Sixty Seventh Shade [R]
Agathe era stata sinceramente scettica sulle possibilità di riuscita del piano elaborato da Richard e Alan ma fu costretta a ricredersi quando, neanche una settimana dopo quella chiacchierata, una Leah abbronzatissima e con una criniera di capelli ingestibili portò il caos a Hersham.
Quel giorno le lezioni alla St. Margaret erano terminate da poco, e le due ragazze avevano appena imboccato l'otto quando una figura femminile alta e scattante si fece loro incontro quasi correndo.
«Leah!» gridò Lara, incredula e felice: sebbene non si vedessero spesso adorava la sua madrina, che con lei si era comportata da madre più di Vivienne stessa. «Sei tornata! Quanto resterai?»
«Un bel po'» rispose Leah dopo averla strizzata in un abbraccio molto energico prima di passare ad Agathe, che si lasciò strapazzare con piacere: Leah era uno spasso. «Mi hanno fatto notare che è venuto il momento di tornare a casa e fare il punto sulle mie ricerche per pubblicarle... e magari anche mettere radici».
La donna storse il naso e Agathe si morse le labbra per trattenere le risate: non dubitava che le ultime fossero parole di Richard, e neanche sforzandosi riusciva a immaginare come Leah avesse preso quella sorta di paternale.
«Le radici? Tu?». Persino Lara trovava l'idea talmente strana da essere divertente: Leah era chiaramente uno spirito libero. «Secondo me non resisterai più di tre mesi...»
Leah la guardò, offesa. «Grazie della fiducia!»
«Non si tratta di fiducia, ma di conoscerti o meno» ridacchiò Agathe sotto i baffi, «e noi ti conosciamo bene».
«Oh, be', parliamo d'altro» tagliò corto la donna, prendendo le due ragazze sottobraccio e avviandosi decisa verso casa Zimmermann. «Ormai siete maggiorenni, tra poco andrete al college... raccontatemi le novità!»
«Lara si è fidanzata» rivelò rapida Agathe. La sua migliore amica le rivolse una smorfia infastidita, e lei le mostrò la lingua: sapeva che a stizzire Lara non era tanto la rivelazione che Agathe aveva appena fatto, quanto la consapevolezza di non poterle rendere il favore.
«Davvero?». Il volto di Leah s'illuminò notevolmente prima di rabbuiarsi. «Non sarai mica tornata da Marcus, vero?» chiese in tono minaccioso.
«Dio, Leah, questo mai» rispose Agathe per Lara. «Li avrei picchiati entrambi!»
«Buono a sapersi!» sghignazzò entusiasta la biologa, spingendo le due ragazze davanti a sé perché aprissero il cancello. «Adesso copritemi e fate finta di nulla: Damon ancora non sa che sono tornata e voglio fargli una sorpresa!»
Agathe nascose un sorrisetto divertito: non aveva dubbi che suo zio sarebbe rimasto a bocca aperta, nel trovarsi di fronte la sua vecchia amica d'infanzia.
******
Damon era intento a godersi l'ultima ora di tranquillità prima di andare al lavoro quando sentì le voci schiamazzanti di Lara e Agathe riempire la casa. Sorrise tra sé, divertito e rassegnato, prima di aggrottare istintivamente le sopracciglia: le due ragazze erano spesso rumorose quando erano insieme, ma le loro sole voci non erano mai state tanto assordanti. No, non potevano fare tanto caos da sole... e infatti, tendendo le orecchie, l'uomo si rese conto che le voci erano tre.
Perplesso, si alzò dal divano, ma aveva fatto solo due passi verso la porta quando le due ragazze comparvero sulla soglia, scarmigliate e ridacchianti.
«Devo preoccuparmi, ragazze?» chiese Damon in finto tono di sopportazione: Agathe e Lara si stavano scambiando delle occhiatine maliziose ed era pronto a giurare che nascondessero qualcosa.
Le due si guardarono intorno, vaghe. «Perché sei tanto sospettoso, papà?» piagnucolò Lara.
Suo padre non ci cascò neanche per un attimo.
«Perché vi conosco» fu la secca replica. Guardò Agathe, che ancora tratteneva un sorrisino compiaciuto e nient'affatto rassicurante. «Visto che Lara fa la vaga, Will, tocca a te: sputa il rospo!» ordinò.
Agathe dondolò sui talloni, palesemente lieta che la mossa toccasse a lei.
«Abbiamo una piccola sorpresa per te, zietto caro» disse soave. Le parole avevano appena lasciato le sue labbra e sul volto dell'uomo si era già dipinta un'espressione allarmata: quando Agathe lo chiamava "zietto" non c'era niente di buono in serbo per lui, lo sapeva bene.
«Che avete fatto? Avete picchiato qualcuno e devo rimetterlo in sesto prima di convincerlo a non denunciarvi? O volete che faccia sparire un cadavere?». Il suo sguardo si fece sospettoso. «Non mi avrete rubato dei farmaci!»
«Sei sempre il solito drammatico!» trillò una voce femminile: solo che, Damon ne era certo, né Lara né Agathe avevano aperto bocca. Non sapeva spiegarselo... o magari era quella, la sorpresa: erano due ventriloque e si erano proposte di farlo impazzire, spingendolo a pensare di sentire delle voci!
Perso nei propri pensieri, l'uomo non vide le due ragazze spostarsi per lasciare spazio a una terza donna.
«E allora? Non mi saluti?» disse la stessa voce, offesa.
Damon batté le palpebre, e i suoi occhi s'illuminarono.
«Leah!» esclamò entusiasta; si slanciò verso di lei, la prese tra la braccia e la strinse fino a toglierle il fiato.
«Ehi, amico, piano! Così mi fai male!» protestò Leah, ma nella sua voce c'era la chiara eco di un sorriso. I due si staccarono impercettibilmente e si guardarono, felici di rivedersi dopo tanto tempo.
Lara e Agathe si ritirarono in punta di piedi, lasciandoli soli.
******
«Non ci posso credere».
Richard non batté ciglio e prese un ultimo appunto prima di lasciare la penna e alzare lo sguardo su Agathe.
«Cos'hai detto? Temo di non aver sentito». La voce strascicata dell'uomo fece aggrottare la fronte di Agathe, che tentennò per un istante prima di sbuffare infastidita.
«Ho detto che non ci posso credere» ripeté la ragazza con voce alta e chiara. «A quanto pare non solo hai convinto Leah a tornare, ma ci sei riuscito in tempo record. Sono sinceramente ammirata».
Richard sorrise compiaciuto. «È stato facile» disse con arroganza: per un attimo ad Agathe tornò in mente il Richard del loro primissimo incontro, quello al Luxury che li aveva visti urtarsi e insultarsi.
«Percepisco un "ma" nell'aria» replicò sarcastica Agathe.
L'uomo inarcò le sopracciglia. «Nessun ma. Devo però ammettere che il fatto che Leah avesse già terminato la propria ricerca ha semplificato parecchio il mio lavoro: le ho soltanto dato la spintarella che le serviva per tornare subito, invece di procrastinare com'è sua abitudine».
Agathe gli rivolse un sorriso irritante. «E ti pare poco?» sghignazzò.
«La cosa che più m'infastidisce è il perdere punti ai tuoi occhi» scherzò lui.
La ragazza si lasciò scivolare sulle ginocchia di Richard: la gonna a pieghe che indossava si attorcigliò, lasciando scoperta una più ampia porzione delle sue gambe. «Non potresti mai perdere punti ai miei occhi, caro» sussurrò morbida, avvicinando il volto a quello dell'uomo: Richard poteva sentire le sue labbra sfiorare le proprie a ogni parola che pronunciava. «Penso anzi che meriti un premio: lo zio era davvero felice di rivedere Leah...» proseguì Agathe; la sua voce sfumò e la punta della sua lingua percorse il labbro inferiore di lui in una carezza sensuale.
E Richard adorava quando Agathe giocava a fare la femme fatale.
«Ah sì? E che tipo di premio hai in mente?» la provocò.
Agathe non rispose: le sue dita slacciarono lente la camicia dell'uomo, gli occhi fissi sulla stoffa, all'apparenza totalmente assorta in quel compito. Richard sentiva i polpastrelli caldi sfiorarlo a mano a mano che sfilavano i bottoni dalle asole e non poté impedirsi di rabbrividire: ogni volta che Agathe lo avvolgeva, lo baciava, lo toccava o semplicemente lo sfiorava, un calore simile a lava incandescente riempiva ogni sua cellula.
La mano di Agathe si posò al centro del petto ormai nudo di Richard: poteva sentire il battito frenetico del suo cuore contro il suo palmo, come se dovesse balzare fuori da un momento all'altro.
«Qualche volta mi chiedo se non stiamo diventando banali» disse divertita la ragazza. «Una di quelle coppiette melense, prive di nerbo, che non sanno fare altro che stuzzicarsi e sbaciucchiarsi».
Richard alzò le mani. «Ah, questo mai!» replicò corrucciato. «O meglio, potrebbe accadere, ma in quel caso non credo che durerebbe a lungo: uno dei due si stancherebbe presto di tanta monotonia... o più probabilmente entrambi...»
Agathe si mise a ridere e annuì. «Sì, credo tu abbia ragione» rispose, cominciando a riabbottonargli la camicia. «È che sei troppo invitante e io non trovo un buon motivo per trattenermi».
L'uomo le rivolse un sorriso spocchioso. «Se ti può consolare, per me è lo stesso» mormorò; la baciò sotto l'orecchio e Agathe grugnì infastidita.
«Così non mi aiuti» protestò infatti lei pochi secondi più tardi.
«Mai detto di volerlo fare» replicò distratto Richard, massaggiandole lo scalpo.
«Non dovresti concentrarti sul... sulla prossima parte del tuo piano malefico?» gemette Agathe, incapace di respingerlo.
«Finché Leah non verrà a farmi visita, non potrò fare nulla. E lo stesso vale per Alan».
Proprio in quel momento il campanello trillò a più riprese.
«Parli del diavolo...» borbottò Richard, rassegnato. Lasciò andare Agathe, che raccolse le proprie cose e si accinse a scappare dall'uscita sul retro. «Ma non credere che il nostro discorso finisca qui!» quasi le urlò dietro lui. «Riprenderemo quanto prima!»
L'unica risposta che ottenne fu la risata di Agathe, soffocata dalla porta che si chiudeva.
Risistemandosi velocemente i vestiti, Richard sbuffò e andò a passo di marcia verso la porta d'ingresso, mentre il suono del campanello diventata un unico, lungo, ininterrotto gemito. Assordante. E fastidioso.
Da Leah, insomma.
«ARRIVO!» ululò esasperato Richard, pur sapendo che probabilmente Leah non avrebbe potuto sentirlo. Un rapido sguardo al videocitofono gli confermò l'identità del visitatore e lui pigiò impaziente il pulsante che apriva il cancello.
Dieci secondi dopo Leah entrò come una furia dalla porta.
«Rick!» urlò esaltata la donna, saltando al collo dell'amico e stringendolo come se dovesse soffocarlo. Per un attimo, mentre tentava inutilmente di riprendere fiato, Richard pensò che forse l'intenzione di Leah era proprio quella. «Quanto mi sei mancato! Sono secoli che non ci vediamo!». Finalmente si staccò e l'osservò con aria critica. «Accidenti se sei invecchiato!»
«Cos... che?» farfugliò lui, strozzandosi con la sua stessa saliva prima di voltarsi e cercare freneticamente con gli occhi uno specchio.
Leah ridacchiò, deliziata. «Sei sempre il solito vanesio!» lo schernì. «Ora rilassati e prendi fiato: stavo solo scherzando. Stai benissimo!»
Nonostante non volesse darle soddisfazione, Richard non poté fare a meno di prendere davvero un gran respiro, sollevato. «Vedo che sei tornata» grugnì.
«Come avrei potuto resistere, dopo che uno degli editori più pignoli e selettivi della Gran Bretagna si è offerto di pubblicare i miei studi?» disse ironica lei. «Una proposta del genere non si può rifiutare!»
Richard alzò gli occhi al cielo e le passò un braccio intorno alle spalle. «Un the?»
«Solo se è il the speciale alla menta di tua madre!» rispose allegra Leah. «Quello sì che mi è mancato... quando ti deciderai a darmi la ricetta?»
Lui alzò il naso con aria snob. «Le indicazioni di mia madre sono state chiare: quello è un segreto che potrà essere svelato solo alla nuova signora Prescott».
«Ma visto che la casata sembra destinata all'estinzione...» insinuò maliziosa Leah.
«E chi te lo dice?» ribatté Richard all'istante, offeso, prima di darsi mentalmente dell'imbecille: era appena cascato nella trappola dell'amica. E con tutte le scarpe!
«Aha! Allora c'è una potenziale signora Prescott nascosta qui da qualche parte!» esultò la donna. «Chi è? Come l'hai conosciuta? Da quanto va avanti? È carina? E soprattutto, come fa a sopportarti?»
Richard strabuzzò gli occhi. «Sei sicura che tu e Alan non siete due gemelli separati alla nascita?» bofonchiò. «Perché davvero, siete entrambi così impiccioni da non sembrare veri!»
«Non siamo impiccioni: è solo che ci preoccupiamo per gli altri e vogliamo sapere se va tutto bene!» rispose Leah, con un'espressione innocente che non convinse affatto lo storico.
«Sì, certo. Raccontala a qualcun altro!» disse infatti Richard.
«E allora? Non risponderai a nessuna delle mie domande?» insisté Leah in tono supplichevole.
«Hai già visto Damon?» rispose invece lui, cercando in tutti i modi di distrarre l'amica: per sua fortuna, funzionò.
«Oh sì, vengo proprio da casa sua» disse Leah, illuminandosi. «Con l'aiuto della mia figlioccia e della sua migliore amica sono riuscita a fargli una sorpresa niente male. Non se l'aspettava, di vedermi comparire dentro casa sua così, di punto in bianco!»
«Ci puoi giurare, che non se l'aspettava» mormorò compiaciuto Richard.
Lei lo guardò incuriosita. «Perché no? Non gliel'avevi detto?»
L'uomo si grattò la nuca mentre prendeva dalla credenza un barattolo speciale: quello della famosa miscela di the e menta creato dalla sua bisnonna e tanto amato da sua madre. «Be', no, non gliel'avevo detto» rispose infine; mise sul fuoco il bollitore e strappò il barattolo dalle mani di Leah, che ci stava frugando dentro come se questo potesse svelarle il segreto che rendeva quel the così buono. O magari, rifletté Richard, sperava di trovare in mezzo alle foglie essiccate un pezzo di carta con su scritta la ricetta: conoscendo Leah, era possibile. «Avevo pensato anch'io di fargli una sorpresa, dando per scontato – erroneamente, a quanto pare – che saresti andata prima dal tuo editore e solo poi a fare le dovute visite di cortesia» concluse altero.
Leah rise tanto da rischiare di cascar giù dallo sgabello.
«L'hai pensato davvero? E quando mai ho messo il lavoro prima degli affetti, Rick?» sghignazzò.
Lui inarcò le sopracciglia così tanto che per un attimo parve che dovessero diventare un tutt'uno con l'attaccatura dei capelli.
«Stai scherzando, vero? Dimmi che scherzi» replicò.
«Non scherzo, no» rispose meravigliata Leah pochi istante dopo.
«Allora l'acqua di mare ti ha danneggiato il cervello e, più precisamente, la memoria a lungo termine» ribatté Richard. «Te lo ricordi, vero, che appena finito il college sei partita per fare un master in Giappone? E che poi ti sei spostata quasi senza sosta, passando la maggior parte del tuo tempo in giro per i vari oceani e mari del mondo, tornando a casa solo di tanto in tanto e mai per più di tre mesi di seguito?»
«Dio, Rick, come sei pedante!» sbuffò Leah. «E va bene, negli ultimi vent'anni ho vagabondato un po'...»
«Un po'? Un po'?» le fece eco Richard, incredulo. «Santi numi, Leah, sei appena tornata dopo un'assenza di quattro anni e solo perché ti ho dato una spintarella per farlo!»
«Te l'ho già detto che sei pedante?» tentò di nuovo lei.
«Me lo ripeti da quando ho compiuto diciassette anni, e comunque non provare a distrarmi: lo sai che con me non funziona!» la redarguì il padrone di casa.
Leah alzò le braccia per un istante, poi le lasciò ricadere con aria sconfitta. «E va bene: sono stata una pessima amica, sempre lontana, troppo impegnata a inseguire le sfide che mi si presentavano che a dedicare del tempo alla famiglia e agli amici. Soddisfatto?»
«Mica tanto». I due si scrutarono con un identico sguardo di sfida. «Sarebbe stato meglio se fossi rimasta».
«Perché? Per caso il mondo è andato a rotoli, mentre non c'ero?» lo incalzò Leah, sarcastica.
«Un po'. Solo un po'» rispose sincero Richard. Incrociò le braccia e lasciò vagare gli occhi per la cucina, meditabondo. «A volte non posso fare a meno di pensare che se tu non fossi partita, dopo la laurea, le cose sarebbero andate molto diversamente per tutti noi».
Ormai catturata dai ragionamenti espressi a metà del suo saggio – e a volte fin troppo riflessivo – amico, Leah appoggiò il mento sulle mani, ascoltandolo concentrata.
«Perché mai io avrei dovuto fare la differenza?» chiese calma.
Richard si strinse nelle spalle. «Non lo so. Quello che so è che dopo la tua partenza siamo rimasti in tre – io, Damon e Alan – e per quanto io mi sforzassi di essere la voce della ragione, c'era sempre qualcosa che mancava, qualcosa che c'impedisse di prendere dei semplici abbagli, che ci guidasse nella direzione giusta o che ci dissuadesse dal compiere le peggiori scelte possibili, mostrandoci dove e perché sbagliavamo. Mancava qualcosa» ripeté. «Il punto di vista femminile, probabilmente».
Fu il turno di Leah di inarcare le sopracciglia. «Cosa credi, che io avrei magicamente eliminato ogni problema dalle vostre vite?» domandò ironica.
Lui scosse la testa. «Forse Alan potrebbe pensare qualcosa di tanto folle e... romantico» commentò. «Io mi baso solo sui fatti e su delle ipotesi accettabili. Eravamo tre uomini, ma con una donna tra noi, a mostrarci quello che da giovani ancora non potevamo capire – non che adesso ne capiamo molto di più, di certe cose... allora sì, penso che parecchie cose sarebbero potute essere diverse, molto probabilmente migliori. Magari tu saresti riuscita a spiegare a Damon perché Vivienne non andava bene per lui, cosa che a me non è mai riuscita di fare; magari saresti stata capace di aiutare Alan a non chiudersi in sé per vent'anni nella convinzione che non avrebbe mai trovato un uomo adatto a lui; e magari saresti anche riuscita a farmi evitare qualcuna delle tante relazioni disastrose che ho avuto, facendomi notare che sceglievo sempre le donne sbagliate...»
La risata di Leah risuonò assordante nella cucina insieme al fischio del bollitore.
«A quanto pare, avevi sintetizzato alla perfezione il tuo pensiero, quando hai detto che forse vi è mancato un punto di vista femminile» esalò, asciugandosi le lacrime di divertimento dal viso e ringraziando con un cenno il suo ospite, che le aveva appena messo di fronte una tazza di porcellana piena di the fumante. Aspirò avidamente il profumo che si levava in spirali di vapore prima di proseguire. «Ma, amico, hai mai pensato che forse neanch'io sarei riuscita a farvi ragionare? Forse non eravate pronti e basta per certe cose, forse avevate bisogno di sbagliare e rompervi la testa per conto vostro. In fondo è così che si cresce, no? Tentando, sbagliando e rialzandosi per provare ancora».
Richard le sorrise. «Sì, è così che si cresce: e per quanto io non riesca a credere ai miei occhi, alla fine sei cresciuta persino tu!»
La donna rise di nuovo. «Non dirlo neanche per scherzo: voglio essere una novella Peter Pan e restare immatura anche quando sarò una vecchia zitella rugosa!»
Il padrone di casa si unì a lei nella risata.
«Vecchia e rugosa forse sì, ma se dipende da me, non diventerai certo una zitella» mormorò Richard tra sé, compiaciuto, e così piano che Leah non lo sentì.
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