Fifty First Shade [R]
Hallstatt era sempre bella, ma era d'inverno che Richard la preferiva: se in città come Hersham la neve non era altro che un gelido intralcio, in paesini come quello diventava un elemento in grado di accentuare la dimensione fiabesca di quei luoghi.
In momenti del genere – quando il candore della neve faceva da contralto alle acque plumbee del lago su cui si affacciavano il paese e lo chalet di sua madre – Richard comprendeva per quale motivo, tanti anni prima, i suoi genitori avessero scelto di lasciare l'Inghilterra e stabilirsi in quel paesino dell'Austria: c'era una bellezza immota e rassicurante nel paesaggio che si stendeva davanti ai suoi occhi, come se lì il tempo si dilatasse all'infinito e ogni cosa fosse destinata a restare uguale a se stessa senza mutare mai.
In quell'ambiente privo di rischi e di ricordi, Richard poteva permettersi di ripensare agli ultimi mesi senza amarezza. Visti da lì tutti i problemi, le incomprensioni, le ferite, apparivano lontani e indistinti come le persone che camminavano lungo le sponde del lago: erano piccoli, sfocati, facili da ignorare.
C'era la pace, ad Hallstatt.
«Richard». La voce pacata e un po' stanca di Edward Prescott raggiunse Richard poco prima dello scricchiolio della sedia accanto alla sua.
Richard rimase immobile, lo sguardo fisso sulle acque increspate che si fermavano appena prima dello chalet e che sembravano volerlo invadere, respirando a ritmo con le onde. Non rispose a suo padre; parlare avrebbe significato spezzare quella nenia lenta che gli gonfiava e sgonfiava il petto con semplice precisione, e c'era qualcosa di rassicurante nello stare lì, seduto in veranda, con i piedi appoggiati al tavolino e il gelo che gli faceva pizzicare il naso, intento solo a respirare.
«Richard» ripeté Edward: sulle ginocchia, stretto tra le dita sottili e un po' rugose, gli riposava un cofanetto di velluto che solo poco tempo prima aveva portato fino a Hersham. «Non mi aspettavo che questi gioielli tornassero indietro».
Suo figlio sospirò: continuava a non avere nessuna voglia di parlare, ma sapeva che l'uomo che l'aveva cresciuto e che ora sedeva al suo fianco era molto più ostinato di lui e che non avrebbe desistito... almeno, non prima di avere ottenuto una risposta.
«Non lo immaginavo neanch'io, papà, se questo ti può essere di una qualche consolazione» disse Richard.
Edward rivolse un ultimo sguardo alla scatoletta che stringeva tra le mani prima di fissare a sua volta il lago. «Spero solo che questo tuo viaggio non sia una fuga».
«No» rispose suo figlio. «Non lo è».
«E allora cos'è?»
Richard prese fiato prima di parlare di nuovo. «È il mio modo di leccarmi le ferite» ammise infine. «Ero certo che ormai lei mi avesse scelto, che volesse me: tutto sembrava indicarlo. E invece, proprio nel momento in cui le mie... certezze... non vacillavano più...», deglutì, «proprio in quel momento ha scelto un altro. Senza motivo. Senza una spiegazione. E credo che questo sia uno di quei casi in cui non puoi fare nulla, nulla se non accettare la decisione dell'altra persona e andare avanti».
«Quindi sei qui per dimenticarla» disse Edward.
Ma suo figlio scosse la testa. «No, papà. Sono qui proprio perché non ci riesco».
Il più anziano si appoggiò allo schienale e sospirò, ma non disse nulla.
«Stavo ripensando a tutto quello che c'è stato tra me e lei» proseguì Richard. «Alle prime volte in cui ci siamo rivolti la parola solo per insultarci e infastidirci, al modo in cui mi attirava per un qualche motivo che non ho mai compreso e a come poi lei si è... legata, a me; e cosa abbia mai visto per decidere che mi voleva è qualcosa che mi sfugge, se possibile, ancor più dei motivi che mi hanno spinto verso di lei...»
«Smettila» lo interruppe Edward.
«Prego?» esclamò Richard, incredulo.
«Smettila di chiamarla "lei"» rispose Edward. «Evitare di usare il suo nome non ti renderà più semplice dimenticarla». Si voltò verso suo figlio e scrutò la sua espressione pensosa e un po' malinconica. «Dillo, Richard. Di' il suo nome» lo esortò.
«Agathe» mormorò Richard, sorprendendosi del modo in cui il nome gli era scivolato tra le labbra: dolce e morbido come la prima volta che l'aveva pronunciato. E lui non ricordava neanche più quand'era stata l'ultima volta che l'aveva chiamata per nome. «Agathe» ripeté. Chiuse gli occhi e si strofinò una mano sul volto; poi, senza alcun preavviso, scoppiò a ridere. «Lo sai che il suo secondo nome è Urania?» sghignazzò senza freni. «No, dico: Urania» ripeté con le lacrime agli occhi. La sua risata si spense. «Papà, come farò a dimenticarla?»
Edward chiuse gli occhi a sua volta, con l'aria di chi si senta fare l'ultima domanda al mondo a cui desideri dare una risposta. «Ho paura che non ci riuscirai» disse infine.
I due uomini rimasero in silenzio per un po'.
«Non posso credere di aver vissuto con... Agathe... in soli cinque mesi quello che le persone normali affrontano, se proprio devono, in anni di fidanzamento o matrimonio» mormorò Richard dopo un po'. «Non riesco a capire cos'ho sbagliato dopo Valentine: credevo d'aver rimediato, credevo che quell'errore fosse superato...»
«Sai, Rick, a volte le cose finiscono anche se non si commettono errori» commentò suo padre. Gli rivolse uno sguardo penetrante. «E tu, sei proprio certo che sia finita? Lo pensavi anche a Natale e poi le cose si sono sistemate... o almeno così sembrava...»
«Ha baciato un altro» disse Richard tra i denti: quel pensiero ancora gli faceva ribollire il sangue per la rabbia.
«Anche tu hai baciato quella donna abominevole, a dicembre» gli rammentò Edward.
«Ma ho scelto Agathe!» esplose Richard. «Lei non ha scelto me!»
«E come te l'ha detto?» lo incalzò suo padre. Sapeva che Richard l'avrebbe detestato per questo, che poteva sembrare insensibile e crudele, ma sapeva altrettanto bene che, nonostante tutta la sua logica, suo figlio era un semplice essere umano e che poteva commettere errori o fraintendere le situazioni in cui si trovava coinvolto. «Ti ha detto che era innamorata di quest'altro uomo? Che tu non eri la persona che credeva che fossi? Cosa ti ha detto?»
«Ha detto che non potevamo più vederci» sibilò Richard, una scintilla furiosa negli occhi: in quel momento, non sapeva se avercela di più con Agathe o con il proprio padre. «Che aveva dovuto fare una scelta».
«Quale scelta?» insisté Edward. «Hai indagato, ti sei soffermato a pensare, ad analizzare la situazione?»
«L'ho sbattuta fuori da casa mia» ringhiò Richard.
«E lei se n'è andata» concluse Edward.
Suo figlio esitò. «No» rispose piano, lasciando di stucco Edward. «Ha pianto. Ha preso a pugni la porta, ha gridato, ha urlato che non era quello che voleva» aggiunse con voce spezzata, mentre rifletteva per la prima volta su quel loro ultimo scontro. E se avesse davvero frainteso la situazione? Se suo padre avesse avuto ragione, insinuando che aveva di nuovo commesso un errore? E se Alan fosse stato nel giusto, dicendo che c'era qualcosa che sfuggiva loro?
Richard scosse con forza la testa, scacciando quei pensieri. Agathe avrebbe potuto cercare di mettersi in contatto con lui, scegliere di fidarsi, di parlargli apertamente; ma non aveva fatto nulla di tutto questo. Aveva preferito passare il proprio tempo con Moses Pearson. Aveva scelto Moses Pearson.
«E tu hai deciso che lei aveva scelto un altro uomo». Edward Prescott sollevò le sopracciglia grigie in un'espressione sardonica. «Davvero l'ottimo lavoro di una mente brillante, figlio mio».
Richard sbuffò dal naso ed Edward capì che la battaglia era persa, almeno per il momento: forse aveva seminato qualche grano d'incertezza nella mente di suo figlio, forse la loro conversazione l'avrebbe spinto a riflettere su quanto gli era accaduto, ma non ora.
«Che farai adesso?» chiese con voce pacata.
Entrambi tornarono a fissare il lago.
«Cercherò un'altra strada» rispose Richard.
******
In Spagna il clima era decisamente più mite: l'Austria e la sua neve erano ormai lontane e il sole brillava con un'intensità cui Richard non era più abituato, in pieno inverno.
Da almeno vent'anni non visitava le Asturie, e aveva pensato che quel viaggio improvviso potesse essere l'occasione adatta per farvi ritorno: così, il giorno dopo quella conversazione con suo padre, era salito sul primo aereo diretto in quella regione senza fermarsi troppo a riflettere. Tuttavia, per quanto apprezzasse quei luoghi, trovava che fossero ancora troppo vicini all'Inghilterra; così dopo una manciata di giorni si era spostato all'interno, nell'Estremadura, e per finire ad Alicante.
Quel suo continuo spostarsi non seguiva tanto un itinerario o un criterio logico, quanto piuttosto una necessità: quella di trovare un luogo in grado di placare la sua mente, di impedirgli di pensare e spingerlo verso altri interessi, altre idee.
E se non era ancora arrivato nel posto giusto, almeno era sulla buona strada. Lo sentiva: la brezza mediterranea e la vista di quel mare glielo suggerivano, insieme al vago senso di tranquillità che provava.
Quel giorno era seduto in un piccolo ristorante non troppo affollato che affacciava sul mare, e osservava la distesa d'acqua limpida fuori dalle finestre assaporando lentamente ogni boccone. Da tempo non faceva qualcosa di così semplice come mangiare e basta: di solito la sua mente girava sempre alla massima velocità e per lui era diventata un'abitudine, sfruttare quei momenti di calma apparente per fare il punto su questioni di lavoro o personali su cui non riusciva a riflettere durante il resto della giornata.
Eppure, a volte gli sembrava ancora di vedere Agathe da qualche parte: con la coda dell'occhio, come se fosse sempre presente ai margini del suo campo visivo, appena al di là della sua portata. In quel momento, per esempio, voltandosi appena verso l'interno del ristorante gli sembrò di scorgere la sua chioma corvina in una cameriera che gli dava le spalle: ma i capelli erano troppo corti, e la ragazza troppo alta perché potesse essere Agathe.
Proprio quella donna, cogliendo lo sguardo di Richard, si avvicinò.
«Desidera altro, signore?» chiese in un inglese in cui spiccava con forza l'accento spagnolo.
Richard si prese un momento per osservarla. A parte i capelli, non aveva niente di Agathe: gli occhi erano neri, la pelle olivastra e il volto aveva dei tratti molto più decisi, come gli zigomi alti e la bocca grande e carnosa.
L'uomo si appoggiò allo schienale della sedia e fece di nuovo scorrere lo sguardo oltre i vetri, mentre le dita andavano a sfiorare la cartellina che aveva lasciato aperta a poca distanza dal piatto.
«Sono prospetti di sviluppo di un'azienda?» chiese la cameriera, curiosa, dopo aver sbirciato i fogli.
Questo catturò l'attenzione di Richard.
«Se ne intende?» le domandò.
La donna annuì. «Ho una laurea in marketing e management, e un paio di master».
Richard la fissò con rinnovato interesse e indicò la sedia di fronte alla propria. «Si sieda».
Lei lo guardò preoccupata, lanciando uno sguardo tutt'intorno. «Non posso. Sto lavorando» rispose a bassa voce.
«Qual è il suo nome?» proseguì Richard.
«Camila» rispose lei.
«Bene. Camila, sia gentile: si sieda e mi faccia compagnia» insisté lui con calma. Rivolse l'ombra di un sorriso alla donna. «Non si preoccupi del suo datore di lavoro: a lui penserò io».
Camila si guardò intorno un'ultima volta, poi si rassegnò e sedette. Richard spinse verso di lei la cartellina.
«Mi dica cosa ne pensa» la esortò.
«A me sembra che abbia buone potenzialità di sviluppo» concluse lei dopo aver esaminato rapidamente il plico. «Forse proverei un'espansione nell'Europa orientale, ma avrei bisogno di molti più dati per poterlo dire con certezza e fare delle previsioni».
Richard la fissò con una certa sorpresa. «Lei mi sembra molto competente, Camila; certo più di molte persone con cui ho avuto la sventura di fare affari o che ho assunto» commentò. «Perché una giovane donna di talento decide di fare la cameriera?»
Camila arrossì alla lode. «Be', so che può sembrare strano, ma...»
La sua frase fu interrotta da una voce tonante, che dopo aver quasi gridato il suo nome, attaccò una tirata incomprensibile in spagnolo.
La povera donna sbiancò: Richard ne osservò il volto perdere un po' di colore a ogni parola – di cui lui non avrebbe capito niente neanche se ne fosse andato della sua vita – e rivolse uno sguardo per nulla interessato all'omone ben vestito che si stava avvicinando a grandi passi.
«Immagino che lei sia il proprietario» disse al nuovo arrivato senza battere ciglio. «Può anche smettere di urlare: ho chiesto io alla signorina di sedere».
«È una cameriera: la pago per lavorare, non per stare seduta a chiacchierare con i clienti!» replicò brusco l'uomo.
Richard tirò fuori dalla giacca il libretto degli assegni e una penna.
«Questo è per il pranzo, qualunque sia il conto, e il resto per il disturbo» disse, porgendo al proprietario un assegno. Lo spagnolo rimase a bocca aperta di fronte alla cifra: mille euro. «Quanto a ciò per cui paga la signorina, non deve più preoccuparsene: rassegna le dimissioni con effetto immediato» aggiunse. «E ora, se non le dispiace, si tolga di mezzo: io e Miss Camila abbiamo degli affari di cui discutere».
Basito, l'uomo si allontanò senza replicare. Camila si lasciò sfuggire un gemito di disperazione.
«Ma è pazzo?» chiese a Richard senza mezzi termini. «Ho bisogno di questo lavoro!»
«No: lei ha bisogno di un lavoro adatto alle sue capacità» la corresse Richard. Bevve un sorso di vino, sentendosi discretamente allegro, dopodiché si sfilò la giacca e tolse la cravatta.
«E chi crede che me lo offrirà? Il primo imprenditore incontrato per caso?» replicò Camila, in un coraggioso quanto malriuscito tentativo di mascherare l'angoscia con il sarcasmo.
«Più o meno». Richard sorrise. «Glielo offro io, un lavoro».
La donna lo guardò con stupore e sospetto. «Lei?»
«Sì, io» rispose l'uomo con calma. «Sto progettando di espandere alcune mie attività, come avrà capito, e l'intuito mi dice che lei potrebbe essere la persona adatta a gestire questi miei affari». Le fece l'occhiolino. «Stipendio adeguato, tredicesima, quattordicesima, rimborso spese e scoprirà che sono molto elastico per quanto riguarda le ferie».
La povera Camila lo guardò a bocca aperta. «Ma... ma... perché lo fa?» balbettò, incredula. Tentò di recuperare un po' di contegno. «Che cosa vuole da me?»
«Soltanto che lavori bene: ci tengo ai miei affari» rispose divertito Richard. Le porse un biglietto da visita. «Mandi qui il suo curriculum: io avvertirò i miei collaboratori di procedere subito con le pratiche per l'assunzione e aiutarla a organizzare il trasloco».
L'ormai ex-cameriera prese il biglietto con mano tremante. «Io... io... non so cosa dire» esclamò con voce rotta.
«Dica che accetta!» ridacchiò lui. «E prepari le valigie: partiamo tra due giorni».
Com'era prevedibile, la donna lo guardò con rinnovato sospetto. «"Partiamo"?» ripeté diffidente. «E per dove?»
Richard sfoderò tutto il proprio savoir-faire, deciso a rassicurarla.
«Per il resto d'Europa! Dobbiamo o non dobbiamo sondare i mercati e decidere qual è il migliore, per espanderci?»
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