Sixty Second Shade [R]
Ad Agathe non era mai sembrato che il tempo scorresse lentamente come quel pomeriggio. La dichiarazione di Richard e quello che aveva scatenato in lei avevano esasperato il suo desiderio di passare del tempo da sola con l'uomo, così la diciottenne aveva atteso con impazienza che Gisèle finisse di prepararsi e partisse con Evan alla volta di Londra. Genitori e figlia si erano scambiati a malapena un saluto: non era la prima volta che i coniugi Williams passavano la notte a Londra lasciando la loro secondogenita a Hersham, dunque non si erano curati di farle raccomandazioni di sorta. Agathe ne era stata più che lieta: si era sempre sentita autorizzata a fare qualsiasi cosa non le venisse espressamente vietata, e quella sera più che mai aveva temuto gli ammonimenti di Evan.
Non appena i suoi genitori furono fuori vista, la ragazza si scaraventò sotto la doccia, mandando al contempo un messaggio con una disperata richiesta d'aiuto a Lara.
Quando riemerse dal bagno, venti minuti più tardi, trovò la sua migliore amica seduta sul letto con aria perplessa.
«Allora, Will, come mai tanta fretta di vedermi?» chiese. Inarcò le sopracciglia. «Prescott non ti avrà dato picche!» la motteggiò.
«No, no» rispose Agathe, di nuovo senza fiato al solo ricordo dell'uomo e della conversazione che avevano avuto poche ore prima. «Non puoi immaginare cosa sia successo...»
Lara assunse un'espressione allarmata. «Non avrete litigato di nuovo!» esclamò.
«No, no, no...» negò subito Agathe, scuotendo i capelli bagnati. «Tutto il contrario, in effetti!»
Adesso l'espressione della sua migliore amica era scocciata. «Spiegati» disse solo.
Agathe si appollaiò sul letto accanto a lei e si abbracciò le ginocchia. Un sorriso le si dipinse sul volto quasi contro la sua volontà. «Ha detto che mi ama» sussurrò.
L'altra sgranò gli occhi, certa d'aver capito male. «Come, scusa?»
«Ha detto che mi ama» ripeté Agathe con voce più decisa. Il suo sorriso divenne ancora più ampio. «Ha detto che mi ama!» urlò, buttandosi con la schiena sul materasso e ridendo.
Lara si gettò su di lei e l'abbracciò. «Sorellina, è meraviglioso! Finalmente quel testone si è svegliato: e pensare che ormai non ci credevo più!». Si rialzò e le rivolse uno sguardo eloquente. «Che ci fai qui? Dovresti essere da lui!»
«Stavo aspettando che i miei genitori togliessero il disturbo» replicò la sua amica. «E questo ci porta al motivo per cui ti ho chiesto di venire a casa mia...»
«Ah, quindi non era per dirmi che Prescott ha finalmente ammesso di amarti?» la interruppe Lara.
«Sì, certo, anche per quello» rispose sbrigativa Agathe, «ma soprattutto perché... ecco...» cincischiò, giocherellando con la cintura dell'accappatoio.
Lara si schiaffò una mano sulla fronte. «Non dirmelo: non sai cosa mettere!» gemette incredula.
«Sì!» gnaulò Agathe. «È una sera importante! Cioè, so che è stupido preoccuparsi proprio di questo, ma...»
«... ma dovresti pensare che il tuo intento, stasera, è di far sì che Prescott i vestiti te li tolga, non che resti ad ammirarti da lontano!» replicò Lara senza neanche darle il tempo di finire.
«Così non sei d'aiuto» brontolò l'altra.
«Altroché se lo sono» rispose imperturbabile Lara. «Mettiti addosso una cosa qualsiasi e va'. A Prescott non importerà dei tuoi vestiti: ha detto che ti ama, ti pare che possa preoccuparsi che tu non sia vestita all'ultima moda o truccata alla perfezione?». Le diede una spintarella. «Muoviti!»
******
Richard misurava la cucina a passi nervosi, controllando l'orologio: erano quasi le dieci e Agathe ancora non si vedeva. Nel suo andirivieni scrutava oltre le finestre ogni volta che vi passava davanti: era certo che Agathe sarebbe passata dal retro, come sempre, e aveva lasciato socchiusi il cancello e la porta in attesa che lei arrivasse.
Prima o poi invece di Agathe sarà un ladro a entrarmi in casa, rifletté. Magari dovrei darle le chiavi e farla finita, fa avanti e indietro a suo piacimento in ogni caso.
Era preso da questi pensieri quando il suo orecchio ormai allenato colse dei passi leggeri fuori dalla porta e la serratura scattare.
Lui e Agathe quasi si scontrarono sulla porta della cucina.
«Sono in ritardo, Prescott, lo so, scusami» disse lei tutto d'un fiato. «Non credevo di...»
Non riuscì a finire la frase: Richard infatti, incurante delle sue scuse, l'aveva zittita incollando la propria bocca a quella di lei mentre le sfilava la giacca.
«Non posso credere che tu abbia deciso di indossare dei jeans proprio oggi» disse quando si staccarono per riprendere fiato.
Agathe arrossì. «Ecco io... so che non sono granché ma... ma...»
Richard le posò un dito sulle labbra. «Non m'interessa come sei vestita» asserì con calma. «In effetti, l'unica obiezione che ho contro questi pantaloni è che ci vuole troppo tempo per sfilarteli».
La ragazza arrossì, se possibile, ancora di più. «Io... io...»
Lui finse di nuovo di non sentirla. «Ma questo è un problema mio» proseguì, iniziando a sbottonarle i pantaloni, «e sta' pur certa che non mi lascerò fermare da un paio di jeans. Te li toglierò anche a costo di tagliarli».
Agathe andò in apnea, incapace di fare alcunché; e quando Richard le abbassò i pantaloni fino alle caviglie per poi accarezzarle le cosce, balbettò qualcosa d'incomprensibile.
«Che c'è, folletto mio?» chiese distrattamente lui, mentre si inginocchiava e le sfilava le scarpe e i pantaloni.
La ragazza provò di nuovo a parlare, ma il suo secondo tentativo non fu migliore del primo.
«Non posso capirti se non articoli suoni intelligibili, piccola» aggiunse Richard. Dopo qualche altro balbettio, capì che in quel momento Agathe non era in grado di esprimersi in maniera comprensibile agli umani. Si rialzò e le prese il volto tra le mani. «Calma. Respira» disse tranquillo. «Piano, piano. Così». Quando Agathe ebbe ripreso a respirare in modo normale, Richard la guardò dritto negli occhi. «Come ti senti?»
«Io...» pigolò Agathe. Si schiarì la voce. «Bene. Sto bene, sono solo...»
«...nervosa?» terminò Richard per lei. «Forse non è ancora il momento giusto». Bloccò la ragazza prima che potesse protestare – o più probabilmente scusarsi, vista la sua espressione mortificata. «Non è un problema, e lo sai». Si lasciò sfuggire una risata. «Certo, se continuo a vederti tutti i giorni senza poterti avere probabilmente finirò per esplodere, ma non fa niente. Non ti voglio, se tu non sei sicura di volere me».
«Ma io...» tentò Agathe.
«Lo so che mi vuoi, ma non sei pronta» l'anticipò lui. L'afferrò per le cosce e la sollevò, guidando le sue gambe intorno ai propri fianchi. «Andiamo a metterci comodi».
Richard, dando prova di un'agilità insospettabile, salì le scale con Agathe abbarbicata addosso come un koala, tirandole i capelli e sussurrandole amenità. Questo la calmò, ma non abbastanza: quando lui la depose sul letto – il proprio letto, lo stesso in cui Agathe aveva dormito poco dopo Capodanno – la ragazza si dimenò, agitata, e gli piantò addosso gli occhi grigi colmi di sospetto.
«Via, via, non guardarmi così» la blandì, lasciandola andare; si sfilò le scarpe e si sdraiò nell'altra metà del letto vestito di tutto punto, incrociando le braccia dietro la testa. «Non mordo mica!»
«Affermazione discutibile» brontolò lei che, al pari dell'uomo che le stava accanto, ricordava bene il giorno in cui aveva dormito in quel letto e soprattutto perché l'avesse fatto.
«Non dirmi che hai paura di me!» la provocò Richard; allungò un braccio e la trascinò accanto a sé per poi cingerle la vita. «Non è la prima volta che ti vedo senza pantaloni. Diciamo pure che ti ho già vista praticamente nuda... o hai dimenticato il giorno dopo la tua festa di compleanno?» aggiunse, provocandola.
Agathe nascose il volto sul suo petto. «Dannazione, Prescott! Non ricordarmelo!» ululò.
«Perché no?» chiese lui, accarezzandole con garbo la schiena. «Eri così bella, così sensuale, da non sembrare neanche vera» disse. «Il ricordo di quel giorno ha occupato la mia mente per molte notti. E anche molte mattine... e molti pomeriggi...» proseguì malizioso.
La ragazza si dimenò contro il suo corpo, in imbarazzo. «Smettila» piagnucolò.
Richard le percorse la gamba scoperta con la punta delle dita, mentre con l'altra mano continuava a massaggiarle la schiena. «Lo sai che sei deliziosa, quando arrossisci?» buttò lì. «È una cosa che mi manda a fuoco...»
Agathe, resa languida da quei tocchi apparentemente distratti ma mirati, non rispose: si limitò ad allungarsi su di lui, miagolando compiaciuta quando la mano dell'uomo arrivò alla parte bassa della sua schiena. «Più giù» mormorò quasi inconsapevolmente.
«Quanto più giù?» sussurrò Richard in risposta. Le percorse le natiche con la mano aperta, premendo con decisione. La ragazza mugolò soddisfatta. «Qui va bene?» la incalzò lui.
«Sì. Oh, sì, lo sai che va bene» sospirò, aggrappandosi alla sua giacca. Aprì gli occhi. «Diamine, Prescott, quanti vestiti!» si lagnò.
«Vesto sempre così, ormai dovresti saperlo» replicò lui, placido.
«Sì, ma ora sei sdraiato in un letto, e sei ridicolo conciato così» sbuffò Agathe. «Togliti questa roba, avanti!»
«È un invito?» sogghignò Richard.
Lei sbuffò di nuovo. «Parli troppo, Prescott» replicò.
L'uomo incrociò di nuovo le braccia dietro la testa. «Mi vuoi senza vestiti?» disse. «Allora spogliami».
Agathe non se lo fece ripetere due volte. Si inginocchiò sopra di lui, prendendolo alla sprovvista, e iniziò a sbottonare tutto quello che trovava sul proprio cammino con lentezza esasperante. Dapprima sfilò l'unico bottone della giacca dalla propria asola; poi, dopo aver scostato i due lembi, passò al gilet, giocando con ogni bottone prima di liberarlo; sciolse la cravatta, e quando arrivò alla camicia decise di prendersela ancora più comoda, fermandosi a baciare ogni centimetro di pelle che scopriva a mano a mano che la slacciava.
«Dio, Agathe» ansimò Richard, aggrappandosi ai fianchi della ragazza e inarcando il bacino. «Così mi farai diventare pazzo...»
«L'idea era quella» ammise lei, sorridente, mentre risaliva a baciargli un pettorale.
Stanco di aspettare, Richard si mise a sedere e si sfilò tutto quello che Agathe aveva così coscienziosamente sbottonato, per poi liberarla della maglietta e del reggiseno. Le mise le mani sulle scapole e l'attirò a sé, baciandole i capezzoli.
«Tanto peggio per te, allora» mormorò. «Stavolta niente e nessuno ci fermerà».
******
Damon era nel proprio studio, intento a controllare le cartelle di un paio di pazienti, quando il telefono fisso squillò, distogliendolo dalla propria occupazione.
«Pronto?» disse nel ricevitore un paio di secondi più tardi. «Evan?» aggiunse subito dopo, vagamente sorpreso. «No, Agathe non è...». Allontanò di colpo il telefono dall'orecchio, assordato dalle urla isteriche dell'avvocato Williams. «Evan! Vuoi farmi parlare? Agathe...» gridò nel microfono prima di allontanare di nuovo il ricevitore e fissarlo incredulo: Evan gli aveva appena urlato frasi sconnesse nelle orecchie per poi chiudergli la chiamata in faccia.
L'uomo si alzò di scatto e corse alla base delle scale. «Lara!» chiamò. «LARA, SCENDI SUBITO!» urlò con tutto il fiato che aveva.
Sua figlia comparve e per la fretta quasi ruzzolò giù. «Che c'è? Che succede? È morto qualcuno?» chiese agitata.
«La tua migliore amica, se non ci sbrighiamo» rispose svelto suo padre. «Va' a casa di Agathe e prendi le sue cose». Lara continuò a fissarlo senza capirci nulla e lui si spazientì. «Di corsa, Lara, di corsa!» sbottò.
Lei annuì frenetica; corse a prendere le chiavi, tornò indietro in meno di trenta secondi e si scaraventò verso il cancello alle calcagna di suo padre.
«Vado» disse concitata. «E tu dove vai?»
Damon quasi ringhiò di rabbia. «A prendere quella stupida della tua migliore amica!»
******
Richard aveva recuperato la propria posizione di dominio: sotto di lui Agathe si contorceva in preda all'eccitazione e al piacere grazie alle sue sapienti attenzioni, e l'uomo sentiva avvicinarsi il momento in cui avrebbe potuto finalmente affondare dentro di lei e possederla completamente.
Erano talmente presi l'uno dall'altra che sulle prime non si resero conto dei passi frettolosi che risuonavano per le scale, ma quando la porta fu spalancata con tanta violenza da sbattere contro la parete, i due amanti sussultarono e si staccarono.
«Zio!» strillò Agathe, sconvolta; si avvolse nel piumone e rotolò giù dal letto dalla parte opposta alla porta, scomparendo alla vista.
Richard, altrettanto sorpreso, si alzò e mosse qualche passo verso Damon, le mani alzate in un gesto conciliante. «Damon, non è...» esordì.
«...come penso? A me pare di sì» lo interruppe secco il suo migliore amico. Lanciò i pantaloni e le scarpe della ragazza sul letto. «Will, esci da lì e vestiti. Subito!»
Richard fece un altro passo avanti. «Damon, te lo giuro, non mi sto approfittando di lei. Io...»
«Ne sei innamorato». Damon alzò gli occhi al cielo all'espressione attonita di Richard. «Lo so da prima di te, credo. E ho sempre saputo anche che la donna misteriosa di questi mesi era Agathe».
«Allora tu... tu non... non...» balbettò Richard.
«Non ti prenderò a pugni e non vi fermerò in alcun modo» dichiarò Damon.
Scampato il pericolo, Agathe riemerse da dietro il letto. «Davvero non vuoi ammazzarci?» chiese speranzosa.
«Io no, ma tuo padre sì» replicò suo zio.
Tanto Richard quanto Agathe sbiancarono.
«Oddio, lui... lo sa?» chiese terrorizzata la ragazza.
«No, ma mi ha appena chiamato strillando come un'aquila inferocita» rispose Damon. «A quanto ho capito dalle sue strida, ti ha chiamata più volte sia sul telefono fisso che al cellulare e quando non gli hai risposto, ha intuito che non eri a casa. Ha chiamato anche me, ma visto che ovviamente non potevo sapere cos'avevi combinato» proseguì, lanciandole un'occhiata tremenda, «sul momento gli ho detto – più o meno – che non eri a casa mia. A quel punto ha urlato qualcosa sui vicini di casa che tradiscono la fiducia altrui... ma questo sarebbe il meno, se dal rumore di sottofondo non avessi sentito il motore della sua auto lanciata a tutta velocità. Lui...».
«...sta tornando a Hersham» concluse Agathe, cerea. «Mi ammazzerà!»
«No, se ci sbrighiamo» la contraddisse Damon. Le andò incontro e la afferrò per un braccio. «Spiacente, piccioncini, ma adesso vi dovete separare».
Damon trascinò Agathe verso la porta con fare sbrigativo, ma non riuscì neanche a superare Richard; non appena gli passarono accanto, infatti, lo storico si slanciò in avanti e prese Agathe tra le braccia, arrestando efficacemente la loro uscita.
«Aspetta!»
«Rick, non abbiamo tempo!» sbottò il suo migliore amico.
«Un attimo solo!» berciò l'altro in risposta. Prese tra le mani il volto ancora pallido della ragazza e la fissò dritto negli occhi. «Andrà tutto bene, hai capito?»
Damon strattonò invano Agathe. «Dobbiamo muoverci!»
Richard lo ignorò e continuò a rivolgersi soltanto alla diciottenne. «Resta calma. Qualunque cosa accada, qualunque accusa ti rivolga tuo padre, tu resta calma e fa' la finta tonta. Fa' questo e la cosa si sgonfierà da sola. D'accordo?»
La ragazza annuì e Richard lasciò la presa su di lei.
«Finalmente!» sbottò Damon. Riprese a trascinare sua nipote verso la porta. «Se passiamo dal retro e corriamo come pazzi, forse arriviamo prima di tuo padre!»
Agathe rivolse uno sguardo affranto a un Richard deluso quanto lei. «Ti chiamo più tardi... se sarò ancora viva» disse mesta prima di sparire nel corridoio.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro