Sixty Fourth Shade [R]
Tanto Damon quanto Agathe avevano accolto con sollievo la notizia che Richard era uscito incolume dal faccia a faccia con Evan. La seconda, per sicurezza, aveva deciso di evitare per qualche giorno casa Prescott, giusto per essere certa che le acque si calmassero del tutto e che a suo padre non venissero di nuovo strane – o meglio, giuste – idee. Certo, le mancava vedere Richard, ma era assolutamente certa che stargli alla larga per almeno settantadue ore fosse la cosa migliore da fare.
Era appunto assorta in questi pensieri, poco prima dell'inizio delle lezioni, quando, di ritorno dal laboratorio di chimica in cui si era recata su richiesta della professoressa, venne trascinata in una porta come risucchiata da un buco nero.
«Ma che...» balbettò, confusa, prima di riconoscere un ripostiglio dall'aria fin troppo familiare. «Prescott» salutò, sbuffando. «A cosa devo il piacere?»
«Al piacere» rispose suadente lui, cingendole la vita e lasciando intendere chiaramente quali intenzioni avesse. Agathe non si fece pregare: trenta secondi dopo erano finiti in mezzo a un mucchio di scope e spazzoloni accatastati in un angolo, avvinghiati come se non dovessero staccarsi mai più e incuranti del rumore degli oggetti che cadevano a terra.
«Vi si sente fin dalle scale» latrò una voce. I due si separarono, spaventati a morte, e si trovarono di fronte l'espressione sardonica di Lara. «Will, le lezioni stanno per cominciare» l'avvertì.
«E dovevi proprio farci venire un infarto, per dirmelo?» si lamentò l'altra.
La porta si aprì e si richiuse in meno di un secondo.
«È qui la festa?» disse Thomas.
Richard sbuffò. «Questo posto inizia a diventare un po' troppo affollato, per i miei gusti».
«Anche per i miei» convenne Thomas. Si voltò verso Richard. «La King ha saputo che è a scuola e la sta cercando» annunciò. Il più vecchio sbiancò visibilmente.
«Io... lei... cosa?» balbettò, terrorizzato. «Come... come lo sa? Perché? Chi gliel'ha detto?»
Agathe sogghignò. «Prendi fiato, Prescott» lo stuzzicò crudelmente, ma l'uomo era talmente spaventato che il sarcasmo della ragazza volò oltre la sua testa.
«Oh Dio, non posso affrontarla» farfugliò.
«Non si preoccupi, Mr. Prescott: la manderò nella parte opposta dell'edificio, così avrà il tempo di uscire» rispose Thomas.
Richard gli afferrò le mani e le strinse con riconoscenza. «Grazie, Mr. Medwall. Come posso sdebitarmi? Vuole un lavoro? Scelga quello che preferisce e io farò in modo che ottenga il posto!»
Il ragazzo lo guardò, sinceramente interessato all'offerta. «Me lo segno. Ne riparliamo quando avrò preso la laurea».
L'altro gli strinse energicamente la mano. «Affare fatto».
Le due donne si guardarono e alzarono gli occhi al cielo. «Sarà meglio andare» decise Lara; staccò il proprio fidanzato da Richard e lo trascinò verso la porta. «Muoviti, Will!»
«Arrivo, pescetto, arrivo». Agathe guardò Richard. «Verrò da te, questo pomeriggio: mio padre ha un'udienza in tribunale e dubito che potrà scaraventarsi a casa come ha fatto l'altra sera».
«Lo spero proprio» rispose lui. Le baciò la fronte. «Ti aspetto».
Agathe uscì e raggiunse i suoi migliori amici, che l'aspettavano a qualche metro di distanza. Thomas si allontanò subito per andare a depistare Miss King, lasciando sole le due ragazze.
«Quand'è che tu e Prescott smetterete di appartarvi ovunque?» chiese Lara all'amica.
«Quando tu e Thomas la smetterete di stare sempre appiccicati» le ritorse contro Agathe. «A proposito, non ti sembra che quei due inizino ad andare un po' troppo d'accordo?»
Lara sbuffò. «Aspetta che il tuo principino combini un nuovo guaio e vedrai, quanto andranno d'accordo!»
Agathe divenne paonazza. «Come... come l'hai chiamato?»
La sua migliore amica sogghignò. «L'ho chiamato principino. In fondo un po' lo è, no? Sempre serio, compito, imbalsamato...»
Lo schiaffo che Agathe le rifilò dietro il collo la zittì. «Lo sai che non è così, e poi suona dispregiativo, quel soprannome». La guardò con un'espressione tutt'altro che rassicurante. «Inoltre, prima di chiamare Richard "principino" faresti meglio a pensare al tuo cavaliere senza macchia e senza paura...»
Lara le fece la linguaccia. «Ma come siamo protettive!»
L'altra replicò con una smorfia saccente. «Smettila, o la prossima volta che vedrò Vivienne, le farò credere che c'è qualcosa tra te e Prescott!» minacciò, e corse via prima che Lara trovasse qualcosa da tirarle contro: quel giorno si sarebbe divertita da matti, ne era certa.
******
Quando Agathe fece irruzione in casa di Richard nel primo pomeriggio lo trovò in biblioteca, chino su un contratto.
«Possibile che tu non faccia altro che lavorare?» sbuffò la ragazza, palesando così la propria presenza.
Richard sollevò lo sguardo solo per un istante. «È la dura vita degli adulti» la stuzzicò.
Agathe lo fulminò con lo sguardo. «Divertente, davvero molto divertente». Lui non rispose; resasi conto che lo storico non aveva nessuna intenzione di interrompere il proprio lavoro, Agathe quasi si sdraiò sopra la scrivania e premette la punta dell'indice in mezzo alla fronte dell'uomo. «Hai intenzione di restare seduto lì a leggere scartoffie? Perché se è così, me ne vado a casa!»
Richard posò la matita e alzò gli occhi al cielo. «Te l'ho mai detto che sei prepotente?»
Lei indietreggiò. «È questo che pensi di me?» chiese, sentendosi ferita. Era corsa lì appena aveva potuto – aveva saltato il pranzo, concedendosi solo il tempo necessario a liberarsi della divisa e a non far nascere troppi sospetti in Gisèle, che quel giorno sembrava volersi impicciare dei suoi spostamenti come raramente faceva – perché era stanca di stare lontana da Richard: voleva passare un po' di tempo con lui senza che nessuno piombasse su di loro, ma aveva appena avuto l'impressione che quel desiderio fosse a senso unico.
Interpretando correttamente l'espressione cupa della ragazza, Richard si alzò e la raggiunse per poi intrecciare le proprie dita alle sue. «Quando sei diventata così suscettibile ai miei scherzi?» le chiese, baciandole la fronte.
Agathe arricciò il naso. «Avevo avuto l'impressione...»
«Sbagliata» terminò l'uomo al suo posto. Le depositò un bacio sullo zigomo sinistro, vicino all'angolo dell'occhio; migrò lentamente sul destro, facendo lo stesso, per poi deporne uno leggerissimo sulla punta del suo naso. «Ma ciò non toglie che tu sappia essere prepotente quanto, se non più, dei maggiori dittatori del ventesimo secolo». Rivolse uno sguardo ridente all'espressione offesa della ragazza. «E tuttavia, se fossi diversa, non ti amerei tanto da comportarmi come un adolescente alla veneranda età di quarantatré anni» terminò, serio nonostante il tono volutamente leggero che aveva mantenuto.
Agathe arrossì furiosamente e distolse lo sguardo. Era solo la seconda volta – la prima, dopo la dichiarazione che le aveva fatto alcuni giorni prima – che Richard le diceva con tanta chiarezza di essere innamorato di lei, e Agathe non poteva impedire al proprio cuore di battere con tanta veemenza, né trattenere il sorriso inebetito che si faceva strada sul suo volto contro la sua volontà.
Richard liberò una mano da quella di lei e le fece scivolare un braccio intorno alla vita, stringendola a sé. «E tu, non hai niente da dirmi?» la stuzzicò.
Lei alzò lo sguardo fino a incontrare gli occhi dell'uomo: aveva un'espressione imperscrutabile, ma Richard sapeva che era combattuta dal modo in cui i suoi occhi lo fissavano, limpidi e saldi, come se volessero scavargli dentro per capire se e quanto rivelargli.
E, ormai ne era consapevole, non c'era niente in grado di annientarlo più di quegli occhi grigi.
«Sì» rispose infine la ragazza con aria seria, quasi severa. «Mi sono innamorata di te senza quasi accorgermene, e sicuramente ben prima di quanto fosse saggio. Ho continuato a essere innamorata di te anche quando non ci siamo capiti, quando hai distrutto la mia fiducia in te, quando mi hai fatto del male; e ancora, non sono riuscita a smettere di amarti neanche quando sono stata io a sbagliare, a scegliere di lasciarti andare, ferito, e senza più alcuna speranza che tu tornassi da me. Ci ho provato, non sai quanto, ma non è servito. Odio i tuoi difetti, odio il modo in cui diventi crudele quando sei geloso, odio il modo in cui diventi cieco quando sei geloso: ma ti amo per tutto il resto». Tacque. Lui le accarezzò una guancia senza dire nulla, mentre con l'altro braccio continuava a stringerla. «Ti amo: per tanto tempo l'ho saputo pur fingendo che non fosse così. Ti amo, pur non capendo com'è possibile che anche tu sia innamorato di me; ti amo, anche se so di non essere abbastanza per te. Però ho deciso che non m'importa: perché ti amo, perché se non sono abbastanza, lo sarò; e perché sei stato così incauto da ammettere che anche tu mi ami». Lo guardò dritto negli occhi con fare minaccioso. «E se ti azzardi di nuovo a piantarmi in asso per un'altra donna, giuro che te ne farò pentire».
Richard non poté trattenersi: gettò indietro la testa e cominciò a ridere. Rise per le minacce di Agathe – per quanto tremende, e per quanto sapesse che non erano vuote chiacchiere, erano l'ulteriore prova che lei ci teneva; rise perché il tremulo "Sono innamorata di te" che aveva pronunciato dopo che si era dichiarato non l'aveva convinto – mentre quella era una dichiarazione vera e propria, con dentro tutto, dall'amore al risentimento per i passati malintesi; rise perché una piccola parte di lui ancora non ci credeva – la parte più insicura di lui, quella che teneva nascosta a tutti e che aveva bisogno di sentire quel discorso, per essere persuasa che Agathe gli apparteneva come lui apparteneva a lei.
In breve, Richard rise perché era felice come forse mai era stato.
Agathe rimase dov'era, a guardarlo ridere, sorridendo a sua volta. Anche senza che Richard glielo dicesse, sapeva per quale motivo stava ridendo in quel modo: lei stessa non avrebbe creduto che fosse innamorato di lei se non glielo avesse confessato con qualcosa di più di un semplice e banale "ti amo", dunque capiva che quei giorni trascorsi dalla dichiarazione di lui alla propria fossero stati, per Richard, comunque turbati dall'ombra del dubbio.
Infine l'uomo si calmò abbastanza da riprendere fiato.
«Essendo un po' più vecchio di te, posso dire senza pericolo d'essere tacciato di falsità che più di una donna, nel corso degli anni, si è dichiarata innamorata di me» disse. «Posso però del pari affermare con la più totale onestà che non ho mai creduto alle loro parole come ora credo alle tue» aggiunse allegro.
Agathe gli rivolse una smorfia che si tramutò subito in un sorriso. «Sempre il solito damerino ingessato. Penso che nessuno abbia mai risposto in modo tanto pomposo a una dichiarazione d'amore!»
«Io sono unico, folletto mio» dichiarò Richard con una buona dose di arroganza. La baciò. «E mi piace dimostrarlo con ogni mio gesto» proseguì. La baciò una seconda volta. «D'altra parte, se non fossi unico non mi ameresti. Le persone come noi si trovano con un semplice sguardo». La baciò ancora, soffocando il risolino di lei.
«O nel nostro caso, con uno scontro e un paio di insulti» precisò Agathe.
«Dettagli» rispose sussiegoso Richard mentre le sollevava la gonna. Le mani della ragazza scivolarono sotto la sua giacca e si insinuarono nella camicia. «Ti saresti innamorata di me, se fossi stato banale e melenso come gli altri uomini?»
«Probabilmente no» gemette lei mentre Richard la baciava appena sotto l'orecchio destro. Lo afferrò per i capelli e tirò senza gentilezza, costringendolo a reclinare indietro la testa ed esporre il collo. «E tu ti saresti innamorato di me, se fossi stata forzatamente elegante e compita come le donne a cui eri abituato?»
«No di certo» ansimò lui, distratto dalle dita di Agathe che gli percorreva la gola e dalle sue labbra, intente a succhiare avidamente il suo pomo d'Adamo. La trascinò tra gli scaffali, al riparo dagli sguardi indiscreti di eventuali visitatori inaspettati. «No di certo».
******
Nonostante i riscaldamenti fossero accesi, Richard sentiva Agathe tremare contro di sé: ma se fosse per il freddo o per ciò che era accaduto nell'ultima ora, non sapeva dirlo.
Non era così che aveva immaginato la loro prima volta insieme. Certo, aveva fantasticato spesso su Agathe – poteva dire, senza esagerare, di aver sognato di possederla in ogni angolo di quella casa – ma non la prima volta. No, quella voleva che fosse speciale; per se stesso ma soprattutto per la ragazza, visto che era la sua prima volta in assoluto. E invece, in barba a ogni suo progetto, erano finiti su un tappeto tra gli scaffali della biblioteca – di sicuro non il posto più comodo per le sue ginocchia, né per una vergine.
Aveva la sconcertante sensazione di non essere stato all'altezza della situazione. Gli sembrava di essere stato troppo irruento, troppo frettoloso, nel suo desiderio di affondare, finalmente, in Agathe. Si sentiva inadeguato come gli era capitato soltanto durante l'adolescenza, nelle sue primissime esperienze sessuali. E neanche l'espressione di beatitudine della ragazza e il modo in cui si stava rilassando usandolo come cuscino potevano persuaderlo del contrario.
Richard la strinse un po' di più a sé. «Stai tremando. Perché non andiamo a letto? Sotto le coperte starai più calda».
Agathe si avvinghiò ancora più stretta a lui, quasi togliendogli il fiato. «Non mi va» biascicò. «Ho sonno e sono tutta indolenzita».
L'uomo strinse le labbra, sentendosi in colpa. «Mi dispiace. Sono stato un po'... avrei dovuto...»
Agathe aprì un occhio solo e lo guardò. «Smettila con le paranoie, Prescott» sbadigliò. Si accarezzò il bassoventre con una carezza languida, distratta, che fece ribollire il sangue di Richard. «Ho detto che sono indolenzita, non che provo dolore. Immagino sia normale, no? Il mio corpo non è abituato a... questo» proseguì, arrossendo. «Ciò non toglie che lo rifarei. Anche subito» aggiunse, baciandogli una spalla.
«Meglio aspettare» sentenziò Richard, sentendosi sollevato. Le strofinò una mano sulla schiena nel tentativo di scaldarla. «Nessun ripensamento?»
«Nessuno» confermò lei. Rimasero entrambi in silenzio per qualche istante. «Sai, quando ci siamo conosciuti non avrei mai pensato che tu potessi essere così... fragile» sussurrò inaspettatamente la ragazza. «Com'è successo?»
Richard rifletté per qualche istante. «Immagino sia colpa tua» rispose lentamente. «Sei qualcosa di totalmente nuovo per me, qualcosa a cui non ero preparato... né credo di esserlo ora. Quindi spesso non sono certo di quale sia la cosa migliore da fare, se le decisioni che prendo siano quelle giuste, almeno per te...». L'uomo tacque. «Ci sono momenti in cui invidio la tua ingenuità e la tua incoscienza. Ti permettono di vivere tutto questo con più facilità».
Agathe non rispose. Con un movimento agile salì sopra di lui, gli prese il volto tra le mani e si chinò fin quasi a sfiorarlo: Richard non vedeva altro che lei.
«Non è facile» rispose lei con voce chiara. «Non è facile, e non ci sono ingenuità e incoscienza che tengano, Richard. Io so bene quello che stiamo facendo e quanti problemi potrebbe procurarci, questa... storia, che c'è tra noi. Solo che, a differenza tua, io sono ostinata».
L'uomo le infilò una mano tra i capelli, che stavano ricrescendo: ormai la cicatrice che le deturpava la testa non era più visibile, e presto non sarebbe stata altro che un ricordo ben nascosto. «Io non ci riesco, sai» disse soprappensiero. «E non capisco come sia possibile riuscirci».
«A fare cosa?»
«Abituarsi alla felicità» rispose serio Richard.
Il pollice di Agathe si mosse esitante sullo zigomo di lui in una carezza appena accennata. «Sei felice? Grazie a me?»
Lui annuì. «Da quando sono adulto, la mia felicità non è mai dipesa da nessuno. Tuttalpiù dai miei studi, dai miei libri, dal mio lavoro... ma non da una persona. E mai da una donna».
La ragazza sorrise e gli punzecchiò la guancia con la punta dell'indice. «Lo credo bene. Stavi o no aspettando me, per questo?»
«Egocentrica, megalomane e superba» commentò divertito Richard. Agathe lo fissò inarcando le sopracciglia. «Ma in modo adorabile» aggiunse. «Assolutamente adorabile».
«Così va meglio» commentò Agathe prima di baciarlo. «Che ne dici di ricominciare?» suggerì con una punta di malizia, muovendosi su di lui in modo inequivocabile.
«Non avevamo deciso che fosse meglio aspettare?» replicò lui.
«Tu l'hai deciso» rispose Agathe. «Io invece penso che, visto quanto abbiamo aspettato, sia un crimine sprecare altro tempo» proseguì. «Dov'è finita la tua cavalleria? Di solito mi assecondi, e fai storie proprio oggi?» aggiunse scherzosa.
«Non sia mai detto che Richard Prescott non è un gentiluomo» rispose l'uomo sullo stesso tono, afferrandola per i fianchi. «Sono ai suoi ordini, miss. Faccia di me quello che preferisce».
******
Quando Agathe uscì da casa Prescott, per quanto si fosse ricomposta, non se la sentiva ancora di tornare a casa: e poi, se non fosse passata da Lara, la sua migliore amica l'avrebbe uccisa alla prima occasione. Così la deviazione verso Villa Zimmermann fu più che prevedibile.
Quando aprì la porta d'ingresso, a Lara bastò una sola occhiata per cogliere appieno la situazione.
«Finalmente vi siete dati da fare!» sbottò a voce altissima, alzando le braccia al cielo. «Bisogna festeggiare!»
«Te l'ho mai detto che quando vuoi sai essere proprio una stronza?» rispose Agathe, accigliata, mentre scostava l'amica per entrare in casa. «E poi, non potresti evitare di far sapere a tutto l'otto quello che è successo?»
«Credevo lo sapessero già» replicò impassibile Lara, chiudendo la porta. «Non so te, ma dalla faccia Prescott mi sembra uno di quegli uomini che quando perde il controllo... lo fa per bene!»
«E tutta questa malizia da dove arriva?» replicò Agathe. «Ah scusa, dimenticavo: è la Cura Medwall!» aggiunse sarcastica, zittendo finalmente l'amica.
«Riuscirò mai ad avere l'ultima parola?» brontolò immusonita quest'ultima.
«Contro di me? Temo proprio di no, sorella» rispose allegra l'altra.
«Almeno il tempo passato con Prescott ti ha reso meno acida» rispose Lara. «Avreste dovuto farlo molto tempo fa, e se continuerete, potresti persino diventare gentile!»
«Che razza d'ingrata!» sbottò Agathe. «Io sono sempre gentile!». Lara la guardò con scetticismo e lei sbuffò. «Con te» precisò.
«Così è più realistico» commentò la sua amica. «Allora?»
Agathe le scoccò uno sguardo confuso. «Allora cosa?»
Stavolta fu Lara a sbuffare. «Andiamo, lo sai». La faccia dell'altra rimase perplessa e Lara incrociò le braccia al petto. «Tu e Prescott!»
«Non vorrai i dettagli!» disse Agathe, scandalizzata.
«Certo che no» rispose la sua migliore amica, alzando gli occhi al cielo. «Tanto so già com'è andata: Prescott ti avrà fatto trovare candele, petali di rose e qualsiasi altra sdolcinatezza gli sia venuta in mente...»
Agathe emise un versetto sprezzante. «Invece no. Sai che quando sono andata da lui, ho dovuto lottare perché smettesse di lavorare? Neanche mi ha degnata di uno sguardo!»
«No!» esclamò Lara, incredula. «Dimmi che l'hai preso a calci!»
La sua amica aggrottò la fronte. «Stare con Thomas ti fa male: prima non eri così feroce» commentò.
«Tom non c'entra: certi affronti vanno lavati con il sangue!» replicò Lara con grande serietà.
«Addirittura con il sangue? Non ti sembra di esagerare?». Agathe scosse la testa. «No, non rispondere, è meglio».
«Infatti sei tu quella che deve rispondere!» puntualizzò l'altra. «Allora, com'è stato?»
Pur sapendo che erano sole, Agathe si guardò intorno prima di avvicinarsi all'amica e abbassare la voce. «Non come pensi tu. Dopo questa, smetterai di dire che è un damerino imbalsamato!»
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