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First Shade [R]

Davanti al cancello di casa Zimmermann era parcheggiata un'auto sportiva, con i fari accesi e il motore al minimo che rombava piano nel silenzio della sera. All'interno del lussuoso abitacolo, una ragazza tamburellava rapida le dita sul volante; prese lo smartphone con la mano libera, scrisse un messaggio pigiando con furia sullo schermo e lo inviò in pochi secondi.

«E che cavolo!» sbottò un minuto dopo, quando la portiera dal lato passeggero si aprì e una seconda ragazza, alta e col fisico slanciato messo in risalto da un cortissimo abito color argento, si accomodò sul sedile di pelle. «Era ora, mezza tedesca!»

«Quante storie per qualche minuto di ritardo, mezza francese» replicò l'altra senza scomporsi.

La ragazza al volante sbuffò esasperata, mise in moto l'automobile e sfrecciò lungo le strade di Hersham – che traboccavano di ville una più lussuosa dell'altra – in direzione Londra. «Mezz'ora, Lara, mezz'ora... "qualche minuto" un accidente» precisò. Sbuffò di nuovo. «Per fortuna ho anticipato di un'ora il nostro appuntamento: tanto lo sapevo, che avresti fatto tardi come al solito!»

«Quante storie, Agathe» ripeté Lara, per nulla toccata dall'irritazione della sua migliore amica. «Perché tutta questa fretta, comunque? Per andare al solito locale?» aggiunse.

«No» disse Agathe in tono trionfante. «Hai presente quel night club esclusivo, in cui c'è una severissima selezione all'ingresso e in cui non ci avrebbero mai fatto entrare?» domandò.

Lara si voltò di scatto verso l'amica. «Non dirmelo!»

L'altra ridacchiò. «Mia zia stasera è lì. Ci presenta i proprietari, così quando vorremo andarci ci basterà chiamarli e avvisarli e loro non solo ci faranno entrare – salteremo persino la fila!»

«No, non ci credo!» strillò Lara, battendo le mani. «Io adoro te e adoro tua zia!»

La risata di Agathe andò persa nel frastuono creato dalla sua migliore amica. «Avere una zia che è una delle top model più pagate degli ultimi sessant'anni ha i suoi vantaggi... e anche il fatto che preferisca considerarmi più una sua coetanea che non sua nipote. Ed eccoti spiegato perché per una volta dobbiamo essere puntuali» sottolineò. «Mia zia ci aspetta all'ingresso alle nove e trenta in punto, e se non saremo lì per quell'ora, conoscendola, entrerà e si dimenticherà completamente di noi».

«E allora sbrighiamoci!» replicò Lara. Diede una manata sul cruscotto. «Quest'affare non può andare più veloce?»

Agathe scelse di ignorarla fino a Londra.

******

Fuori dal Luxury c'era una folla in attesa che occupava il marciapiede per almeno dieci metri. Quello era il giorno peggiore della settimana: ogni venerdì, immancabilmente, fuori da quel night club si formava una fila lunghissima di appartenenti a tutte le classi sociali, che speravano di riuscire a superare la severissima selezione all'ingresso ed entrare nel locale più alla moda di Londra.

«Vedi tua zia da qualche parte?» disse Lara, scrutando la folla dall'alto del suo metro e settantuno e dei tacchi che indossava.

«È laggiù, vicino alla porta» rispose Agathe. Si fece strada un po' a fatica tra la folla e sollevò appena un braccio. «Séline!»

Séline Dubois, sorella minore della madre di Agathe, si voltò e indirizzò a sua nipote un sorriso accattivante che abbagliò gli uomini nel raggio di cinque metri. Anche quando zia e nipote furono vicine, nessuno avrebbe detto che Séline e Agathe fossero parenti: nonostante entrambe fossero piuttosto magre, la prima era più alta di Lara e ancora più slanciata, come un giunco. Agathe, al contrario, aveva una struttura ossea minuta, cosa che, unita al metro e sessantacinque scarso di altezza, la faceva sembrare esile come una bambina. In più, le due donne avevano in comune soltanto la carnagione chiara: Séline aveva i capelli biondi, gli occhi verdi e dei lineamenti regolari, perfetti, mentre Agathe aveva una chioma nero corvino e gli occhi grigi, oltre a dei tratti decisamente diversi da quelli della zia: il naso era leggermente a patata, gli zigomi un po' troppo spigolosi e gli occhi grandi avevano un taglio appena allungato.

«Vedrete come vi divertirete stasera, bambine» esclamò Séline. Agathe represse il desiderio di sbuffare forte. Bambine? Si chiese con che coraggio sua zia le avesse chiamate in quel modo: in fondo doveva ancora compiere trent'anni e, quando Agathe era nata, Séline non ne aveva neanche dodici. Decisamente, non era abbastanza vecchia da poterle trattare come mocciose! «Loro sono con me» proseguì sbrigativa Séline rivolta al buttafuori, che annuì e le fece passare: la modella si trascinò dietro le due ragazze, portandole dritte nel cuore del locale.

«Luke!». Séline si avvicinò a un bell'uomo di circa trentacinque anni e lo abbracciò con uno slancio tale da premere l'intera lunghezza del proprio corpo contro quello di lui; quando lo lasciò afferrò Agathe con una mano, Lara con l'altra, e le spinse in avanti in modo che fossero ben visibili. «Luke, queste sono le ragazze di cui ti avevo parlato» esordì la francese con voce leziosa. «Agathe Williams, figlia di mia sorella, e Lara Zimmermann, la sua migliore amica. Ragazze, lui è Luke Rogers, uno dei proprietari del Luxury!»

«Benvenute al Luxury, ragazze» rispose Luke, rivolgendo alle due un gran sorriso prima di concentrarsi su Agathe. «Dunque tu sei la nipote di Séline?» chiese. Agathe annuì. «E la chiami mai 'zia'?» ridacchiò l'uomo.

«No» rispose brusca Agathe, che con la coda dell'occhio aveva notato come l'espressione di sua zia si fosse fatta di pietra. «Séline è dell'idea che si debba essere vecchie, per essere zie» aggiunse sottovoce. «Ce la vedi, a farsi dare della vecchia?»

«Per niente» convenne Luke in un sussurro. Passò un braccio intorno alla vita di Séline e le scoccò un rapidissimo bacio sulle labbra. «Be', ragazze, basta chiacchierare. Fate un giro per il locale e divertitevi... ma senza alcolici» aggiunse precipitosamente.

Le due annuirono e si sganciarono dalla coppia per immergersi nella folla. Il Luxury era pieno zeppo di gente, con la musica alta e le luci soffuse; senza pensarci, Lara strinse la mano di Agathe per non perdere l'amica nella calca.

«Che facciamo?» quasi urlò Lara all'orecchio dell'altra quando furono arrivate proprio al centro del locale, dove il pavimento era sopraelevato da tre gradini rispetto alle aree laterali. «Prendiamo qualcosa da bere?»

Agathe scosse la testa. «Balliamo?» gridò nel frastuono.

«Balliamo» urlò Lara in risposta. Ascoltò per qualche istante la musica prima di chiudere gli occhi e iniziare a muoversi a tempo. Agathe le sorrise e la imitò, tutta presa dal ritmo.

******

Richard Prescott era annoiato. Anzi, era immensamente annoiato.

Abbandonato su una poltroncina foderata di tessuto grigio, l'uomo giocherellava distratto col proprio bastone da passeggio quando una mano calò decisa sulla sua spalla.

«Allora, Rick, ti diverti?» domandò una voce ben nota, sovrastando la musica.

Richard sbuffò piano col naso. «No».

L'uomo in piedi accanto a lui scrollò la testa coperta di ricci biondi e spalancò le braccia in un gesto conciliante.

«Andiamo, come fai a non divertirti? Qui c'è tutto quello che potresti desiderare, come uomo e come studioso. Come uomo hai ottimo alcool e tante belle donne intorno; come antropologo e sociologo, hai uomini e donne appartenenti a fasce d'età e ceti sociali differenti da osservare». L'uomo allargò di nuovo le braccia e sorrise, come se avesse appena esposto un argomento inconfutabile. «È impossibile che non ti stia divertendo!»

Richard sbuffò di nuovo e guardò il suo amico. «Eppure, Alan, è così» rimarcò secco. «La musica è pessima e le persone presenti anche».

Alan gli rivolse un sorrisetto scaltro e si chinò su di lui, una mano appoggiata allo schienale della poltrona. «Comincio a credere che tu stia diventando vecchio e noioso, amico mio».

Richard gli scoccò un'occhiata ammonitrice ma non disse una parola. Da parte sua Alan ridacchiò, per nulla intimorito.

«Se ti stai davvero annoiando così tanto, per quale motivo sei ancora qui?» lo stuzzicò ancora.

«Perché ti sei rifiutato di lasciarmi in pace fino a quando non ti ho seguito in questo posto, dunque so che se me ne andassi, domani proveresti a trascinarmi in un altro girone di questa sottospecie d'inferno» bofonchiò l'altro.

Alan sogghignò tra sé, ancora compiaciuto all'idea di essere riuscito a portarsi dietro l'amico: Richard era tanto granitico e allergico ai posti caotici, che riuscire a fargli mettere piede in luoghi come quello era per lui una costante fonte di soddisfazione. E poi, continuava a sperare che prima o poi il suo migliore amico di sciogliesse un po'.

«D'accordo, vediamo di rendere produttiva la tua serata...» disse Alan. Indicò una donna sui trentacinque anni, poco lontana da loro: indossava un abito multicolore svolazzante con una profondissima scollatura e ballava come un'indemoniata. «Che ne dici? A me sembra attraente».

Con uno sguardo pieno di genuino orrore, Richard guardò prima la donna e poi Alan.

«Quella?» esclamò con un tono disgustato che fece ridere Alan. «Ma è tutta finta! Guardala bene: troppo autoabbronzante, troppi capelli finti, troppe ciglia finte... sembra che abbia dei piumini per la polvere attaccati alle palpebre!». Alan rise di nuovo, tenendosi lo stomaco. «E seni inequivocabilmente finti» concluse Richard, accennando con una smorfia al seno prosperoso della donna che vinceva in modo alquanto sospetto la forza di gravità nonostante la palese assenza del reggiseno.

Alan scoppiò in una risata tanto vigorosa quanto incontrollata; con le lacrime agli occhi, si aggrappò in modo convulso alla poltrona per sostenersi. Quando finalmente riuscì a riprendere fiato, partì di nuovo all'attacco.

«Va bene, abbiamo capito: tu hai bisogno di qualcosa che sia molto diverso» affermò sicuro. Senza pensarci un attimo indicò Lara e Agathe, che ancora ballavano al centro della pista e che in quel momento ridevano allegre.

Di fronte alla nuova trovata dell'amico, Richard sgranò gli occhi e per un istante rimase senza parole.

«Sono due bambine!» esalò non appena ebbe ritrovato il fiato. «Non dovrebbero neanche poter entrare qui!»

Alan scrollò le spalle. «Non sono poi così piccole. Compiranno diciotto anni tra pochi mesi».

A quelle parole, Richard lo fissò con gli occhi socchiusi.

«E tu come lo sai?»

Il suo amico indicò Lara. «La ragazza più alta, coi capelli castano chiaro e il vestito argento, è la figlia di Damon».

Richard aggrottò la fronte. «La figlia di Damon?» ripeté confuso.

Anche Alan era confuso. «Scusa, Rick, ma sei rimasto appiccicato a Damon anche tu, in tutti questi anni, o me lo sono sognato?» gli chiese.

«Ci vediamo ogni giovedì per bere qualcosa» confermò Richard.

«E non sapevi che ha una figlia?» esclamò incredulo Alan.

L'altro scrollò le spalle. «Credo di averla vista, una volta o due, quando aveva quattro anni... o forse ne aveva cinque, non sono sicuro» spiegò. «Non mi sembrava fosse passato tutto questo tempo...»

Alan alzò gli occhi al cielo, poi indicò Agathe.

«Quella, invece, è la figlia dell'avvocato Williams» aggiunse Alan, suscitando di nuovo lo sconcerto del suo amico.

«Impossibile!»

«A quanto ne so, è possibile eccome».

Richard sventolò una mano con fare sbrigativo. «Evan Williams abita di fronte a me da più di vent'anni» disse in tono perentorio, «e non ho mai saputo che avesse una figlia femmina!».

«E da quando in qua ti preoccupi di intrattenere rapporti di qualsivoglia natura con i tuoi vicini di casa?» indagò Alan.

Stizzito, ma incapace di negare l'evidenza, Richard tacque.

«Appunto» disse giulivo l'altro mentre gli dava una pacca sulla spalla. «Su, Rick, la tua serata non è andata poi tanto male. Ora sai che la figlia di Damon ha quasi diciotto anni e che Evan Williams ha una figlia coetanea di quella di Damon. Per uno studioso come te, che vuol sempre sapere ogni cosa, dovrebbe essere meglio di niente!»

E si dileguò tra la folla prima che il suo amico potesse mandarlo al diavolo.

Ancora concentrato su quello che gli aveva detto l'altro uomo, Richard si alzò svelto dalla poltrona, convinto che avrebbe fatto meglio ad andarsene a casa: dopo il modo in cui Alan l'aveva punzecchiato, era pronto persino a correre il rischio di essere di nuovo perseguitato e trascinato in un night club, pur di uscire subito di lì. Si mosse deciso verso l'uscita, ma fu costretto a farsi largo tra la folla lentamente, troppo lentamente, per i suoi gusti; spinse più di un avventore col proprio bastone da passeggio per liberarsi la strada, sempre più infastidito... finché, senza alcun preavviso, cozzò con violenza contro un ostacolo.

L'uomo barcollò per un istante, ma riuscì a mantenere l'equilibrio. La persona che aveva urtato non fu così fortunata: ondeggiò vistosamente e quasi si schiantò a terra, salvata per un pelo da due braccia femminili.

Richard abbassò appena lo sguardo e incontrò quello furioso di Agathe.

La ragazza si rimise dritta, senza smettere di fissare torva l'uomo che le stava di fronte e la guardava dall'alto in basso.

«Ma dico» soffiò inviperita, «le pare il modo? Guardi dove va!».

«Guardi lei dove va» replicò Richard gelido. La squadrò dall'alto in basso, la bocca stretta in una linea sottile e il naso arricciato. «Sciocca ragazzina distratta e maleducata...»

A quelle parole, Agathe strinse pericolosamente gli occhi. E se Richard Prescott non fosse stato ancora tanto irritato per la conversazione con Alan, forse avrebbe persino potuto riconoscere in tempo i segnali di pericolo imminente.

Agathe si portò a pochi centimetri dall'uomo e reclinò la testa per guardarlo in volto.

«Senta un po', damerino tronfio dei miei stivali» sibilò la ragazza a denti stretti, con un tono di voce a stento udibile al di sopra della musica ma non per questo meno arrabbiato, «prenda il suo stupido bastone da passeggio e se lo ficchi...».

Una mano sbucò dal nulla e tappò la bocca di Agathe appena in tempo.

«No, Agathe. Sai che te ne pentiresti!» la ammonì Lara.

Agathe provò a dimenarsi, ma la sua migliore amica le si avvinghiò addosso col braccio libero e le premette la mano sulla bocca con ancora più decisione. Per alcuni instanti le due ragazze lottarono; poi Lara ritrasse di scatto la mano.

«Mi hai leccata» disse, incredula e disgustata allo stesso tempo, fissandosi il palmo. «Che schifo!»

L'altra sbuffò. «Così impari a zittirmi».

«L'ho fatto per il tuo bene» replicò Lara. «E in caso non mi avessi sentita: che schifo

Agathe sbuffò per l'ennesima volta, poi frugò nella propria pochette e porse con malagrazia una salviettina all'amica. «Asciugati e smettila di lagnarti, mezza tedesca».

Brontolando tra sé, Lara prese la salvietta e si pulì con cura la mano.

Richard, che per tutto il tempo aveva osservato le loro azioni con le braccia incrociate sul petto e un'espressione sardonica sul volto, scelse quel momento per parlare di nuovo.

«Pensate d'aver finito, con questa ignobile sceneggiata?» sparò a bruciapelo.

Le due ragazze alzarono lo sguardo su di lui in perfetta sincronia, una con aria truce, l'altra allarmata; ma stavolta, prima ancora che Agathe potesse aprire bocca, Lara infilò la mano nell'incavo del suo gomito e puntò i piedi a terra, pronta a trattenerla fisicamente.

«Agathe, ti prego, no, no, no» sussurrò frenetica la più alta.

La mora digrignò i denti all'indirizzo di Richard, ma non tentò di liberarsi. Dopo qualche istante, rassicurata, Lara allentò la presa con cautela, pronta a bloccare di nuovo l'amica in caso di necessità.

«Vieni, dai» disse piano. «Non vale la pena di litigare. Andiamo a bere qualcosa».

Agathe scrollò appena le spalle. «Ma sì» commentò, «in fondo, una bibita analcolica è sempre meglio di niente». E finalmente si lasciò condurre via, ma non senza aver rivolto un'ultima occhiataccia all'uomo che l'aveva urtata e insultata.

Richard guardò le due ragazze allontanarsi, rigirandosi il bastone da passeggio tra le mani. Abbassò lo sguardo a terra e dopo qualche momento un sorrisetto inesplicabile si dipinse sulle sue labbra. Si chinò a raccogliere qualcosa e si fissò il pugno chiuso mentre pensava che dopotutto Alan, pur senza saperlo, aveva avuto ragione: quella serata non era andata poi così male.

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