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Fifty Seventh Shade [R]

Camila arrancava, facendo lo slalom tra le persone che affollavano l'esterno dell'aeroporto.

«Mi aspetti!» ansimò, schivando una famigliola rumorosa.

Richard non la sentì: continuò a fendere la folla col suo passo veloce e l'espressione altera che gli garantivano l'aprirsi istantaneo di un varco nella massa in cerca di parenti o di un taxi.

«Accidenti a lei, Mr. Prescott! ASPETTI!» ululò la donna.

Tutti si voltarono nel raggio di parecchi metri, compreso Richard: quest'ultimo inarcò un sopracciglio con aria interrogativa e si fermò.

«Ebbene, Camila?» chiese.

Camila lo raggiunse, esausta e furiosa.

«Ebbene? Ebbene?» ripeté. «È da quando siamo sbarcati da quel dannato aereo che avanza come se avesse il diavolo alle calcagna!»

«Le mie scuse». Richard le offrì il braccio e rallentò la propria andatura. «Ero immerso nei miei pensieri. Allora, mia cara: che ne pensi della Germania?»

«Che è troppo fredda» brontolò la donna, lasciandosi condurre verso il taxi più vicino. «Perché siamo venuti qui?»

«Perché la Baviera è incantevole in inverno» rispose lui con candore. «Ci siamo meritati una piccola pausa, no?»

«Io l'ho meritata di sicuro» disse Camila a mezza voce. «Visto che tra i due sono l'unica che ha lavorato!»

Richard si portò una mano al cuore. «Così ferisci i miei sentimenti: ho o non ho partecipato alle riunioni?»

«Senza sentirne neanche una parola» borbottò Camila.

«Via, via, basta brontolare» sorrise l'uomo mentre il tassista caricava i loro bagagli nell'auto. «Vedrai che le pasticcerie di questo posto ti faranno tornare il buonumore!»

******

Per l'ora di uscire dall'albergo, Camila si era corazzata contro il freddo al punto da suscitare il divertimento del suo datore di lavoro.

«Forse non me ne sono accorto e siamo finiti in Antartide?» disse quando la vide comparire coperta fino al naso in vari strati di vestiti.

La donna registrò con un cipiglio fosco l'ilarità malamente mascherata di Richard.

«Se la smettesse di trascinarmi in posti gelidi, non avrei bisogno di ficcarmi in uno strato di lana spesso dieci centimetri» rispose lei. «In caso se ne fosse dimenticato, io sono nata e cresciuta in Spagna!»

Richard alzò gli occhi al cielo per un breve istante. «Dovrai abituarti presto a temperature più rigide di quelle mediterranee: prima o poi sarò costretto a tornare a Londra, e anche tu».

«Faccio del mio meglio per non pensarci» replicò tagliente Camila «soprattutto perché, considerata la sua propensione a tornare a casa, le mie preoccupazioni potrebbero rivelarsi inutili ancora per molti anni a venire» aggiunse ironica.

L'uomo si accigliò. «Sbaglio, o la tua è una velata critica nei miei confronti?»

«Se rispondo di sì, mi licenzia?» indagò lei.

Richard sbuffò una risata. «Se non sapessi che è impossibile, direi che ti sei messa d'accordo con i miei migliori amici» brontolò bonario. Camila iniziò a sudare freddo: anche se solo per scherzo, l'intuito di Richard si era avvicinato pericolosamente alla realtà. La spagnola imprecò mentalmente contro la perspicacia del suo capo.

«Sul serio, Mr. Prescott: questo vagabondare non potrà continuare per sempre» lo avvertì.

«Lo so bene, ma come fai tu per le rigide temperature britanniche, io cerco di non pensarci» replicò lui.

I due camminarono in silenzio per un po': Richard era intento a osservare il cielo reso cupo da una coltre di nubi grigio perla, mentre Camila rabbrividiva di tanto in tanto. Nessuno dei due sembrava aver bisogno di parlare: Richard era immerso in chissà quali pensieri – quando si trattava di lui, era difficile dire cosa gli passasse per la testa – mentre Camila, come ormai capitava spesso, rimuginava sul suo bizzarro datore di lavoro e su come sembrasse non pesargli, la lontananza da casa. In certi momenti le sembrava un apolide lieto della propria condizione: col suo girovagare apparentemente gioioso nei Paesi di mezza Europa, Richard le dava l'impressione di non appartenere a nessun luogo ed esserne felice. Negli ultimi giorni, tuttavia, c'erano stati momenti in cui Camila era certa di aver scorto dell'incertezza, in lui: l'aveva visto più d'una volta guardarsi intorno con aria improvvisamente spaesata, come a chiedersi che ci facesse in quel posto, e in un paio di occasioni l'aveva scoperto a fissare un punto qualsiasi con sguardo assente, come se fosse troppo preso da qualcosa che soltanto lui poteva vedere. Non c'erano mai segnali che preannunciassero quei momenti: arrivavano e basta, cogliendo alla sprovvista tanto Richard che li viveva quanto Camila che li guardava scorrere.

Per questo a Camila occorsero parecchi istanti per rendersi conto che Richard non era più accanto a lei: si era bloccato alcuni metri più indietro, muto e con lo sguardo fisso su una coppia distante parecchi metri. L'uomo, alto e distinto, aveva chiaramente superato la settantina: attraverso i baffi candidi sorrideva dolce alla donna minuta che gli stava di fronte e di cui vedevano soltanto la schiena, inguainata in un lungo cappotto di lana e con una lunga chioma corvina che sfuggiva da un lato del morbido cappello che indossava.

Camila tornò sui propri passi e toccò con cautela il braccio di Richard.

«Mr. Prescott, si sente bene?» chiese piano, preoccupata: il suo capo sembrava essersi tramutato in una statua di sale.

Richard scosse la testa, riscuotendosi dalle proprie fantasticherie.

«Sto bene, sì» mormorò dopo un minuto. «Avevo solo...». Lanciò un altro sguardo alla coppia. «Lei mi sembrava... mi ricorda...». Deglutì. «Niente. Andiamo».

L'uomo voltò le spalle ai due che avevano tanto attirato la sua attenzione e imboccò una strada qualunque, seguito da Camila.

******

Nei tre giorni successivi, Richard fu intrattabile.

Camila, sinceramente stanca di affrontare i malumori improvvisi dell'uomo, accolse con gioia la proposta di lui di partire per una nuova destinazione. Toccava alla Grecia; e se non altro, pensò Camila per consolarsi, lì non avrebbe avuto bisogno di indossare tre maglioni sotto il cappotto per ripararsi dal freddo.

Trovarsi in un ambiente così diverso dalla Baviera ebbe l'effetto di risollevare l'umore di Richard: erano appena usciti dall'aeroporto e Camila poteva già notare gli influssi benefici del cambiamento nell'espressione rilassata del suo capo.

Una succulenta cena a base di pesce fresco fu il tocco finale: per l'ora di andare a dormire, Richard Prescott era più simile che mai all'uomo che era stato solo un paio di mesi prima.

La giornata successiva trascorse in giro per varie biblioteche: Camila aveva deciso di dare un po' di tregua a Richard e non aveva organizzato nessun incontro di lavoro, pur di lasciarlo tranquillo e permettere che tornasse alla normalità. L'uomo era stato ben lieto di approfittarne, e aveva speso quel tempo cercando qualche idea per il suo nuovo libro.

La sera, l'atmosfera leggera tipica del posto li spinse fuori dall'albergo nell'aria tiepida della Grecia: camminarono lentamente, superando pub e ristoranti da cui uscivano rumore di chiacchiere e musica allegra, come se non avessero una preoccupazione al mondo.

Quella lunga passeggiata alla fine li stancò. Entrarono in un locale piccino ma coloratissimo e con un po' di fatica riuscirono ad accaparrarsi un tavolino libero, incastrato in un angolo. Nonostante ci fosse a malapena spazio per muoversi, Richard sorrise rilassato: c'era così tanta vita in quelle pareti dai colori sgargianti, nelle chiacchiere quasi urlate, nel via vai incessante di camerieri e avventori, da metterlo di ottimo umore.

«Prendiamo qualcosa di fresco da bere» esalò Camila, tirando il collo del proprio maglioncino leggero. «Sto morendo di caldo!»

«Ma come, fino a qualche giorno fa avevi da ridire contro il freddo e ora che sei al caldo trovi ancora motivo di lamentarti?» la punzecchiò lui. «Sei davvero incontentabile!»

«Non siamo tutti come lei, in grado di passare da un clima rigido a uno più che mite, senza patire il cambiamento improvviso» s'imbronciò la donna. Afferrò un menù e ci si nascose dietro. «Ha qualcosa da consigliarmi? Visto che sembra pratico delle specialità di mezzo mondo...»

Le parole di Camila andarono perdute. Richard, che da quando era entrato non faceva che guardarsi intorno incuriosito – l'accademico che era in lui si era improvvisamente risvegliato – aveva colto un bizzarro miscuglio di inglese e francese che aveva calamitato tutta la sua attenzione.

«Sì, lei è con me» disse la stessa voce in tono di evidente orgoglio. Richard si voltò e notò a poca distanza da lui lo stesso uomo dai baffoni bianchi che aveva visto in Baviera: stava indicando una brunetta che parlava animatamente con un gruppo di ragazzi nell'angolo opposto del locale. Aguzzando lo sguardo, Richard riuscì a scorgerne una parte della testa rasata e la lunga cicatrice fresca che le sfregiava orizzontalmente il cranio. «Vorrei che potesse ascoltarla» proseguì, rivolto al proprietario del locale. «Mon petite fleur canta come una Dea: nemmeno le Muse hanno una voce più bella!»

Richard lanciò una seconda occhiata a quella testa anonima deturpata dalla sottile linea rosso vivo, irregolare, e sentì un conato di vomito invadergli la gola. Si alzò bruscamente e uscì tenendo gli occhi puntati oltre la porta, sulla strada: una volta fuori inghiottì avido varie boccate d'aria fresca, respingendo in fondo allo stomaco quell'ondata di nausea che l'aveva colto in modo tanto improvviso e incomprensibile.

«Mr. Prescott? Signore? Richard?». La voce allarmata di Camila raggiunse il suo cervello intorpidito con lentezza inaudita. L'uomo batté le palpebre, registrando a fatica la presenza della sua collaboratrice, il volto spaventato di lei, il proprio respiro affannoso.

Richard si passò una mano tremante sul volto. «Dobbiamo partire» annunciò.

«Ma... ma...» balbettò Camila, presa in contropiede, «...siamo arrivati solo ieri!».

«Non importa. Non posso stare qui, devo andarmene» ripeté lui brusco. Per un attimo sembrò che volesse guardare di nuovo dentro il piccolo bar, ma con un fremito delle spalle irrigidite, si trattenne. «Devo andarmene» ripeté; e c'era tanta disperazione in quelle due sole parole, che fu Camila stessa a prenderlo per mano e riportarlo a passo di marcia verso l'albergo.

******

A Richard sembrava di essere precipitato in un incubo.

Dopo aver lasciato la Grecia si era spostato in Norvegia; dalla Norvegia era passato in Polonia; dalla Polonia si era spostato in Croazia e poi in Portogallo. In nessun posto era rimasto più di tre giorni: ovunque decidesse di rifugiarsi, infatti, ben presto vedeva sbucare quella coppia demoniaca che gli dava il tormento – l'anziano saggio dai baffi bianchi e la sua misteriosa compagna, di cui non riusciva mai a scorgere il volto – quasi lo stessero seguendo. Ogni volta che li trovava sul proprio cammino, l'angoscia lo assaliva, gli toglieva l'aria e stringeva lo stomaco, e lui sentiva di non poter più vivere, parlare, respirare, se non scappando al più presto in un altro Paese. Camila osservava impotente quel disperato vagare a tappe serrate in cui era coinvolta suo malgrado: ogni suo tentativo di calmare Richard, di convincerlo che non erano che coincidenze, che probabilmente la sua era soltanto una suggestione, era caduto nel vuoto, ignorato e inascoltato.

Al momento si trovavano in Turchia già da due giorni e Camila teneva le valigie pronte, convinta che entro quarantotto ore al massimo Richard l'avrebbe di nuovo costretta a saltare su un aereo diretto chissà dove.

Richard, dal canto suo, si era rintanato nella propria camera d'albergo, deciso a non uscire. Eppure, per un crudele scherzo del destino, quella stanza somigliava incredibilmente a quella in cui aveva alloggiato quando si trovava in Romania: i suoi occhi erano irresistibilmente attratti dal letto, quasi si aspettasse di vederci comparire sopra Agathe da un momento all'altro.

Determinato a ignorare quei pensieri privi di senso, l'uomo sedette alla scrivania, dando con decisione le spalle al resto della stanza: provò a concentrarsi prima su un libro, poi su alcuni appunti presi in Grecia, ma invano. Le sue orecchie erano tese a cogliere ogni minimo rumore: ogni fruscio, ogni suono soffocato dai vetri chiusi o dalla distanza lo facevano sobbalzare e irrigidire, in attesa di una parola, o di un tocco, che però non arrivava mai. Un paio di volte non riuscì a trattenere la tentazione di gettare uno sguardo frettoloso al di sopra della propria spalla, senza incontrare altro che un pezzo di muro o uno scorcio della stanza vuota. Ovunque andasse, non riusciva più a sentirsi al sicuro: ogni luogo, ogni strada, ogni angolo sembrava nascondere un'ombra pronta a offuscare la sua serenità, a braccarlo, sfinirlo. Ovunque andasse, per lui non c'era pace.

Tranne, forse, a Hersham.

Richard scosse la testa, furioso con se stesso. Non riusciva a comprendere quando fosse diventato tanto debole e paranoico: tutte quelle suggestioni non erano da lui. Se lo ripeté più volte mentre indossava cappotto e sciarpa per affrontare il freddo che lo aspettava fuori da quella stanza in cui non voleva più stare.

******

L'atmosfera sognante di quella città aveva presto placato le inquietudini di Richard: Adalia possedeva un lato fiabesco che, seppure orientaleggiante, gli ricordava in minima misura Hallstatt. Quella leggera somiglianza con un luogo conosciuto e amato l'aveva aiutato a recuperare la padronanza di sé: la camminata frenetica, quasi una corsa, si era tramutata in un'andatura molto più flemmatica e rilassata, proprio come era sempre stato il passo di Richard prima di quei giorni di nervosismo.

Con le mani affondate nelle tasche del cappotto, l'uomo percorse una via dopo l'altra senza quasi guardarsi intorno: non voleva vedere né sentire nulla che potesse mandare in fumo quei momenti di calma che si stava ritagliando con tanta fatica.

Stava costeggiando una serie di piccoli ristoranti tipici quando sentì un canto cristallino e femminile arrivare soffocato alle sue orecchie. Incuriosito, Richard proseguì, gettando uno sguardo oltre ogni vetrata alla ricerca della proprietaria della voce. Si trovava giusto un paio di locali più avanti, uno di quelli fatti su misura per i turisti e da loro affollato: sbirciando dalla porta del locale stracolmo, Richard intravide un braccio che si muoveva a tempo con la musica, fasciato in una manica lunga e morbida, e una mano piccola e pallida. Non gli riusciva di vedere nient'altro: la cantante misteriosa era celata alla sua vista da una spessa colonna.

Richard picchiettò le dita sulla spalla dell'uomo più vicino.

«Chi è che canta?» chiese nella sua lingua madre.

«Ah, è inglese anche lei!» disse lieto lo sconosciuto prima di fissare di nuovo la cantante – o meglio, la colonna in muratura che avevano di fronte. «Non ho idea di chi sia, ma non ho mai sentito nessuno cantare così» rispose. «Ho sentito un tizio parlare con i proprietari del locale – una specie di agente, credo. Dice che accompagna questa donna, che non canta mai due volte nello stesso posto... e non intendeva dire che non canta mai due volte nello stesso locale, ma nella stessa città!» aggiunse.

Richard aggrottò la fronte. «Non ha senso» dichiarò.

L'altro uomo si strinse nelle spalle. «Lo penso anch'io, ma da qualcosa che ho sentito di quella conversazione di cui le dicevo, mi pare che c'entri l'anonimato o qualcosa del genere: a quanto pare, la cantante non vuole che si parli troppo di lei» spiegò. «Chi le capisce, le donne... io, se avessi una voce del genere, mi farei conoscere e come! Potrebbe fare soldi a palate».

Pur non replicando, Richard non poté fare a meno di essere d'accordo: chiunque altro avrebbe sfruttato una tale voce per diventare famoso. «Qual è l'uomo che l'accompagna?» chiese ancora.

Lo sconosciuto si mise in punta di piedi e scrutò la folla con gli occhi socchiusi.

«Quello laggiù, dall'altra parte del bancone» disse dopo un minuto buono, indicando il lato più lontano del bancone quadrato. Con un gemito esasperato e incredulo, Richard riconobbe l'uomo distinto che aveva incrociato in tutti i suoi ultimi spostamenti: quei baffi erano inconfondibili.

Senza neanche preoccuparsi di ringraziare l'altro inglese, Richard uscì in fretta dal locale e si allontanò, le orecchie ancora piene di quel canto limpido e la mente pervasa da un senso di impotenza tanto forte da togliergli il fiato.

Afferrato il cellulare, Richard cercò in fretta un numero nella rubrica e avviò una chiamata.

«Buonasera» disse quando dall'altro lato risposero. «Se la sua proposta è ancora valida, l'accetto».

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