Thirty Eighth Shade [R]
Richard era nella propria camera da letto quando sentì la porta d'ingresso aprirsi. Nervoso e sorpreso, si scaraventò in corridoio e giù per le scale, sbirciando oltre la balaustra: due giorni prima c'era stato quell'ultimo scontro con Agathe e la ragazza se n'era andata dicendo di avere bisogno di pensare, ma prima gli aveva promesso di tornare di lì a qualche giorno. Richard aveva quasi perso la speranza, ma adesso lei era lì, era tornata...
L'uomo volò giù per le scale, saltò quasi per intero metà dell'ultima rampa con un'agilità che non pensava di possedere e piombò come una furia di fronte al visitatore inaspettato.
Richard sentì il sorriso scivolargli via dal volto.
«Aspettavi qualcun altro?» chiese Damon, inarcando un sopracciglio di fronte all'espressione men che lieta dell'amico.
«Sì... no...». Richard tacque, incurante dello sguardo sardonico del suo migliore amico. «Sì, Damon, e senza offesa, ti sarei grato se te ne andassi. Che ne dici se passo io da te, quando non sei di turno all'ospedale?»
Damon ridacchiò e alzò le mani in segno di resa. «Non c'è problema, ma mi aspetto che tu mi racconti tutto di questa donna che ti sta portando via il senno!»
Anche Richard ridacchiò. «Te l'ho già detto una volta: ti dirò chi è quando l'avrò convinta a sposarmi».
«Allora resterà avvolta nel mistero per il resto dell'eternità, visto quanto ci sai fare con le donne» lo sbeffeggiò l'amico.
«Tu e Alan iniziate a scocciarmi con questa storia» lo rimbeccò l'altro, indicandogli la porta d'ingresso. «Ci vediamo presto, eh!»
«Tanto non potrai scappare per sempre» lo ammonì Damon mentre usciva. «Giovedì arriverà presto!»
«Fin troppo» brontolò Richard, e gli richiuse la porta alle spalle.
«E quando giovedì arriverà, cosa gli racconterai?» chiese una voce. Richard si girò di scatto, terrorizzato.
«Perché devi fare così?» esplose, esasperato.
«Perché è divertente» replicò Alan, mollemente abbandonato contro lo stipite della porta. «Dovresti stare più attento: infilarsi di soppiatto in casa tua è fin troppo facile...»
«Sì, comincio a rendermene conto» sbuffò Richard. «Che vuoi?»
«Soltanto sapere che hai intenzione di fare con la figlia di Evan» replicò Alan. «Sono curioso!»
«In tal caso, temo proprio che resterai insoddisfatto» rispose soave l'altro. «Quello che farò con Agathe riguarda soltanto lei e me».
Il suo amico inarcò un sopracciglio come aveva fatto Damon poco prima. «Allora dovresti stare più attento: farla uscire da casa tua praticamente in lacrime non è stata una gran mossa. Qualcuno potrebbe iniziare a farsi delle domande...»
«A quanto pare, c'è già qualcuno che si fa delle domande» ribatté Richard; lo guardò male, le braccia incrociate sul petto, e per tutta risposta Alan allargò le proprie, di braccia.
«Io non faccio domande: io do le risposte!» disse in tono esageratamente solenne.
Richard si percorse il labbro inferiore con un dito, riflettendo. «Visto che sembri sapere tutto, ho bisogno di un'informazione...»
Alan si sfregò le mani, entusiasta. «Come ai vecchi tempi!» esultò. «Avanti, chiedi pure!»
«Riguarda Agathe» proseguì Richard. «Lei...»
«Sta per arrivare» lo interruppe Alan dopo aver dato un rapido sguardo all'orologio da polso.
Il suo amico era confuso. «Eh?»
«Agathe sta per arrivare. Dovrebbe essere uscita da scuola dieci minuti fa, sarà qui tra poco» ripeté Alan. Si diresse veloce verso l'uscita principale. «Meglio che vada. E mi raccomando, stavolta cerca di non assalirla come hai fatto l'altro giorno: autocontrollo, amico mio! È questa la chiave per il successo!»
«Ma tu come... che ne sai di... lasciamo perdere» esalò Richard, sconfortato.
Alan ammiccò. «Che la Forza sia con te!»
Il padrone di casa si strofinò il volto con le mani, sfinito: Alan e Damon messi insieme riuscivano a sfiancarlo, e dopo tanti anni, ancora non ci faceva l'abitudine.
******
Come Alan aveva previsto, di lì a poco Agathe arrivò a casa di Richard e anche lei preferì intrufolarsi in casa senza premurarsi di bussare.
«Quest'abitudine generale di entrare di nascosto in casa mia inizia a stancarmi» dichiarò Richard, massaggiandosi il petto per l'ennesima volta in quella giornata: entrare in cucina e trovarci Agathe con la testa infilata nel frigorifero poteva anche essere una bella visione, ma se era inaspettata come in quel caso, ti procurava un certo spavento.
«Lo sai che è fin troppo facile entrare qui senza che tu te ne accorga?» rispose Agathe, riemergendo dalle viscere dell'elettrodomestico. «Tanto varrebbe lasciare porte e cancelli aperti».
Richard decise di non raccogliere la provocazione. «Sei venuta solo per saccheggiarmi il frigorifero, o c'è anche un altro motivo?»
Agathe si risistemò il maglione e saltò a sedere su uno sgabello. «È ora di chiarire questa situazione, Prescott» disse, un po' tesa. «Non mi piace la piega che sta prendendo la cosa, quindi forse è il caso di recuperare un rapporto sano».
L'uomo annuì lentamente e sedette a sua volta su uno sgabello, di fronte ad Agathe. «Ti ascolto».
La ragazza puntò i gomiti sul ripiano dell'isola e appoggiò il mento sulle mani aperte. «Elizabeth King» disse. Richard si strozzò con la propria saliva, ma Agathe proseguì, imperterrita: «Sembra ossessionata da te. Perché?».
«Io... lei...» balbettò Richard, impallidendo. «Perché mi chiedi di lei? Io... noi non...»
«Ehi, Prescott, respira» rise Agathe. « È solo che appena annusa il tuo nome nell'aria si agita tutta e le viene l'espressione sognante». La ragazza scrollò le spalle. «E così mi sono incuriosita».
Richard prese alcuni respiri profondi con il naso. «Lei...» esordì, ma si bloccò subito: proprio non ci riusciva, a dirlo. «Diciannove anni fa» ricominciò, «partecipai a una festa in maschera. C'era una montagna di gente, girava parecchio alcool e anche qualche spinello; non era raro scambiare una persona per un'altra, anzi, erano più le volte in cui ci si confondeva che quelle in cui si capiva chi si aveva realmente di fronte. Non era la prima volta che partecipavo a feste del genere, ma quella sera...», l'uomo esitò, «quella sera, dopo aver bevuto parecchi bicchieri di troppo, mi... appartai in una stanza con una donna. Ero talmente sbronzo da non accorgermi che era troppo alta per essere la donna che credevo. Ci spingemmo parecchio avanti prima che mi rendessi conto che non era chi pensavo».
Il volto di Agathe si illuminò in un lampo di comprensione. «Mi stai dicendo che ti sei portato a letto Elizabeth King?» singhiozzò mentre scoppiava a ridere.
«Non a letto» la corresse Richard, a disagio. «Non siamo andati tanto oltre. Però... ecco, quando capii chi era inventai una scusa, dissi che non me la sentivo di approfittare di lei in modo così squallido, mentre eravamo sbronzi, e che preferivo rimandare a quando saremmo stati pienamente consapevoli delle nostre azioni. Da quel giorno ho evitato lei e le feste di quel tipo, ma...»
«...ormai il danno era fatto» concluse Agathe per lui. «Però!»
«Era già ossessionata da me, ma da quel giorno la cosa peggiorò notevolmente» borbottò Richard. «Soddisfatta, ora?»
«Non sai quanto» rispose Agathe, un sorriso malandrino sul volto.
«E adesso mi spiegherai in che modo raccontarti questa storia migliorerà il nostro rapporto?» disse lui.
«Molto volentieri» replicò subito la ragazza. «Prima di tutto, ha stemperato la tensione che si è creata tra di noi negli ultimi tempi e che è culminata nella scena dell'altro giorno; in secondo luogo, ha contribuito a incrementare la fiducia reciproca; terzo, mi ha permesso di conoscere un altro pezzetto di te; e poi...»
«Va bene, basta, ho capito» la interruppe Richard. «Quindi ora è tutto sistemato?» chiese. Era scettico: gli sembrava troppo semplice che Agathe lasciasse passare la scena penosa di qualche giorno prima soltanto ottenendo risposta a una domanda tanto sciocca.
«No, ma è un passo avanti» rispose la ragazza. «Un grosso passo avanti».
L'uomo non era ancora convinto. «Mi sembri troppo tranquilla perché possa essere la verità».
Agathe fece un goffo cenno con la testa. «Non sono poi così tranquilla: una parte di me si ripete di stare attenta, di pesare ogni parola, perché teme che tu possa scattare come hai fatto l'altra mattina...». S'interruppe e incassò la testa tra le spalle. «Poi però ripenso a quando mi hai liberata di Noah a quella stupida cena e di quando me l'hai tolto di dosso, alla boutique... di come mi hai difesa dalla mia stessa famiglia quando ti sei accorto che in una certa misura si vergognano di me... e ricordo che tu sei quell'uomo lì. Quello cavalleresco e fin troppo compito, non il... il pazzo che mi è saltato addosso due giorni fa».
Richard intrecciò le dita davanti al proprio volto. «Tu hai paura di me» decretò a bassa voce, sentendosi stranamente scioccato: in fondo, era prevedibile che Agathe provasse sentimenti del genere. «Non ho mai desiderato questo, e francamente non avrei mai immaginato di poter diventare così... orribile».
Agathe gli rivolse uno sguardo strano. «Io non penso che tu sia orribile» disse piano. «Ho un po' di paura per la tua reazione dell'altro giorno, è vero, ma capisco che per te sia difficile, anche se dovresti essere più preparato di me. In fondo tu ci sei già passato, mentre io...». La voce della ragazza sfumò fino a spegnersi e Richard la fissò, genuinamente perplesso.
«Non ti seguo. Cos'è che sarebbe difficile, per me?» le domandò.
Stavolta lo sguardo di Agathe era sospettoso. «Parlavo di...». S'interruppe, incredula, e a ogni mutamento d'espressione sul suo volto, Richard si sentiva un po' più confuso di prima. «Io credevo...». Si bloccò di nuovo. «Tu non hai la minima idea di cosa stessi dicendo» concluse la ragazza, sbalordita. «Pensavo che tu...» balbettò. «Insomma, che tu sapessi che io... e tu... insomma, che è lo stesso per entrambi...»
Dire che Richard non ci stava capendo più nulla era un eufemismo. «Agathe, potresti spiegarti?» la pregò. «Se biascichi cose senza senso non riesco a seguirti!»
La ragazza annaspò. «Non è... niente» farfugliò. «Niente d'importante, davvero. Erano solo pensieri miei, sai... come dire... avevo riflettuto su una cosa, ma penso proprio di essermi sbagliata...»
«Se me ne parlassi, magari potrei darti la mia opinione...» propose Richard, nel tentativo di venire a capo del groviglio in cui si era trasformata quella conversazione.
Agathe saltò su come se le avessero dato la scossa.
«No!» disse con voce acuta. «Voglio dire... non ce n'è bisogno, è solo una cosa stupida, non vale la pena di perdere tempo a parlarne...». Controllò l'orologio. «Devo scappare, Lara mi sta aspettando, pranziamo insieme». E con quella scusa che suonava poco convincente alle sue stesse orecchie e per niente credibile a quelle di Richard, la ragazza afferrò le proprie cose e schizzò fuori dalla casa come se avesse il diavolo alle calcagna, lasciandosi dietro l'uomo stordito, confuso, e senza la minima idea di cosa fosse accaduto in quegli ultimi cinque minuti.
******
La scusa che Agathe aveva rifilato a Richard non era una vera e propria invenzione: nel caso specifico, infatti, era stato più il porre come un impegno già assunto quello che era nato come un desiderio – anzi, un bisogno – improvviso e insopprimibile.
Quando irruppe in casa Zimmermann come una furia, Agathe aveva ormai un disperato bisogno di parlare con la sua migliore amica.
«Will, accidenti, che spavento!» si lamentò Damon, preso alla sprovvista dalla comparsa improvvisa della ragazza. «È tutto a posto? C'è qualcosa che non va?» indagò, preoccupato dagli occhi sgranati di Agathe e dalla sua espressione sconvolta.
«Sì... no... sì... oddio, mi serve Lara, subito!» rispose frenetica.
L'uomo alzò gli occhi al cielo con fare teatrale. «Ho capito: si tratta di problemi di cuore!» dichiarò trionfante.
Agathe gli tirò contro la sciarpa appallottolata e lo centrò sul naso.
«Smettila di prendermi in giro e dimmi dov'è quella sciagurata di tua figlia, che quando serve non c'è mai!» disse lei.
«Chi è che non c'è mai quando serve?» chiese l'interessata, perplessa, riemergendo dalla cucina.
Più veloce di un fulmine, la sua amica l'agguantò per un braccio. «Eccoti!» brontolò, e la spinse verso le scale. «Ti devo parlare!»
«Non ci crederai ma l'avevo intuito» replicò pungente Lara, lasciando però che l'altra la trascinasse a suo piacimento: quando Agathe era in quello stato d'animo, la cosa migliore era assumere un atteggiamento passivo e permetterle di fare quello che preferiva.
«Non puoi immaginare cos'è appena successo» farfugliò Agathe quando finalmente furono chiuse a chiave in camera di Lara.
«Prescott ti ha aggredita di nuovo?» indagò l'altra ragazza in tono feroce. «Perché se l'ha fatto, prendo un paio di forbici e gli taglio...»
«No, no, non ha fatto nulla!» la tranquillizzò subito Agathe. «È che...». Si interruppe e camminò avanti e indietro nervosamente. «Stavamo parlando, e io...». Annaspò di nuovo. Lara si spazientì.
«Parla!» le intimò.
La sua amica si coprì il volto con le mani e borbottò qualcosa di incomprensibile.
«Agathe» la minacciò Lara, «se non ti decidi a dirmi che accidenti è successo, giuro che ti prendo a schiaffi!».
Agathe sbuffò. «D'accordo» rispose in tono petulante. «Come ben sai, poco fa ero a casa di Prescott perché volevo parlargli» esordì.
«E ci sei riuscita?» chiese distratta la sua amica, tutta intenta a scrivere un messaggio al proprio fidanzato. Agathe le strappò il cellulare dalle mani e lo lanciò sul letto.
«Sì, sì, ma la cosa importante è un'altra» sbuffò. «Pensa che io lo ritenga una persona orribile; stavo cercando di spiegargli che non è così, e mi sono addentrata in un discorso un po'... un po'... ecco...»
Lara corrugò le sopracciglia. «Un po' cosa?»
«Ecco, io stavo... stavo per dirgli che sono... sono...» esitò, «attratta da lui» balbettò.
Ora le sopracciglia di Lara erano sollevate in due archi perfetti.
«Stavi per dirgli qualcosa di un po' più compromettente, secondo me» replicò. «Qual è il problema, Will? Prescott ha una presa su di te che nessuno ha mai avuto. Non c'è niente di male ad ammetterlo».
«Sì ma... io... io gli ho detto che capivo che per lui fosse difficile...» pigolò la sua amica. «E lui era così confuso...»
«Un momento» la interruppe bruscamente Lara. «Mi stai dicendo che Richard Prescott non ha capito di cosa stavi parlando?»
Agathe annuì e sollevò le spalle fino a far sparire il collo. «Sì» mormorò, quasi in lacrime.
«Che cavolo, Will, certo che per essere tanto intelligente, a volte quell'uomo è così... tonto!» sbottò l'altra. «Ma come fai a sopportarlo? È un disastro su tutti i fronti!»
«Non è un disastro!» replicò Agathe con furore, punta sul vivo. «È spudoratamente intelligente, affascinante, colto, cavalleresco... ha solo fatto un errore! Be', due errori, ma...». Si interruppe, notando solo in quel momento le risate che Lara stava malamente trattenendo. «Mi stavi prendendo in giro!»
«Oh, sorellina, come ha fatto quell'uomo a non aver capito di cosa parlavi? È così evidente...» disse Lara con dolcezza.
«Forse no» borbottò Agathe. «Non se per lui non è lo stesso...»
«Credo che sia soltanto spaventato» replicò Lara. «Non conosci il suo passato così come lui non conosce il tuo: magari ha avuto delle brutte esperienze e non ha il coraggio di fidarsi, di ammettere a se stesso quello che prova» disse saggiamente. «E se non riesce ad ammetterlo neanche a se stesso, come potrebbe confessarlo a te?»
«Non ci capisco più niente, pescetto» mormorò Agathe, sconfortata. Sedette sul letto e si fissò le ginocchia. «Che devo fare?»
«Continua a vivere la tua vita senza avvelenarti l'anima, programma il tuo futuro a prescindere dalla persona che potresti avere accanto, goditi le piccole cose» rispose Lara. «Ma qualsiasi cosa accada, non lasciare più che qualcuno possa distruggerti: sei mia sorella e ti voglio troppo bene per poterti vedere di nuovo ridotta in quello stato».
Agathe intrecciò le dita con un sorriso amaro. «Sono diventata una di quelle ragazze patetiche che ho sempre detestato» dichiarò.
«È concesso a tutte, ogni tanto» replicò la sua migliore amica. «Io avrei perdonato Marcus, se per mesi tu non mi avessi martellato il cervello in ogni istante libero ripetendomi tutto quello che mi aveva fatto e quello che tu mi avresti fatto se mi fossi azzardata a tornare insieme a lui».
L'altra ragazza rimase immobile e in silenzio per parecchi minuti, a capo chino, assorbendo le parole di Lara. Quando rialzò lo sguardo, c'era una nuova determinazione nei suoi occhi. Lara esultò internamente: quello era lo sguardo di Agathe, pieno di forza, di vivacità e anche di un pizzico di follia. Anzi, in quel momento la follia era ben più di un pizzico...
«Devo raccontarti che cosa ho scoperto prima che io e Prescott avessimo quella conversazione disastrosa» disse la ragazza, ridacchiando in modo niente affatto rassicurante.
«È qualcosa di divertente?» indagò Lara, mentre una scarica di adrenalina la attraversava: conosceva quella particolare sfumatura nel tono di voce dell'amica, e tutto le diceva che all'orizzonte si andava profilando uno dei loro piani grandiosi.
«Di più» ribatté Agathe. «È qualcosa di utile!» precisò, esaltata. «Chiama Thomas: avremo bisogno anche del suo aiuto... e poi sarebbe un peccato tagliarlo fuori e tenere il divertimento tutto per noi!»
Adesso Lara era più curiosa che mai. «Tagliarlo fuori da cosa?» domandò, già elettrizzata.
La sua migliore amica le rivolse uno sguardo malandrino. «Adesso te lo spiego...»
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