Thirty Fifth Shade [R]
I primi giorni di gennaio erano trascorsi tranquilli.
Certo, Richard Prescott li avrebbe definiti in un altro modo. Noiosi, magari. Oppure monotoni. Sì, monotoni era il termine giusto: quelle giornate erano state grigie, tediose, quasi incolori. Solo in casa, senza ricevere visite né da Damon – troppo impegnato con dei turni particolarmente pesanti in ospedale – né da Alan – partito per una breve visita a un ex compagno di college – né, tantomeno, da Agathe.
Adesso che mancavano pochi giorni alla fine delle vacanze invernali della St. Margaret, Richard si era aspettato di vederla riprendere il suo posto nella propria biblioteca personale, ma invano: la ragazza non si era fatta vedere né sentire e lui non aveva avuto altra compagnia che il lavoro.
Aveva pensato di chiamarla, certo che ci aveva pensato. Però non ne aveva avuto il coraggio. Una Agathe arrabbiata era pericolosa ma gestibile – a patto di essere pronto a finire al pronto soccorso con qualche lesione – ma una Agathe lussuriosa e sfacciata come quella con cui si era scontrato la sera di Capodanno era impossibile da fermare, come Richard aveva imparato a proprie spese. Ferreo nei propri principi, e rafforzati i suoi scrupoli dalla consapevolezza che approfondire il lato fisico del loro rapporto non era solo immorale ma anche illegale, Richard era deciso a fare tutto il possibile per evitare che ciò accadesse... almeno fino al ventotto gennaio. Alla fine aveva capito perché mai Penelope O'Brien avesse ribattuto tanto su quella data: ma come avesse fatto quella diabolica vecchietta a capire quanto oltre sarebbe andato quello che era iniziato come un semplice flirt e quanto grande sarebbe diventata l'attrazione che provava per Agathe, Richard non se lo spiegava.
Per questo, pur desiderando la compagnia di quella diciassettenne che aveva imparato ad ammirare e temere in pari misura, Richard non se l'era sentita, di incoraggiarla ad andare a casa sua. Forse Alan aveva ragione: stava diventando un codardo. Mai, prima di quel momento, si era sentito in soggezione all'idea di un faccia a faccia con una donna – tranne quando Michelle aveva provato a infilzarlo con una spada, ma per quell'occasione riteneva che la sua paura fosse più che giustificata – e ora si ritrovava a nascondersi in casa propria come un coniglio, intimorito da una ragazzina.
No, così non poteva andare, decise Richard: doveva smetterla di pendere dalle labbra di Agathe e tornare a essere quello di un tempo.
Anche perché è da quell'uomo che Agathe è stata attratta, sussurrò una voce perfida nella sua mente.
Richard si trattenne dal colpire la scrivania con la testa e inforcò gli occhiali da vista: meglio lavorare che lasciare spazio a quella voce impertinente.
******
Agathe, al sicuro dentro casa Zimmermann, era felicemente ignara del turbamento che aveva causato in Richard e che tuttora lo scuoteva. Seduta alla scrivania in camera di Lara, che era uscita con Thomas, la ragazza sorrise allo schermo del portatile.
«Dovrei riuscire a passare non questo fine settimana, ma il prossimo» disse Marco. «E fino a quel momento, benediciamo l'inventore di Skype!»
Agathe ridacchiò divertita. «Sì, a volte la tecnologia torna utile».
«Mi sembri un po' troppo allegra perché possa dipendere solo dalle meraviglie della tecnologia» inquisì l'italiano. «Il tuo ex è tornato alla carica?»
La ragazza appoggiò i gomiti sul piano della scrivania, puntellò il mento sulle proprie dita intrecciate e sorrise, spudoratamente allegra. «In realtà io sono tornata alla carica» ammise senza vergogna. «Mi piace ancora».
«Questo significa che sono fuori dai giochi?» chiese Marco.
«Immagino dipenda da te» rispose Agathe, stringendosi nelle spalle. «Lui mi piace ancora, è vero, ma non riesco a fidarmi di nuovo, quindi la cosa è un po'... come dire...»
«In bilico? Incerta?» suggerì il suo interlocutore.
«Proprio così» confermò Agathe. «Lo vedrò ancora – in realtà non potrei evitarlo neanche volendo – però... ecco, dopo il modo in cui ci siamo salutati prima della tua partenza, mi sembrava giusto che sapessi come stanno le cose. Se non vorrai più uscire con me, lo capirò».
«Scherzi?». Il tono di Marco era scandalizzato. «Col cavolo che gli lascio campo libero! Non ho paura di combattere, e visto che sei stata sincera, mi hai dato un motivo in più per cercare di conquistarti nonostante la presenza ingombrante di questo tuo ex». Il volto del ragazzo si fece pensoso. «Solo... ecco, so che a Hersham la gente spettegola parecchio. Non hai paura delle voci che potrebbero girare, se ti vedessero uscire con due ragazzi diversi?»
Agathe trattenne a stento un sorrisetto. «Con il mio ex non mi vedrà uscire nessuno, te lo garantisco. Anche prima ci vedevamo di nascosto e mai nessuno ha sospettato nulla; dubito che inizieranno ora».
«Allora a me sta bene» dichiarò tranquillo Marco. «Sappi però che, visto che ho concorrenza, non andrò tanto per il sottile con te!»
«Fa' pure del tuo peggio» sghignazzò Agathe, per nulla intimorita.
«Te ne pentirai» finse di minacciarla Marco. «Accidenti, si è fatto tardi! Tra poco arrivano i miei amici, devo proprio andare».
«Non c'è problema» sorrise Agathe. «Ci sentiamo presto!»
Marco le fece l'occhiolino e interruppe la videochiamata. La ragazza chiuse il portatile e si stiracchiò, mentre frugava nella propria testa alla ricerca di qualcosa da fare per ammazzare un po' il tempo.
******
Il cielo era coperto di nubi e le strade di ghiaccio, ma almeno aveva smesso di nevicare: il manto bianco che aveva ricoperto Hersham nei giorni precedenti era stato accumulato in grandi mucchi agli angoli delle strade e intorno alle aiuole, e i pochi temerari che lasciavano il tepore delle proprie case spesso si trovavano la visuale ostruita da quelle montagnole candide.
Ad Agathe il freddo non dispiaceva: si era incamminata per le strade deserte di Hersham ignorando il gelo di inizio gennaio che le pizzicava il volto, mettendo cauta un piede davanti all'altro sulle spesse lastre di ghiaccio che coprivano buona parte del marciapiede. La maggior parte dei residenti era partita alla volta di lussuose vacanze sul continente o magari nell'altro emisfero e la ragazza la preferiva così, quella città: semivuota e tranquilla, senza occhi indiscreti sempre appostati dietro le finestre, pronti a bere avidamente i segreti degli altri.
Intonando a bocca chiusa un motivetto allegro, Agathe vagò senza meta, incurante di dove si stesse dirigendo. Era così presa dai propri pensieri – e soddisfatta tanto per aver chiarito la situazione con Marco quanto del fatto che questo non avesse comportato un allontanamento del ragazzo – da non rendersi neanche conto di come i suoi piedi la stessero portando lungo i percorsi abituali e addirittura in luoghi che razionalmente aveva preferito evitare.
Fu quindi del tutto colta di sorpresa – e anche terrorizzata – quando si sentì strattonare con violenza per un braccio e si ritrovò nella penombra creata da alcuni alberi carichi di neve, lontana dalla strada.
Prima che potesse urlare una mano le afferrò i capelli e una bocca calda calò prepotente sulla sua.
Dopo un momento o due di smarrimento, Agathe si rilassò: conosceva quel tocco, e anche il leggero profumo che aveva percepito le era familiare. Sentì la sciarpa esserle strappata di dosso e subito dopo una mano gelida percorrere decisa la curva del suo collo, facendola rabbrividire di freddo e di piacere; sentì le proprie ginocchia tremare in modo allarmante e cercò d'istinto un appiglio. Un attimo dopo era pressata contro il muro congelato, intrappolata tra la parete fredda e il corpo che l'aveva sollevata; anche attraverso i vestiti sentiva gli spigoli dei mattoni conficcarsi nella sua schiena, ma non vi badò.
E poi, all'improvviso, un cumulo di neve fresca le cadde addosso, facendo quasi franare entrambi a terra. Agathe tremò violentemente mentre accanto a lei Richard scuoteva la testa per liberarsi i capelli dalla neve e la teneva per i fianchi, per impedirle di cadere. La diciassettenne si morse le labbra nel tentativo di non battere i denti, e l'uomo le rivolse un'occhiata penetrante prima di afferrarla per un polso e trascinarla in casa.
Il salottino che l'aveva accolta nella sua prima visita, settimane e settimane prima, era caldo e accogliente dopo la cascata gelida che l'aveva investita. Richard la trascinò davanti al caminetto acceso e senza dire una parola iniziò a toglierle i vestiti con gesti bruschi, quasi frenetici: la giacca e il maglione di Agathe finirono da qualche parte dietro il divano, subito seguiti dalla giacca di Richard stesso e dalla cravatta. Una mano dell'uomo andò ad afferrarle un seno, accarezzandolo con gesti delicati; Agathe gemette senza ritegno, la testa reclinata e la bocca socchiusa. Ansante, la ragazza scivolò lentamente sul pavimento, trascinando Richard con sé.
Richard non oppose resistenza; aiutò la ragazza a distendersi sul tappeto e si posizionò tra le sue gambe, sdraiandosi sopra di lei. La prese per i fianchi e premette il proprio corpo contro il suo, quasi ad anticipare quello che sarebbe accaduto di lì a qualche settimana, e la baciò ancora: sulla fronte, sulle palpebre, sugli zigomi, le labbra dell'uomo si posarono lievi su ogni centimetro di quel volto giovane e fresco prima di rituffarsi voraci sulla bocca che gli veniva offerta.
Vederlo di nuovo così sicuro e autoritario, sentire le sue mani e la sua bocca su di sé dopo che per tanto tempo ne era stata privata, avvolse Agathe in un deliquio dei sensi. La ragazza si sciolse tra le braccia di Richard, lo avviluppò tra le proprie gambe e prese a sbottonargli la camicia, desiderosa di un contatto più approfondito con il corpo di lui.
La pelle di Richard era calda e quasi perfettamente liscia; qua e là qualche piccolo neo scuro spiccava sullo sfondo roseo e Agathe li percorse uno alla volta con la punta delle dita, in modo lento e preciso. Era così presa dalla sua occupazione, dal poter finalmente toccare e ammirare con tutta calma una parte del corpo di quell'uomo, che non si accorse che Richard le aveva arpionato le calze fino a quando non le strappò con un gesto secco e deciso.
Senza curarsi dell'esclamazione di stupore di Agathe, Richard si liberò dei brandelli di stoffa; lei, con due gesti rapidi dei piedi, si sfilò le scarpe mentre godeva della sensazione delle mani di Richard che la accarezzavano, le premevano e pizzicavano la pelle, stringendole le caviglie e sfiorandola appena dietro le ginocchia mentre risalivano per percorrere con reverenza ciò che la gonna ancora nascondeva al suo sguardo. Più le sue carezze si facevano prolungate e audaci più Agathe si contorceva sotto di lui, e più Agathe si dimenava nel sentire il piacere crescere più Richard la stuzzicava, cercando i punti in cui la ragazza era più sensibile e insistendo su quelli.
Fu solo parecchio tempo dopo, mentre la bocca di Richard succhiava avidamente la pelle di Agathe appena sotto la clavicola, che lei si lasciò sfuggire un sospiro così profondo da spingerlo a fermarsi.
L'uomo si sollevò sui gomiti e la guardò con aria interrogativa, ricambiato da uno sguardo placido e un sorriso dolce e rilassato.
«Non mi scuserò per tutto questo» disse Richard, andando dritto al punto.
«Non ce n'è bisogno» gli assicurò Agathe.
Richard tacque per qualche istante. «Allora perché quel sospiro?»
Anche Agathe tacque per un po', ma se nel caso di lui si era trattato di un momento di riflessione, nel caso di lei era pura reticenza. «Mai sentito parlare di sospiri di felicità?» si decise a rispondere.
Nonostante fosse stata dubbiosa sul pronunciare o meno quelle parole, Agathe non distolse lo sguardo e lasciò che gli occhi di Richard frugassero i suoi, attendendo con pazienza una parola, anche una sola.
«Questo ti rende felice?» le domandò lui in tono controllato, troppo, perché potesse suonare spontaneo: e infatti, vi si percepiva con facilità una nota di panico appena accennata ma comunque chiarissima.
Agathe scrollò le spalle – operazione non facile, quando sei distesa sul pavimento con un uomo che ti inchioda con il suo peso – e si stiracchiò. «Non ne sono sicura. Forse» concesse con noncuranza.
Richard si alzò, lasciando finalmente Agathe libera di muoversi, e andò verso una poltrona: vi sprofondò e tese una mano alla ragazza, lasciando che gli scivolasse in grembo e si accomodasse. Quando Agathe si fu accoccolata contro di lui, una mano ancora infilata sotto la sua camicia e la fronte incastrata nell'incavo del suo collo, Richard le accarezzò con dolcezza una spalla, gli occhi fissi sul fuoco che ardeva nel camino.
«Come siamo arrivati a questo punto?» mormorò, più a se stesso che a lei. Per una volta, Agathe non rise né lo prese in giro.
«Non lo so» ammise piano, stringendosi a lui un po' di più. «È importante?»
«Penso di sì» rispose Richard dopo averci riflettuto su. «La strada che abbiamo percorso è stata strana, piena di ostacoli... e forse sbagliata. Forse non avremmo mai dovuto imboccarla».
Le dita di Agathe gli arpionarono il fianco. «Credi davvero che litigi e incomprensioni rappresentino degli ostacoli? Queste cose sono imprescindibili dai rapporti umani: gli ostacoli veri sono quelli che impediscono a due persone di stare insieme, non gli avvenimenti che rallentano o complicano un po' le cose prima che tutto torni a posto. E sì, magari il modo in cui ci siamo inseguiti e cercati è stato un po' fuori dalle righe, ma alla fine che cosa siamo se non due persone che si sono incontrate un giorno, per caso, e hanno sentito il bisogno di ritrovarsi ancora?»
Richard tacque. Agathe, imperterrita, proseguì: «E poi, cosa c'è di male in tutto questo? Che cosa, secondo te, rende sbagliato quello che sentiamo? Non abbiamo violato leggi di nessun tipo, né quelle degli uomini né quelle morali: non abbiamo fatto del male a nessuno, non abbiamo fatto nulla che potesse offendere il sentire comune. E allora qual è il problema? La differenza d'età? È qualcosa di così sciocco ed effimero... ho visto tanti fidanzamenti, tanti matrimoni tra persone della stessa età naufragare in modo clamoroso o trascinarsi soltanto per ostinazione; quindi, essere coetanei non garantisce la buona riuscita di un rapporto. Sono solo le convenzioni sociali che ci impongono di vederla in questo modo: non è questo, a essere sbagliato? Lasciare che siano pregiudizi e convinzioni vecchie ed errate, ormai superate, a bloccarci, a limitarci, a guidarci nelle nostre scelte?».
Richard sospirò. «A volte sei troppo saggia per il nostro bene».
«A volte sei troppo ostinato per il nostro bene» gli ritorse contro Agathe senza rancore. «Perché non puoi lasciarti andare e basta?»
L'uomo esitò a lungo. «È pericoloso. Incosciente. E non ci sono abituato».
Agathe lo strinse tanto da fargli dolere le costole. «Dovresti prendere esempio da me e pensare un po' meno».
«Oppure tu dovresti pensare un po' più alle conseguenze delle nostre azioni» replicò fiaccamente l'uomo; il calore del fuoco, la penombra, il peso rassicurante di Agathe lo rilassavano, facendolo scivolare nel dormiveglia.
«Oh, ma io ci penso. Ci penso eccome» rispose bassissima la voce di Agathe, niente affatto turbata. Richard non rispose; le sue palpebre calarono lentamente mentre il sonno lo avvolgeva. Poco dopo anche la ragazza si addormentò e i due restarono così a lungo, lì dove tutte le preoccupazioni svanivano.
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