Fourty Sixth Shade [R]
Il bar era semplice e carino, come tanti altri a Londra, e più affollato di quanto Agathe si fosse aspettata: nonostante fosse domenica d'inverno – e per di più subito dopo l'ora di pranzo – c'erano una ventina di avventori che vagolavano per il locale, bevevano qualcosa e scambiavano qualche parola con conoscenti o con i baristi, superando di quando in quando il sottofondo musicale della radio con le loro voci.
Sgomitando tra la ressa davanti al bancone e pensando che ben presto ne avrebbe avuto abbastanza di bar e pub per il resto della vita, la ragazza si fece largo tra la folla e avanzò a zigzag attraverso sedie e tavoli fino a raggiungerne uno in fondo al locale, già occupato da un giovane alto e longilineo. L'uomo seduto appariva nervoso a un miglio di distanza: apparentemente immerso nella lettura di un quotidiano, ne sfogliava le pagine con gesti bruschi e i suoi occhi scorrevano i fogli con troppa rapidità, senza mai soffermarsi su nulla, perché si potesse pensare che stesse davvero leggendo gli articoli. Ogni tanto si risistemava la pesante sciarpa di lana intorno al collo e tirava su con il naso, segnali inequivocabili di un imminente raffreddore.
Quando Agathe riuscì a raggiungere il tavolo, l'uomo fece per alzarsi, ma un gesto della ragazza lo bloccò.
«Grazie per essere venuta con così poco preavviso, e proprio il giorno dopo la tua festa» disse Moses.
«Figurati. Ero già sveglia, e poi quella di ieri sera non era esattamente una festa per me» replicò Agathe. Guardò l'uomo di fronte a sé con espressione penetrante. «Allora, Moses. Dopo mesi in cui sei stato all'estero, perché all'improvviso tanta fretta di vedermi?»
Moses si torse le mani, a disagio. «Non è facile per me parlarne» esordì. «Vedi, in una notte la mia vita si è... stravolta».
«Hai incontrato l'amore della tua vita?» ridacchiò Agathe. Quando l'altro non rispose, assunse un'espressione incredula. «Non ci credo! Alla mia festa?»
Il ragazzo annuì. «Io... è difficile da spiegare. Ti è mai capitato di vedere una persona, parlarle e pensare che... be', che è una persona come tutte le altre, che non ha niente di speciale... chiederti come potrebbe mai piacere a qualcuno, e poi... un giorno, senza alcun preavviso, rincontrare quella persona e chissà perché vederla con occhi nuovi?»
Agathe avrebbe voluto sorridere a quelle parole: le sembrava che Moses avesse descritto l'inizio della sua conoscenza con Richard. «So cosa intendi». Tornata seria, guardò con gentilezza il giovane uomo. «Non è la fine del mondo, Moses».
Lui sorrise mesto. «Potrebbe essere più difficile di quanto pensi. Non credo che questa persona sappia che esisto, non in quel senso, e non penso che mi vorrà mai...» aggiunse amaro.
«Forse, se mi dicessi chi è, potrei aiutarti» disse esitante la ragazza. Moses alzò a malincuore lo sguardo su di lei, uno sguardo tanto disperato e supplichevole da scioglierle il cuore. Protese la mano e afferrò una delle sue, stringendola forte.
«Ho bisogno di te, Agathe» sussurrò Moses.
******
Richard percorreva il salone a passi rapidi come un leone in gabbia.
«Rick, hai intenzione di dirmi qual è il problema o mi hai chiamato soltanto per guardarti scavare un solco nel pavimento a furia di camminare su e giù per la stanza?» chiese annoiato Alan.
Il padrone di casa strinse i pugni e masticò qualche imprecazione tra i denti, ma non rispose.
«Rick, sul serio. Non ho tutto il giorno» insisté Alan un quarto d'ora più tardi.
«Voglio delle informazioni» disse brusco Richard.
Alan batté le mani, deliziato. «Informazioni! Come ai vecchi tempi! Allora...» il giornalista si sfregò i palmi, entusiasta, «...di chi vogliamo parlare?».
«Moses Pearson» rispose Richard con voce strascicata.
L'altro partì come se avessero premuto un pulsante. «Moses Pearson, venticinque anni, laureato in Legge, sulla buona strada per seguire le orme del padre. Molto riservato, carattere schivo ed equilibrato: a differenza di suo fratello, ha sempre cercato di tenere un profilo basso. Non c'è molto da dire: finché è stato a Hersham non ha fatto granché a parte studiare, uscire con gli amici e avere qualche fidanzata di tanto in tanto. Al momento esercita negli Stati Uniti. Ottimo cavallerizzo e gran giocatore di polo. Gran bel ragazzo, ma questo già te l'avevo detto tempo fa». Alan aggrottò la fronte. «Aspetta. Perché parliamo di lui?»
Richard ringhiò qualcosa; Alan non era certo di cosa avesse detto, ma poteva giurare d'aver sentito almeno tre o quattro imprecazioni mescolate ai grugniti. Sospirò, armandosi di pazienza.
«Richard, che ti ha fatto ora quel povero ragazzo?» chiese in tono di sopportazione. «Te lo ricordi, vero, che stiamo parlando di Moses e non di Noah?»
«Stamattina Agathe è scappata da casa mia» berciò l'uomo, «da me, per andare da quel...», Richard annaspò, «e dopo avermi mentito! Ha detto che era stata una sua compagna di scuola a chiamarla, ma io so che era Moses Pearson!».
Alan fissò il suo amico con aria beffarda. «Incredibile. Non sapevo che tra le tue tante doti ci fosse anche la capacità di leggere nel pensiero!»
«L'ho letto sul display del telefono di Agathe, subito dopo che aveva chiuso la chiamata» rispose Richard.
«La tua parabola discendente continua a stupirmi» dichiarò il giornalista. «Un tempo non avresti sbirciato il telefono di una signora. E se penso che continui a negare quello che provi per quella ragazza...»
«Io non provo niente per lei» ribatté irritato l'altro. Alan lo gratificò di uno sguardo scettico e pietoso. «D'accordo, qualcosa provo, ma non è niente di così... così...»
«Importante? Profondo? Definitivo?» suggerì Alan in tono ironico.
Richard sbuffò forte dal naso. «Smettila di prendermi in giro» scattò.
«Sono serio come non mai» replicò l'altro. «Non riesco a capire che diavolo ti abbia fatto quella ragazza... o meglio: non capisco se è Agathe Williams a farti questo effetto o se saresti diventato un cretino totale qualunque fosse stata la donna capace di colpirti davvero. Perché, Richard, stai diventando una persona totalmente diversa da quella che sei sempre stata: stai cambiando, amico mio, e non in meglio».
«Disse l'uomo incapace di trovare la propria anima gemella» lo schernì Richard con una punta di cattiveria.
«Mi sembra che a nessuno di noi sia andata molto bene» rispose Alan senza battere ciglio. «Io non ho mai trovato il grande amore, tu ti sei imbarcato in una serie di relazioni con donne a dir poco sbagliate e Damon... be', lui è riuscito a sposare l'ultima donna sulla faccia della Terra in grado di renderlo felice e si è fatto distruggere da lei. Non dei buoni risultati».
Richard tacque. Alan era sempre stato particolarmente pungente e, nonostante il piglio allegro e bonario, più acuto della media sia nel rilevare gli stati d'animo altrui che nel tentare di spronare le persone, e a volte i suoi metodi gli facevano dimenticare che il giornalista non era mai contro di lui.
«Mi dispiace per quello che ho detto poco fa» mormorò il padrone di casa, mortificato. «A volte mi lascio trascinare dall'orgoglio».
«Se non fossi capace di sopportare i tuoi scatti d'ira e la tua arroganza, caro Richard, non sarei mai diventato tuo amico» rispose Alan con grande tranquillità. «So che a volte persino tu parli a vanvera, ma soprattutto so capire quando parli a vanvera!»
«Molto gentile» brontolò l'altro. «Ma torniamo a Moses Pearson».
«Stai diventando ossessionato» sbuffò Alan. «Lo credo, che quella ragazza non ti ha detto che era stato un uomo a chiamarla! Visto come ti sei comportato di recente con lei, avrà previsto senza ombra di dubbio che saresti esploso come una bomba!»
«Non tollero le menzogne» replicò Richard, irritato.
«A volte, Rick, con il nostro comportamento costringiamo le persone a mentire. Non diamo loro altre possibilità» gli fece notare l'amico. «Non credo che a Moses Pearson interessi la giovane Williams, né che lei gli darebbe spago: le fai un torto, se pensi una cosa del genere».
Richard si massaggiò il collo, a disagio: le parole di Alan lo facevano sentire in colpa. Ci rimuginò sopra per un po', chiedendosi quando fosse diventato tanto malfidato, quando il telefono del suo ospite squillò. Alan rispose con aria rilassata; ascoltate solo poche parole, però, si raddrizzò nella poltrona e divenne gradualmente sempre più pallido senza riuscire a spiccicare parola. Richard, preoccupato, gli si avvicinò e attese che terminasse la conversazione.
Chiusa la chiamata, Alan alzò lo sguardo sul suo migliore amico.
«Mi ha chiamato uno dei miei tanti contatti qui a Londra» annunciò rauco. Si schiarì la voce e chiuse gli occhi. «Hanno visto Agathe Williams e Moses Pearson baciarsi in un bar».
******
Erano passati svariati giorni dalla festa di compleanno di Agathe e dalla notte di bagordi gentilmente offerta da Damon, e da quel mattino Lara non aveva quasi più visto la sua migliore amica. Certo, a scuola sedevano sempre una accanto all'altra, ma Agathe era diventata più taciturna che mai – persino più di quando era ricomparsa l'ultima ex fidanzata di Richard – e non le era riuscito di cavarle di bocca niente di più di qualche osservazione sul tempo o sulle lezioni. In effetti, la sua migliore amica non era solo taciturna: era anche sfuggente e, concluse le lezioni, usciva dalla St. Margaret a tutta velocità e spariva prima che Lara avesse l'occasione di metterla all'angolo e farle un interrogatorio degno della Gestapo.
Quel giorno non fece eccezione: non appena suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni, Agathe raccolse le proprie cose e schizzò fuori dall'edificio come se avesse avuto il diavolo alle calcagna.
Lara le corse dietro inutilmente.
«Tom, ma che le è preso?» chiese disperata al proprio fidanzato. «Perché fa così?»
Thomas affondò le mani nelle tasche del cappotto e guardò mesto il punto in cui Agathe era sparita. «Non lo so, Lara, non lo so». Sospirò e passò un braccio intorno alle spalle della ragazza, guidandola verso casa. «Cerchiamo di fidarci. Di solito sa quello che fa...»
«Eppure stavolta ho l'impressione che finirà per distruggersi con le sue stesse mani» mormorò Lara.
Thomas non seppe risponderle.
******
Richard aveva tirato di nuovo fuori il suo fidato binocolo e ricominciato a scrutare fuori dalle finestre. Da quella mattina in cui Agathe era scappata dal suo appartamento a Londra, non ne aveva più avuto notizie, quindi si era rassegnato a tornare alle vecchie abitudini.
Purtroppo per lui, la ragazza si era fatta furba: non l'aveva più vista transitare nell'otto al mattino e all'ora di pranzo, quindi doveva aver studiato un nuovo percorso passando per l'ingresso sul retro.
Stizzito da quella sparizione improvvisa e reso furioso dalle notizie avute da Alan, lo storico aveva deciso di tendere un agguato ad Agathe; dunque quel giorno, dopo aver calcolato tutti i possibili percorsi che collegavano la St. Margaret e casa Williams con l'ausilio di una mappa della città, Richard Prescott aveva scelto il più probabile, trovato un bel nascondiglio e si era piazzato lì con largo anticipo, pronto ad acchiappare al volo la sfuggente ragazza non appena fosse passata.
Come aveva previsto – non poteva certo essere tanto intelligente per nulla! – pochissimi minuti dopo l'orario di uscita della St. Margaret, Agathe gli passò davanti in tutta fretta, quasi correndo, e palesemente ignara della sua presenza. Rapido come il lampo, Richard mulinò il bastone da passeggio che si era portato dietro e agganciò un polso della ragazza per poi trascinarla tra gli alberi e le aiuole con un gesto secco e deciso.
Per un attimo Agathe sembrò spaesata e turbata dal rapido succedersi degli eventi, e lo fu ancora di più quando scorse l'espressione di pietra dell'uomo.
«Prescott» sussurrò agitata, guardandosi intorno: non c'era nessuno. «Prescott, cosa... che... che stai facendo?»
«Voglio una spiegazione e l'avrò» rispose secco l'uomo; la afferrò per il polso e se la tirò dietro mentre si faceva largo tra rami e cespugli con l'aiuto del bastone da passeggio.
«Prescott per favore, lasciami stare» lo supplicò Agathe. Era spaventata: l'aveva visto irritato, arrabbiato, furioso al punto da perdere il controllo, ma quella rabbia gelida la intimoriva molto più degli scatti d'ira di cui l'aveva visto preda in passato. Quella furia attentamente controllata non le dava indizi su come e quando l'uomo sarebbe esploso, e se non riusciva a prevedere le sue azioni, allora non poteva neanche decidere come difendersi. «Prescott... dove stiamo andando?»
«A casa mia». La risposta recisa non calmò affatto Agathe, anzi, contribuì ad alimentare la sua agitazione. La ragazza puntò i piedi, facendo resistenza.
«Non ci voglio venire. Prescott, lasciami stare. Questo è sequestro di persona!»
Richard si voltò a guardarla, le labbra tirate e negli occhi una rabbia tanto intensa che Agathe si fece istintivamente piccola piccola. «Voglio una spiegazione» ripeté l'uomo in un ringhio, «e tu me la darai. Ora. A casa mia. E adesso muoviti!».
Annichilita, Agathe si lasciò trascinare come una bambola di pezza fin dentro quella casa che aveva imparato a conoscere tanto bene. Una volta lì si rese conto che ormai non aveva più senso continuare ad avere paura: raddrizzò le spalle e prese due respiri profondi nel tentativo di calmare il nervosismo prima di guardare Richard Prescott che, fermo all'altro capo della stanza, la fissava con sguardo fosco.
«Allora, Prescott» disse Agathe, un tremito appena percettibile nella voce. «Che cosa vuoi?»
«Voglio sapere perché sei sparita». La voce dell'uomo era secca, dura, tagliente, e quella frase era chiaramente un ordine: lui si aspettava, esigeva una risposta immediata.
La ragazza prese un altro respiro profondo e chiuse gli occhi per un attimo. «Non capiresti».
«Mettimi alla prova». Adesso la voce di Richard grondava sarcasmo. Agathe intuì subito che lui sapeva tutto, o almeno qualcosa. Decise che tanto valeva tagliare la testa al toro.
«Prescott, non possiamo più vederci». Pronunciare quelle poche parole le costò uno sforzo notevole, tanto che Agathe fu costretta a riprendere fiato dopo quella semplice frase.
La bocca dell'uomo si torse in una brutta smorfia.
«Non è corretto: tu non vuoi più vedermi» la corresse in un sibilo, «ma questo l'avevo già capito dal tuo comportamento. Quello che voglio sapere è perché».
«Te l'ho già detto: non capiresti» ripeté lei.
«Invece credo di poter capire benissimo» replicò Richard con voce velenosa. Fece due passi avanti e la ragazza si impose di non indietreggiare. «L'altra sera, alla tua festa, hai rivisto Moses Pearson» esordì; iniziò lentamente a girare intorno ad Agathe mentre proseguiva. «Lui deve essere rimasto colpito da te, molto colpito, come la maggior parte dei presenti. Deve averci rimuginato sopra tutta la notte e anche la mattina, altrimenti perché aspettare tanto per chiamarti? Alla fine, però, non ha più resistito». Richard le passò alle spalle, così vicino da sfiorarla, e Agathe rabbrividì. «Ti ha chiamata e ti ha dato un appuntamento. Ovviamente la sera precedente anche tu l'avevi notato, come ha dimostrato il saluto entusiastico di cui l'hai gratificato e le occhiate che gli hai lanciato durante il resto della serata, e hai accettato subito il suo invito. Poi, durante il vostro incontro, vi siete dichiarati i reciproci sentimenti neonati e avete suggellato il tutto con un bacio». L'uomo si fermò di fronte alla ragazza. «E invece di affrontarmi, temendo la mia rabbia, hai preferito sparire».
Alle parole di Richard, Agathe era impallidita fino a diventare cerea. «Tu... tu... come sai del bacio?» balbettò, sconvolta.
«Ho i miei informatori» rispose mellifluo Richard. Fletté le dita delle mani, come se morisse dalla voglia di stringerle intorno alla ragazza e scuoterla, o peggio. «Allora, la mia ricostruzione è corretta?»
«Io... io...» balbettò ancora la ragazza, distrutta. «Prescott, non ti posso dire niente, ma non è come pensi» disse.
«Non è come penso?». Il ringhio dell'uomo la fece indietreggiare. «Tu hai baciato quell'uomo! Dopo avermi supplicato di fare l'amore con te soltanto un'ora prima!»
«Prescott, perché non capisci?». Agathe era sull'orlo delle lacrime. «Moses mi ha difesa tante volte da suo fratello...»
«Anch'io l'ho fatto!» ruggì Richard.
«Ho dovuto prendere una decisione!» gemette Agathe. Si coprì il volto con le mani e prese un respiro spezzato. «Ho dovuto, ero costretta, e ho fatto una scelta!»
L'uomo fremeva di rabbia. «Immagino che tuo padre sarà contento: ti voleva con un figlio del giudice Pearson e alla fine l'hai accontentato».
«Non è così!» pianse la ragazza. «Non è questo il motivo, né... oh Dio, se solo potessi immaginare!»
«Allora parla! Dimmi perché hai scelto lui e non me!» urlò Richard.
«Non posso!» gridò Agathe.
«Fuori di qui». Richard la prese per un braccio e la trascinò verso la porta. «Sparisci, una volta per tutte. Non voglio vederti mai più».
Agathe singhiozzò più forte e cercò di sottrarsi alla sua presa, ma questo non lo fermò: implacabile, l'uomo la tirò di peso verso l'uscita e la scaraventò fuori con tanta violenza da farla ruzzolare a terra per poi sbatterle la porta in faccia. Agathe si rialzò, il volto inondato di lacrime, e prese a pugni la porta.
«Prescott, non volevo questo!» urlò, incurante del fatto che qualcuno avrebbe potuto sentirla. «Non volevo questo, ma non potevo fare diversamente! Perché non lo capisci?»
La ragazza continuò a prendere a pugni la porta, ma ben presto capì che insistere era inutile: Richard non aveva nessuna intenzione di risponderle. Sentendosi esausta uscì dal giardino, attraversò l'otto e si nascose in casa propria, chiedendosi perché la ferisse così tanto il comportamento dell'uomo: in fondo era quello lo scopo che si era prefissata, no? Chiudere ogni rapporto con Prescott, e così era stato: il quarantatreenne aveva troncato la cosa senza esitazioni.
Agathe si chiuse nella propria camera e si spogliò lentamente, sorridendo amara: era evidente che chiunque avesse detto che i tagli netti erano la soluzione meno dolorosa quando si trattava di chiudere un rapporto, non aveva idea di quello che diceva. Pensò vagamente che sarebbe dovuta andare da Moses, che lui la stava aspettando, ma non ne aveva voglia in quel momento: avrebbe aspettato. Tutto avrebbe aspettato.
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