così piano?» sbottò dopo che per la quinta volta Marco si era fermato a osservare un cespuglio secco e spoglio.

«Mi sforzo» rispose tranquillo lui. «Così guadagno un altro po' di tempo per guardarti e sentirti sbuffare irritata, perché devo ammettere che sei spassosa quando qualcosa ti infastidisce».

Incredula, Agathe per un attimo fu divisa tra la voglia di ridere e quella di tirargli un pugno. Alla fine scelse la prima opzione e la sua risata squillante rimbombò nella strada silenziosa.

«Sei... sei... ah, lascia stare» ridacchiò, asciugandosi un occhio. «Piuttosto, si può sapere che diamine stavi cercando?» chiese quando si fermarono accanto al cancello di casa Zimmermann, all'ombra della siepe.

«Quello!» rispose orgoglioso Marco, indicando il cancello della casa che avevano appena superato e la ghirlanda che vi era appesa. Agathe strizzò gli occhi e si sporse appena in avanti: tra la scarsa illuminazione e la distanza, era difficile distinguere quella decorazione a cui comunque non aveva mai prestato attenzione.

«Ma che diamine... vischio? Sul serio?» rise la ragazza.

«Sì, sul serio» rispose lui prima di baciarla.

Agathe, che non se l'aspettava, non ebbe la prontezza di spostarsi e lasciò che Marco la baciasse. Il tocco delle sue labbra era gentile, come quello delle sue mani, che la tenevano per i fianchi e, prima di potersene rendere conto, la ragazza si ritrovò più coinvolta di quanto potesse immaginare. D'istinto Agathe affondò una mano tra i capelli scuri di Marco, poi fece scivolare le dita fredde sotto la sua sciarpa e gli strappò un brivido che lo scosse da capo a piedi.

Quando infine interruppero quel bacio, Marco era raggiante.

«Adesso di sicuro non ho più voglia di partire» mormorò mentre l'abbracciava. «Mi raccomando, non tornare dal tuo ex: voglio avere almeno la possibilità di combattere ad armi pari!»

Per l'ennesima volta, Agathe scoppiò a ridere: era incredibile come Marco riuscisse a divertirla con una semplice frase. «Mi sembra giusto. Adesso farai meglio ad andare, se non vogliamo che il tuo misterioso zio ci scopra!» lo prese in giro.

«Non immagini quanto hai ragione» brontolò mentre si staccava da lei e si allontanava.

«E comunque, perché la regola valga bisogna essere fermi sotto il vischio, non passarci davanti!» gli urlò dietro Agathe. Marco si voltò e le sorrise mentre camminava all'indietro.

«Sai come diceva Orazio, il famoso poeta latino? Carpe diem!» replicò, allargando le braccia. «Vivi il presente. Cogli l'attimo. E io ho colto!»

«Ti conviene andartene di corsa, o la prossima cosa che coglierai sarà la mia scarpa sinistra sul tuo naso!» rispose Agathe.

Marco rise mentre se ne andava; Agathe si voltò per entrare in casa e scorse la sua migliore amica seminascosta dietro una tenda col naso incollato al vetro, da dove evidentemente li aveva spiati.

La ragazza sospirò, in previsione di una notte in bianco: Lara non gliel'avrebbe mai fatta passare liscia, se non le avesse raccontato tutto e subito.

******

In casa Zimmermann regnava il silenzio; quando Agathe entrò usando le proprie chiavi, una serie di passi frettolosi risuonò per le scale e Lara fece la sua apparizione, scarmigliata e senza fiato, gli occhi sgranati.

Agathe la ignorò; marciò nel salotto e si affacciò allo studio di Damon, dove l'uomo era seduto alla scrivania e controllava alcune carte. «Sono tornata» annunciò.

Damon a malapena alzò gli occhi dai propri fogli. «Di già?»

«È quasi mezzanotte» gli fece notare la ragazza.

Questo riscosse Damon.

«Così tardi?» disse confuso, mentre si decideva a interrompeva la lettura per consultare l'orologio. «Il tempo è volato!»

«Già» convenne Agathe nascondendo un sorriso.

Lara guardò alternativamente suo padre e la sua migliore amica. «Avete intenzione di ignorarmi ancora per molto?» sbottò.

Entrambi le rivolsero uno sguardo confuso.

«Non ti stiamo ignorando» rispose Damon.

«Perché credi che ti stiamo ignorando?» chiese Agathe nello stesso istante.

Lara li guardò di nuovo, alzò le braccia al cielo, le lasciò ricadere lungo i fianchi e sbuffò. «Perché... perché... perché sono qui ma continuate a parlare tra di voi!». Diede una gomitata ad Agathe. «Tu continui a parlare con lui e non con me! Mi stai evitando?»

«Lara, sono appena tornata: non avrei avuto il tempo di evitarti neanche volendo» sbuffò la sua amica in risposta. «E poi, perché dovrei farlo? Hai fatto – o hai intenzione di fare – qualcosa che mi farà desiderare di sfuggirti come la peste?» chiese in tono malizioso; sapeva che Lara l'aveva spiata senza ritegno mentre baciava Marco e che non vedeva l'ora di farle un vero e proprio interrogatorio al riguardo, quindi non si sentì per niente in colpa quando vide l'altra arrossire, chiaro segno che l'aveva messa alle strette.

«Certo che no!» mentì.

Sia Damon che Agathe le rivolsero una lunga occhiata scettica.

«Sei una pessima bugiarda» decretarono all'unisono prima di tornare a parlare tra di loro.

«Mi sa che andrò subito a letto, zio, altrimenti domani sera alle dieci crollerò addormentata e non mi pare proprio la serata giusta!» disse la ragazza.

«Buona idea. In fondo la festa che ci aspetta si preannuncia notevole – anche se non l'ho organizzata io – e sarebbe un peccato non godersela» rispose Damon.

Lara si mise le mani sui fianchi e guardò male la sua migliore amica. «Vuoi andare a letto soltanto per evitarmi! Visto? Avevo ragione io!» disse stizzita.

«Ovviamente. In fondo non è come se tu e io dormissimo nella stessa stanza!» ribatté Agathe, fissando l'amica con un sopracciglio inarcato.

La sua amica si zittì.

«Giusto» disse alla fine. «Allora, come dicevate voi... meglio andare a letto. Papà, buonanotte» esclamò sbrigativa; afferrò Agathe per un polso e se la trascinò dietro con energia insospettabile.

«Ma che... calma... così mi stacchi un braccio!» protestò la sua vittima. «Lara, accidenti, va' più piano o mi farai inciampare nei gradini!» strillò.

«Addio, Will. Ti ricorderemo per sempre con affetto, e comporrò per te un bellissimo epitaffio funebre» disse Damon in tono solenne, per poi scoppiare a ridere nel sentire gli improperi di Agathe.

******

Una volta arrivate nella camera di Lara, Agathe si sottrasse alla presa dell'altra con un gesto deciso e, dopo averle rivolto una smorfia irritata, iniziò a liberarsi dei vestiti.

Lara, intanto, camminava avanti e indietro per la stanza, borbottando tra sé sempre le stesse parole: sembrava incapace di formulare pensieri più articolati.

Dopo qualche minuto, si mise le mani nei capelli e li arruffò tutti. «Non ci posso credere» ripeté per la settima volta. «Non ci posso credere!»

Agathe le lanciò una spazzola. «Sistemati quei capelli, o domattina ti ritroverai in testa un groviglio impossibile da districare».

Soprappensiero, Lara iniziò a spazzolarsi la chioma castana. «Hai baciato Marco. Non ci posso credere!»

«E allora non crederci». Agathe alzò gli occhi al cielo mentre Lara strattonava bruscamente la spazzola, che si era impigliata in una ciocca piena di nodi. «Da' qua» ordinò avvicinandosi; le tolse di mano la spazzola e le liberò con delicatezza i capelli per poi spazzolarli con cura, eliminando tutti i nodi.

«Agathe» disse Lara, mentre si voltava a guardarla; rimase in silenzio per qualche istante, poi esclamò: «Hai baciato Marco!».

«Ripetilo un'altra volta» minacciò Agathe, agitando la spazzola, «e ti faccio mangiare questa!».

«Scusa» si affrettò a dire l'altra, «ma sul serio, tu hai...».

«Lara!» urlò Agathe.

«Insomma... perché?» chiese Lara, lasciandosi cadere seduta sul letto. «Credevo ti piacesse Prescott, oggi sei persino andata a casa sua...»

Agathe sedette accanto a lei. «Ci sono andata perché ero costretta: se Evan avesse scoperto che non l'avevo fatto, mi avrebbe dato il tormento per il resto dei miei giorni».

Lara le lanciò un'occhiata in tralice. «Però avete fatto pace».

L'altra si strinse nelle spalle. «Aver riso di una sua battuta e averci parlato non significa che l'abbia perdonato» precisò. «Non credo di volere che le cose tornino come prima. Voglio dire... sono stata male per una cosa che non avrebbe dovuto toccarmi, sono stata male più di quanto fosse lecito e non so se voglio rischiare di nuovo. Ho paura».

Lara le passò un braccio intorno alle spalle. «Quindi Prescott non ti interessa più? Ti piace Marco, ora?»

«Sì e no... oh, pescetto, non lo so neanch'io» brontolò Agathe. «Prescott mi piace ancora, ma mi piace anche Marco. Sono due cose diverse: Prescott mi mette il fuoco addosso ogni volta che mi guarda, mentre Marco... con lui è tutto così semplice, così leggero e... non è così che dovrebbe essere, tra due persone? Semplice e leggero?» chiese, quasi disperata.

Lara scosse piano la testa. «Non ti so dare una risposta, Will. Credo dipenda da te, da quello che sei e da quello che stai cercando... insomma, devi capire chi riesce davvero a toccarti il cuore».

Agathe sbuffò piano, demoralizzata. «Toccarmi il cuore... francamente ho il terrore del giorno in cui qualcuno riuscirà ad arrivare fin lì».

«E se fosse già successo?» insinuò la sua migliore amica.

«Allora sarei nei guai fin sopra i capelli» decretò Agathe. Nascose la testa sotto il cuscino. «Mi piacerebbe solo che le cose fossero semplici, una volta tanto».

«Saranno semplici quando vorrai che lo siano» le disse saggiamente Lara, tirandole il pigiama e incitandola ad andare a dormire: le dispiaceva vedere Agathe così confusa e incerta, e magari una buona notte di sonno avrebbe portato consiglio alla sua migliore amica.

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