Sixtieth Shade [R]
Quando arrivò a Hersham, Agathe era ancora troppo su di giri per pensare di dormire; senza contare che c'era la possibilità che suo nonno tornasse e decidesse di chiedere conto a lei di quello che era successo ai suoi amati orologi. Così, anche se era l'una di notte, Agathe non perse neanche tempo a passare da casa: lasciò l'auto a un paio di vie di distanza dall'otto e si arrampicò sull'edera che ricopriva il muro di cinta del giardino sul retro di casa Prescott, impaziente di commentare con lo storico la buona riuscita delle loro piccole vendette.
Inutile dire che Richard fu solo vagamente sorpreso di trovarla a bussare alla porta come una furia.
«Sei fortunata a trovarmi: sono appena rientrato» disse a mo' di saluto, aprendo la porta e facendole spazio perché potesse entrare.
Lei gli rivolse un sorrisetto consapevole e si appollaiò sul suo solito sgabello. «Sei rimasto da Alan fino ad ora?»
«Sì». Richard si appoggiò al ripiano della cucina, le maniche della camicia arrotolate fino ai bicipiti e i gomiti nudi appoggiati alla pietra fredda. «Devo dire che il tuo scherzetto l'ha davvero mandato fuori di testa: era eccitato come un ragazzino, e poi, quando il suo direttore l'ha chiamato e gli ha fatto la finta scenata, è quasi svenuto. Era pallido, balbettava...». L'uomo si mise a ridere di gusto. «Dio, in oltre vent'anni d'amicizia credo di non averlo mai sentito balbettare!». Richard tossicchiò più volte, cercando di recuperare un po' di contegno. «Me ne sono andato appena un attimo prima che il suo capo lo chiamasse e gli riferisse il tuo "messaggio"». Quando finalmente ebbe ripreso fiato, guardò Agathe con sincera ammirazione. «Un giorno dovrai dirmi come hai fatto a convincere tutta quella gente a mentire per aiutarti nel tuo piano, e soprattutto come sei riuscita a farti sostenere in quel modo dal direttore di Alan!»
Agathe finse di darsi arie d'importanza. «Non si svelano i trucchi del mestiere!» dichiarò con susseguo prima di mettersi a ridere. «E tu, mi dirai mai come hai fatto a far impazzire gli orologi di mio nonno? Per un attimo ho creduto che avrebbe avuto un infarto, tanto era sconvolto!»
Richard sollevò il mento con aria saputa. «Semplice. Ho fatto quello che fanno le persone intelligenti quando devono fare qualcosa che non sanno fare: mi sono rivolto a un esperto!»
La ragazza sghignazzò senza ritegno. «Non ci saranno danni permanenti, vero? Per gli orologi, intendo. Perché se così fosse, allora ci conviene andare subito a nasconderci su un atollo sperduto nel Pacifico!»
«Niente danni permanenti» la rassicurò Richard. «Dovevamo vendicarci, non scatenare una guerra!»
«Ben detto». Agathe scivolò con grazia giù dallo sgabello e arrivò da lui con due balzi leggeri. Si aggrappò al panciotto scuro, mettendosi in punta di piedi per raggiungere le sue labbra, ma Richard la scostò con un gesto deciso anche se delicato.
«No» disse soltanto. Scivolò via dall'abbraccio di Agathe, rifiutandosi di fissare l'espressione delusa che aveva provocato. Si sforzò di guardarla e la trovò ferma dove l'aveva lasciata, le braccia molli lungo i fianchi, le mani vuote, lo sguardo triste ma nonostante tutto accusatore: in fondo, lui l'aveva baciata, una settimana prima. Non l'aveva respinta; l'aveva stretta a sé. Ma quella sera tutte le domande, tutti i dubbi che a Roma aveva accantonato, non potevano essere ignorati. «A che punto siamo, Agathe? Cosa siamo?»
Lei chiuse gli occhi e prese un respiro profondo dal naso per poi lasciare andare il fiato lentamente.
«Stai pensando a Moses» disse senza neanche aprire gli occhi.
Richard si raddrizzò. «Sì» rispose secco.
Agathe riaprì gli occhi e lo guardò con espressione seria e ferma, controllata. Richard la guardò di rimando: a settembre Agathe non l'avrebbe mai guardato così, a settembre Agathe era ancora una ragazzina che mostrava con spavalderia le proprie emozioni, vivendo col cuore sul bavero. Adesso, Agathe era più vicina a essere una donna piuttosto che una bambina, e quel cambiamento così rapido lo confondeva un po': non era certo di come rapportarsi con quella Agathe in divenire, ma soprattutto c'erano momenti in cui si chiedeva se la propria influenza la stesse cambiando in meglio. Non sempre ne era certo.
«Potrei dirti come sono state le ultime settimane» disse Agathe in tono incolore, distogliendo l'uomo dalle proprie riflessioni. «Potrei dirti quello che non ero libera di raccontarti quando mi hai sbattuta fuori da questa casa. Potrei dirti un mucchio di cose, a pensarci bene, ma non sono certa che mi ascolteresti, né che mi crederesti». Diede uno sguardo veloce all'orologio che portava al polso. «Magari però posso farti vedere una cosa. È tardi, ma se li conosco bene, questo non dovrebbe essere un problema».
«Di chi parli? Cosa vuoi farmi vedere?» la incalzò Richard.
Lei lo prese per mano. «Vieni con me».
Quella richiesta Agathe gliel'aveva fatta con una voce talmente perentoria, a dispetto della calma con cui si comportava, da soggiogarlo. Richard si lasciò trascinare fuori dalla propria casa e poi lungo le strade di Hersham fino a una villa fin troppo familiare.
«Che ci facciamo a casa di Alan?» bisbigliò.
Agathe gli fece cenno di tacere e poi iniziò ad arrampicarsi sul muro di cinta. «Vieni» sussurrò.
Richard non ricordava quando era stata l'ultima volta che si era arrampicato da qualche parte. In realtà non riusciva a ricordare se si era mai arrampicato da qualche parte, ma accantonò il quesito e si inerpicò sul muro accanto ad Agathe, che si era bloccata in modo da sbirciare senza essere vista.
Anche lui spiò all'interno dell'unica finestra illuminata, e quello che vide per poco non lo fece cadere: nello studio – lo stesso studio in cui si era seduto tante volte a chiacchierare con l'amico – Alan e Moses Pearson si baciavano con una passione quasi indecente da guardare.
«Ma cosa... che...» farfugliò Richard.
«Shhht!» gli intimò truce Agathe. «Scendi. Ti spiego» sussurrò.
Il ritorno a casa fu più rapido dell'andata: Richard, impaziente di avere una spiegazione per quello che aveva appena visto, si stava trascinando dietro Agathe praticamente di peso.
«Allora» esordì non appena l'ebbe depositata sul divano del salottino, lo stesso in cui lei aveva dormito quel pomeriggio piovoso di tanti mesi prima. «Spiegami».
Agathe si strinse nelle spalle. «Moses è gay» annunciò.
«Tante grazie per aver sottolineato l'ovvio!» abbaiò Richard. Si massaggiò la radice del naso. «Quello che voglio dire è... è evidente che lo sapevi già prima di questa sera. Ma come mai prendi la cosa con una tale calma?»
La ragazza dondolò lo gambe in direzione del focolare spento, come una bambinetta sull'altalena. «Pensaci». Scorse lo sguardo lampeggiante di Richard – non era molto propenso ad avere pazienza, in quel momento – e sbuffò. «Va bene, va bene. Allora diciamo che non capisci perché parti da un certo presupposto». Stavolta lo sbuffo che emise sembrò una via di mezzo con un sospiro. «Tu hai sempre creduto che io e Moses ci fossimo fidanzati».
L'uomo incrociò le braccia e la guardò male. «Non lo credo: lo so» replicò. «Me l'hai detto tu, quel giorno».
Ma Agathe scosse lentamente la testa. «Ripensa bene alla nostra discussione di quel giorno, e ti accorgerai che non ho mai detto una cosa simile».
Richard le si avvicinò con fare minaccioso. «Tu hai detto che avevi dovuto fare una scelta» sibilò.
Lei annuì grave. «Ed è così. Solo che non si trattò della scelta che pensi tu. Non ho scelto tra te e un altro uomo; ho dovuto scegliere tra stare con te e aiutare un amico».
Perplesso, Richard si lasciò cadere su una poltrona e fece un piccolo gesto con la mano. «Continua».
Sollevata che per il momento la stesse ascoltando senza dare di matto, Agathe non si fece pregare. «Sapevo già da un anno che Moses è gay» iniziò. «Quando era qui faceva tutto il possibile perché Noah non mi stesse tra i piedi e alla fine siamo diventati amici, abbastanza da farci delle confidenze così delicate. Il problema di Moses è che non ha mai avuto il coraggio di rivelare la verità alla sua famiglia: teme il loro giudizio, specialmente quello di suo padre. E visto che non si era mai innamorato, non sul serio, non aveva visto nessun motivo valido per sganciare la bomba».
«Continuo a non capire il tuo ruolo in tutto questo» replicò Richard.
Agathe annuì. «Be', Moses partì per andare a lavorare negli Stati Uniti per un anno e il problema venne accantonato. Quando tornò a Hersham, appena un paio di giorni prima della mia festa di compleanno, la cosa gli si rovesciò addosso in tutta la sua forza, come avrebbe dovuto immaginare sarebbe successo, un giorno o l'altro. Il giudice suo padre si aspettava di vederlo tornare fidanzato: invece trovarsi davanti lo stesso Moses di sempre, sempre tanto indifferente al genere femminile, aveva iniziato a insospettirlo. E il colpo di grazia lo ricevette alla mia festa, quando rivide Alan».
«Aspetta, fammi indovinare» disse beffardo Richard. «Era sempre stato segretamente innamorato di Alan, e quella sera la sua passione è divampata più forte che mai...»
La ragazza si mise a ridere. «Ma come parli? Sembri un romanzetto rosa dell'Ottocento!». Si calmò e riprese fiato. «Comunque, caro Mr. Prescott, stavolta non sei stato all'altezza della tua intelligenza: Moses detestava Alan».
Richard si raddrizzò per un istante, per poi affondare ancora di più nella poltrona. «Non mi sembrava che lo detestasse poi tanto, poco fa, nel suo studio» disse con voce strascicata. «A meno che il suo piano non fosse quello di soffocarlo con la propria lingua...»
«Sei tremendo». Agathe tentò con scarso successo di trattenere un sorrisetto. «Comunque sia, il punto è che Moses ha cambiato idea su Alan nel preciso momento in cui ci ha tolto dai piedi mio padre con tanta abilità».
L'uomo allargò un po' di più il colletto aperto della camicia: ricordava ancora quanto avesse sudato freddo, quella sera, quando Evan Williams era sbucato alle loro spalle mentre si punzecchiavano. «Comprensibile. In quel momento, anch'io ho amato Alan!»
Agathe ricominciò a ridere contorcendosi sul divano. «Be', anch'io, se è per questo!». Richard socchiuse appena gli occhi e lei alzò i propri al cielo. «Dio, non sarai geloso anche di Alan!» sbottò.
«No» negò subito lui, ma lo sguardo scettico di Agathe gli fece capire che non l'aveva affatto convinta. «Va' avanti».
Ora nervosa, la ragazza si torse le mani. «D'accordo. Come ricorderai, dopo... dopo il regalo di Damon sono venuta a casa tua e... lo sai» farfugliò, imbarazzata e spaventata che Richard potesse arrabbiarsi al solo ricordo. «Moses mi aveva chiesto di raggiungerlo in un bar perché doveva parlarmi. Quando sono arrivata l'ho trovato con un muso lungo fino ai piedi, e mi ha raccontato tutto: di come avesse completamente rivalutato Alan, del fatto che aveva pensato a lui tutta la notte... e della conversazione con suo padre». Si lasciò cadere pesantemente contro lo schienale del divano. «Non aveva idea che anche Alan fosse gay: credeva che la sua situazione fosse senza speranza, e con il giudice che gli alitava sul collo perché fugasse i suoi dubbi... per farla breve, la cosa migliore che gli era venuta in mente era di trovarsi una fidanzata di facciata, almeno per un po': e chi meglio di me, che ero l'unica a sapere la verità, l'unica di cui si fidasse?». Agathe tentò un sorriso. «Mi ha chiesto di aiutarlo e io non potevo dirgli di no: dopo tutte le volte che ha tenuto a bada Noah, che me l'ha tolto di dosso metaforicamente e fisicamente, che mi ha coperta quando lo picchiavo...». S'interruppe e sospirò. «Mi ha tolto da un bel guaio, l'estate scorsa. Noah... Noah mi era saltato addosso, durante una festa, e io gli ho tirato una ginocchiata nei...». Tacque e si passò una mano tra i capelli, in imbarazzo. «Gli ho procurato un trauma testicolare. Bisognava portarlo al pronto soccorso, ma rischiavo una denuncia per lesioni... insomma, Moses – che era tornato in ferie qui – l'ha caricato in macchina per portarlo in ospedale, ma solo dopo aver minacciato di fargli passare una montagna di problemi se avesse detto cos'era successo davvero».
Lo storico la fissò. «Eppure, i medici avranno chiesto cosa gli fosse successo per ridurlo in quelle condizioni».
La diciottenne abbassò lo sguardo. «Moses ha raccontato che si stava allenando in giardino con la mazza da polo e che Noah gli si è avvicinato di soppiatto alle spalle per fargli uno scherzo, ma nel momento sbagliato, proprio mentre caricava il colpo». Deglutì e batté rapidamente le palpebre. «Mi aveva tolta da un guaio enorme e mi aveva difesa per l'ennesima volta... e quando mi ha chiesto una mano, sapevo che dovevo aiutarlo. Volevo aiutarlo».
Richard la guardò pensoso, senza alcuna traccia di rabbia. «Perché non me l'hai detto?» chiese.
Agathe incassò la testa tra le spalle. «Perché lui mi aveva fatto promettere che non l'avrei detto a nessuno. Neanche a Lara ho mai detto la verità». Alzò lo sguardo su di lui e Richard notò che i suoi occhi erano umidi di lacrime. «Non c'è mai stato niente tra me e Moses. Siamo stati sempre, soltanto amici» sussurrò.
L'uomo si morse la lingua. «Ma vi siete baciati, quel giorno» disse in tono incolore.
Agathe incrociò le braccia, affondando le dita nel maglione. «Mi ha baciata lui» precisò.
«Perché l'avrebbe fatto?» la incalzò Richard, tentando di mantenere la calma.
Lei si strinse goffamente nelle spalle. «Hai presente quelle cose stupide che fai sull'onda dell'entusiasmo e della gratitudine?» rispose. «Gli avevo appena detto che l'avrei aiutato. E comunque non ha fatto niente di più che poggiare le sue labbra sulle mie per due secondi...»
Richard andò a sedere accanto a lei, sul divano, e Agathe si zittì.
«La smetteremo mai di massacrarci a causa di stupidi malintesi?» le chiese piano.
La ragazza chinò la testa. «Lo spero proprio» mormorò. La sua mano strisciò verso quella di Richard, e si era appena mossa che già lui l'aveva intrappolata nella propria. «Mi sei mancato».
«Mi sei mancata anche tu». Con la mano libera le accarezzò i capelli rasati e la cicatrice. «Un giorno o l'altro dovrai raccontarmi la verità su questa cicatrice, o sarò costretto a indagare per conto mio».
«Oh, non farlo» lo pregò Agathe. «Sono qui. Sto bene. Hai davvero bisogno di sapere com'è successo?». Richard annuì all'istante e lei trattenne a fatica una smorfia esasperata. «Ovviamente. A quanto pare, lo studioso che è in te non può proprio fare a meno di voler sapere sempre tutto!»
Richard non rispose e le si avvicinò un po' di più. «Smettila di brontolare, Miss Williams, e baciami» ordinò.
Agathe gli rivolse uno sguardo di sfida. «Se non ricordo male, a Roma sono stata io a baciarti... quindi oggi toccherebbe a te!» rispose sfacciata.
«Come ordina, miss» replicò lui; senza scomporsi, la prese tra le braccia e la baciò.
Richard sentì le sue braccia avvolgerlo e la sua bocca incurvarsi in un sorriso mentre le leccava il collo, e sorrise a sua volta: forse in fondo – molto in fondo – avrebbe dovuto ringraziarli, Alan e Jacques.
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