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Thirty First Shade [R]

Le vacanze di Agathe andarono bene fino a un paio di giorni prima di Capodanno: il mattino del ventinove dicembre, però, ricevette una chiamata piuttosto spiacevole da parte di suo padre, che neanche le festività e la permanenza in Francia fermavano dal fare pressione alla figlia minore.

«Ciao, Evan» salutò scontenta la ragazza, rispondendo al cellulare.

«Agathe» replicò secco l'avvocato. «Come procedono gli studi? Bene? Ti stai impegnando molto, a quanto ne so».

La ragazza si morse le labbra per impedirsi di dire qualcosa di sgarbato: si aspettava una chiamata simile da giorni e, sebbene la cosa non l'avesse colta impreparata, il tono di Evan non le piaceva comunque.

«Ti avverto, Agathe» riprese Evan quando fu chiaro che la figlia non aveva intenzione di replicare, «che non mi piace essere preso in giro. Avevi detto che saresti rimasta per studiare con l'aiuto di Richard Prescott, ma so che non ti presenti a casa sua addirittura da una settimana; quindi, se non vuoi che facciamo i conti al mio ritorno...»

«È Natale per tutti, anche per me e lui!» lo interruppe Agathe, digrignando i denti tra una parola e l'altra. «Ritieni sarebbe stato educato, imporre la mia presenza in casa sua quando magari doveva ricevere degli ospiti o andare in visita dai parenti?»

Questo bastò a zittire Evan; l'uomo tacque per un minuto buono, chiaramente alla ricerca di una replica sensata.

«Va bene» sibilò infine l'avvocato. «Mi aspetto, però, che entro l'ora di cena tu vada da Richard per concordare un giorno conveniente per entrambi per ricominciare le vostre lezioni private».

«Sì, Evan, sì, sì, » sbuffò la diciassettenne. «Adesso fa' il favore, lasciami in pace».

E chiuse la chiamata in faccia a suo padre.

Fu dunque così che nel primo pomeriggio, approfittando del fatto che sia Lara che Damon erano usciti – la prima con Thomas, il secondo a pranzo fuori con non sapeva quale amico di vecchia data – Agathe si diresse a Villa Prescott con la speranza che, contrariamente a quanto le suggeriva il buonsenso, non ci fosse nessun altro in casa. Giusto per andare sul sicuro, invece di suonare il campanello per annunciare la sua visita, optò per una tattica già collaudata.

«Per caso quella povera telecamera di sicurezza sul retro ti ha fatto qualche torto?» fu la frase con cui l'accolse un accigliato Richard. «No perché, considerato il modo in cui ti ostini a prenderla a sassate...»

«Continuo a sperare che ti decida a spostarla dove non si veda» replicò Agathe mentre sbirciava alle spalle di lui dalla veranda. «Disturbo?»

«No, sono solo» rispose l'uomo, facendosi da parte. «Entra pure».

Agathe non se lo fece ripetere e andò dritta in cucina, a quello che fino a qualche settimana prima era il suo sgabello. «Non potevi risparmiarti la chiamata a mio padre, vero?» esordì, saltando ogni preambolo.

«Aveva già provato a chiamarmi due volte, non potevo astenermi dal richiamarlo» spiegò Richard, calmo. «E comunque l'avrei contattato lo stesso».

«Non puoi proprio fare a meno di tormentarmi, eh?» disse pungente lei.

«Non si tratta di tormentarti» ribatté subito Richard. «Voglio quantomeno che il rapporto tra noi torni a essere civile. Finora ti ho assecondata perché ritenevo – e ritengo tuttora – che tu avessi tutte le ragioni per avercela con me, dunque ho cercato di rispettare i tuoi spazi e di lasciarti il tempo di calmarti: e credo di avertene concesso più che a sufficienza».

Agathe gli rivolse uno sguardo fosco. «E magari adesso ti aspetti che tutto torni come prima di quella lì» disse, alludendo con ferocia a Valentine.

«Non mi aspetto niente» rispose l'uomo. «Come ho detto, voglio solo recuperare un rapporto civile con te e poterti parlare senza tutto questo astio. Questo, almeno questo, per ora». Richard sedette sullo sgabello di fronte a lei, dall'altra parte dell'isola. «C'è una cosa a cui ho sempre pensato ma che non ti ho mai chiesto» proseguì, guardando Agathe con serietà; lei, da parte sua, lo scrutò con sospetto. «Come te la cavi con quel verme di Noah Pearson?»

La ragazza, che non si aspettava quella domanda, si passò una mano sul collo mentre si sfilava il giaccone pesante. «Va bene, credo» rispose infine. «Insomma, non l'ho incrociato neanche per sbaglio dopo quel giorno alla boutique e non penso di poter chiedere di più». Agathe esitò. «A proposito... non ti ho mai ringraziato davvero per avermelo tolto di dosso, quella volta».

Richard si strinse nelle spalle e liquidò il tutto con un gesto della mano. «Ringraziami continuando a parlarmi come stai facendo ora».

Agathe alzò gli occhi al cielo, ma scelse di non ribattere. «Allora, Prescott, vedo che casa tua è tutta un'enorme decorazione natalizia» disse. Indicò un barattolo porta biscotti di dubbio gusto a forma di Babbo Natale e sogghignò. «Immagino ti stia godendo questi giorni di festa».

«Molto, grazie, e non indicare il mio Babbo Natale» rispose lui, fingendo un tono altero. «È il mio pezzo decorativo preferito!»

«Elegante. Di gusto» sghignazzò perfida Agathe.

«Un regalo di mio padre, per il Natale di una decina di anni fa» spiegò il padrone di casa. «Voleva essere una provocazione: era certo che l'avrei distrutto in mille pezzi piuttosto che esporlo. Frustrare le sue aspettative si è rivelato oltremodo divertente» aggiunse, scoccandole uno sguardo eloquente.

Agathe scoppiò a ridere; riempì la stanza con la sua ricca risata cristallina, la stessa che aveva sempre affascinato l'uomo che le stava di fronte; e mai come in quel momento Richard fu felice di aver seguito il consiglio di suo padre.

«A quanto pare ce l'hai anche tu, il senso dell'umorismo» mormorò la ragazza non appena riuscì a gestire l'attacco di ridarella che l'aveva colta. «Non l'avrei mai detto».

Richard, che era rimasto a guardarla ridere con un'espressione assorta sul viso, si riscosse.

«Thè?» chiese, ignorando del tutto l'affermazione di Agathe mentre si alzava e andava verso i fornelli.

«Ma sì». Silenziosa, Agathe osservò affascinata il modo in cui lo storico si affaccendava con tazze, bollitore e barattoli: riusciva a essere aggraziato anche in qualcosa di tanto banale. «Dio, Prescott... una parte di me ti detesta, ma l'altra ti invidia da morire».

L'uomo, che stava riempiendo gli infusori di metallo, s'interruppe per alzare lo sguardo su di lei.

«Invidiosa? Di me?» le fece eco in tono scettico. «E perché mai, se è lecito chiedere?»

Agathe lo indicò con un gesto vago. «Sei elegante in tutto quello che fai; è qualcosa che a me non riuscirà mai, ma proprio mai, neanche se m'impegnassi tutta la vita».

Richard sbuffò dal naso. «A quanto pare, almeno un pregio lo posseggo» commentò asciutto mentre riprendeva la propria occupazione.

«Tutti ne hanno almeno uno; persino Noah Pearson» ribatté la ragazza. Richard si voltò a scoccarle un'occhiataccia, conscio di essere appena stato messo a paragone col ventenne, ma Agathe non batté ciglio; puntellò i gomiti sul ripiano che aveva di fronte e appoggiò il mento sulle mani giunte. «Visto che ormai sono qui, perché non mi togli un paio di curiosità?»

«Servirebbe a farmi tornare nelle tue buone grazie?»

«Forse». La diciassettenne ricadde nel silenzio per alcuni istanti, alla ricerca delle parole giuste. «Sei rigido, Prescott; spesso sei talmente rigido che sembri più un pezzo di ferro che un essere umano...»

«Tu sì che ha una bella opinione di me» la interruppe Richard in tono beffardo.

«...ma non sarai stato sempre così» proseguì imperterrita Agathe. «Com'eri, da bambino?»

L'uomo le rivolse un'altra occhiata, stavolta calcolatrice.

«Come mai questa domanda... e proprio adesso?» chiese infine.

Agathe scrollò le spalle. «Non ho niente di meglio di fare, e poi sono curiosa» rispose. «Volevo chiedertelo già da un po', ma ogni volta che ci vedevamo mi sembrava come... come se potessi rimandare, come se avessi tutto il tempo del mondo per conoscerti». Scrollò le spalle una seconda volta. «Adesso non mi sento più così, quindi vorrei togliermi la curiosità finché ne ho l'occasione».

Richard deglutì il grumo amaro che gli si era formato nella gola; quando, pochi minuti prima, Agathe aveva riso tanto di gusto alle sue battute, aveva pensato d'aver fatto un passo avanti sulla via della riconciliazione... ma sentirla parlare in quel modo distruggeva anche quella tenue speranza. Come poteva illudersi di avere una possibilità di riconquistarla, se lei dava quasi per scontato che non ci sarebbero stati altri contatti tra loro?

L'uomo decise di accantonare momentaneamente dubbi e amarezza per rifletterci con calma quando fosse stato solo.

«Be', Agathe, temo che sarà una delusione scoprirlo, ma ero un bambino piuttosto ordinario» rispose Richard; tolse il bollitore dal fuoco e riempì le tazze fin quasi all'orlo. «Forse tu diresti che ero un topo di biblioteca già allora: ho amato i libri sin dalla tenera età, tanto da mettere mio padre nella condizione di insegnarmi a leggere ben prima dell'inizio della scuola primaria».

«Be', anch'io» lo interruppe Agathe, «quindi sarei un po' ipocrita, a dire che eri un secchione in formato ridotto. A meno che tu non passassi tutto il tuo tempo a leggere, è ovvio».

«Non direi proprio» sbuffò l'uomo. Le sedette di fronte, poi spinse una tazza verso di lei insieme a zucchero, miele e latte; per un istante tacque e annusò il contenuto della propria prima di portarsela alle labbra. «Sono cresciuto insieme a due amici – due migliori amici, con cui condividevo ogni cosa da mattina a sera. Una di loro era femmina; con ogni probabilità, l'essere umano di sesso femminile più scalmanato e fuori di testa che io abbia mai incontrato... e che finiva inevitabilmente per trascinarci in qualche malefatta di sua ideazione».

«Addirittura». Agathe inarcò le sopracciglia. «Fammi un esempio, Prescott».

«Vuoi un esempio? Eccotelo: a dodici anni abbiamo scassinato il mobile in cui mio padre teneva i liquori e ci siamo ubriacati. Quando mia madre ci ha trovati ancora sbronzi, nascosti tra gli scaffali della biblioteca, ha urlato tanto da farci sanguinare le orecchie». Richard incrociò le braccia. «Soddisfatta?»

Le sopracciglia della ragazza si sollevarono ancora, tanto da rischiare di fondersi con l'attaccatura dei capelli. «Però. Non ti facevo così avventuroso!»

«Che tu ci creda o no, quella è stata una delle cose meno gravi che abbiamo combinato» bofonchiò lui.

Agathe si sporse verso di lui, gli occhi brillanti e un sogghigno provocatorio sul volto.

«E allora dimmi una delle più gravi».

Per un attimo, Richard provò l'irrefrenabile impulso di prendersi a schiaffi. Era forse diventato stupido, per servirle su un piatto d'argento una domanda simile? Azzardò un'occhiata alla ragazza, ma lo sguardo deciso che lei gli teneva puntato addosso era un chiaro segno che non l'avrebbe lasciato in pace fino a quando non avesse ottenuto una risposta.

Il padrone di casa sospirò e si massaggiò la fronte.

«Vediamo...» esalò tra sé. «Quando non avevamo ancora la patente abbiamo rubato le auto dei nostri genitori e ci siamo sfidati in una gara di velocità, appena fuori Hersham... a quindici anni siamo andati a stare al cottage di mia madre in Austria, per una settimana, senza dire niente a nessuno... poi la sera a Londra, quando ci siamo tuffati nella fontana a Trafalgar Square... e la volta in cui ci siamo intrufolati alla St. Margaret di notte e abbiamo fatto sparire tutto il materiale dal laboratorio di chimica per saltare il test previsto il giorno dopo, visto che qualcuno non aveva studiato...». S'interruppe, inorridito d'aver rivelato una cosa simile, poi puntò l'indice contro una Agathe sbalordita. «Mi aspetto che ciò che ti ho appena detto resti tra queste mura, è chiaro?»

Agathe batté le palpebre più volte, ancora sconvolta da quel che aveva sentito; poi il suo volto si schiuse in un sorriso enorme e lei scoppiò in una gran risata.

«Dio, Prescott, ma eri un teppista!» farfugliò tra una risata e l'altra. «Altro che accademico... dovevi dedicarti al crimine, altroché!»

Richard arrossì violentemente; sputacchiò un paio di proteste, inascoltato da Agathe, e decise di passare al contrattacco.

«Be', si potrebbe dire la stessa cosa di lei, Miss Williams» dichiarò in tono altero. «Soprattutto dopo aver visto il modo in cui dipinse il volto di sua madre, sette anni fa!»

Agathe smise di ridere di colpo. «E tu che ne sai?»

«Ho visto il video...»

«Video? Esiste un video?» lo interruppe la diciassettenne. «Anche delle foto, magari?»

Richard annuì.

La ragazza sbatté le mani sul tavolo. «E no! Così non vale!» esclamò, alzandosi in piedi. Stavolta fu lei a puntare l'indice contro Richard con fare minaccioso. «Io voglio, esigo, quelle foto e quel video! Ti rendi conto che Lara non ha mai potuto vivere quel momento, perché non ho neanche una maledetta foto? E tu invece sì!». Tacque per un momento, pensosa. «Anzi, visto che siamo in tema: come fai ad averle

L'uomo alzò le mani in un gesto conciliante. «Io le ho soltanto visionate; non le possiedo... ma posso procurarmene una copia per te».

«Mh». Agathe tornò a sedere, gli occhi fissi sullo storico. «Vedi di non dimenticartene...»

A sorpresa, lui grugnì una mezza risata. «Credo davvero sia impossibile dimenticare una cosa del genere!»

«Stavolta potresti essere tu a non crederci, ma quella non è stata la più eclatante delle mie trovate contro Gisèle» dichiarò Agathe.

Richard si sporse verso di lei con aria di sfida. «C'è di meglio?»

«C'è di meglio».

Lo storico la invitò a parlare con un gesto della mano.

«L'estate dei miei dodici anni, per i miei genitori si preannunciava molto intensa dal punto di vista sociale; avevano in programma cene di lavoro, di beneficenza e feste varie quasi ogni sera». Agathe intrecciò le mani dietro la nuca e lasciò vagare lo sguardo intorno, persa nei propri ricordi. O, più probabilmente, decisa a fare un po' di scena. «All'epoca ero ancora molto arrabbiata con Gisèle...»

«Perché, adesso non lo sei?» chiese scettico Richard.

Agathe lo ignorò.

«...per una cosa che le avevo sentito dire tre anni prima».

L'uomo la guardò con un misto di ammirazione e paura. «Tu sì che sai come portare rancore».

Lei lo ignorò di nuovo.

«Gisèle non aveva nessuna intenzione di avere tra i piedi una marmocchia foriera di soli problemi, per usare le sue parole; e così decise di spedirmi a passare le vacanze in Spagna, con nonna Penelope. Era la vigilia della mia partenza; le mie valigie erano pronte, e anch'io. Ma, sebbene l'idea di stare lontana da Gisèle non mi dispiacesse affatto, non ero per niente contenta di come mi stava trattando; visto, però, che il tempo a mia disposizione era agli sgoccioli, mi ero quasi rassegnata a fargliela pagare in autunno...» la ragazza fece una pausa drammatica, il dorso della mano premuto sulla fronte, «quando l'ispirazione mi colpì».

«Non come fai tu con gli altri, mi auguro».

«Sta' zitto, Prescott».

Entrambi tacquero per alcuni istanti.

«Quella giornata, Gisèle la trascorse tra lo shopping, la parrucchiera e il centro benessere» proseguì Agathe. «Io, invece, la passai tutta a scucire i suoi vestiti».

Richard si strozzò con la sua stessa saliva.

«Prego?» rantolò.

«Ho scucito i suoi vestiti» ripeté la diciassettenne con una scrollata di spalle. «A occhio, direi... i tre quarti di quelli che aveva nell'armadio. E tutta la sua lingerie».

Lo storico inarcò le sopracciglia.

«Lei continua a stupirmi, Miss Williams» ammise in tono solenne. «Ha colpito sua madre in uno dei suoi più grossi punti deboli. Posso solo immaginare come una donna reagirebbe nel ritrovarsi scuciti la quasi totalità degli indumenti».

«Male» dichiarò Agathe. «Molto, molto male, a quanto ancora oggi dice mio padre. Soprattutto» sogghignò, «la fece infuriare lo stato dei suoi abiti da sera. A uno staccai tutti gli strass che erano stati cuciti a mano, uno per uno, in una bellissima decorazione che dalla spalla scendeva fino all'orlo del vestito».

«Praticamente l'hai distrutto».

Lei sbadigliò a bella posta. «Praticamente».

Richard lasciò il proprio sgabello e le andò vicino; le sfiorò la mandibola con la punta dell'indice, gli occhi fissi nei suoi.

«Quando ti guardo, mi chiedo se non ci sia qualcosa di vero, nelle leggende sulle fate e il Piccolo Popolo a cui voi irlandesi credete tanto» mormorò l'uomo. «Ci sono momenti in cui hai tutta l'aria d'essere, in realtà, un folletto dispettoso. Uno splendido, affascinante folletto».

Richard si chinò sulla ragazza e provò a sfiorarle le labbra con le proprie; prima ancora che potesse riuscirci, però, Agathe lo schiaffeggiò con tanta violenza da imprimergli un segno rosso vivido sulla guancia.

«Tu proprio... non vuoi... capire» ringhiò Agathe col fiato mozzo per la rabbia mentre balzava giù dallo sgabello e si allontanava dall'uomo. «Te l'ho detto quando sono arrivata, di non pensare che le cose sarebbero tornate come prima! Lo sapevo che non potevo fidarmi!»

Lo storico, che si stava massaggiando la guancia colpita, lasciò ricadere la mano e si avvicinò ad Agathe fino a trovarsi naso a naso con lei. «Cosa ti aspettavi, Miss Williams? Che io non fossi più attratto da te? Di essermi, tutto d'un tratto, divenuta indifferente?». Prese un respiro strozzato, le narici frementi. «Se così fosse, non avrei fatto tutto quanto in mio potere per averti intorno. Se avessi smesso di essere affascinato di te – se avessi smesso di volerti – non mi sarei volontariamente sottoposto all'umiliazione di doverti rincorrere, di dover imporre la mia presenza a qualcuno che non la desidera!»

«Be', sei un egoista!» esplose la ragazza. «Sei stato egoista quando non ti sei preoccupato di farmi del male, e sei egoista adesso che pretendi di piegare tutto – la situazione, i miei sentimenti, me! – pur di avere quello che vuoi!»

Richard l'afferrò per le spalle; Agathe lasciò andare un gemito inarticolato, figlio della frustrazione, ma lui ignorò la sua reazione.

«Non ci riesco» disse tra i denti. «Non riesco a controllare il desiderio che nutro per te. Era questo che volevi sentirmi dire? Adesso ti ritieni soddisfatta?»

Agathe si liberò dalla sua presa con uno strattone che la fece barcollare e gli rivolse uno sguardo incollerito.

«Il desiderio non è una giustificazione, Prescott» sibilò. «E tu sei l'ultimo a poterti nascondere dietro una scusa simile, visto che ti vanti tanto di essere l'uomo più razionale sulla Terra».

Richard chiuse gli occhi per un istante, gettò indietro la testa e si passo nervosamente le mani tra i capelli prima di tornare a fissarla.

«Un'altra umiliazione da aggiungere alla lista» ammise controvoglia. «E cionondimeno, reale quanto lo è il resto di me. Non riesco a...»

«...controllare il desiderio che hai per me, sì, lo hai già detto» lo interruppe Agathe. Lo guardò dritto negli occhi. «Allo stesso modo, io non riesco a superare quello che è successo; non adesso, non ancora. Quindi non chiedermi di farlo».

Prima che l'uomo potesse replicare, la diciassettenne girò sui tacchi e se ne andò rapida com'era arrivata

Incapace di trattenerla, Richard si passò stancamente una mano sul volto mentre rimuginava amaro tra sé: forse se lo meritava, di pagare ancora per quell'errore tremendo che aveva commesso solo un mese prima.

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