Ninetieth Shade [R]
Richard occhieggiò il cellulare, inquieto.
Erano passate meno di dodici ore da quando aveva mandato il messaggio ad Agathe e non aveva ancora ottenuto risposta. Quando, quel mattino, aveva controllato il telefono solo per scoprire che non c'erano nuovi messaggi ad attenderlo, aveva pensato che quello che aveva inviato non fosse giunto a destinazione ma, dopo qualche ora, aveva capito quanto fosse sciocco il suo pensiero: Agathe non si era degnata di rispondergli perché non voleva farlo. Così, incerto su cosa fosse meglio fare a quel punto, l'uomo si era rassegnato ad aspettare ancora un po', concentrandosi sul lavoro per non pensare ad altro.
Purtroppo per lui, Richard non aveva fatto i conti con Leah.
La sua amica d'infanzia, infatti, non aveva rinunciato a fare luce su come mai Agathe avesse scoperto proprio da Richard cosa quest'ultimo e Alan avessero in mente e, pur sapendo che probabilmente la sua era una battaglia persa in partenza, si era decisa a pagare una breve visita – i suoi amici l'avrebbero definita più un'incursione seguita da un interrogatorio brutale – allo storico.
Quando il campanello suonò, per un momento Richard s'illuse che Agathe avesse deciso di andare di persona a prendere i documenti.
Illusione che s'infranse non appena aprì la porta.
«Leah» salutò sbuffando mentre si spostava per permetterle di entrare in casa. «A cosa devo il piacere?»
«Non sei mai stato meno felice di vedermi, Rick» rispose soave Leah. «Per caso speravi che fosse qualcun altro?»
«Più che altro speravo che non fosse nessuno» replicò lui, facendo strada verso la cucina. «Come stai?»
La donna sogghignò. «Molto meglio, adesso che ho scoperto cosa tu e Alan avete in mente...»
«...e dopo esserti vendicata almeno di me» concluse secco Richard: aveva avuto il sospetto che quella festicciola di Leah fosse in realtà una ritorsione nei suoi confronti, e ora ne aveva la conferma. «Spero solo che tu abbia in serbo qualcosa anche per Alan, perché è coinvolto quanto me».
«Non ti preoccupare: neanche lui la passerà liscia» confermò Leah. «Sono qui per un altro motivo».
«E sarebbe?»
«Risposte».
Richard le scoccò uno sguardo interrogativo. «Tu lo sai, vero, che per questo Alan è molto più indicato di me?»
«Alan è la mia ultima risorsa» replicò la donna. «Preferirei avere da te le risposte che cerco, visto che le mie domande ti riguardano direttamente».
Lui si appoggiò al ripiano della cucina e incrociò le braccia sul petto. «Sentiamo».
«Non mi chiedi come ho scoperto il vostro piano?» replicò inaspettatamente Leah, con un sorrisetto malizioso.
«Sono pronto a scommettere che te l'ha detto Damon» rispose Richard, alzando gli occhi al cielo.
«E perderesti» lo stupì la donna. «È stata Agathe».
Lui la fissò, senza parole. «È stata... è stata...» balbettò. «Eh?»
«È stata Agathe, Agathe Williams» ribadì Leah: vedere Richard senza parole non era qualcosa che capitava tutti i giorni, e aver ottenuto quel risultato la soddisfaceva parecchio. «E quando ho affrontato Damon e gli ho rivelato che era stata lei a spiegarmi cosa stava succedendo, lui, per un qualche strano motivo che mi sfugge, ha dato per scontato che lei lo sapesse perché gliel'avevi detto tu».
«Io... non... io... Damon... per quale motivo l'avrebbe pensato?» farfugliò l'uomo.
Leah iniziava a trovare piuttosto sospetto il modo in cui tutti i suoi amici maschi balbettassero in preda al panico quando lei poneva quella domanda così semplice. «Non lo so, Richard, ma ovviamente un motivo c'è» sibilò. «Quindi perché non mi rispondi?»
«Perché non sono nella testa di Damon» rispose Richard: in quel momento Leah ricordò con precisione come mai quei due fossero tanto legati. «Voglio dire, qualunque cosa abbia pensato, di sicuro ha preso un abbaglio».
«E tu come lo sai, se non hai idea del motivo per cui ha fatto quel collegamento?» lo mise alle strette la donna.
«Non lo so: mi sono limitato a fare una ragionevole congettura» ribatté Richard.
Leah imprecò mentalmente: sapeva che Richard era molto riservato e che cavargli le parole di bocca era complicato, ma aveva davvero dimenticato quanto fosse faticoso braccarlo.
I due si scrutarono cauti per qualche minuto.
«Rick, prima o poi scoprirò quello che voglio sapere: sei sicuro di non voler essere tu a parlare?» lo incalzò Leah.
«Ne sono più che sicuro» brontolò lui.
«Sai che questo non fa che insospettirmi, vero?». Leah decise di insistere comunque un altro po': magari con l'età Richard si era ammorbidito...
Ma Richard Prescott era ancora granitico nella sua ostinazione ad avere la massima privacy possibile.
«E perché dovresti? Non sono mai stato un uomo facile a dare risposte, lo sai...» replicò.
«A meno che non si trattasse di ricerche storiche, nel qual caso diventi incredibilmente prolisso» bofonchiò in risposta la donna, imbronciandosi. Gli puntò contro il dito con fare ammonitore. «Tanto scoprirò quello che vi affannate tanto a nascondermi!»
Richard le rivolse un sorrisetto esasperante. «Non ho dubbi che lo scoprirai, Leah adorata. In realtà tutta questa segretezza è voluta: così hai un modo per occupare il tempo libero e tenere in allenamento il tuo brillante cervello» concluse ironico.
«Molto spiritoso» sibilò Leah, avviandosi verso l'uscita. «Quando scoprirò quello che nascondete, ti farò pentire di essere stato tanto evasivo!» minacciò.
L'uomo si limitò ad agitare debolmente una mano in segno di saluto mentre Leah usciva dalla porta. La sua minaccia non lo spaventava: era certo che se anche l'avesse assecondata raccontandole quello che voleva sapere, lei l'avrebbe comunque sgridato fino a fargli sanguinare le orecchie.
******
«Non l'ha fatto» esalò Lara, incredula.
Lei, Thomas e Agathe erano seduti nei loro banchi alla St. Margaret e tra pause e bisbigli la giovane Williams aveva appena raccontato loro, approfittando del frastuono creato dai loro compagni di classe, del messaggio che Richard le aveva inviato la sera prima.
«Invece sì» borbottò Agathe, ancora contrariata, prima di soffocare uno sbadiglio: la rabbia era stata tale da impedirle di chiudere occhio ed era davvero esausta.
«Cosa credi che significhi?» la incalzò l'altra.
Agathe scrollò le spalle, incerta.
«Potrebbe non significare nulla» intervenne Thomas. «Insomma, quei documenti dovrebbe comunque restituirglieli, quindi magari si tratta solo di questo».
«E se invece ci avesse ripensato... di nuovo?» bisbigliò furibonda Lara.
Stavolta fu Thomas a stringersi nelle spalle. «Allora è più stupido di quanto non sembri: dovrebbe immaginare che Will ormai non ha nessuna voglia di avere a che fare con lui» dichiarò.
«Che farai?» chiese Lara alla sua migliore amica.
«Non lo so» rispose Agathe. «Voglio dire... secondo me Tom ha ragione: non ci sono secondi fini, vuole solo restituirmi quei documenti. Avrei preferito che trovasse un altro modo, che me li facesse avere senza parlarmi...»
«E questo non ti fa pensare che lui voglia proprio questo? Parlarti?» insisté l'altra.
«Onestamente non lo so». Agathe tirò fuori un paio di libri dalla borsa. «Se anche fosse, io non ho nessun desiderio di parlargli né di ascoltarlo, quindi mi auguro che tu sia fuori strada, pescetto».
«Il fatto che tu lo voglia non significa che sia io, a sbagliarmi».
Agathe alzò gli occhi al cielo, sfinita.
«Senti, pescetto, nessuno mi corre dietro: tanto di quei documenti non me ne faccio nulla, visto che nonna Penelope mi ha già pagato l'iscrizione all'accademia in Italia, e posso prendermi tutto il tempo che voglio per decidere cosa fare. Rilassati».
Lara si afflosciò. «Non mi piace il modo in cui Prescott gioca con te».
«Direi che Prescott ha finito di giocare con me» commentò l'altra. «Forse non ha giocato affatto, non è così meschino; solo...»
«Vigliacco?» tentò Lara.
«Carogna?» propose irritato Thomas.
Agathe si accigliò. «Non siate così rigidi. Tom, tu sei stato innamorato di Lara per anni prima di trovare il coraggio di dichiararti – più o meno – e tu, Lara, ti sei fatta un mucchio di problemi e hai cercato con tutta te stessa di non cedere a quello che provi per Tom prima di capitolare quindi, ecco, forse dovreste mostrarvi un po' più comprensivi...»
Lara mise su un grugno da far paura. «Non posso credere che tu lo stia difendendo!» l'accusò sottovoce.
«Non lo difendo» replicò in un sussurro Agathe. «Dico solo che avrà avuto i suoi motivi, per fare marcia indietro. Io non li capisco, non li condivido, ma per lui saranno stati buoni motivi. E comunque è sicuro della sua scelta, quindi avercela con lui non porta a niente. Ho altro a cui pensare».
I tre rimasero in silenzio per un po'.
«Sarà» disse infine Thomas, chiaramente scettico. «A me però, Will, sembra che ti sia rassegnata a subire la sua decisione, non che tu sia andata oltre, e questo mi spaventa».
La ragazza inarcò le sopracciglia. «Paura che io possa perdonarlo?»
«Paura che lui abbia ancora il potere di farti soffrire» replicò lui.
«Credimi, Tom» mormorò Agathe mentre il professore faceva il suo ingresso in aula, «se mai io e Prescott dovessimo di nuovo avere a che fare, sarà lui a soffrire, fosse l'ultima cosa che faccio».
******
Richard iniziava a pensare che quella giornata fosse stata scelta dall'Universo per fargli espiare tutte le sue colpe.
Dopo che Leah se n'era andata si era messo al lavoro, godendo della pace ritrovata della sua casa, ma non era durata a lungo: dopo neanche mezz'ora, infatti, Alan irruppe in casa sua neanche avesse fatto parte dei Corpi Speciali.
Il padrone di casa gli rivolse solo un brevissimo sguardo prima di tornare alla propria occupazione. «Stai scappando da Leah?»
«Già» sbuffò esausto Alan. «Mi sta braccando per sapere che legame c'è tra te e Agathe...»
«Me l'avevo detto che eri la sua ultima risorsa, ma non credevo che uscendo da casa mia sarebbe venuta direttamente da te» rispose vago Richard.
«Sembra aver preso la cosa particolarmente a cuore» disse il giornalista. «Non capisco perché...»
«Perché si annoia: non è più abituata alla monotonia di Hersham» commentò l'altro. «E poi probabilmente preferisce pensare ad altro, piuttosto che a Damon: sai quanto sono ciechi, quei due...»
Alan ridacchiò divertito. «Verissimo». Si lasciò cadere di peso in una poltrona e scrutò l'amico che lavorava. «Mi spieghi perché tu e Agathe vi siete lasciati?»
Richard alzò gli occhi al cielo e prese un respiro profondo. «A quanto pare questa giornata non fa che peggiorare» commentò irritato. Si sfilò gli occhiali da lettura e guardò Alan con una punta di fastidio. «Ci siamo lasciati perché l'ho voluto io. E l'ho voluto perché non ho alcun desiderio suicida, e rivelare a tutti che sto con una ragazzina di un quarto di secolo più giovane di me mi farebbe ottenere esattamente quel risultato: non ambisco a farmi spaccare la testa da Evan Williams» rispose, anticipando le altre domande che l'amico gli avrebbe sicuramente posto.
Il giornalista si accigliò. «Dio, Rick, quanto sei testardo» commentò. «Perché non smetti di preoccuparti di quello che pensano gli altri e non fai quello che vuoi tu?»
«Perché la mia vita si articola in una serie di relazioni interpersonali, magari?» replicò sarcastico Richard.
«Quindi vuoi vivere facendo quello che gli altri si aspettano da te, sacrificando te stesso all'opinione comune?». Alan scosse la testa. «Questo non sei tu».
«O forse sì. Forse sono proprio io» disse provocatorio l'altro.
«Ti conosco da oltre vent'anni, Richard, e so che tu non sei così» insisté Alan. «Sei troppo intelligente per non capire quando i compromessi che si fanno per vivere pacificamente in una comunità diventano servilismo alla morale altrui. E tu non sei mai stato servile: l'opposto, semmai». Gli lanciò uno sguardo penetrante. «Secondo me hai solo paura».
Richard si appoggiò allo schienale della propria poltrona e sorrise beffardo. «Ah sì? E di cosa avrei paura?»
«Di mettere tutto te stesso nelle mani di un'altra persona» rispose il giornalista. «Hai paura che Agathe possa cambiare idea e ferirti e, piuttosto che correre questo rischio, hai preferito giocare d'anticipo e soffrire adesso, invece di vivere con il timore di poter soffrire in futuro». Alan lo guardò, sfidandolo con lo sguardo a contraddirlo.
«Ma tu non hai qualche articolo da scrivere?» bofonchiò Richard, tornando a leggere gli incartamenti che giacevano sulla scrivania.
Alan sorrise compiaciuto: il rifiuto di Richard di proseguire quella conversazione per lui valeva come una risposta affermativa. «Sì, ma prima dobbiamo decidere cosa fare con Leah e Damon».
«A parte chiuderli in una stanza e lasciarceli finché non si decideranno a parlarsi a cuore aperto, dubito che ci sia altro che possiamo fare» disse distratto Richard. «Forse a questo punto dovremmo soltanto lasciare che si prendano il loro tempo...»
Il giornalista sbuffò. «L'ultima volta che si sono "presi il loro tempo" è stato ventidue anni fa».
«Sì, ma ho l'impressione che stavolta non sarà così» masticò Richard tra i denti, tutto preso dal proprio lavoro. «Leah non mi è parsa neanche lontanamente sconvolta dalla nostra idea di farla finire insieme a Damon. Infastidita, magari, perché abbiamo progettato la cosa alle sue spalle, ma non contraria alla cosa in sé».
«Immagino che non si possa chiedere di più» sospirò Alan, alzandosi. «Cena a Londra, venerdì sera?»
«Ho una cena di lavoro, ma possiamo vederci dopo» rispose lo storico. «Ci sono anche i due zucconi?»
«Oh sì, a costo di trascinarli per i capelli» replicò l'altro.
«A venerdì allora» salutò Richard.
******
Damon guardò sua figlia scendere le scale come una furia, un pesante borsone buttato a tracolla e il fiato corto. «Che fai, pescetto? Scappi a Gretna Green con Thomas?» sghignazzò.
Lara alzò gli occhi al cielo. «Solo dall'altra parte dell'otto» rispose. «Io e Will abbiamo organizzato una sessione notturna di studio: non so bene a che ora finiremo, quindi mi fermo a dormire da lei».
«Va bene, tesoro» la salutò suo padre, mascherando il disappunto: ormai lui e Lara passavano poco tempo insieme e aveva sperato di stare un po' con lei, quella sera. «Da' un bacio a tua sorella e dille che le devo venti sterline».
Lara gli lanciò uno sguardo confuso dalla porta mentre pigiava il pulsante per aprire il cancello. «Perché?»
Damon sorrise innocente. «Perché durante il vostro secondo anno di scuola ho scommesso che non sarebbe mai stata capace di farti studiare con costanza, e lei ha risposto che prima del diploma sarebbe riuscita nell'impresa».
La ragazza sbuffò. «Quanto siete carini» grugnì, e aprì la porta. «Zia!» esclamò, illuminandosi: dall'altra parte del battente c'era la sua madrina, sorridente e con una busta tra le mani. L'abbracciò, felice di vederla. «Che ci fai qui?»
«Oh, niente: ho portato un film e dei popcorn, pensavo che potrebbe essere carino passare un po' di tempo insieme» rispose la donna.
Lara la guardò, sinceramente dispiaciuta. «Accidenti, mi piacerebbe tanto ma Agathe mi sta aspettando per studiare...»
Leah le batté una mano sulla spalla, senza neanche lasciarla finire. «Non ti preoccupare, tesoro: so che agli esami manca poco, staremo insieme quando sarai in vacanza».
«Ottima idea» disse sollevata Lara, baciandole una guancia. «Ora vado. Divertitevi, voi due!» disse a suo padre, che le aveva raggiunte nell'ingresso.
«Ciao, Damon» disse piano Leah. Damon boccheggiò: il sorriso enorme di lei era sempre riuscito a rubargli il fiato. «Film?» aggiunse, tirando fuori un dvd dalla busta.
«Da' qua» sorrise l'uomo; prese la custodia di plastica si avviò verso il salotto. «Io preparo il televisore, tu intanto va' in cucina a fare i popcorn».
Leah obbedì quieta, canticchiando tra sé. Dieci minuti più tardi i due erano sprofondati nel divano, fianco a fianco: Leah sedeva con le gambe incrociate, rimbalzando impercettibilmente sui cuscini, e Damon era semisdraiato, i piedi appoggiati al tavolino tra loro e il televisore, mentre i titoli di testa scorrevano sullo schermo.
«"Le relazioni pericolose"? Seriamente?» domandò lui non appena capì di che film si trattava.
«Libro fantastico, bel film» replicò vaga Leah, ruminando una manciata di popcorn. «Perché?» aggiunse maliziosa.
Damon le rivolse uno sguardo sospettoso. Non aveva idea di cosa stesse macchinando la donna, ma di sicuro c'era qualcosa che bolliva in pentola: lo stava studiando con discrezione, ma comunque senza quasi mai staccargli gli occhi di dosso.
Leah sorrise tra sé: non aveva scelto quel film a caso. Mezz'ora prima Agathe l'aveva chiamata per dirle che Lara avrebbe dormito da lei e che l'aspettava da un momento all'altro – "Così, giusto per fartelo sapere" aveva aggiunto in un tono candido per nulla convincente – e lei aveva deciso di cogliere la palla al balzo: da quando aveva scoperto che Alan e Richard l'avevano fatta tornare a Hersham perché speravano che tra lei e Damon nascesse qualcosa, il pensiero si era insinuato nella sua mente e non l'aveva più lasciata. Per quanto ci avesse provato – non voleva certo rischiare di rovinare l'amicizia di una vita – Leah non era riuscita a togliersi quell'idea dalla testa: quel pensiero, anzi, aveva trovato terreno fertile, aveva messo radici e ed era cresciuto, germogliando, insieme a tutte le sue implicazioni. E a Leah era piaciuto quello che la sua mente le proponeva.
I due seguirono il film in quel silenzio confortevole che c'è solo tra i veri amici, dividendosi i popcorn e lanciandosene qualcuno di tanto in tanto. Da qualche parte, nella testa di Damon, una vocina gli sussurrava che non c'era niente di innocente nella scelta di Leah di andare lì proprio quella sera e nel portare proprio quel film. Osservò il visconte rubare la virtù della giovane Cécile e non poté fare a meno di ricordare la ragazzina che Leah era stata, il modo in cui la sua vitalità priva di freni l'avesse ammaliato e il corpo adolescente di lei infiammato il suo, come una fiamma accostata alla benzina; guardò lo schermo, dove Valmont inseguiva madame de Tourvel, costruendole intorno una rete destinata a catturare lui per primo, e nel crescente ardore del personaggio riconobbe con sgomento se stesso, innamorato senza speranza e senza voler ammettere di esserlo.
Damon scosse per un momento la testa, ancora restio ad accettare i propri sentimenti – e a dare così soddisfazione ai suoi due migliori amici – prima di circondare con un braccio Leah, che si era avvicinata e guardava il film con la testa appoggiata sulla sua spalla.
Leah sorrise tra sé, attenta a non farsi vedere. Non era strano che Damon l'abbracciasse, ma il modo in cui il suo pollice le accarezzava distratto la spalla le fece capire che forse qualcosa stava cambiando.
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