Fourtieth Shade [R]
Alan rideva forte.
«Non ci trovo niente di così divertente» disse Richard, irritato dall'ilarità dell'amico.
«Soltanto perché sei stato la vittima di questa particolare macchinazione» rispose l'altro. «Se non fosse stata diretta a te l'avresti trovata geniale, perché è quello che è: geniale. Perfida e geniale». Alan scoppiò di nuovo a ridere. «Agathe Williams è un dannato genio, è ufficiale. Ha scoperto un'informazione divertente, apparentemente priva di importanza, e te l'ha rivoltata contro costruendoci sopra una vendetta coi fiocchi». Inarcò un sopracciglio. «Dovresti quantomeno ammirarla, per questo. Non sei tu quello che in una donna cerca un intelletto vivace e scattante?»
«Non se il sopracitato intelletto mi si deve rivoltare contro» brontolò Richard.
«Be', Rick, in fondo te lo sei meritato» sbadigliò il suo amico, stravaccandosi nella poltrona per poi schiaffare i piedi sul tavolino. Accigliato, Richard li spinse giù con un gesto secco della mano.
«Avrei preferito una vendetta diversa: era già difficile tenere a bada la King prima, e adesso si sta rivelando impossibile. Lo sai che è arrivata al punto da piombare qui quando meno me l'aspetto?». Il campanello suonò e lui gemette. «Visto? Questa deve essere lei. Di nuovo!»
«Ti dispiace se origlio?» chiese Alan, mentre la sua naturale curiosità si risvegliava.
«Fa' pure» rispose stancamente il padrone di casa. Alan non se lo fece ripetere due volte e si nascose in una stanza buia, lasciando la porta socchiusa quel tanto che bastava per spiare Richard e il suo visitatore.
Intanto Richard, che aveva aperto la porta sperando con tutto il cuore di essersi sbagliato, era stato costretto a scoprire che il suo buonsenso aveva indovinato ancora una volta.
«Miss King» salutò in tono esasperato. «Come posso aiutarla stavolta?»
«Richard caro, non c'è bisogno di tutte queste cerimonie» rispose Elizabeth King in tono altero. «Sono qui per ripeterti che non è necessario essere timidi: puoi ammettere che mi ami e chiedermi di sposarti senza alcun timore!»
«Sono lusingato dalla sua ennesima rassicurazione sul punto, miss» replicò Richard in tono ironico, «ma non ho alcuna intenzione di farlo, grazie».
«Non capisco perché tu debba essere così ostinato» si lamentò la donna, gettandogli le braccia al collo.
«Ostinato io, eh?» borbottò Richard con voce inudibile.
«Ma insomma, mio amato...» tentò Miss King.
L'uomo se la staccò di dosso senza troppi complimenti. «Miss, lei deve andare al lavoro e io anche».
«Che vuoi che sia il lavoro di fronte al nostro amore?»
Richard alzò gli occhi al cielo, trattenendo le parole sferzanti che gli erano salite alle labbra dopo l'ultima affermazione di Elizabeth King. Stava giusto per metterla alla porta quando qualcun altro fece il suo ingresso.
«Prescott! Si può sapere...». Agathe s'interruppe e si morse le labbra per impedirsi di scoppiare a ridere. «Oh, Mr. Prescott, Miss King, scusate l'interruzione». Miss King le scoccò uno sguardo carico di sospetto e le ringhiò contro apertamente, Richard fece lo stesso sebbene in modo molto più discreto, e Agathe sogghignò all'indirizzo di entrambi. «Mr. Prescott, aveva detto a mio padre che potevo passare a prendere quel volume di storia prima di andare a scuola, ma se crede, posso tornare più tardi».
«Non ce n'è bisogno». Ancora arrabbiato con Agathe, ma lieto dell'opportunità che lei gli aveva appena fornito per liberarsi di Miss King, prese la cinquantaduenne per un gomito e la condusse garbatamente ma con decisione alla porta. «Come vede, miss, il dovere chiama. Passi una buona giornata» concluse secco, chiudendo la porta in faccia a un'inferocita Elizabeth King.
Agathe scoppiò a ridere senza ritegno.
«Dio, Prescott, la tua faccia era uno spasso!» singhiozzò tra una risata e l'altra.
«Sono perfettamente d'accordo» disse Alan, riemergendo dal suo nascondiglio; Agathe sobbalzò, spaventata a morte, e Richard sorrise perfido. «Una vendetta perfetta e pittoresca. Resterà negli annali!» aggiunse il giornalista, cancellando il sorriso dalla faccia dell'amico e restituendolo alla diciassettenne. «Ha un talento per queste cose, miss».
Agathe si esibì in un inchino. «Faccio del mio meglio, Mr. Bell». Controllò l'orologio. «Si sta facendo tardi, devo andare a scuola». Rivolse uno sguardo malandrino a Richard. «Dovresti proprio passare a controllare lo stato della biblioteca, sai?» sghignazzò mentre infilava rapida la porta d'ingresso. «Sono certa che troveresti qualcosa di molto interessante!»
Alan rise quando il soprammobile che Richard aveva tirato verso la ragazza si schiantò sulla porta ormai chiusa. «Dai, Rick, non c'è bisogno di andare fuori di testa in questo modo!»
«Tu dici?» rispose l'altro in un sibilo, rosso di rabbia.
«Sì, dico» confermò Alan. «In fondo la sua non era che una piccola, innocua provocazione».
«Meno innocua di quanto tu possa credere» replicò Richard, inferocito. «Pur di importunarmi, la King si sta inventando continue, improbabili migliorie da apportare alla biblioteca e mi costringe a passare lì praticamente tutti i giorni: mi tocca andarci anche oggi, quindi la provocazione di quella piccola strega era calcolata!»
Per l'ennesima volta, Alan rise.
«Un genio. L'ho detto» sottolineò il giornalista, muovendosi per uscire. «In fondo ti piace questa sua vena di furbizia, ammettilo».
«Un giorno, forse: per ora, sono ancora troppo arrabbiato» borbottò Richard.
Alan se ne andò, lasciando dietro di sé l'eco delle proprie risate, e Richard prese un respiro profondo: doveva calmarsi se voleva andare alla St. Margaret e uscirne senza uccidere nessuno.
******
Quando attraversò la porta della biblioteca, cinque ore più tardi, Richard rimase stupito: c'erano di nuovo decine di studenti ad affollare l'ampia stanza e tutti chiacchieravano ad alta voce, approfittando dell'assenza di Miss King, che non era lì a urlare loro di fare silenzio.
Richard si avvicinò al manipolo di ragazzi più vicino. «Come mai c'è tutta questa gente in biblioteca?» chiese loro.
Uno dei ragazzi si strinse nelle spalle. «La King ha detto che ci sono dei miglioramenti da annunciare e ha preteso che tutte le ultime classi fossero presenti durante la pausa pranzo: ho sentito dire che ha tormentato il Preside per due ore prima che Collins cedesse».
Richard storse il naso, per niente felice: non gli andava di vedere la King e soprattutto non gli andava di farlo davanti a buona parte degli studenti che aveva assistito alla sua folle dichiarazione d'amore per lui soltanto una settimana prima.
Mentre si chiedeva che diamine avesse in mente Elizabeth King, Richard scorse Agathe: era seduta con Lara e Thomas a un piccolo tavolo poco distante dalla scrivania della bibliotecaria, e i tre parlottavano sottovoce.
L'uomo si avvicinò a quel tavolo; era a tre metri quando la King varcò la porta della biblioteca per poi chiudersela alla spalle. Alla sua comparsa, il volume delle chiacchiere si attenuò fin quasi a sparire: nessuno ci teneva a sentirla strillare.
«Silenzio!» urlò la donna con voce stridula, azzerando anche gli ultimi brusii. Richard la osservò e gli occorsero alcuni secondi per rendersi conto che c'era qualcosa che non andava: Miss King stringeva a sé la borsa come se da quell'oggetto dipendesse la propria vita e si guardava attorno con aria maniacale.
«Richard, amore mio» disse in tono melenso, talmente melenso da risultare quasi velenoso; Prescott, fiutando nell'aria qualcosa di strano, si guardò bene dal rispondere. «Tu mi ami, non è vero?»
Richard non poteva credere di stare rivivendo lo stesso incubo di cui era stato vittima una settimana prima. D'istinto i suoi occhi corsero ad Agathe, aspettandosi che fosse una sua nuova trovata, ma la ragazza sembrava confusa quanto tutti gli altri. Si schiarì la voce un paio di volte per prendere tempo. «Be', io...» tentennò.
Nello sguardo di Miss King brillò una luce ancor più pericolosa.
«Mi ami o no?» gridò, fuori di sé.
«Non mi sembra il luogo né il momento di parlarne» sbottò Richard; irrigidì d'istinto le spalle e fece per andarsene.
«E invece ne parliamo ora!» strillò la donna, lasciando cadere la borsa: impugnava con entrambe le mani una grossa pistola semiautomatica e la canna era puntata dritto contro Richard.
Molti studenti urlarono di paura e sorpresa. Richard si immobilizzò, le mani alzate: qualcun altro, invece, scattò come una molla.
«Ferma!» urlò Miss King, spostando la mira verso Agathe: la ragazza si bloccò a due metri da Richard, anche lei con le mani sollevate, e il respiro affannoso. Era sconvolta e terrorizzata: sconvolta perché non avrebbe mai creduto che il suo scherzo, per quanto crudele, potesse portare a una situazione del genere, e terrorizzata perché temeva che Miss King potesse fare del male a Richard.
«Elizabeth, non fare sciocchezze!» intervenne Richard, allarmato, nel tentativo di richiamare la sua attenzione: se doveva scegliere tra prendersi una pallottola e lasciare che la King sparasse ad Agathe, preferiva senza dubbio la prima opzione.
«Era tutta una bugia, vero?» gridò la donna con voce acuta, indicando Agathe con la pistola; Richard fece un discreto passo verso la ragazza, per poi fermarsi quando la King gli puntò contro l'arma con un gesto repentino. «Rispondi!»
«Io...» balbettò l'uomo: il suo cervello era bloccato, prosciugato, completamente inaridito, e non aveva idea di cosa dovesse fare.
«Rispondi!» ripeté la King. «È stata tutta una sua idea, vero?» aggiunse feroce, mirando di nuovo ad Agathe.
«No!» urlò Richard, affannato. «No!»
«BUGIARDO!» urlò Elizabeth. «Era lei quella che ho sentito, è stata lei a dire tutte quelle cose... era solo un modo per farmi apparire ridicola ai tuoi occhi e portarti via da me!»
«Non può portarmi via da te» ansimò Richard. Perché non sono mai stato tuo, fu quello che si limitò a pensare: doveva convincere Elizabeth King a mettere via quella pistola, a qualsiasi costo.
Nel resto della biblioteca regnava un silenzio di tomba. Tutti ascoltavano spaventati quello scambio di battute: Lara era bianca come un cencio e osservava la scena accasciata tra le braccia di un Thomas altrettanto cereo. Richard aveva due chiazze rosse all'altezza degli zigomi a causa del nervosismo, mentre Agathe era così pallida da sembrare grigiastra: la sfumatura dei cadaveri.
«Invece l'ha fatto!» replicò la King, fuori di sé. «Ma tu sei mio, devi essere mio!»
La donna mirò di nuovo a Richard, il dito saldamente sul grilletto, e Agathe scattò per la seconda volta.
Il fragore dello sparo risuonò nella biblioteca, scatenando una nuova ondata di panico e urla disperate. Richard afferrò Agathe per un braccio e la guardò con gli occhi sgranati: anche lei aveva gli occhi spalancati, ma erano puntati alla propria camicia candida, dove una macchia di sangue si allargava a velocità spaventosa.
Agathe crollò a terra come un mucchio informe di stracci.
«No...» balbettò Richard, osservando impotente il sangue che sgorgava dal foro: Elizabeth l'aveva colpita in pieno petto e la ragazza annaspava alla ricerca d'aria. Le premette le mani sulla ferita, cercando di tamponare l'emorragia, ma la pressione spinse un fiotto di sangue fuori dalla bocca di Agathe. La ragazza ne sputò ancora, e ancora, con espressione sempre più disperata, mentre cercava di respirare senza riuscirci: stava annegando nel suo stesso sangue. Richard guardò Elizabeth King, l'arma ancora sollevata. «Che hai fatto?» urlò disperato.
«Ho dato a questa piccola bastarda quello che si meritava» rispose la donna.
Un urlo da animale ferito attirò la loro attenzione: Lara, dopo i primi istanti di scioccata incredulità, era scattata in piedi per gettarsi su Agathe. Elizabeth puntò velocemente la pistola nella sua direzione ma Thomas, spinto dalla disperazione, fu più rapido: afferrò Lara e ruotando su se stesso la scaraventò di nuovo dietro un tavolo, mentre la King sparava per la seconda volta. Il proiettile lo colpì alla spalla, strappandogli un terribile urlo di dolore mentre cadeva a terra.
«Ferma!» gridò Richard con tutto il fiato che aveva, scattando in piedi per avere la piena attenzione della King: con la coda dell'occhio vide Lara, accovacciata sul pavimento, afferrare il giovane Medwall per il braccio sano e trascinarlo al sicuro. «Elizabeth, questa non è la soluzione! Metti via la pistola!»
«E per cosa?» ripose lei con voce acutissima: per la prima volta, sembrava disperata anche lei. «Tu non mi ami!»
«Non posso amarti se spari alle persone!» tentò di farla ragionare Richard. Sentiva i deboli rantoli provenienti da Agathe e il sangue di lei seccarsi sulle sue mani, col suo odore di ferro e di sale che gli feriva le narici. Doveva convincere la King a mettere via quella pistola e far soccorrere Agathe prima che... prima... «Due persone sono ferite, Elizabeth! Devi lasciare che vengano portate in ospedale!»
Un movimento dietro uno scaffale attirò la sua attenzione: dei poliziotti erano riusciti a introdursi nella biblioteca dall'ingresso secondario e ora tenevano sotto tiro Miss King.
«Elizabeth King!» chiamò forte uno dei poliziotti. «Abbassi subito l'arma o saremo costretti a sparare!»
Presa alla sprovvista dal capovolgimento della situazione, per un attimo la donna rimase senza parole.
«Andate via!» intimò, puntando con più sicurezza la pistola contro il petto di Richard. «Andate via o gli sparo!»
«Non vuole farlo davvero» disse lo stesso poliziotto in tono ragionevole. «Se lo ama così tanto, non potrebbe mai fargli del male. Metta via la pistola e tutto si sistemerà».
Gli occhi di Miss King si riempirono di lacrime. «No, invece!» gridò. «Non si sistemerà nulla!»
Richard avrebbe voluto che si sbrigassero a tirare Agathe fuori di lì: con tutto il sangue che stava perdendo, non poteva resistere ancora a lungo...
Ignorando lo scambio di battute tra la King e il poliziotto, l'uomo si inginocchiò di nuovo accanto ad Agathe: lo sguardo della ragazza era perso e l'emorragia si era fermata. Ormai il sangue che fluiva dalla ferita era pochissimo e sul pavimento si era formata una pozzanghera troppo grande, troppo... perché se tutto quel sangue era là fuori, allora quanto poteva esserne rimasto dentro Agathe?
Senza sapere cosa stesse facendo, Richard prese il sangue di Agathe tra le mani e lo buttò sulla ferita, sperando quasi che questo bastasse a rinfilarglielo nelle vene; lo fece una seconda volta, e poi una terza, con disperazione e frenesia sempre crescenti. Prese il volto della ragazza tra le mani, imbrattandole di sangue la pelle bianca.
«Agathe» mormorò con le lacrime agli occhi, «Agathe... Agathe, avanti, resisti...»
Agathe emise un gorgoglio quasi impercettibile; per un istante il suo corpo tremò appena, poi si afflosciò sul pavimento e gli occhi rimasero fissi e immobili.
«NO!» urlò Richard. La afferrò, la scosse con violenza, ma non ci fu nessuna reazione: né un sospiro, né un fremito delle palpebre, nulla. «Non ti azzardare a fare una cosa simile! Respira, dannata ragazzina! RESPIRA!»
Le urla di Richard sembrarono far infuriare di nuovo Miss King.
«Eri innamorato di quella ragazzina!» lo accusò la donna con voce terribile. Richard non la degnò di uno sguardo: continuò a scuotere e cullare il corpo di Agathe, alternando imprecazioni e urla a gemiti incomprensibili. «Eri innamorato di quella piccola, insignificante rompiscatole!»
«Sì!» tuonò lui con voce assordante; lasciò il corpo di Agathe e si rialzò, furioso e teso come una pantera pronta a scattare: voleva strappare quella pistola alla King e fargliela ingoiare, voleva farla a pezzi con le mani e con i denti, voleva che non restasse abbastanza di lei da riempirci una scatola di fiammiferi. Rivoleva Agathe. «Amavo lei, e sai una cosa? Non solo non ti ho mai amata, ma non ho mai neanche tollerato la tua vista, pazza, disgustosa sottospecie di donna! Preferirei morire piuttosto che avere a che fare con te!»
«Elizabeth King, non si muova!» urlò il poliziotto, allarmato dal ruggito che era uscito dalla gola della donna; la pistola della King esplose un ultimo colpo prima che i poliziotti presenti la crivellassero di proiettili.
Il corpo di Elizabeth King finì sul pavimento schizzando sangue da tutte le parti. Anche Richard cadde: il proiettile della donna l'aveva colpito alla gamba e l'emorragia lo stava prosciugando con una rapidità allarmante.
«Presto, il proiettile l'ha colpito all'arteria femorale» disse frenetico un poliziotto che era subito corso al fianco di Richard; si sfilò la cintura e la usò come un laccio emostatico per impedire che lo storico si dissanguasse. «Va portato in ospedale!»
Richard non si curò né del dolore, né delle parole del poliziotto: nel momento in cui aveva toccato terra si era aggrappato al cadavere di Agathe e non aveva nessuna intenzione di lasciarla.
Un paramedico posò due dita sul collo di Agathe e dopo qualche istante scosse la testa. «È morta. Staccatelo dal corpo, va portato via subito».
Richard scosse la testa e afferrò con più decisione il braccio di Agathe: ci mise tutte le energie che gli restavano, combatté e urlò insulti agli uomini che tentavano di separarlo dal corpo della ragazza, e ci vollero gli sforzi combinati di tre persone per staccarlo da quel cadavere.
Nel momento in cui il contatto tra le sue dita e la pelle ancora calda di Agathe fu spezzato, Richard si lasciò andare a un pianto disperato, simile a quello di un bambino: era la fine, la fine di qualcosa che non era mai neanche iniziato.
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