Nineteenth Shade [R]
Agathe non era sicura di come fossero arrivati a quel punto.
Dopo quello che era successo nella boutique di Armani, non sapeva come né perché, aveva finito per ritrovarsi davanti Richard Prescott più spesso di quanto avrebbe mai potuto immaginare, e sempre quando meno se l'aspettava. In quei quattro giorni l'aveva incontrato a scuola – tre volte – nella biblioteca comunale – una volta – e un paio di volte era stata trascinata a tradimento nel giardino di casa sua mentre passava davanti al cancello: in tutte quelle occasioni si era ritrovata pressata in un angolo nascosto, schiacciata contro un muro in ombra o spinta dietro un qualsiasi oggetto potesse nasconderli agli occhi altrui, e ogni volta la bocca di Richard si era impossessata della sua, vorace e frenetica, per pochi secondi o una manciata di lunghissimi, estenuanti minuti... com'era successo il giorno precedente, quando l'uomo l'aveva raggiunta lungo un corridoio deserto della St. Margaret solo per abbrancarla alla vita, infilarsi con lei in un ripostiglio per le scope e baciarla fino a toglierle il fiato, col risultato di farla tornare in aula sconvolta e in ritardo.
Inutile dire che Lara e Thomas si erano resi conto che stava succedendo qualcosa di strano; tuttavia, Agathe aveva resistito tanto alle discrete domande di lui – con cui era nato un profondo rapporto di amicizia, da quando lei si era messa in testa di aiutarlo a conquistare Lara – quanto agli insistenti interrogatori della sua migliore amica.
Così quella sera Agathe, in un lussuoso ristorante di Londra in compagnia di fratello, genitori, zia, bisnonna e futura cognata alla cena per festeggiare i trent'anni di Benedict, fu sorpresa ma non troppo nel trovarsi di fronte Richard Prescott.
Evan fu il primo ad accorgersi della presenza del loro vicino di casa.
«Richard, che piacere vederti!» salutò mentre gli andava incontro. Stavolta lo storico fu molto più disponibile rispetto al loro ultimo incontro e gratificò Evan di un gran sorriso.
«Evan, il piacere è reciproco» rispose; strinse con energia la mano dell'altro uomo e sorrise cortese all'intera tavolata. «Ma sto interrompendo una cena di famiglia, vedo».
«Nessuna interruzione» lo rassicurò Evan; da un po' aveva capito che avere Richard Prescott come cliente avrebbe portato un mucchio di soldi al suo studio legale, e quello che Evan Williams voleva, Evan Williams otteneva. «Solo una festicciola privata per i trent'anni di Benedict, mio primogenito» spiegò, facendo cenno a Ben di raggiungerlo. «Mia moglie Gisèle certo la ricordi» aggiunse; la donna tese la mano a Richard con un sorriso contenuto e gli permise di farle il baciamano, «sua sorella Séline», la cognata si rivolse a Richard con un sorriso luminoso e accattivante e gli tese la mano come aveva appena fatto sua sorella ma, a differenza di Gisèle, strinse quella dell'uomo con moderata energia, «Myra, la fidanzata di Benedict», Myra arrossì appena e sorrise timidamente prima di abbassare lo sguardo, «Penelope, la mia adorata nonna» proseguì Evan, accennando alla vecchia signora che sorrise maliziosa a Richard e gli fece l'occhiolino, cosa che costrinse lo storico a trattenersi dal ridere, «e mia figlia Agathe» concluse, indicando con un gesto frettoloso la sua secondogenita. Richard notò come entrambi i coniugi Williams e Miss Dubois osservassero con apprensione la ragazza, quasi temessero che potesse dire o fare qualcosa e metterli in imbarazzo.
Agathe si limitò a rispondere con un cenno del capo e i tre si rilassarono visibilmente.
«Richard, saremmo tutti lieti se ti unissi a noi per la cena» disse Evan, richiamando l'attenzione di un cameriere.
«Oh no, Evan, no; è molto gentile da parte tua, ma non intendo intromettermi in quella che è un'occasione di festa chiaramente riservata alla famiglia» replicò Richard, declinando con garbo l'invito.
L'occhiata che Evan lanciò a Benedict fu eloquente benché rapidissima.
«Ne saremmo davvero lieti, Mr. Prescott, glielo assicuro» insisté il festeggiato.
Alle insistenze degli uomini si unirono quelle delle due sorelle Dubois e Richard, dopo aver tentennato ancora per un minuto buono, si vide costretto ad accettare.
Durante la cena, molto abilmente, Evan non fece nessun tentativo di parlare di affari; lasciò anzi che fossero le signore presenti a intavolare conversazioni amene, lieto soprattutto per la presenza di Penelope; la novantenne, colse l'opportunità di intavolare una discussione sulle ricerche storiografiche del loro ospite, mettendolo così a proprio agio.
Richard, benché impegnato a rispondere di volta in volta a ognuno dei presenti, ebbe modo di osservare le dinamiche familiari del gruppo. Evan non prestava attenzione ad altri che a lui e, sporadicamente, a Benedict, che si divideva tra il partecipare alla conversazione tra gli altri due uomini e la propria fidanzata; Myra, dal canto suo, occupava il tempo in cui non poteva parlare con Benedict chiacchierando con Gisèle e Séline e si interrompeva solo per arrossire alla battute salaci di Penelope; la signora O'Brien era intenta a parlare con lui stesso e a lanciare frecciatine caustiche alle due francesi, ma di tanto in tanto si distraeva per osservare qualche cameriere di bell'aspetto quando passava vicino al loro tavolo. Quello che lo stupì fu come Agathe fosse isolata dall'intero gruppo e quanto la cosa sembrasse esserle indifferente: escluse un paio di occasioni in cui rivolse la parola a Myra e un brevissimo scambio di battute tra lei e Penelope, la diciassettenne trascorse tutto il tempo tra una portata e l'altra con il naso infilato nel libro che si era portata dietro. Da questo, e dal modo in cui nessuno sembrava farci caso, pareva che la cosa fosse abituale.
Per qualche motivo, vedere quella ragazza essere così tranquillamente ignorata dal resto della sua famiglia – dimenticata, avrebbe detto, notando come gli occhi di nessuno a parte i propri finissero mai in quella direzione, quasi il posto occupato da Agathe fosse stato vuoto – lo infastidiva nel profondo, e Richard decise di attirare un po' l'attenzione su di lei.
«Devo dirti, Evan, che adesso che la guardo bene, il volto di tua figlia non mi è affatto nuovo» disse all'improvviso nel bel mezzo della seconda portata, attirando all'istante l'attenzione generale. «Frequenta la St. Margaret, vero?» aggiunse in tono noncurante; tanto Evan quanto Gisèle si rilassarono immediatamente.
«Sì» confermò il primo mentre lanciava un'occhiata di sbieco a sua figlia, quasi volesse ammonirla a non intervenire.
«Già, l'ho incontrata in un paio di occasioni: nella prima è stata così gentile da rispondere alle mie domande sulla biblioteca, sebbene dubito che ricordi quell'evento con piacere» proseguì Richard in tono leggero. «E a ragione, devo ammettere, dato che la distolsi – poco educatamente, lo confesso – dai suoi libri».
«Spero che non ti abbia offeso in alcun modo, Richard» disse Evan, teso; Gisèle e Séline lanciarono un'occhiataccia ad Agathe, che fissava il quarantaduenne con gli occhi socchiusi e un'espressione indecifrabile sul volto.
«Oh no, tutt'altro» rispose Richard; suo malgrado si lasciò sfuggire una breve risata. «Quel giorno tua figlia – Agathe, giusto? – mi ha gratificato di una sincerità così limpida e lineare da essere brutale, ed è qualcosa che mi capita di vedere così di rado da aver apprezzato il doppio quella conversazione!»
«Purtroppo Agathe non ha ancora imparato a capire quando è il caso di tacere» intervenne Gisèle in tono di scuse mentre scoccava un'occhiata gelida a sua figlia, che la ignorò.
Penelope brontolò qualcosa in gaelico e, sebbene Evan, Benedict e Agathe fossero gli unici a poter capire cos'avesse detto, il suo tono non lasciava dubbi sul fatto che si trattasse di un insulto.
«A dire il vero, come ho ammesso poco fa, ho apprezzato in modo particolare quella conversazione con vostra figlia» ribatté Richard. Guardò la donna dritto negli occhi talmente a lungo da metterla in soggezione e alla fine Gisèle abbassò lo sguardo. «Grazie a lei ho potuto avere un resoconto dettagliato del vero stato della biblioteca della St. Margaret e delle sue tante carenze. È stata una chiacchierata che potrei senza problemi definire, per molti versi, illuminante».
«La verità è che Agathe ha la pessima abitudine di esprimere troppo liberamente i propri pensieri» commentò Séline.
«Io trovo che dire con onestà cosa si pensa sia una virtù molto rara, in special modo di questi tempi» disse piano Richard, una punta di gelo nella voce.
Al tavolo calò un silenzio teso; Gisèle e Séline ne approfittarono per premiare l'incolpevole Agathe di un'occhiata sdegnata e stizzita che la giovane, abituata a quelle scene, anche stavolta ignorò.
«Visto che, pur non sapendolo, la signorina mi ha reso un notevole servizio, e considerate le penose condizioni della biblioteca della St. Margaret – per tacere della scarsa varietà di testi disponibili alla biblioteca pubblica della nostra città – vorrei sdebitarmi offrendole la possibilità di utilizzare la mia biblioteca personale» annunciò Richard.
La sua dichiarazione fu accolta con un silenzio attonito dall'intera tavolata.
«Tu offri...» balbettò Evan prima di tacere e deglutire. «Tu stai... be', è molto generoso da parte tua, Richard, ma non c'è bisogno che ti senta in debito...»
«Questo lo decido io» tagliò corto l'altro con tanta decisione da ammutolire Evan. «Ho fatto la mia offerta davanti a te e a tua moglie per correttezza, ma l'unica opinione che conta, in merito, è quella della ragazza». Richard si rivolse direttamente ad Agathe guardandola fisso negli occhi, sguardo che lei ricambiò senza esitazioni. «La mia biblioteca è a sua disposizione in qualsiasi momento, per qualsiasi motivo decida di usufruirne, che sia per necessità o semplice desiderio. Non ha bisogno di annunciare la sua visita né di perdere tempo con altre formalità: le è sufficiente presentarsi alla mia porta e suonare il campanello. Ogni volta che lo vorrà». L'uomo abbassò appena la voce e, nonostante non lo conoscesse così bene da poter pensare di cogliere ciò che si celava dietro l'onnipresente apparenza di gentiluomo freddo e controllato, Agathe ebbe l'impressione che ci fosse un'impercettibile sfumatura implorante nelle parole che le rivolse subito dopo. «Lo vorrà, Miss Williams?»
Un misto di emozioni le rese difficile rispondere: orgoglio per l'astuzia di lui, per come stava raggirando tutta la sua famiglia; ammirazione per la sua capacità di celare ciò che provava e mantenere una calma assoluta anche mentre si addentrava in quello che poteva facilmente trasformarsi in un campo minato; divertimento per quel suo modo così sottile di giocare che la affascinava sempre di più; entusiasmo all'idea di poter entrare e uscire da casa sua senza più il timore che qualcuno la vedesse e spifferasse tutto a suo padre.
Agathe annaspò, rendendosi conto che ormai gli occhi di tutti erano appuntati sulla sua figura e che lei non aveva ancora risposto alla domanda di Richard. Deglutì un paio di volte mentre prendeva fiato e cercava di ricomporsi, così da fornire una risposta che non desse adito a sospetti.
«La sua offerta è molto generosa, Mr. Prescott, e sarò lieta di approfittare della sua gentilezza» rispose. Si lasciò sfuggire un ghigno tutt'altro che rassicurante. «Speriamo solo che la sua biblioteca personale sia in condizioni migliori di quella della St. Margaret!»
Evan si coprì gli occhi con una mano e Gisèle strinse le labbra, come se fosse finalmente accaduto quello che aveva temuto per tutta la sera; Séline la fissò con aria di rimprovero e Myra semplicemente sbalordita, mentre Benedict e Penelope trattenevano a stento le risate.
Anche Richard avrebbe voluto ridere, ma non poteva: si limitò a scoccare uno sguardo eloquente ad Agathe, che lo fissava con un fastidioso sorrisetto compiaciuto.
«La mia biblioteca privata contiene più libri di quanti lei possa immaginare, Miss Williams» rispose, fingendosi offeso. «Alcuni li troverà noiosi, altri divertenti, altri ancora emozionanti... e di sicuro ce ne saranno alcuni che giudicherà... stimolanti» aggiunse, gongolando silenziosamente nel vederla arrossire. Una parte di lui si chiese che ricordo avesse rievocato la mente di Agathe, perché il modo in cui sfuggiva il suo sguardo era un chiaro indizio del fatto che una memoria ben precisa doveva essersi risvegliata alle sue parole; l'altra si disse che grazie a lui, presto la testa di Agathe sarebbe stata piena di ricordi in grado di farla arrossire solo con un suo sguardo.
******
Il giorno successivo a quella cena, un freddo sabato di metà novembre, tutti erano immersi nelle solite occupazioni da inizio weekend. Richard Prescott non faceva eccezione: alle dieci del mattino, vestito e sbarbato, beveva una tazza di caffè forte e sfogliava il giornale, godendosi il silenzio e la tranquillità della propria casa. Era felicemente ignaro del fatto che quella tranquillità sarebbe durata ancora per poco e non c'era da stupirsi che il suono improvviso del campanello l'avesse fatto sobbalzare.
«Miss Williams, non credevo che avrebbe approfittato della mia offerta così presto» disse, tenendo aperta la porta principale per permettere ad Agathe di entrare.
Lei sbuffò.
«Ho dovuto. Ho una ricerca da consegnare lunedì ed ero già in crisi, quindi voglio togliermela di mezzo prima di pranzo» replicò la ragazza. Richard le rivolse uno sguardo scettico e Agathe pestò un piede a terra, spazientita. «È la verità!» sottolineò con forza.
«Quindi non è qui per qualche ricerca di tipo più... come dire... fisico?» la stuzzicò l'uomo.
«No. Non oggi» dichiarò lei; lo spostò con un gesto deciso e andò verso le scale senza aspettare un invito. Richard la seguì su per i gradini fino alla biblioteca, dove Agathe si accomodò alla sua scrivania.
«Si è svegliata con la luna storta stamattina, miss?» chiese Richard, incurante del cipiglio fosco della ragazza.
Agathe sbuffò di nuovo.
«Ci sono andata a dormire, con la luna storta» brontolò. «Si può sapere che le è venuto in mente, ieri sera, di fare quella scena davanti ai miei genitori? Davanti a Evan!» scattò.
«Ieri sera non mi sembrava tanto contrariata» commentò il padrone di casa.
«Ci ho riflettuto stanotte a mente fredda e ho vista la cosa sotto un'altra luce» spiegò la ragazza a denti stretti.
Lui si strinse nelle spalle. «In ogni caso, ero stanco di tenderti agguati e di preoccuparmi che qualcuno ci vedesse. Adesso hai un'ottima scusa per venire qui, dove nessuno può sorprenderci, tutte le volte che vorrai» rispose, passando al "tu" per la prima volta da quando si erano incontrati. «Forse non l'hai notato ma non riesco a fare a meno di baciarti almeno una volta al giorno, Agathe».
Agathe sgranò gli occhi. Era la prima volta che Richard pronunciava il suo nome e gli era scivolato fuori dalle labbra morbido e avvolgente come velluto. La ragazza aveva sempre trovato che il proprio nome avesse un suono spigoloso, duro, ma l'uomo che aveva di fronte riusciva a renderlo caldo e dolce, smussandone gli angoli.
«Be', è stato incauto» insisté, recuperando un po' di contegno. «Mio padre non è stupido. Se avesse intuito qualcosa...»
«Avrebbe ancora dovuto dimostrarlo, e non è così sciocco da muovermi un'accusa simile senza prove» tagliò corto Richard. «E poi ha funzionato, no? Sei qui, ora, e non devi preoccuparti che qualcuno ti veda entrare o uscire da casa mia. Né devo preoccuparmene io».
Lei s'imbronciò, ma fu costretta ad ammettere che Richard aveva ragione.
«Allora, siamo sicuri che sei qui solo per studiare?» insinuò lui; si protese sopra la scrivania e le accarezzò la guancia col dorso dell'indice.
«Sì» confermò lei mentre tirava fuori penne e quaderno dalla borsa. «Visto che sei uno storico: mi servono un po' di libri sulla situazione dell'Europa all'inizio del ventesimo secolo e sulle cause dello scoppio della Prima Guerra Mondiale» ordinò.
«Una ricerca interessante» disse la voce di Richard, che si era infilato nei meandri della biblioteca a tempo di record.
«Una ricerca banale» replicò Agathe. «La assegnano ogni anno alle ultime classi».
Richard tornò con una bracciata di libri e li depositò davanti alla ragazza. «Ne ho altri che potrebbero esserti utili, vado a prenderli» annunciò prima di sparire di nuovo tra gli scaffali.
«Sii veloce» gli consigliò Agathe, sul volto un sorrisetto che lui non poteva vedere. «Se finisco presto, magari ci avanza tempo per qualche ricerca di natura diversa» ridacchiò.
******
Alla fine Agathe era sgattaiolata via da Villa Prescott senza concedere all'uomo neanche un bacio. Ne aveva voglia – impossibile dire quanta, soprattutto dopo averlo avuto intorno per oltre due ore – ma non riusciva a trattenersi dall'infastidirlo un po': trovava divertenti le loro piccole schermaglie verbali. E poi, un parte di lei ce l'aveva ancora con l'uomo per il rischio che aveva corso la sera precedente.
Senza degnare di uno sguardo casa propria Agathe attraversò la strada, passò nell'altra metà dell'otto, marciò dritta verso casa Zimmermann e una volta raggiunta la meta incollò il dito al campanello.
Ad aprirle fu un Damon spettinato e affannato.
«Will, ciao!» salutò, senza fiato. «Da non crederci, mi hanno chiamato per un consulto urgente» disse. Afferrò giaccone, sciarpa, chiavi dell'auto e borsa da lavoro, rischiando di farsi cadere di mano almeno la metà delle cose. «Devo andare di corsa a Londra, ma torno presto. Lara è in cucina, si è alzata dieci minuti fa e sta facendo colazione».
«Grazie, zio. E vedrai che ci vorrà poco, sicuramente si tratta solo di qualche riccone troppo apprensivo che non vuole aspettare fino a lunedì per essere visitato dal miglior cardiochirurgo del Regno Unito!» rispose lei.
«Probabile» brontolò Damon. «A dopo, Will».
L'uomo salì in macchina e Agathe entrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle. Si appoggiò per un momento con la schiena al battente per godere del tepore della stanza; quel giorno non pioveva, ma il clima era comunque piuttosto rigido e durante il tragitto l'aria fredda le aveva pizzicato le guance con forza.
«Ciao pescetto» disse Agathe con voce sonora quando fece il proprio ingresso in cucina. Lara, spettinata quanto suo padre, infagottata in un pigiama pesante e con gli occhi ancora semichiusi, brontolò qualcosa d'incomprensibile e nascose la faccia nella tazza del latte. «Vedo che appena sveglia sei sempre di ottimo umore».
«Non siamo tutti come te» replicò l'altra, immusonita. «Come fai a essere già completamente sveglia e attiva non appena apri gli occhi?»
«Dono di natura» rispose Agathe con leggerezza. «Qualcosa di utile Evan doveva pur trasmettermelo, con il suo DNA!»
«Vuoi fare colazione?» borbottò Lara, intontita.
«No. In realtà sono passata per lasciarti un po' di appunti per la ricerca di storia che dobbiamo consegnare lunedì».
«Non avevi detto che saremmo dovute arrivare a Londra, per trovare dei testi decenti da usare per quella ricerca?». Lara spalancò la bocca e proruppe in un enorme sbadiglio.
«Ed era così» confermò l'altra, esaminandosi le unghie con ostentazione, «almeno fino a quando uno studioso, un filantropo e anche un ottimo partito di nostra conoscenza non mi ha dato libero accesso alla sua biblioteca personale».
Lara, che era tornata alla propria colazione, si strozzò col latte e sputò la bevanda su tutto il bancone della cucina. «Aspetta un attimo» ansimò tra un colpo di tosse e l'altro. «Mi stai dicendo che Richard Prescott ti ha detto che puoi utilizzare la sua biblioteca?»
«Già» confermò Agathe; prese dei tovaglioli di carta e asciugò il disastro creato dalla sua migliore amica. «Ci sono andata un paio d'ore fa e ho scritto la ricerca. Cielo, pescetto, non puoi immaginare quanti dannati libri abbia in quella biblioteca: è enorme! Non se ne vede la fine!»
«O Dio, Agathe, ma perché, perché, perché lo fai?» gemette l'altra. «Se tuo padre lo scoprisse...»
«Mio padre sa perfettamente dov'ero, stamattina» l'interruppe Agathe. Lara aggrottò la fronte e l'altra sospirò. «Va bene, adesso ti spiego. Ieri c'era la cena di compleanno di Ben; mi segui?»
«Sì» disse all'istante Lara.
«Perfetto. Eravamo arrivati da poco e aspettavamo ancora l'antipasto quando è comparso Prescott – non che la cosa mi abbia sorpresa, sta diventando un'abitudine trovarmelo davanti quando meno me l'aspetto – e mio padre l'ha convinto a cenare con noi. Non so perché l'abbia fatto, ma più o meno a metà della serata quel pazzo se n'è uscito fuori con la storia di quando abbiamo parlato nella biblioteca della scuola...», Agathe lanciò un'occhiata all'amica, «te l'avevo raccontato, ricordi?».
«Come fosse ieri» confermò la sua migliore amica. «Va' avanti».
«Ci sono state un paio di battute un po' pungenti con Gisèle e Séline, che come al solito si aspettavano facessi – o avessi già fatto – qualcosa in grado di metterle in imbarazzo, sai, col mio contegno così disdicevole...», la ragazza esitò per un istante, pensierosa, «e Prescott che invece si sperticava con lodi al mio indirizzo – per la sorpresa di tutti, come puoi ben immaginare – e ha concluso dicendo che mi offriva di usare la sua biblioteca». Agathe si mise a ridere. «Evan ha cercato di declinare la sua offerta – come Gisèle e Séline si aspetta che io li metta in imbarazzo, prima o poi – ma Prescott l'ha zittito in due secondi. È stato fantastico» concluse, sghignazzando senza ritegno. Si accorse che Lara non rideva con lei e sospirò. «Te lo giuro, è stato divertente da morire – poi ti racconto per bene com'è andata, nei dettagli, e vedrai che non riuscirai a non ridere».
Lara incrociò le braccia. «Per ora c'è un'altra cosa che vorrei mi raccontassi».
«Chiedi pure» la esortò l'altra. Si passò il dorso della mano sugli occhi per asciugarsi le lacrime di divertimento e si morse le labbra per trattenersi dal ricominciare a ridere: d'accordo, era irritata con Richard per il modo in cui aveva rischiato di mettere entrambi nei guai la sera prima, ma questo non significava che non avesse trovato l'intera scena spassosa e sì, anche gratificante.
«Che significava quel "è comparso Prescott – non che la cosa mi abbia sorpresa, sta diventando un'abitudine trovarmelo davanti quando meno me l'aspetto"?» sparò Lara tutto d'un fiato, con un cipiglio tale da far invidia a Gisèle nei suoi momenti peggiori.
«Caspita, te lo ricordi parola per parola?» disse Agathe, colpita. Il cipiglio di Lara si accentuò e la sua amica alzò le mani in segno di resa. «Va bene, va bene, parlerò!». Esitò per un attimo, valutando la presenza di oggetti contundenti intorno a loro e i possibili ripari. «Allora... te l'ho raccontato di quando mi sono infilata a casa sua quella sera e mi ha baciata» bisbigliò, arrossendo fino alla radice dei capelli, «e di quando mi sono intrufolata di nuovo nella sua biblioteca una settimana dopo».
«Qualcosa che non dimenticherò mai» confermò Lara.
«Okay» proseguì Agathe, tesa. «Allora... qualche giorno fa sono andata a Londra con Penelope per prendere i regali di compleanno per Benedict. Eravamo alla boutique di Armani e lei mi ha costretta a cercare un vestito, per il mio compleanno, no, e mentre la facevo contenta... non c'era nessuno intorno ai camerini, io... io non avevo visto Noah, però lui aveva visto me, e mi ha spinta di forza in un camerino» bisbigliò così piano da essere quasi inudibile.
Gli occhi di Lara si spalancarono sempre di più mentre la sua espressione passava dall'allarmato al furioso. «Che ti ha fatto, Agathe?» ringhiò.
«Mi ha baciata» ammise Agathe, torcendosi le mani. «L'ho spinto via, ma non voleva saperne di smetterla e mi è saltato di nuovo addosso, per baciarmi un'altra volta, ma... ma prima di riuscire a toccarmi, una mano è sbucata dal nulla, l'ha preso per il collo e l'ha trascinato fuori». La ragazza alzò gli occhi e incontrò quelli di Lara. «Era Prescott. Me l'ha tolto di dosso e... l'ha minacciato, ha minacciato di dire a suo padre e al mio quello che mi aveva appena fatto, e Noah se n'è andato con la coda tra le gambe».
Lara si rilassò, ma solo in parte. «Agathe, Noah sta diventando un problema serio» le disse cupamente.
«Lo so» rispose subito l'altra, «ma tornando al discorso principale, Prescott ha... mi ha baciata, di nuovo, in quello stesso camerino. Era lunedì, e da martedì continua a sbucarmi davanti di continuo».
«Quanto di continuo?» domandò Lara, inarcando le sopracciglia.
«Ecco...» Agathe non era certa di come avrebbe reagito Lara, ma decise di parlare lo stesso: in fondo erano come sorelle, non temeva il suo giudizio ma solo che si preoccupasse per lei – o che la prendesse a schiaffi per non averle raccontato tutto subito: a volte Lara era peggio di una vecchia pettegola. «Te lo ricordi giovedì, quando sono arrivata in ritardo alla lezione di Davenport?»
«Be'?» la incalzò l'amica.
«Ecco... ecco, diciamo che Prescott potrebbe avermi trascinata nel ripostiglio delle scope al secondo piano, quello vicino al laboratorio di chimica, e avermi baciata. A lungo» ammise Agathe, arrossendo un'altra volta.
Inaspettatamente, il volto di Lara si aprì in un enorme sorriso e la ragazza scoppiò a ridere.
«Oh, Will, baciata nel ripostiglio della scuola!» sghignazzò. «Com'era?»
«Il ripostiglio? Comodo». Agathe le lanciò un'occhiata maliziosa. «Dovresti provarlo con Thomas, un giorno o l'altro!»
Lara le tirò un pugno sul braccio, ma non negò. Al contrario, rivolse all'altra un sorriso birichino. «Non è male come idea» dichiarò.
Stavolta fu Agathe a mettersi a ridere e, nel farlo, si sbilanciò tanto da rischiare di cadere dallo sgabello. «Finalmente!» esultò.
«Frena, Will, frena. Non è ancora successo niente, e comunque voglio andarci piano» disse Lara, sempre sorridente.
«Non fa niente, vacci piano quanto vuoi, ma già il fatto che tu abbia ammesso che Tom ti piace è un gran salto in avanti! Un piccolo passo per l'umanità, un passo enorme per Lara!» la prese in giro.
«E tu, Agathe? Ti piace Prescott?» chiese Lara.
«No, mi fa schifo. Per questo gli permetto di saltarmi addosso e baciarmi ogni volta che decide di farlo!» replicò l'altra, sarcastica.
La sua amica alzò gli occhi al cielo. «Io ci ho messo un secolo ad ammettere che Thomas mi piace, ma ho l'impressione che a te ce ne vorrà ancora di più per confessare che Richard Prescott ti interessa più di quanto sia lecito!»
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